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Il Disinformatico: 2020

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2020/12/30

Star Trek: le ceneri dell’Ingegner Scott sono state portate clandestinamente a bordo della Stazione Spaziale Internazionale

Ultimo aggiornamento: 2020/12/31 01:00.

L’astronauta privato Richard Garriott ha rivelato pochi giorni fa di aver portato di nascosto sulla Stazione Spaziale Internazionale parte delle ceneri di James Doohan, l’attore che interpretò l’indimenticabile Ingegner Scott (“Scotty”) della Serie Classica di Star Trek. Le ceneri sarebbero rimaste a bordo della Stazione, nascoste in un anfratto nel quale si troverebbero tuttora.

L’operazione clandestina, secondo il racconto di Garriott rilasciato al Times, è avvenuta dodici anni fa, nel 2008, quando lui ha visitato la Stazione come astronauta pagante, ed è stata tenuta segreta fino a oggi per evitare imbarazzi alle agenzie spaziali responsabili della gestione della Stazione.

Doohan aveva espresso il desiderio che le sue ceneri in qualche modo raggiungessero lo spazio. Due anni dopo la sua morte, avvenuta nel 2005 a 85 anni, una parte delle sue ceneri era stata portata fugacemente nello spazio da un volo suborbitale ma era poi rientrata subito a terra. Nel 2008 un’altra parte era stata lanciata in un volo orbitale, ma la missione era fallita per un problema al vettore. Nel 2012 SpaceX aveva portato in orbita un’altra parte ancora delle ceneri, che successivamente era rientrata disintegrandosi, come previsto.

Ma nel 2008 Chris Doohan, il figlio di “Scotty”, aveva contattato Garriott (che è figlio dell’astronauta Owen Garriott), pochi giorni prima della partenza di quest’ultimo per la Stazione, e gli aveva proposto di portare nello spazio delle piccolissime porzioni delle ceneri di James Doohan.

Garriott ha rivelato ora che le aveva a bordo di nascosto, incorporandole nella plastificazione di tre piccole foto dell’attore, e le aveva nascoste dentro i propri manuali di volo, senza farle controllare dagli addetti alla sicurezza.

Una delle foto è ora a casa di Chris Doohan; una seconda fu rilasciata nello spazio da Garriott ed ora è presumibilmente rientrata in atmosfera e si è disintegrata, mentre la terza è rimasta sulla Stazione, nascosta sotto il rivestimento del pavimento del modulo Columbus, dove dovrebbe trovarsi tuttora (anche se mi risulta che il modulo in questi anni sia stato oggetto di numerose “ristrutturazioni” interne, per cui qualcuno potrebbe aver trovato e rimosso la foto senza sapere cosa fosse esattamente).

L’articolo del Times include un video della foto plastificata con le ceneri di “Scotty” che fluttua a bordo della ISS, che vedete qui sotto.

 

 

La storia dell’astronautica è ricca di oggetti e cimeli portati di nascosto a bordo, e mi risulta che il modulo Columbus sia uno dei luoghi preferiti dove depositarli. Un giorno, quando saranno oggetti di archeologia spaziale, se ne potrà parlare più apertamente.

 

Fonti aggiuntive: Chris Doohan, Snopes.

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Robot che ballano “Do You Love Me”

No, non è grafica digitale. Sono effettivamente robot della Boston Dynamics che ballano Do You Love Me di Berry Gordy Jr, interpretata dai The Contours. Il video è stato pubblicato ieri.

L’unica cautela sulla credibilità di questo video riguarda il fatto che non sappiamo quanti ciak sbagliati ci sono stati prima di questo risultato eccezionale e non sappiamo quanto questo balletto sia ripetibile in condizioni non controllate. Né sappiamo se questo talento ritmico e soprattutto equilibristico sia applicabile in situazioni generiche nel mondo reale, o quanto durino le batterie dopo uno sforzo del genere. La luce che entra da fuori cambia drasticamente fra un’inquadratura e l’altra, per cui sappiamo che si tratta di un assemblaggio di spezzoni ripresi in momenti differenti. Però resta spettacolare lo stesso. 

Boston Dynamics è ora di Hyundai per l’80%. Il robot quadrupede, Spot, è in vendita a circa 75.000 dollari. SpaceX ne usa uno per pattugliare la zona di lancio dei suoi veicoli spaziali a Boca Chica, in Texas. Gli altri si chiamano Atlas (quelli bipedi) e Handle (quello con le ruote).

Più a lungo termine, dovremo cominciare a pensare alle applicazioni possibili, desiderabili o meno, di questa tecnologia, dai soccorsi alle operazioni militari. Già ora gli equilibri di guerra sono sbilanciati dal fatto che alcuni paesi possono devastarne altri con droni invulnerabili comandati comodamente da un ufficio a diecimila chilometri di distanza dal fronte. Ma finora c’è stato il freno dovuto al fatto che le operazioni di terra, quelle che determinano il vero controllo del territorio, richiedono di mandare truppe e quindi hanno un costo in vite umane politicamente rischioso. Nessuno vuole vedere le bare dei propri giovani soldati. Come cambieranno le cose quando per una sola delle due parti in guerra non ci sarà più da pagare questo prezzo? 

Non mi preoccupano i robot. Mi preoccupano gli umani che li comandano.

Ma per ora godiamoci questo balletto.

 

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Sì, l’accordo per la Brexit cita davvero Netscape Communicator (1997) come software “moderno”

Il testo dell’accordo in extremis fra Regno Unito e UE sulla Brexit contiene davvero questa perla, a pagina 921, in una sezione dedicata alla tecnologia crittografica: una citazione di Netscape Communicator, la cui ultima versione risale al 1997, che viene definito “moderno”.

“s/MIME functionality is built into the vast majority of modern e-mail software packages including Outlook, Mozilla Mail as well as Netscape Communicator 4.x and inter-operates among all major e-mail software packages.”

Sempre a pagina 921, il documento raccomanda inoltre di utilizzare cifratura RSA a 1024 bit e l’algoritmo di hashing SHA-1: entrambi sono obsoleti e insicuri.

“the encryption algorithm AES (Advanced Encryption Standard) with 256 bit key length and RSA with 1024 bit key length shall be applied for symmetric and asymmetric encryption respectively,
– the hash algorithm SHA-1 shall be applied.”

Ricordo che questa non è una bozza: è il testo approvato dall’UE e presumibilmente definitivo se verrà approvato anche dal Regno Unito (lo si decide oggi). In tal caso entrerà in vigore dopodomani, 1 gennaio 2021.

Questo vi dà un’idea di quanto sia raffazzonato l’accordo dal quale dipendono le sorti di decine di milioni di britannici. Quell’accordo che per quattro anni è stato spacciato dal governo britannico come facile e “pronto da mettere in forno” e come una grande opportunità di crescita per il Regno Unito, e invece è stato scritto col copiaincolla ficcandoci dentro perle come questa pur di poter dichiarare di aver trovato una soluzione e avere un malloppo di carta da mostrare alle telecamere.

