È disponibile subito il podcast di oggi de
Il Disinformatico
della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto:
lo trovate
qui sul sito della RSI
(si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare
qui.
Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite
iTunes,
Google Podcasts,
Spotify
e
feed RSS.
Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle
fonti di questa puntata, sono qui sotto.
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[CLIP: Il
“boop”
di notifica di default di Mastodon]
Il 12 settembre scorso è stata presentata formalmente l’istanza Mastodon
del governo federale svizzero: la Confederazione entra nel fediverso.
Dietro questi termini tecnici, magari poco familiari per molti utenti di
Internet, c’è una novità decisamente importante per la protezione dei dati dei
cittadini e per la sovranità delle comunicazioni di qualunque paese.
Molti governi e molte istituzioni, infatti, usano i social network per
comunicare con i cittadini, ma questo significa che i cittadini sono costretti
a iscriversi ai social network e quindi cedere dati personali, ma soprattutto
significa che c’è qualcuno -- il gestore del social network -- che quando gli
pare può interferire nelle comunicazioni e può anche interromperle. Non è
un’ipotesi fantasiosa, visto quello che è successo con Twitter, o X come vuole
farsi chiamare adesso, dove molti account governativi e di testate
giornalistiche sono stati silenziati o limitati da quando Elon Musk ha preso
il controllo di questo social network. Ma esiste un’alternativa.
Questa alternativa è il tema della puntata del 15 settembre 2023 del
Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato
alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Benvenuti. Io sono Paolo
Attivissimo.
[SIGLA di apertura]
La Cancelleria federale svizzera ha
annunciato
il 12 settembre di aver aperto una cosiddetta istanza su Mastodon.
Traduco subito: un’istanza è, in sintesi, un computer collegato a
Internet, sul quale è installato un
software che gli permette di funzionare
come un piccolo social network completamente autogestito, per la diffusione di
notizie e la discussione fra utenti in un formato simile a Twitter ma senza le
intemperanze e la profilazione commerciale di Twitter.
Questo software è gratuito, è open source, cioè liberamente
installabile e ispezionabile, e adotta un formato standard di comunicazione,
per cui gli utenti di quel mini-social network, ossia di quella istanza, possono comunicare anche con gli utenti di tutte le altre istanze che usano
lo stesso standard, ovunque nel mondo. Uno dei software più popolari in questo
campo si chiama Mastodon.
Non c’è una grande organizzazione centrale che controlla tutto, non c’è un
singolo padrone commerciale: ogni istanza si autogoverna, come se fosse
un’isola, e comunica con le altre, in un sistema federato. L’insieme
delle istanze, ossia l’arcipelago delle isole, si chiama fediverso:
l’universo dei sistemi federati. Nel caso del governo federale svizzero,
l’istanza, ossia il mini-social network autogestito, si chiama
Social.admin.ch. È online in questo momento ed è visitabile con
qualunque dispositivo, come qualsiasi altro sito di Internet. Non occorre
iscriversi per consultarlo.
Per ora ci trovate poco, visto che si tratta di un esperimento pilota,
oltretutto appena iniziato, ma il portavoce del Consiglio federale, André
Simonazzi, è già attivo: lo trovate a @gov@social.admin.ch. E sono già
operativi gli account del Dipartimento federale degli affari esteri
(@EDA_DFAE@social.admin.ch, in inglese
@swissmfa@social.admin.ch), del Dipartimento federale dell’economia,
della formazione e della ricerca (@WBF_DEFR@social.admin.ch) e del
Dipartimento federale dell’interno (@EDI_DFI@social.admin.ch). Trovate
i loro indirizzi Mastodon su Disinformatico.info o su
social.admin.ch/directory.
Se visitate l’istanza Mastodon del governo svizzero, o qualunque altra istanza
dello stesso tipo, c’è una differenza importante di cui probabilmente non vi
accorgerete finché qualcuno non ve la farà notare: manca l’onnipresente,
estenuante richiesta di accettare i cookie. Manca per una ragione molto
semplice e molto importante: le istanze non fanno profilazione, non raccolgono
dati personali e non hanno bisogno di cookie ficcanaso. Questa è la differenza
fondamentale tra i social network tradizionali, come Facebook, Instagram,
TikTok o X/Twitter, e le istanze del fediverso: le istanze rispettano
automaticamente le leggi sulla protezione dei dati, rilevano solo i dati
strettamente necessari per la gestione ed escludono esplicitamente la vendita
e il commercio di dati degli utenti.
È per questo che le istanze di Mastodon e simili sono così allettanti per la
comunicazione a livello governativo:
-
sono gestite direttamente dal governo, senza dazieri o intermediari magari
stranieri che potrebbero decidere in qualunque momento di bloccare tutto;
-
non obbligano i cittadini e gli utenti a consegnare dati personali ad
aziende che li vendono;
-
evitano che le istituzioni pubbliche facciano indirettamente promozione
dei vari social network commerciali e incoraggino i cittadini a usarli e a
diventarne utenti sorvegliati;
-
e offrono garanzie di autenticazione senza dover pagare per avere “bollini
blu” o consegnare scansioni di documenti di identità a chissà chi.
