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Il Disinformatico

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2022/03/17

Antibufala micro: “La verità sta nel mezzo”

In qualunque conversazione che presenta opinioni contrastanti arriva sempre il genio della situazione che sentenzia orgoglioso che “la verità sta nel mezzo”. È una stronzata, e mi sono stufato di sentirla, per cui pubblico qui questo spiegone che siete liberi di usare o linkare tutte le volte che arriva il sapientone di turno e la rigurgita. L’ho suddivisa in paragrafi di lunghezza tweetabile.

Primo, il modo di dire è “LA VIRTÙ sta nel mezzo”. Deriva dal latino in medio stat virtus. La verità non c’entra un fico secco. Dire “la verità sta nel mezzo” è stupido come dire “gallina vecchia onor di capitano”.

Secondo, la verità non sta mai nel mezzo. Sta dove stanno i fatti. Non è che se Maria dice “due più due fa quattro” e Piero dice “No, due più due fa sei” allora dobbiamo dedurre che la verità è che due più due fa cinque.

Dire “la verità sta nel mezzo” è semplicemente usare una frasetta banale, che non vuol dire nulla ma che fa sentire saggi e intelligenti, quando in realtà è solo una brutta foglia di fico per nascondere il fatto che non si vuole prendere posizione.

Basta con questa stronzata ipocrita. Per favore.

Mi arrivano surreali minacce personali dal direttore del programma spaziale russo

Ultimo aggiornamento: 2022/03/22 9:30.

Fra le esperienze che pensavo di vivere quest’anno non c’erano di certo le minacce personali mandatemi via Twitter da Dmitri Rogozin, attuale direttore dell’agenzia spaziale russa Roscosmos.

Ieri Rogozin (o qualcuno che usa il suo account Twitter ufficiale autenticato) ha pubblicato questo tweet, decisamente slegato dalle attività spaziali: “Ucraina ed Europa? "Rifugiato" dall'Ucraina spiega agli italiani chi è il capo della casa. Probabilmente i fascisti ucraini vieteranno presto agli italiani in Italia di parlare italiano. L'Europa ora l'Ucraina!“

Mi sono limitato a farne un retweet commentandolo con queste parole: “Questo è quello che pubblica il direttore dell'agenzia spaziale russa. Ditemi se è il caso di dare credito a una persona del genere.”

Il mio “dare credito” era riferito al fatto che alcune dichiarazioni di Rogozin nei giorni scorsi erano state riprese con molto clamore dalla stampa perché sembravano voler minacciare di far precipitare la Stazione Spaziale Internazionale (ho spiegato qui perché non era il caso di preoccuparsi).

Rogozin è intervenuto sul mio retweet rispondendomi così: “Voglio solo avvisarti di quello che ti succederà presto. Questi fascisti ucraini a cui dai il benvenuto rovineranno la tua vita e quella dei tuoi figli.”

Ho retweetato queste parole di Rogozin commentandole come segue: “Wow, persino i messaggi personalizzati. La propaganda russa ha rubli da spendere.” Ho salvato copia permanente dei tweet di Rogozin qui e qui

Ho poi chiesto a Rogozin come mai, se l’Ucraina è così piena di fascisti come dice, la Russia ha così tanta voglia di annetterla: “Please explain: if Ukraine is so full of fascists as you claim, why is Russia so eager to absorb Ukraine?”

Molti lettori (troppi per ringraziarli tutti) hanno scovato l’origine del video citato da Rogozin: si tratta di una storia avvenuta a Roma e risalente al novembre del 2018 (lo si nota dalla totale assenza di mascherine), come documentato a suo tempo da Corriere e askanews

Mi sono limitato a rispondere a Rogozin con queste parole: “Sir, the video you posted is from 2018 [link al video] I hope that this is not how you want to be remembered by history.” 

Qualcuno potrebbe essere tentato di pensare che questo episodio dimostri una mia ipotetica importanza di cui forse dovrei vantarmi, ma non sono d’accordo: credo piuttosto che dimostri la capillarità, ma anche la disperazione, della propaganda russa.