Come si è arrivati a uno sconcio del genere? È possibile che il blocco di testo su Netscape sia stato semplicemente copiaincollato da una norma UE del 2008.

 

Fonti aggiuntive: Kevin Beaumont, BBC.

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2020/12/29

Le bufale degli altri: France24.news e le 500.000 schede grafiche abbandonate in un container

Se vi interessano gli incidenti di giornalismo esteri, prendiamo il caso di France24.News (da non confondere con France24.com). Ha pubblicato la notizia del ritrovamento di 500.000 schede grafiche Nvidia in un container abbandonato (copia permanente).

Cinquecentomila schede grafiche in un singolo container? Nessuno in redazione si ferma a chiedersi perlomeno se ci starebbero fisicamente? A quanto pare no.

La “notizia” fa il giro di Internet, citando spesso France24.news come fonte:


 

Ma France24.news dice che la notizia arriva da questo link di Phonandroid.com. Ora il link non funziona più, perché l’articolo è stato rimosso. Su Archive.org ce n’è una copia:

 


Phonandroid, a sua volta, cita come fonte il sito spagnolo Geeknetic:

 

Geeknetic, però, scrive “Esta es una noticia de mentira creada y publicada el 28 de diciembre en celebración del día de los Santos Inocentes en España. El contenido de la misma es falso y ha sido creado con un fin humorístico satírico. Esperamos que os hayáis divertido leyéndola.”

Il 28 dicembre, il día de los Santos Inocentes, è infatti uno dei giorni preferiti per i pesci d’aprile in Spagna. 

 

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Vaccini, ANSA confonde millimetri e millilitri. Giornalismo un tanto al chilo. E non è l’unica

Ma chi scrive per ANSA ha almeno un neurone funzionante? Perché da come scrive non si direbbe proprio.

“La dose di vaccino per ogni persona è di 0,3 millimetri” scrive ANSA, oltretutto in una “Notizia d'origine certificata”. Va be’, dai, si sarà distratto. Ma poi insiste: “deve essere estratta in condizioni asettiche e utilizzando siringhe di precisione adeguate, da un flaconcino di vaccino che contiene 2,25 millimetri”.

E poi ancora: “fermo restando la necessità di garantire la somministrazione del corretto quantitativo di 0.3 millimetri”.

Questo è il livello di competenza delle persone che ANSA incarica di redigere le notizie. Quelle notizie che dovrebbero informarci su cose importanti come, appunto, la salute.

Copia permanente per gli increduli: https://archive.is/Bjre4.

La stessa perla è stata pubblicata dal Corriere (dietro paywall, nientemeno) e dall’Huffington Post (copia permanente). HuffPost ha poi corretto.


  

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Annunciata senza conferme la violazione dei dati personali di 2,5 milioni di utenti Ho-mobile. AGGIORNAMENTO: conferme arrivate

Ultimo aggiornamento: 2021/01/04 10:45.

Circola da ieri (28/12) la notizia non confermata [aggiornamento: successivamente confermata] della  violazione dei dati personali degli utenti dell’operatore virtuale di telefonia mobile italiano Ho-mobile (Vodafone). Ne parlano, sempre in via dubitativa, Punto Informatico, TuttoAndroid, Dday.it.

Tutto, per ora, si basa su un paio di tweet dell’utente Twitter @Bank_Security, che ha una buona reputazione di attendibilità e sottolinea che si tratta di una notizia, ripeto, non confermata (specifica “allegedly”, ossia “si dice che”).

Secondo questi tweet, sarebbe stato messo in vendita un database contenente i dati personali di due milioni e mezzo di utenti Ho-mobile: indirizzi di mail, codice fiscale, numero di telefono, indirizzo, e ICCID, usabili per commettere intrusioni nei servizi di home banking.

Su Pastebin è stata pubblicata la struttura di questo presunto database. 

Alcuni dei dati presenti nel database sembrano essere stati confermati.

Ho-mobile ha dichiarato al Corriere di non avere “evidenze di accessi massivi ai propri sistemi informatici [...]”. Sarebbe interessante sapere se conferma o smentisce la struttura del database pubblicata su Pastebin. Se fosse confermata la violazione, sarebbe inevitabile una notifica al Garante per la privacy.

Posso solo consigliare la massima prudenza agli utenti di Ho-mobile: aspettatevi di tutto, siate vigili sulle vostre bollette e su qualunque servizio legato alla vostra utenza mobile (per esempio per gli SMS di conferma di accesso), e non abboccate a messaggi che vi dicono di cliccare da qualche parte per risolvere la situazione. Cybersecurity360.it ha vari consigli tecnici specifici sulle misure di prevenzione che potete adottare. Non è il caso, a mio parere, di passare ad altro operatore, anche se il silenzio quasi totale di Vodafone/Ho-mobile sulla vicenda non è incoraggiante.

A Ho-mobile posso solo chiedere due cose: la prima è ovviamente fare chiarezza completa sulla notizia. La seconda è licenziare il creatore dello slogan più imbecille della storia della telefonia mobile. Già ci sono seri problemi di analfabetismo di ritorno: l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è gente che crei ulteriore confusione.

 

2020/12/29 15:45

Sarà un caso, ma ho appena ricevuto una segnalazione di phishing ai danni di un utente Ho-mobile. Si tratta di un SMS che ha come mittente apparente “AGOS” e dice “Per procedere al pagamento clicchi sul seguente link”, seguito da un link del tipo http://yv1.eu/[omissis] che porta a un sito-trappola personalizzato (che include l’indirizzo mail della vittima) presso https://visualsms.yourvoice.com:

2021/01/04 10:45

Ho-mobile ha ammesso la violazione dei dati dei clienti. Maggiori dettagli sono qui.

 

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2020/12/28

Lo strano caso di Susanna Gallesi, la medium “certificata dall’Università di Pavia” (o Padova) stando a Pomeriggio 5: seconda parte

La prima parte di quest’indagine è qui. Ultimo aggiornamento: 2020/12/30 21:15.

Ci sono un po’ di aggiornamenti a proposito della presunta “certificazione” di una sensitiva, Susanna Gallesi, da parte di un’università italiana, inizialmente indicata erroneamente come l’Università di Pavia dal programma TV italiano Pomeriggio 5. L’attribuzione è poi passata all’Università di Padova, ma anche questa “certificazione” è stata smentita.

La “certificazione” è stata data in realtà da un gruppo di ricercatori che lavorano o studiano presso l’Università di Padova (non Pavia) ma hanno usato il marchio dell’Università senza alcuna autorizzazione.

C’è stata infatti una chiara presa di posizione dell’Università di Padova, riportata da PadovaOggi:

Le parole di Giulio Vidotto riportate da PadovaOggi non lasciano spazio a dubbi (il grassetto è aggiunto da me):

L’Università di Padova ovviamente non certifica in alcun modo “facoltà medianiche” [...] L’uso non autorizzato di nome e logo, per di più da parte di persone che non fanno parte della comunità accademica patavina, verrà perseguito nelle sedi appropriate, in modo da tutelare ateneo e dipartimento di Psicologia Generale. Il Dipartimento di Psicologia è uno dei tredici dipartimenti dell’Università di Padova selezionati e finanziati come eccellenti, nel 2018, dall’allora Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

 

 

Credit: Federico Ronchetti.