Le istanze, insomma, offrono un modo rispettoso della sovranità e della
privacy per raggiungere la popolazione, che soprattutto nelle fasce più
giovani sarebbe difficilmente raggiungibile attraverso altri canali.
Ma i vantaggi del fediverso non riguardano solo i governi; valgono anche per
le testate giornalistiche, le emittenti radiotelevisive, le scuole e le
aziende, e per i rispettivi utenti. Cioè noi.
Fedigoverno, ma non solo
Fedigov.eu è un sito che raduna
informazioni e risorse per facilitare la transizione di governi, aziende e
istituzioni verso questi software privi di controllori. Un’esigenza sempre più
pressante, visto che le nuove leggi europee sulla protezione dei dati non si
conciliano con la passione vorace dei social network per farsi i fatti nostri,
come è successo con Threads di Meta, che non è operativo in Europa perché è
troppo ficcanaso e non può rinunciare ad esserlo, perché è così che fa soldi.
Intanto X/Twitter, sotto la gestione di Elon Musk, ha iniziato a ridurre la
circolazione dei post delle testate giornalistiche che non vanno a genio al
nuovo proprietario o ha rallentato intenzionalmente i link ai loro siti: è
successo ai danni di Reuters, del New York Times, di Substack e dei
social network concorrenti Facebook e Bluesky a metà agosto scorso, e nel 2022
Twitter aveva bloccato del tutto i link a Mastodon. Tutti questi comportamenti
sono stati interrotti dopo che sono stati rivelati dagli esperti (New York Times;
Washington Post), ma pochi giorni fa la società di analisi del traffico social NewsWhip ha
pubblicato dati che sembrano indicare un crollo delle condivisioni su X degli
articoli del New York Times, giornale che Elon Musk dichiara
pubblicamente di disprezzare.
Per fare un esempio, quando l’ex presidente statunitense Barack Obama ha
condiviso su X una serie di articoli del Times, quelle condivisioni
hanno raggiunto meno di un milione di utenti di X. Ma quando Obama ha
condiviso articoli di altre testate, i suoi post sono stati visti da quasi 13
milioni di utenti (Semafor.com). Sono episodi che rivelano il potere di controllo dei social network
commerciali e privati sulla circolazione delle informazioni e rivelano
soprattutto la natura capricciosa di questo controllo.
Alcune testate giornalistiche sono già corse ai ripari, aprendo account nel
fediverso perché quelli che hanno su Twitter o altri social network vengono
limitati in vari modi dai gestori di quei social network. La BBC, per esempio,
ha
avviato
un
esperimento
simile a quello del governo svizzero presso
Social.bbc, e lo stesso hanno fatto molte
testate giornalistiche internazionali, il governo olandese (social.overheid.nl) e l’Unione europea (social.network.europa.eu).
Nel fediverso, infatti, non ci sono i cosiddetti algoritmi social, quei
complicati e oscuri meccanismi in base ai quali certi contenuti vengono
fatti circolare più di altri. Nei sistemi federati è l'utente che sceglie cosa
vuole vedere e chi vuole seguire. Non c’è pubblicità, non c’è tracciamento e
si può comunicare facilmente,con gli amministratori, nella propria lingua, in
caso di problemi. Non ci sono censure, perlomeno finché si rispettano le
regole di moderazione dell’istanza dove si è aperto l’account. E non c’è
niente da pagare, visto che tutto si regge sul volontariato e sulle donazioni
degli utenti.
Inoltre nel fediverso non c’è solo Mastodon, pensato per la condivisione di
notizie e brevi testi come alternativa a Twitter. Ci sono anche sostituti di
Instagram, come Pixelfed, e di YouTube,
come Peertube, tutti interconnessi e
basati sugli stessi principi e sullo stesso standard di interoperabilità,
denominato ActivityPub. Anche qui,
niente richieste assillanti di cookie, niente pubblicità, niente algoritmi che
decidono per noi cosa dobbiamo leggere o vedere.
Ma allora perché non siamo già tutti su Mastodon?
Mastodon, pochi ma buoni
Secondo i dati pubblicati dall’account automatico Mastodon Users
(@mastodonusercount@mastodon.social), su Mastodon ci sono oggi poco più
di quattordici milioni di account. Un numero in crescita costante, ma comunque
modestissimo rispetto alle centinaia di milioni di account X/Twitter o ai tre
miliardi e passa di Meta.
[2023/09/15 13:55 Poco dopo la chiusura del podcast è stato
annunciato
che l’istanza Mastodon.social ha appena superato il milione e mezzo di
iscritti]
È quindi molto probabile che i vostri amici non siano su Mastodon. Non ci sono
per un’ottima ragione: non è lì che trovano i loro amici, che sono
invece tutti sui social network commerciali e da lì non si muovono per la
stessa ragione: non vogliono andare via dal social in cui si trovano i
loro amici. Siamo, in un certo senso, ostaggi gli uni degli altri.