Certo che dopo i comportamenti di Rogozin in questa circostanza e nei giorni scorsi, con i suoi tweet di minaccia alla stabilità della Stazione Spaziale Internazionale, sarà molto difficile che la collaborazione spaziale con la Russia possa riprendere senza che ci sia un radicale cambiamento nel governo del paese e nell’amministrazione della sua agenzia spaziale. Rogozin, infatti, ha avviato battibecchi pubblici anche con l’astronauta statunitense Scott Kelly e con Elon Musk.

I primi risultati di questi comportamenti si sono già manifestati: OneWeb, un’azienda che si era affidata a Roscosmos per il lancio della propria costellazione di satelliti, ora lancerà tramite SpaceX. La perdita di questa commessa costerà molto al programma spaziale russo.

2022/03/16

Avventurette in auto elettrica: il traguardo dei primi 100.000 km andando a Losanna per vedere gli astronauti lunari

Ultimo aggiornamento: 2022/03/21 10:10.

Venerdì e sabato sarò con la Dama del Maniero a Losanna per incontrare gli astronauti Apollo Dave Scott e Charlie Duke insieme a tutti gli altri ospiti spaziali dell’evento Legends of Space. Non avrei mai pensato che un giorno sarei andato in auto elettrica a incontrare due persone che hanno usato un’auto elettrica cinquant’anni fa sulla Luna.

Se non avete mai incontrato uno di questi protagonisti della storia dell’esplorazione, non perdetevi quest’occasione. Non capita spesso che siano da queste parti. Ci sono ancora alcuni posti disponibili.

Il viaggio si organizza in fretta: la via più semplice, partendo dal Maniero Digitale a Lugano, è passare per il Sempione e sfruttare il treno-navetta. Il percorso primario proposto da Google Maps, che passa da Berna, è teoricamente un pochino più veloce (10 minuti in meno su 4 ore), ma è lungo 385 km contro 290 e comporta il transito di punti notoriamente difficili e lenti come il tunnel del Gottardo e i vari cantieri aperti lungo la strada.


Per cui proveremo l’ebbrezza del treno (elettrico) che trasporta l’auto (elettrica) e ci fa riposare e risparmiare strada. Il piano è questo:

  • Partenza dal Maniero con il 100% di carica (fatta a casa, di notte).
  • Lugano-Iselle (stazione), 105 km, 1h43m previsti. Nessuna tappa di ricarica necessaria (l’auto, una Tesla Model S con batteria da 70 kWh che chiamiamo Tess, ha circa 330 km di autonomia reale). Poca autostrada, probabilmente molto pittoresca da percorrere.
  • Salita sul treno-navetta e transito fino a Brig (circa 20 minuti; ne parte uno ogni 90 minuti), restando a bordo a riposare al calduccio (essendo elettrica, possiamo tenere acceso il riscaldamento).
  • Brig-Losanna (163 km, 1h 46). Nessuna tappa di ricarica necessaria, ma lungo il percorso la mappa dei Supercharger Tesla (che per noi sono gratuiti) ci dice che possiamo caricare lungo l’autostrada (o nelle sue adiacenze) a Steg-Hohtenn, Martigny e Bussigny (vicinissimo a Losanna).

Per la ricarica sul posto, mentre assistiamo all’evento, Nextcharge mi dice c’è un’ampia rete di colonnine lente, una delle quali è adiacente al SwissTech Convention Center nel quale ci sarà il raduno spaziale.

Dovremmo quindi poter ripartire con il 100% di carica e quindi ripetere il viaggio a ritroso senza nessuna sosta dedicata alla ricarica. Vi aggiornerò sull’esito dell’avventuretta nei prossimi giorni.