La vicenda è stata analizzata in dettaglio e con grande aplomb da Silvano Fuso su Query, la rivista ufficiale del CICAP, che spiega che alcuni dei nomi coinvolti della vicenda sono vecchie conoscenze del CICAP, che aveva avvisato i ricercatori delle falle metodologiche nelle quali stavano incappando.

In particolare, uno di questi ricercatori, Fernando Sinesio, era stato in contatto con il CICAP proprio in merito a queste indagini sui sensitivi. Leggete tutto l’articolo di Query, che merita, ma in sintesi se avete fretta:

[...] Precisiamo subito che [Sinesio] non è professore e non appartiene all’Università di Padova. Residente a Genova, Sinesio nel giugno 2014 aveva preso contatto con me, in qualità di coordinatore del CICAP Liguria. Mi aveva detto che stava svolgendo la sua tesi di laurea magistrale, presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova, sotto la guida del Prof. Sergio Morra, ordinario di psicologia a Genova, e del Prof. Patrizio Tressoldi, ricercatore universitario a Padova.

L’allora laureando mi spiegò che il suo lavoro di ricerca consisteva nel tentare di riprodurre i test condotti dall’americano Gary E. Schwartz dell’Università dell’Arizona e quelli condotti da altri gruppi di ricerca [...] Io lo informai subito sul fatto che i lavori di Schwartz erano stati oggetto di numerose critiche, mosse soprattutto da Ray Hyman e Richard Wiseman, e gli feci avere i relativi riferimenti bibliografi[ci]. Sinesio prese atto ringraziandomi, ma mi assicurò di essere consapevole della necessità di adottare tutte le precauzioni del caso per evitare di prendere cantonate [...].

 

L’articolo di Query prosegue spiegando che Fuso fu invitato in Dipartimento da Sinesio e vi andò con un cultore di illusionismo e di mentalismo, Carlo Cicala. Sinesio mostrò quello che secondo lui era l’estremo rigore delle precauzioni adottate:

[L]a verifica delle affermazioni dei medium veniva fatta fare al soggetto stesso che giudicava quanto certe affermazioni corrispondevano o no al vero. Feci notare che questo era già un grosso punto debole perché venivano forniti suggerimenti al soggetto ed è risaputo che vi è una inconsapevole tendenza a trovare corrispondenze anche dove in realtà non vi sono. Sinesio replicò che si erano già resi conto da soli che questo rappresentava un punto debole e che quindi, strada facendo, avevano modificato il protocollo nel modo seguente. Inizialmente al soggetto veniva fatto compilare un questionario relativo a diverse caratteristiche del defunto (età, aspetti caratteriali, modo di vestire, causa di morte, ecc.). Il questionario compilato veniva quindi conservato in busta chiusa e aperto solo dopo che il medium aveva completato la sua descrizione.

 

Fuso e Cicala parteciparono a un test con questa procedura:

[Cicala] aveva già precedentemente compilato il questionario, relativamente a un suo parente defunto. La prima sensitiva fu una signora che sosteneva di essere in grado di effettuare psicometria, cioè capire le caratteristiche di un soggetto esaminando un oggetto a lui appartenuto. Cicala aveva portato un suo vecchio orologio da polso. La signora, tenendo in mano l’oggetto, cominciò a pronunciare una serie di affermazioni che non corrispondevano neppure lontanamente alle reali caratteristiche di Cicala. Lo stesso laureando dovette ammettere il totale fallimento. A questo punto venne fatta entrare la seconda medium che, senza vedere Cicala, doveva descrivere le caratteristiche del suo parente defunto. La signora effettuò la sua descrizione e, alla fine, noi confrontammo le sue affermazioni con il questionario compilato da Cicala. Anche questa volta i risultati furono terribilmente deludenti. La medium non azzeccò niente, neppure il grado di parentela. Il laureando rimase molto deluso perché, a suo dire, la stessa medium aveva precedentemente ottenuto risultati molto positivi.

 

Dalla discussione con Sinesio

emerse in modo chiaro la sua totale sprovvedutezza in fatto di indagini critiche sui sedicenti medium, sull’uso delle tecniche di cold-reading, sull’effetto Barnum e su tutto ciò che può far apparentemente credere che certi soggetti possiedano realmente poteri medianici.

[...] Nonostante avesse dichiarato la sua intenzione di continuare la collaborazione, da allora non ebbi più notizie di Sinesio. [...] Patrizio Tressoldi, che ricopre il ruolo di ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia Generale [...] è una vecchia conoscenza del CICAP. Per un periodo aveva anche cercato di collaborare con noi, ricevendo da noi diverse indicazioni metodologiche. Ma, evidentemente, non ha tenuto conto dei nostri consigli e col tempo il suo senso critico si è un po’ troppo affievolito [...].

 

Silvano Fuso nota inoltre che aveva parlato di Sinesio, “mantenendo però il suo anonimato, al XII Convegno Nazionale del CICAP di Cesena del 2015, con una comunicazione dal titolo ‘Se i medium entrano all’Università’”. La potete vedere qui sotto, e contiene una (facile) profezia del CICAP: “Un fatto è certo: i medium coinvolti vanteranno nei loro curriculum di essere stati testati dall’Università” (a quell’epoca era quella di Genova). Cosa puntualmente avveratasi.

 

Il CICAP, aggiunge Silvano Fuso, ha inviato una lettera al rettore dell’Università di Padova, il cui sito ospitava delle pagine legate a questi ricercatori. Ora sono state rimosse. Ma Internet non dimentica.

La pagina principale del sito di Patrizio Tressoldi (copia permanente; screenshot qui sotto), uno dei ricercatori in questione, linka un Science of Consciousness Research Group, ospitato dal sito dell’UniPD.

 

Il link punta a http://dpg.unipd.it/en/soc, che attualmente dà un 404 not found, ossia non esiste più.

 

Ma fino a pochi giorni fa il link era funzionante, e il 18 dicembre 2020 portava a queste informazioni.

 

Dal sito dell’Università di Padova sono scomparse anche varie altre pagine riferite a questi ricercatori del paranormale:

 

Alcuni screenshot tratti da Archive.org:

 

 

 

Fra le pagine scomparse spicca quella che c’era presso https://dpg.unipd.it/en/soc/participate (copia su Archive.org):

 

Ne riporto il testo:

Participate!

Stiamo raccogliendo esperienze personali definite di solito come "anomale", "eccezionali" o "straordinarie", ad esempio esperienze fuori corpo e durante arresti cardiaci o altri eventi traumatici, sogni o pensieri precognitivi, interazioni mente-materia, visioni di persone decedute, esperienze di canalizzazione con altre entità, ecc.

Descrivetele rispondendo al questionario (vedi allegato) e speditele a patrizio.tressoldi@unipd.it

 

L’allegato citato è sopravvissuto alla cancellazione: il formulario per la selezione dei presunti sensitivi, su carta intestata dell'UniPD, è ancora online qui al momento in cui scrivo la stesura iniziale di questo articolo. Vi consiglio di scaricarlo presto se volete leggerlo.