Questo fenomeno si chiama
network effect, effetto rete, o anche
effetto carrozzone, ed è tipico di qualunque prodotto o servizio di rete: il suo valore per gli
utenti aumenta man mano che aumenta il numero degli utenti, e viceversa. Per
fare un esempio, è inutile avere un fax se nessun altro ha più un fax, come è
inutile essere su Telegram se tutti gli amici sono su WhatsApp.
Per spezzare questo stallo ci sono due modi fondamentali: rendere il prodotto
nuovo compatibile con quello vecchio, come è successo per esempio con la
telefonia mobile, che permetteva sin da subito di chiamare numeri della rete
fissa esistente e viceversa, oppure rendere il prodotto nuovo così
interessante, e quello attuale così frustrante, da spingere gli utenti a
superare la naturale resistenza al cambiamento.
Gli account su Mastodon sono pochi, ma quei pochi sono costituiti da
numerosissime testate giornalistiche, radio e TV, bot informativi automatici,
istituzioni e adesso anche governi. Se usate i social network per informarvi
presso fonti di questo tipo, allora su Mastodon troverete già un buon numero
di
account interessanti da seguire. Se siete su Twitter, potete usare
Fedifinder per trovare
automaticamente gli equivalenti su Mastodon degli account che seguite su
Twitter.
Sul versante frustrazione non occorre fare nulla: molti utenti di spicco hanno
già abbandonato Twitter, rendendolo meno appetibile, e la gestione di Elon
Musk sembra voler fare di tutto per rendere difficile la vita di chi resta. Un
recente test ha indicato che l’86% di un campione di post
indiscutibilmente
dedicati all’odio, al negazionismo dell’Olocausto, all’esaltazione del nazismo
e al suprematismo bianco non è stato rimosso da X neanche dopo che è stato
segnalato; X ha risposto a questa critica con una parziale
smentita.
Inoltre, secondo
Media Matters, X ha pubblicato inserzioni pubblicitarie di grandi marche accanto a
contenuti di antisemitismo, fra cui spiccano accuse esplicite di
coinvolgimento di Israele e degli ebrei negli attentati dell’11 settembre
2001. Comprensibilmente, molti utenti non ci tengono a frequentare un ambiente
del genere e cercano alternative dove i contenuti di odio vengano gestiti
correttamente.
Come entrare in Mastodon, senza panico
Iscriversi a Mastodon non è difficile, ma richiede un passo in più che forse è
poco intuitivo rispetto alla normale iscrizione a un social network
commerciale: bisogna scegliere per prima cosa l’istanza dove aprire l’account,
e solo a quel punto si può scegliere il nome dell’account. È un po’ come
quando si apre un account di mail: bisogna selezionare prima quale fornitore
usare e poi decidere il nome dell’utente.
Per scegliere l’istanza si può andare a
Joinmastodon.org/servers e fare una selezione, per esempio per lingua o area geografica, in
modo da avere assistenza e moderazione nella propria lingua, oppure si può
chiedere consiglio a qualcuno che è già su Mastodon. In ogni caso, se si
cambia idea in seguito si può sempre traslocare su un’altra istanza senza
perdere nulla.
Fatto questo, si sceglie il nome del proprio account e si scelgono gli account
da seguire, che hanno un formato strano: chiocciola-nome utente - chiocciola - istanza. Per esempio, io su Mastodon sono @ildisinformatico@mastodon.uno.
[2023/09/17 17:55: Rispondo qui a una domanda che è emersa nei commenti e
che probabilmente verrà posta da altri commentatori: ho scelto Mastodon.uno
per avere un responsabile che parli italiano, conosca il contesto italiano e
conosca la mia reputazione professionale, così se ci sono problemi o se
segnalo qualcosa tutto si risolve più efficientemente. Ma se non sapete che
pesci pigliare, potete scegliere l’istanza di default, che è
Mastodon.social]
Tutto qui; il resto si impara strada facendo. Non è neanche indispensabile
scaricare e installare un’app apposita: basta usare un browser qualsiasi,
anche se le varie app permettono un uso più efficiente e flessibile.
Certo, Mastodon non è per ora il posto per chi aspira ai grandi numeri o a
diventare influencer: per quello ci sono i social network commerciali,
e comunque si può anche tenere il piede in due scarpe, come fanno molti
utenti, molte organizzazioni e molti governi, compreso quello svizzero. Ma se
si cerca gente interessante da leggere o servizi d’informazione utili da
seguire, e se si vuole provare il piacere un po’ ruspante di usare Internet
così com’era stata concepita in origine, con software e servizi creati dagli
utenti per gli utenti, senza gestori miliardari dispotici e capricciosi e
senza algoritmi che amplificano l’odio, Mastodon e tutto il fediverso sono
un’occasione ghiotta, anche per ricordare, come
dice
l’autore e attivista informatico Cory Doctorow (@pluralistic@mamot.fr),
che Internet può essere molto più che
“cinque siti web giganti, pieni di screenshot degli altri quattro”.
[Nota: la frase è stata probabilmente
coniata
da Tom Eastman su Twitter il 3 dicembre 2018 e in originale è “I'm old enough to remember when the Internet wasn't a group of five
websites, each consisting of screenshots of text from the other four.”]