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Venerdì 18 aprile. Il viaggio d’andata ha avuto qualche complicazione. Siamo partiti in ritardo di un quarto d’ora (alle 13.15) per via di urgenze di lavoro e abbiamo trovato rallentamenti a causa di un incidente in autostrada, e così nonostante un po’ di guida... vivace (ma entro i limiti) lungo la tortuosissima parte svizzera del percorso fino a Iselle (consigliabilissima per le moto, meno per chiunque soffra di mal d’auto), siamo arrivati alla stazione del treno-navetta poco dopo che era partito quello che avevamo previsto di prendere, per cui abbiamo dovuto aspettare un’ora e mezza fino al treno successivo. Per queste evenienze avevo portato con me il computer portatile e quindi la Dama ed io ci siamo visti, comodamente in auto, un paio di telefilm (Resident Alien e un pezzetto di Star Trek Picard).

La stazione di Iselle è deserta e malconcia, sembra quasi abbandonata nelle pause fra un treno e l’altro, tanto che avevamo l’impressione di essere nel posto sbagliato. Ma alla fine il treno è arrivato, siamo saliti sulla rampa, abbiamo caricato l’auto e ci siamo rilassati in auto intanto che la navetta ci trasportava fino a destinazione. Nessuno ci ha chiesto il biglietto, che avevamo pre-acquistato online (è un biglietto open, da 24 CHF, che si mostra all’arrivo a Brig). Il viaggio dura una ventina di minuti in tutto, ed è un po’ disorientante ma piacevole stare a bordo di un’auto che si muove, e vedere dai finestrini il paesaggio che scorre, senza però dover guidare o prestare attenzione alla strada. Abbiamo proseguito la visione di Picard, ma il treno è molto rumoroso e vibra parecchio, per cui l’esperienza non è esaltante. Però evita comunque di fare il valico in auto e permette di staccare dalla guida per una ventina di minuti avvicinandosi lo stesso alla destinazione.

Arrivati a Brig scendiamo dal treno e il viaggio si fa lungo e tedioso per via del traffico e dei continui cantieri: continuiamo a passare da strade cantonali a pezzetti di autostrada. Il risultato di tutto questo è che arriviamo a destinazione a Losanna alle 19.30, dopo ben sei ore e un quarto. Non è un’esperienza che ripeterei, ma valeva la pena di provarla almeno una volta.

Parcheggiamo Tess senza poterla caricare come avevamo sperato di fare, perché la colonnina non-Tesla vicina all’albergo è occupata e lo resterà per ore grazie a due simpatici automobilisti elettrici che hanno pensato bene di lasciare lì le proprie auto dopo aver finito di caricare (diversamente dalle colonnine Tesla, in queste colonnine lente generiche non ci sono tariffe di occupazione penalizzanti per chi fa queste cose). Essendo noi arrivati con il 13% di carica residua, metto Tess in power save per la notte per ridurre il consumo notturno (l’auto non è mai “spenta”, in modo da poterla gestire da remoto, per cui consuma qualcosina anche da ferma). Vedremo cosa fare l’indomani o stanotte.

Finalmente verso mezzanotte la colonnina si libera, ma è tardi e dovrei andare a spostare l’auto, a fine carica, alle quattro del mattino circa, per cui soprassediamo. Ci penseremo l’indomani.

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Sabato 19 aprile. La colonnina vicina all’albergo è di nuovo occupata da un altro abusivo. Il guaio è che l’app (Nextcharge) la segnala libera anche quando è in realtà fisicamente occupata, perché all’app risulta che nessuno sta caricando, quindi la colonnina non è in uso, dal suo punto di vista, ma il posto auto per la ricarica è occupato, per cui in pratica non si può caricare. Bella fregatura. Va be’, lasciamo Tess con la batteria molto scarica ancora per qualche ora e intanto ci facciamo un giro per Losanna e una pausa in una creperia decisamente memorabile, insieme a nostro figlio Liam che ci ha raggiunto in treno.