Sul sito dell’UniPD c’è anche questo comunicato stampa del 10 luglio 2020 che cita il Science of Consciousness Research Group:

Padova,10 luglio 2020

LA METELLI INCONTRA... I FENOMENI QUANTUM-LIKE DELLA MENTE

Science of Consciousness Research Group del Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova e la Biblioteca Centrale di Psicologia "Fabio Metelli" organizzano l'incontro “I principi contro-intuitivi della fisica e i fenomeni quantum-like della mente”, con Fabio Fracas, fisico, Scientific Associate al CERN di Ginevra, e Patrizio Tressoldi, responsabile del Science of Consciousness Research Group che avrà luogo lunedì 13 luglio dalle ore 18.00 in videoconferenza al link: https://unipd.zoom.us/j/8485485183.

Grazie alla fisica quantistica la scienza ha potuto varcare la soglia dell’infinitamente piccolo per scoprire un universo dove valgono leggi e regole totalmente diverse da quelle della nostra realtà quotidiana. Principi contro-intuitivi che affascinano, stupiscono e al contempo suggeriscono innovative modalità di approccio – quantum-like – a molti quesiti che gli studiosi si pongono fin dall’antichità. E fra questi, naturalmente, anche a quelli sulla natura e il funzionamento della mente e della coscienza.

 

Intanto la vicenda ottiene attenzioni mediatiche, in un perfetto Effetto Streisand:

 

Il 25 dicembre scorso Libero ha pubblicato qui (copia permanente) il testo integrale di un’intervista a Susanna (Susi) Gallesi, che contiene frasi come “Chi è scettico sappia che questa signora ha superato i criteri di accuratezza previsti dal protocollo del gruppo di ricerca italiano sulla medianità riconosciuto dalla Facoltà di Psicologia dell'università di Padova. Test complessi, li definisce il dottor Fernando Sinesio, infatti per ora solo in 7 hanno superato le valutazioni in Italia.” Il trauma subìto dalla Gallesi nell’infanzia (la morte del padre) può offrire una chiave di comprensione della sua vicenda personale. Non metto in dubbio la sua buona fede: dubito invece della spiegazione paranormale offerta dai ricercatori.

-- 

In una delle pagine dell’UniPD ora rimosse figura fra i membri del gruppo di ricerca anche Daniela Lucangeli, che dai dati pubblici (anche qui su Cineca.it) risulta essere Professore ordinario del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova ed è prorettrice dell’Università.


Le ho scritto chiedendo una presa di posizione sulla vicenda. La sua risposta, molto sorprendente, è che non fa parte del gruppo di ricerca sulla medianità e non sa nulla del caso. Eppure il suo nome era nella lista dei membri del gruppo SOC.

In una successiva sua mail del 30/12, la professoressa mi ha diffidato dall’usare ulteriormente il suo nome in relazione alla vicenda della medium e mi ha inviato un chiarimento di Patrizio Tressoldi. Questo chiarimento dichiara che:

[...] l'adesione al SOC (Science of Consciousness Research Group) non prevede automaticamente che si aderisca a tutti i progetti di ricerca. Nel caso specifico della linea di ricerca inerente lo studio della medianità, solo io [Tressoldi] faccio parte del GRIM (Gruppo di Ricerca sulla Medianità), che è un gruppo autonomo rispetto al SOC. Quindi è possibile che alcuni membri del SOC non ne siano coinvolti e a conoscenza di tale attività di ricerca.

Riporto quanto sopra per dovere di cronaca.

--

C’è ancora un dettaglio molto importante in tutta questa vicenda, ma per ora non ve ne posso parlare visti i possibili risvolti legali. Aggiornerò questo articolo man mano che arriveranno altre informazioni.

 

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2020/12/27

Corriere: vaccino, 150 mila dosi iniziali alla Germania, 9.750 all’Italia, ma per Arcuri è tutto “proporzionale alla popolazione”

Ultimo aggiornamento: 2020/12/28 12:55.

Ieri (26 dicembre) il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista, a firma di Monica Guerzoni, al commissario straordinario italiano per l’emergenza Covid Domenico Arcuri (copia permanente).

L’intervista contiene un perfetto esempio di pessima comunicazione su un tema delicatissimo:

La Germania ha avuto 150 mila dosi e noi 9.750?
«Il numero di dosi simboliche per partire tutti assieme il 27 dicembre è proporzionale alla popolazione, la Germania dalla Ue ha avuto le stesse dosi o poco più».

È un virgolettato: quello che il lettore si aspetta sia una trascrizione esatta e fedele delle precise parole dette dall’intervistato.

Ma la proporzione è sbagliata: la Germania ha 83 milioni di abitanti e l’Italia ne ha 60 milioni. Il rapporto di popolazione è 83/60, ossia 1,38. Il rapporto delle dosi simboliche è invece 150.000/9750, ossia 15,38. Come può essere “proporzionale alla popolazione”?

Non si capisce perché la giornalista non abbia interrotto Arcuri dicendogli “Aspetti un attimo, come sarebbe a dire? Mica è proporzionale alla popolazione”. Incapacità di Arcuri, discalculia della giornalista, o siamo in presenza di un virgolettato inventato, piaga tipica del giornalismo italiano? Nell’articolo non viene neppure aggiunta una nota di chiarimento.

Altrove, per esempio su Swissinfo.ch, le dichiarazioni di Arcuri descrivono in modo ben differente, ma comunque piuttosto nebuloso, i criteri di distribuzione:

Le dosi, ha spiegato Arcuri, saranno divise per tutte le regioni in base ad una percentuale individuata sulla base del quantitativo totale previsto per ogni regione nella prima distribuzione.

Il numero di 150.000 dosi iniziali per la Germania è confermato da DW.com e da Reuters, che conferma anche le 9750 dosi iniziali italiane. Da alcuni articoli sembra che 9750 dosi iniziali siano state assegnate a ciascun Land (stato federato) tedesco: BZ Berlin, Deutschland.de. Gli stati federati sono sedici, per cui i conti grosso modo tornerebbero (9750 x 16 = 156.000); Tio.ch/ATS spiega che la Germania “ha ottenuto 151.125 flaconcini: 9.750 per ciascuno dei suoi 16 Stati regionali, eccetto il più piccolo - Brema - che ne ha avuto la metà”. Resta il fatto che non c’è alcuna proporzionalità rispetto alla popolazione.

Sempre Tio/ATS scrive che “dall'ufficio del commissario italiano per l'emergenza Domenico Arcuri hanno negato che esista «alcuna discriminazione» nei confronti dell'Italia. Per il Vax Day, sostengono, la Germania avrebbe avuto «11 mila dosi» e «le 150 mila che le sono state consegnate fanno parte delle forniture successive»”. Ma non è quello che ha riportato il Corriere.