Nel tardo pomeriggio, visto il perdurare dell’occupazione della colonnina vicina all’albergo, andiamo con Tess a un’altra colonnina lenta un po’ meno vicina, ma questa non ne vuole sapere di funzionare, nonostante app e tessere varie, perché un cartello dice che è riservata agli assegnatari (chiunque siano). Peccato che l’app non lo dica e la presenti come liberamente fruibile. Intanto la carica della batteria di Tess sta scendendo a valori un po’ troppo minimi per i miei gusti (sotto il 9%, che significa circa 30 km di autonomia residua), e quindi dopo questa perdita di tempo con la colonnina “pubblica” lasciamo perdere le colonnine lente e facciamo 6 km fino al Supercharger Tesla di Bussigny, dove carichiamo gratuitamente per una mezz’ora fino a portare Tess al 30% (ci sono molte altre Tesla collegate ad altri stalli, per cui Tess assorbe al massimo 60 kW). Però fra tentativo alla colonnina, pellegrinaggio al Supercharger (che sta annidato dietro un Novotel), ricarica e ritorno all’albergo perdiamo almeno un’ora.

Al ritorno abbiamo finalmente un colpo di fortuna: la colonnina accanto all’albergo è stata finalmente liberata e quindi la occupiamo noi. Parcheggio Tess, attacco il connettore di carica, chiedo all’app di avviare la carica e... non succede niente.

Infatti la colonnina è doppia (consente di caricare due auto) e quindi devo scegliere dall’app quale dei due connettori attivare. L’app li indica chiaramente con due numeri differenti: peccato che di quei numeri non ci sia la minima traccia sulla colonnina. Magnifico. Provo allora ad avviare la carica sull’altro connettore, e finalmente funziona. Altra scocciatura e altra perdita di tempo, ma alla fine riusciamo a caricare (a 11 kW) intanto che ci vediamo lo spettacolo di Legends of Space.


Standing ovation e foto di gruppo finale.

A fine spettacolo, Tess è carica al 100% e quindi la spostiamo al parcheggio normale per la notte. Siamo a posto per il viaggio di ritorno dell’indomani, ma non è stata un’esperienza piacevole e indolore. Abbiamo speso 30,76 euro per caricare 48,4 kWh in 5 ore e 16 minuti, ossia 0,63 €/kWh.

Tutta la tribolazione dimostra ancora una volta l’assoluta importanza di avere una rete di punti di ricarica capillare e soprattutto facile da usare e difficile da abusare. Facile da usare nel senso che se vado a una colonnina Tesla non devo fare altro che attaccare il connettore: niente app, niente tessere, niente di niente, perché l’auto e la colonnina si parlano e io non ho bisogno di fare nulla. Difficile da abusare nel senso che se lascio Tess parcheggiata alla colonnina Tesla quando non sto caricando, Tesla mi fa pagare l’occupazione e sa che sto occupando lo stallo, grazie al fatto che l’auto manda telemetria (geolocalizzazione compresa) a Tesla, per cui gli altri utenti non vedono che la colonnina è apparentemente libera ma in realtà inutilizzabile. In altre parole: la rete di ricarica Tesla è un vantaggio enorme e impagabile che le altre marche per ora non hanno, ed è un grandissimo valore aggiunto per chi sceglie di comprare un’auto elettrica di questa marca.

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Domenica 20 aprile. Il viaggio di ritorno è l’esatto contrario di quello d’andata: perfetto. Partiamo alle 9:35 con l’auto completamente carica, facciamo il percorso più lungo (di quasi 100 km) passando a nord (direzione Berna e poi Lucerna), con traffico minimo e senza cantieri e soprattutto con un percorso interamente autostradale, che percorriamo tutto alle massime velocità consentite. 

Dopo due ore e un quarto arriviamo come previsto al Supercharger di Beckenried per l’ora di pranzo, con il 20% di carica residua. Pranziamo (al ristorante Seerausch che si raggiunge attraversando la strada) intanto che Tess si carica (gratis), e come capita spesso l’auto finisce di caricare a sufficienza prima che noi abbiamo finito di pranzare, per cui la lasciamo ancora sotto carica (fino al 94%) in modo da avere tempo di finire il pranzo senza fretta. Ci fermiamo in tutto un’ora e venti minuti.