Anche Pagella Politica ha tentato di fare chiarezza: ciascun paese europeo avrebbe in effetti ricevuto 9750 dosi simboliche, da usare per il V-day del 27 dicembre per le prime vaccinazioni, ma alcuni paesi (come Francia e Germania) avrebbero contemporaneamente ricevuto già altre dosi da usare nei giorni successivi.

Comunque siano andate le cose, con questo genere d’informazione sui giornali nazionali non c’è da stupirsi se la gente teorizza complotti o discriminazioni fra paesi europei o resta amaramente confusa e non crede più a nulla. La comunicazione governativa e giornalistica della pandemia è stata disastrosa e continua ad esserlo.

 

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2020/12/26

"The Midnight Sky", mini-recensione senza spoiler (ma con quizzello)

Ultimo aggiornamento: 2020/12/28 14:55

Ho visto stasera (26/12) The Midnight Sky, l’ultima fatica cinematografica di e con George Clooney. In estrema sintesi, e senza spoiler (che ci possono essere invece nei commenti):

  1. Soporifero.
  2. Prevedibile.
  3. Effetti speciali molto belli (ILM è una garanzia).
  4. Soporifero l'ho già detto? Devo essermi riaddormentato, scusate.
  5. Non pensate troppo alle implicazioni biologiche del finale, sporcaccioni.

Ci sono almeno quattro assurdità scientifiche di base che mi hanno fatto accapponare la pelle e rovinato la sospensione dell’incredulità, e una è assolutamente banale e terra terra, ma non voglio fare spoiler. Le trovate se frugate nei commenti qui sotto.

Il mio abbraccio più sentito va a chiunque lo veda e, a una, uhm... certa scena, senta la tentazione insopprimibile di dire:

-“Ben?” 

-“Tu andrai al Sistema Dagobah...“

-“Sistema...Dagobah...”

Per i Trekker: sì, quello al'inizio (a 3:14) è Tim Russ, Tuvok di Star Trek Voyager e indimenticato pettinatore di deserti in Balle Spaziali.

 

C’è anche Ethan Peck (Star Trek Discovery). E ovviamente la protagonista di The Midnight Sky, Felicity Jones, è un volto molto familiare per gli appassionati di Star Wars, essendo la protagonista di Rogue One.

 

Questa immagine, oltre a Peck, mostra anche un oggetto che uno dei commentatori di questo blog conosce molto bene :-).

Quiz: perché alcuni degli specchi nella seconda foto sembrano di colore diverso dagli altri?

 

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2020/12/24

Buon Natale, con un regalino per gli appassionati di Luna

Ultimo aggiornamento: 2020/12/24 20:00.

Sarà un Natale anomalo, isolato e solitario per tanti. Molti di noi passeranno questi giorni rintanati in casa a fare binge watching di qualche serie rimasta in sospeso in questi mesi folli e allucinati.

Io ho approfittato di questi giorni di clausura per proseguire massicciamente numerosi progetti, che vi racconterò appena possibile, e per chiuderne uno che avevo dovuto lasciare in sospeso per mesi: i sottotitoli italiani completi del magnifico documentario Apollo 11 di Todd Douglas Miller, con le incredibili immagini originali restaurate e risincronizzate da Stephen Slater.

Di questo documentario avevo già parlato qui e qui, quando era uscito nel 2019, e ho avuto il piacere di intervistare Stephen Slater e di vedere Apollo 11 in sala insieme a Buzz Aldrin e Charlie Duke allo Starmus V; se volete rivivere le emozioni e le immagini di quest’impresa, ora potete procurarvi il Blu-ray o il file digitale (per esempio qui oppure qui su Amazon; Justwatch elenca varie fonti per il mercato italiano e per quello svizzero; se scoprite altre fonti, ditemelo e aggiornerò questo articolo).

Purtroppo, però, a quanto mi risulta il Blu-ray non ha i sottotitoli italiani, e quelli creati per le proiezioni avvenute in Italia erano, come dire, leggermente lacunosi, per cui li ho rifatti da capo. Sono a vostra disposizione gratuitamente qui (scaricateli con un clic destro invece di aprirli nel browser, se le accentate vi sembrano strane).

Per usarli, se avete il file digitale di Apollo 11, è sufficiente dire a un programma come VLC di aggiungerli al video. Sono già sincronizzati. Se notate errori o avete dubbi o migliorie da suggerire, ditemelo nei commenti.

Buona visione, e buone feste!

 

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2020/12/21

Storie di (pseudo)scienza 14: Quella volta che andai a una seduta spiritica

Ultimo aggiornamento: 2020/12/22 10:40.

La parapsicologia mi ha affascinato sin da ragazzino. L’idea che si potessero leggere i pensieri o trasmetterli a distanza, o che quei piegatori di cucchiai che vedevo alla TV fossero realmente una nuova frontiera della conoscenza, mi entusiasmava. Poi mi accaddero due cose che contribuirono tantissimo a farmi diventare il cacciatore di bufale e debunker che sono oggi.

La prima fu la lettura folgorante di Viaggio nel Mondo del Paranormale di Piero Angela (ho ancora qui la mia copia del 1979, che decenni dopo riuscii a farmi autografare da Angela e da James Randi), ispirata dalla visione della sua serie di documentari Indagine sulla parapsicologia alla Rai (1978). In TV avevo anche visto il prestigiatore Silvan che faceva un’operazione chirurgica a mani nude come i guaritori filippini (come descritto nel libro di Angela): persino sulla mia TV in bianco e nero era particolarmente impressionante. Coincidenza delle coincidenze, in quella serie di Piero Angela c’era anche un allievo di James Randi che anni dopo avrei ritrovato come figura chiave del complottismo sull’11 settembre, ma questa è un’altra storia.

Scoprire che quei fenomeni erano frodi o autoinganni fu un misto di delusione, incredulità e rabbia verso chi ingannava il prossimo, che però fu compensato dalla scoperta delle loro tecniche e dei meccanismi di autoinganno che si annidano in ciascuno di noi. Una porta si chiudeva, ma se ne apriva una ancora più interessante.

La seconda cosa che mi capitò fu una seduta spiritica. Ve la racconto come me la ricordo: i dialoghi sono grosso modo quelli reali, ossia ne rispecchiano il senso anche se non sono letterali.

All’epoca ero sedicenne e abitavo a Bereguardo, uno dei tanti nebbiosi e soporiferi paesini della Lombardia: quattro case, sei cascine, una chiesa, una rosticceria, una scuola, una scritta “Credere obbedire combattere” ancora leggibile sul muro nella piazza principale, uno scalcinato cinema all’oratorio, tante zanzare e poco altro. Una famiglia che arrivava da fuori, come noi, era talmente strana che eravamo noti semplicemente come “gli inglesi”. Una delle poche amiche di mia madre era convinta che noi avessimo la bocca fatta in modo diverso perché sapevamo pronunciare il th di toothpaste. C’era anche una “discoteca”, poco più di uno stanzone con un impianto audio, un po’ di luci colorate, qualche divano igienicamente discutibile e un modesto spazio centrale dove ballare, ma era sufficiente ad attirare i giovani della zona che non avevano l’auto per andare altrove. Purtroppo attirava anche gente poco raccomandabile da fuori, tanto che una sera la quiete del paesino fu scossa dalla notizia dell’uccisione di uno dei buttafuori.

Il locale rimase chiuso a lungo dopo la tragedia, e ad alcuni ragazzi della mia compagnia venne un’idea macabra: organizzare una seduta spiritica proprio in quella discoteca. Erano gli anni in cui andava in onda in TV lo sceneggiato La Traccia Verde (1975), in cui il testimone principale di un assassino era una pianta con la quale si poteva comunicare e che captava le “vibrazioni” del colpevole, ed erano di moda i piegatori di cucchiai “col pensiero” come Uri Geller. Alla TV si facevano esperimenti per trovare i “mini-Geller” italiani (la trash TV non è un’invenzione di oggi) e spopolavano i maneggiatori di pendolini (non i treni, ma i ciondoli appesi a un filo da far girare sopra un oggetto per estrarne messaggi ultraterreni). Il paranormale era, si direbbe oggi, diventato mainstream. Per cui la proposta fu accolta con brivido e interesse da molti di noi, me compreso.

La seduta sarebbe avvenuta usando la cosiddetta Ouija board: una tavola sulla quale si appoggiava un bicchiere capovolto, sul quale tutti i partecipanti appoggiavano un solo dito. Il bicchiere si sarebbe spostato, guidato dagli “spiriti”, verso le lettere dell’alfabeto disposte in cerchio sulla tavola (per facilitare le cose, oltre all’alfabeto molte Ouija board avevano anche un “Sì” e un “No” e le cifre).


Ispirato da una scena analoga di Le guide del tramonto di Arthur C. Clarke, in cui veniva descritta una Ouija board altamente tecnologica e ipersensibile grazie a cuscinetti che consentivano una scorrevolezza eccezionale e risultati straordinari, mi offrii di fornire io la tavola Ouija per la seduta. Invece del solito legno, che aveva un attrito notevole, mi procurai una lastra di alluminio levigatissima (mio padre lavorava come dirigente alla Alucaps, che faceva tappi partendo appunto da fogli di alluminio, per cui c’era parecchio materiale di scarto) e vi applicai delle lettere adesive. Un calice di vetro vi scivolava magnificamente.

Arrivò la sera della seduta. I proprietari del locale davano spesso il permesso ai ragazzi del paese di usare la sala per delle feste private, per cui ci trovammo sul posto con il loro consenso. Semplicemente ci, uhm, dimenticammo di dire loro che quella sera avremmo svolto una seduta spiritica e l’avremmo fatta proprio lì perché c’era morto qualcuno.

Con le luci basse e il silenzio in sala, ragazzi e ragazze appoggiarono leggermente un dito sul fondo del bicchiere rovesciato e lo feci anch’io. Uno dei ragazzi chiese ad alta voce, con un filo d’imbarazzo: “C’è qualcuno?”

Il bicchiere tremò un istante, poi cominciò a scivolare sull’alluminio, dirigendosi con crescente decisione verso il “Sì”, fra lo stupore di tutti. Beh, quasi tutti. Io e un’altra persona, alla quale avevo confidato il segreto sulle tecniche di manipolazione delle tavole Ouija, rimanemmo impassibili a osservare le espressioni degli altri. Alcune ragazze erano già agitatissime e volevano andarsene.

Cominciarono le domande: chi sei, con chi vuoi parlare, cosa ci vuoi dire. Il bicchiere si mosse a velocità impressionante: alcuni non riuscivano neppure a inseguirlo e le loro dita si staccavano dal calice. Le risposte degli “spiriti” erano vaghe: singole parole, che poi i partecipanti interpretavano in vari modi molto personali.

Dopo alcuni minuti, visto che avevo osservato a sufficienza gli indizi rivelatori suggeriti dal libro di Piero Angela e da altri libri di illusionismo, capii cosa stava succedendo. Avevo pensato inizialmente che fosse soltanto una questione di movimenti ideomotori, ossia dei tremolii inconsapevoli delle mani che, moltiplicati dal numero di dita appoggiate, generano gli spostamenti del bicchiere e lo rendono libero di scorrere in ogni direzione. Questi spostamenti inizialmente casuali poi vengono guidati inconsciamente dai partecipanti: quando tutti cominciano a notare che il bicchiere va verso una direzione, senza rendersene conto lo assecondano. Questo è quello che avviene normalmente nelle sedute spiritiche condotte in buona fede.

Ma qui era diverso. Due ragazzi fra i più grandi della compagnia stavano manovrando il bicchiere per farci paura, e io avevo capito chi erano. Non posso spiegare qui come era possibile accorgersene, perché queste tecniche di smascheramento possono tornare utili per altri debunking di altri imbroglioni, ma era un fenomeno fisico relativamente semplice che era evidente per qualunque osservatore attento che ne fosse a conoscenza ma passava inosservato agli occhi del profano incantato dall‘emozione di una seduta spiritica. Lo aveva notato anche la persona alla quale avevo confidato quelle tecniche segrete.

Guardando la paura sui volti delle persone presenti, decisi che una frode del genere era pericolosa e andava fermata in qualche modo prima che i due ragazzi approfittassero del loro potere di suggestione e la cosa sfuggisse di mano. Ma c’erano due rischi: il primo era di non essere creduto nella spiegazione (la superstizione abbondava) e il secondo era di essere menato dai due ragazzi, che non erano dei santarellini.

Così ebbi l’idea di usare contro i truffatori le loro stesse armi: presi il controllo del bicchiere.

Può sembrare strano, ma è molto più facile di quel che si pensa, e non se ne accorge nessuno. Feci scrivere al bicchiere una sola parola molto corta: M… O… R… T… E. I presenti ebbero un sussulto già dopo le prime lettere.

Mentre comandavo il bicchiere, guardavo le espressioni dei due sospettati: si stavano scambiando sguardi increduli, domandandosi con gli occhi “Ma lo stai muovendo tu?” e rendendosi conto che nessuno dei due stava pilotando il bicchiere. Si guardavano intorno, esplorando i volti dei presenti, cercando di capire chi avesse preso il controllo, e soprattutto come lo avesse preso.

“Morte? Di chi?” chiese qualcuno.

Il bicchiere cominciò a scrivere la risposta, muovendosi con risolutezza. I due ragazzi imbroglioni continuavano a guardarsi senza capire cosa stesse succedendo, perché io sapevo qual era la loro tecnica per muovere il bicchiere, mentre loro non sapevano quale fosse la mia (ci sono vari modi per farlo, alcuni più evidenti di altri) e quindi non riuscivano a identificare chi (o cosa) stesse spostando il bicchiere, che oltretutto spesso si muoveva anche mentre sembrava che mi sfuggisse da sotto il dito.

Non ricordo le parole esatte che feci scrivere agli “spiriti” quella sera, ma il senso della risposta fu molto chiaro: qualcuno sarebbe dovuto morire molto presto. Poi, all’ennesima richiesta di rivelare chi era il predestinato, il bicchiere cominciò a scrivere i cognomi dei due ragazzi che avevano tentato l’inganno.  