Da lì, un’ora e tre quarti di guida, sempre senza traffico e con pochissimi cantieri, ci riporta al Maniero, dove arriviamo alle 15 in punto. Da porta a porta, cinque ore e mezza, pausa pranzo compresa, per fare 385 km. A casa metto Tess sotto carica. Guardo il contachilometri: Tess ha appena superato i centomila (100.056 km, per l’esattezza) con il viaggio più riposante che io abbia mai fatto alla guida di un’auto, grazie alla silenziosità di bordo e a un cruise control adattivo che, dopo vari aggiornamenti software, ora si comporta in maniera molto più affidabile e fluida rispetto a quando abbiamo acquistato l’auto.

Prevengo la domanda inevitabile: la batteria di Tess è ancora quella originale (e ho ancora un anno di garanzia residua), non sta dando segni rilevabili di perdita di capacità/autonomia, e non ho fatto nessuna manutenzione all’auto a parte il cambio degli pneumatici, della lampadina di un fanale e del liquido lavavetri. Ho scelto di cambiare il computer di bordo per avere una versione più potente e ho aggiunto i moduli per la compatibilità con le colonnine rapide CCS. A parte questo, tutto fila liscio.

2022/03/12

No, la Stazione Spaziale non è “a rischio caduta” come titolano alcuni giornali

La Stazione Spaziale Internazionale in una fotografia scattata l’8 novembre 2021 dall’interno di una capsula Dragon (dettaglio della foto ISS066E080907).

Ultimo aggiornamento: 2022/03/14 13:15.

Sta circolando la notizia (falsa) secondo la quale la Stazione Spaziale Internazionale sarebbe “a rischio caduta” in seguito alle sanzioni contro la Russia. Viene riportata una dichiarazione di Dmitry Rogozin, responsabile dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, che affermerebbe che le sanzioni potrebbero interrompere le operazioni dei veicoli russi che riforniscono la Stazione e la mantengono in orbita. Ne scrivono per esempio La Regione (copia permanente), Televideo Rai (copia permanente), ANSA (copia permanente).

Rogozin è noto da molto tempo agli addetti ai lavori per le sue dichiarazioni bislacche; ora, con l’invasione russa dell’Ucraina, da bislacche sono diventate veri e propri deliri da prendere come pura propaganda di regime.

La realtà dei fatti è completamente opposta alle sparate di Rogozin: alle 19.35 UTC di ieri (11/3) il veicolo cargo russo Progress MS-18, attraccato alla Stazione, ha infatti acceso i propri motori per sei minuti, su comando del Controllo Missione russo, come previsto. Questo ha alzato l'orbita della Stazione di circa 900 metri. La manovra, denominata reboost, fa parte delle attività regolari dell’avamposto spaziale.

La quota orbitale della Stazione, infatti, si abbassa lentamente e progressivamente, a causa dell’effetto frenante della tenuissima atmosfera che è ancora presente a 400 km di quota, dove orbita la Stazione, e quindi è necessario rialzarla periodicamente. Se questo non venisse fatto, la Stazione perderebbe quota molto lentamente (nel corso di mesi o anni, a seconda delle condizioni dell’atmosfera terrestre).

Ma non è vero che dipende esclusivamente dai russi per queste procedure, che possono essere svolte anche da veicoli di altri paesi, come la Cygnus statunitense (che lo ha appunto fatto di recente). La NASA, Axiom e SpaceX si stanno già attrezzando con discrezione per fare a meno dei russi per il reboost e le correzioni di assetto qualora questa isteria di Rogozin dovesse sfociare in un ordine di sospendere queste attività (che finora, come si è visto, non è stato dato).