Lo spavento fu tale che la seduta fu interrotta immediatamente e nella nostra compagnia non se ne fecero mai più. Per superstizione o per timore di essere stati smascherati, i due ragazzi non provarono più a imbrogliare nessuno con lo spiritismo. 

Cosa più importante, nessuno mi menò.


 

Questo articolo fa parte delle Storie di Scienza: una serie libera e gratuita, resa possibile dalle donazioni dei lettori. Se volete saperne di più, leggete qui. Se volete fare una donazione, potete cliccare sul pulsante qui sotto. Grazie!

2020/12/20

Lo strano caso di Susanna Gallesi, la medium “certificata dall’Università di Pavia” (o Padova) stando a Pomeriggio 5: prima parte

Ultimo aggiornamento: 2020/12/22 15:50.

Pochi giorni fa, il 16 dicembre, il programma Pomeriggio 5 ha pubblicato questo tweet, nel quale presentava una “medium certificata dall’Università di Pavia” (il video della dichiarazione è qui su Youtg.net).


Mi sembrava strano che l’Università di Pavia avesse certificato una medium, per cui ho chiesto lumi pubblicamente:

L’account ufficiale dell’Università di Pavia mi ha risposto pubblicamente dicendo “Ovviamente (ma c’è bisogno di dirlo?) l’Università di Pavia non certifica medium” (copia permanente).


Dopo questa dichiarazione dell’Università di Pavia, ho chiesto pubblicamente chiarimenti a Pomeriggio 5:

Non ho ricevuto risposta, ma il tweet di Pomeriggio 5 è stato rimosso. Rimane conservato e citato da varie fonti e in screenshot (Bufale.net, Movieplayer, IlSussidiario, PrimaPavia, Giornalettismo, Solodonna, Caffeinamagazine).

Avrei lasciato perdere questa faccenda se non ci fosse stato un seguito:

In un post su Facebook di Signor Distruggere, nel quale lui chiariva che Aggiornamento: pare che Pomeriggio 5 abbia scritto erroneamente "Pavia", ma che in realtà ci si riferisse a Padova, è comparso un commento di “Susi Gallesi” che dice Evitare di mettere notizie false per farvi pubblicità o ti parte una denuncia NON È MAI STATA NOMINATA L 'UNIVERSITÀ DI PAVIA siete vergognosi. Il commento è effettivamente partito da un account che mostra il libro di Susi Gallesi e foto della persona apparsa nel programma di Pomeriggio 5.


In altre parole, tutto indica che la medium avrebbe minacciato di denunciare Signor Distruggere per diffamazione perché lui sarebbe colpevole di aver condiviso una conversazione pubblica nella quale si chiedevano chiarimenti su un errore commesso da Pomeriggio 5.

L’università certificatrice, inoltre, sarebbe appunto quella di Padova, non quella di Pavia. Ma sul profilo Facebook della medium, Susanna Gallesi, lei stessa scrive che neppure l'Università di Padova l'ha certificata: NON È L 'UNIVERSITÀ CHE RILASCIA CERTIFICATI(copia permanente). 

Però pubblica, sempre sul suo profilo, la foto di una pagina di Libero che dice che lei, chiamata qui Susi Gallesi, è “una medium certificata dall’università”.

L’articolo, fra l’altro, dice che la Gallesi afferma di avere le foto degli angeli che ha visto: sarebbe molto interessante vederle e soprattutto vedere come le produce.


Susi Gallesi pubblica su Facebook anche una fotografia del proprio “certificato” (copia permanente), il cui PDF originale è qui sul suo sito (copia permanente).


Questo è uno screenshot del PDF, per maggiore chiarezza: non chiedetemi quali siano “gli usi consentiti dalla legge”. O quale sia la legge che regola le certificazioni dei poteri paranormali dei medium.


Ho chiesto via Twitter all’Università di Padova se il citato "gruppo di ricerca italiano sulla medianità" sia autorizzato a usare il logo dell'Università di Padova sulle sue "certificazioni" di medium. Sono in attesa di una risposta formale, ma intanto Ferdinando Sinesio, definitosi “coordinatore della ricerca”, ha scritto su Facebook che “L'università di Padova ha autorizzato il GRIMM (GRUPPO ITALIANO RICERCA SULLA MEDIANITÀ) a svolgere tale ricerca per proprio conto. La certificazione che rilasciamo rappresenta la "divulgazione" dei risultati dei nostri esperimenti” e che “L'università di Padova ha rilasciato 4 documenti autorizzatori della ricerca. L'università di Pavia non c'entra nulla, è un errore di Barbara D'Urso” (copia permanente).

Nell’attesa sono andato a vedere quali sono i “criteri di accuratezza” citati nel “certificato”, seguendo il link abbreviato tidy.ws/6rk7NC, che porta a un avviso “sito ingannevole” e infine a un PDF ospitato sul sito Patriziotressoldi.it (copia permanente). Il PDF è un “Protocollo di verifica delle capacità medianiche”, che contiene il logo del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università degli Studi di Padova.

A parte le perle d’italiano tipo “Fornire il nome del nome del defunto”, che non promettono grande “accuratezza”, il resto del "protocollo" è di una nebulosità burocratese assoluta. Noto subito chicche come il fatto appunto che la medium deve ricevere il nome del defunto “per favorire la canalizzazione del sensitivo”. Nel senso che nell'aldilà si chiamano tutti per nome, Mario, Piero, Cesira? E in che modo dare solo il nome del defunto, senza cognome, aiuta il medium? Avete idea di quanti Mario ci sono nell'aldilà?

Il protocollo è privo di qualunque informazione su eventuali procedure per impedire frodi o comunicazioni involontarie di indizi. Un prestigiatore ci andrebbe a nozze. Un paper degli stessi ricercatori (Mediumship accuracy: a quantitative and qualitative study with a triple-blind protocol) è più prodigo di dettagli, ma restano altre chicche metodologiche: per esempio, al medium basta azzeccare il colore dei capelli (“aveva capelli scuri”) per avere un successo valido per il punteggio finale. E i familiari del defunto ricevono DUE letture fornite dal medium, e dovranno valutare ENTRAMBE. Così scelgono automaticamente quella più calzante. Piace vincere facile?

Veniamo ora all'elenco dei medium che hanno superato i criteri. Secondo il "certificato" di Susanna Gallesi, il link è questo: tidy.ws/82kaVD. Questo link porta a un PDF, sempre ospitato su Patriziotressoldi.it (copia permanente).

Uno dei nomi, Slavy Gehring, è a Mendrisio. A pochi chilometri da casa mia. Molto interessante.

EvanLab, il cui logo compare nel “certificato”, pubblica video come questo, che parla della capacità di comandare dispositivi a distanza con il pensiero. La ricerca è spiegata in maggiore dettaglio in questo loro articolo, e afferma di costituire “una prova di fattibilità della costruzione di dispositivi elettronici influenzabili mentalmente a distanza” (copia permanente). Questa non è più una tesi spiritualista o metafisica sulla quale è impossibile indagare scientificamente: questa è un’affermazione fattuale, verificabile o smentibile tramite sperimentazione. Ce la dimostrino in condizioni controllate, se sono capaci.