Non c’è nessun pericolo di caduta, insomma. I politici blaterano e si picchiano il petto coi pugni, i tecnici lavorano col buon senso. Dare questa “notizia” dei vaneggiamenti di Rogozin senza spiegare questo concetto è giornalismo irresponsabile che semina panico ingiustificato.

Chi volesse conoscere meglio i dettagli tecnici di queste manovre può leggere questo mio articolo

Taccio, per pietà, sulla scemenza epica scritta da molti giornalisti, secondo i quali il rischio sarebbe quello “di un ammaraggio o di un atterraggio della stazione sul suolo terrestre”. Un satellite in caduta non ammara dolcemente né atterra morbidamente: precipita, si disintegra e alcuni rottami si schiantano a terra. Pazienza non capire un’acca di astronautica, ma almeno l’italiano sarebbe buona cosa saperlo, se si scrive su un giornale.

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Aggiungo un chiarimento sulle aree sorvolate dalla Stazione: il complesso spaziale orbita con un’inclinazione di 51,6° rispetto all’Equatore. Vuol dire che il piano della sua orbita intorno alla Terra è inclinato di quest’angolo rispetto al piano dell’Equatore.

Quest’angolo è stato scelto perché i veicoli russi che l’hanno parzialmente costruita e che la riforniscono decollano dal centro spaziale di Baikonur, che sta a 46° di latitudine, e la regola generale è che il lancio spaziale più efficiente (che richiede meno propellente a parità di massa da lanciare) colloca il veicolo in un’orbita inclinata con lo stesso angolo della latitudine di lancio (in modo da sfruttare al massimo la spinta aggiuntiva data dalla rotazione terrestre). Dal Kennedy Space Center si lancia solitamente a 28°, che è la latitudine del centro spaziale in Florida. Altre collocazioni orbitali sono possibili, ma richiedono piu propellente.

Però un decollo con una traiettoria inclinata a 46° farebbe sorvolare il territorio cinese ai lanciatori russi, e in caso di malfunzionamento una caduta in territorio cinese sarebbe decisamente imbarazzante, per cui da Baikonur si lancia normalmente con un’inclinazione maggiore (51,6°, appunto) che non sorvoli la Cina durante la salita verso lo spazio. Questa traiettoria è più dispendiosa, ma è politicamente necessaria.

Era più facile per gli americani usare una traiettoria di lancio meno efficiente, e quindi quando si negoziò la costruzione della Stazione si scelse quest’inclinazione orbitale di 51,6°, che ha oltretutto il vantaggio di consentire alla Stazione di sorvolare una porzione maggiore della superficie terrestre.

Infatti mentre la Stazione (come qualunque satellite) orbita sempre sullo stesso piano, mantenendo la medesima inclinazione rispetto al piano dell’Equatore, la superficie terrestre ruota, e lo fa a una velocità differente da quella della Stazione. Il risultato di questi due moti combinati è che la Stazione sorvola una fascia della superficie terrestre compresa fra due latitudini che equivalgono all’inclinazione del piano orbitale.

In parole povere: se l’orbita è inclinata a 51,6°, la Stazione prima o poi sorvola praticamente qualunque punto della superficie terrestre che si trovi fra 51,6° sopra l’Equatore e 51,6° sotto l’Equatore.

Questo produce una ground track (la traccia dei punti sopra i quali la Stazione sta perpendicolarmente nel corso delle sue orbite) che ha questa forma e che si sposta progressivamente rispetto alla superficie:

Fonte: Astroviewer.net.

Di conseguenza, la Stazione non può mai sorvolare zone della Terra che si trovino a più di 51,6° nord o sud, come mostrato in questa mappa (citata anche da Rogozin), nella quale il territorio attualmente russo che viene sorvolato è evidenziato in rosso. Questo territorio include città come Volgograd (un milione di abitanti) e Vladivostok (600.000 abitanti).

Fonte: meithan42.
Probabilità di trovare la Stazione a una certa latitudine per grado decimale (grafico calcolato e generato da pgc).

 

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2022/03/11