Intanto vorrei sapere cosa ne pensa l’Università di Padova di avere il proprio nome associato pubblicamente con dei ricercatori convinti di poter certificare comunicazioni con l’aldilà e poteri paranormali di telecinesi.

Questi sono i fatti, e qui mi fermo. Aggiungo solo un chiarimento: ognuno è libero di avere la propria spiritualità. Non è questo che metto in discussione. Quello che critico è il gesto della medium di minacciare denuncia per diffamazione. A casa mia si chiama intimidazione. A casa d’altri si chiama querela temeraria.

Rispetto il diritto di credere nell'aldilà e di credere che esistano davvero medium capaci di parlare coi defunti (a patto di sapere come si chiamano). Ma quello che non merita rispetto è l'intimidazione verso chi non ha fatto altro che condividere un'informazione pubblica. Informazione pubblica che, per chi se la fosse persa, è questa:

Se la signora Susanna Gallesi ritiene davvero opportuno denunciare qualcuno per aver diffuso quello screenshot pubblico, allora se la prenda con me. Nel frattempo, si studi bene il concetto di Effetto Streisand. Vi aggiornerò se ci saranno sviluppi. Nel frattempo ringrazio i tanti (troppi per citarli) che hanno contribuito a questo racconto trovando informazioni e documenti.


2020/12/22 10:50. L’Effetto Streisand comincia ad agire. Su Quotidiano.net trovate un articolo che parla della vicenda (copia permanente) descrivendo “un gruppo di ricerca affiliato al dipartimento di psicologia dell’ateneo di Padova” che “ha certificato che [alcune persone] posseggono facoltà medianiche. Il team è composto da sei studiosi. Coordinatore è Fernando Sinesio, 47 anni”, con “presupposti [...] assolutamente scientifici”. Va be’. 

 

2020/12/22 15:50. C’è più di un seguito a questa vicenda, che pubblicherò a breve.


2020/12/28 15:40. Il “più di un seguito“ è raccontato qui.


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2020/12/19

Il CEO di Toyota si scaglia contro le auto elettriche. Indovinate quante ne ha in catalogo

Fonte: The Observer.

Ultimo aggiornamento: 2020/12/19 18:25.

Me ne sarei stato zitto volentieri, ma visto che molti di voi mi hanno chiesto di commentare le dichiarazioni di Akio Toyoda,* CEO di Toyota, scrivo qui due righe veloci.

*Tolgo di mezzo subito un equivoco: Toyoda è il cognome del CEO e si scrive con la D. Toyota è il nome dell’azienda e si scrive con la T.

Stando ai giornali, Akio Toyoda ha detto che l’auto elettrica è un “business immaturo con costi energetici e sociali insostenibili” (Sole 24 Ore). Ha argomentato che i veicoli elettrici hanno un impatto ambientale, sia durante la produzione sia durante l’uso.

Beh, non è una grande rivelazione. Nessuno ha mai detto che le auto elettriche si fabbricano usando polvere magica e consumano forfora di unicorno. Anzi, è indubbio che la produzione di un’auto elettrica ha un impatto ambientale maggiore rispetto alla produzione di un’auto tradizionale, anche se questa differenza si pareggia dopo qualche decina di migliaia di chilometri d’uso, perché l’elettrica non produce gas di scarico mentre l’auto tradizionale continua a farlo per tutta la sua vita.

È altrettanto indubbio che l’auto elettrica abbia un impatto ambientale durante l’uso, se viene caricata con energia elettrica proveniente da fonti che hanno un impatto ambientale. Ma le reti elettriche stanno diventano man mano più pulite e questo impatto, già oggi minore di quello delle auto tradizionali, non fa che diminuire ulteriormente nel tempo. Le mie due auto elettriche sono caricate con energia idroelettrica già adesso. Molti proprietari di auto elettriche installano pannelli solari per caricare con il sole. Fatelo con un’auto a benzina o gasolio.

Akio Toyoda ha anche suggerito di “rendere più green la produzione di elettricità e poi in seconda battuta di adeguare le infrastrutture” e di non puntare soltanto sulle vendite di vetture ad emissioni zero, e su questo ha pienamente ragione. L’auto elettrica, da sola, non fa miracoli. Riduce sicuramente l’inquinamento locale, per esempio in città, come ben sa chi porta i bambini a passeggio ad altezza di tubo di scappamento, ma rischia di spostarne parte altrove. L’auto elettrica non è una soluzione magica: ha bisogno di misure di contorno.

In questo senso presumo che Akio Toyoda si riferisca soprattutto al caso specifico del Giappone, dove il 70% dell’energia elettrica deriva da fonti fossili (principalmente carbone e gas naturale) e i trasporti consumano il 38% del petrolio. La situazione in altri paesi è ben diversa già oggi

Il CEO di Toyota ha anche detto che le auto elettriche sono troppo costose e rischiano di essere un lusso per ricchi. Ma forse non ha considerato che il prezzo delle batterie (il maggior fattore di costo di un’elettrica, circa il 20%) è sceso dell’88% nel corso di un decennio e continua a scendere, secondo Bloomberg, che dice che un kWh di batteria costava oltre 1.100 dollari nel 2010 e oggi ne costa 137 e prevede il pareggio elettrica/pistoni entro il 2023. Fra qualche anno, un’elettrica costerà meno di un’auto a pistoni, già come prezzo di listino, senza contare i minori costi operativi (la corrente costa un quarto rispetto al carburante) e di manutenzione (nessun cambio d’olio, meno pezzi che si possono rompere, consumo ridottissimo dei freni) che già si hanno adesso.

Akio Toyoda ha poi paventato il rischio di un collasso del modello attuale di business dell’industria automobilistica, con la perdita di milioni di posti di lavoro, se il Giappone bandisce troppo in fretta le auto a carburante. Beh, questo è il rischio di qualunque industria che produca un oggetto che non ha più mercato. Immagino che i maniscalchi e i sellai si siano indignati allo stesso modo all’avvento dell’automobile, ma non per questo abbiamo deciso di mantenere le diligenze o messo stalle in ogni casa. Quando sono arrivate le fotocamere digitali, non abbiamo deciso di continuare a foraggiare i produttori di pellicole o obbligato i telefonini ad installare rullini. I milioni di posti di lavoro verranno persi da chi non si adatterà al mercato. È un peccato che queste parole arrivino dal CEO di un’azienda che per anni è stata all’avanguardia nella propulsione ibrida con le sue straordinarie Prius.

E in questo senso sospetto che nelle parole di Akio Toyoda pesi non poco il fatto che Toyota ha a catalogo, in questo momento, esattamente zero auto puramente elettriche (ha solo ibride, a parte la Lexus UX300e, che arriverà a marzo 2021 ed è appunto una Lexus) e punta tutto sull’idrogeno: se Akio Toyoda pensa che sia costoso convertirsi all’elettrico, non ha idea di quanto costi creare l’infrastruttura per l’idrogeno. Ma ho anche il dubbio che il successo spettacolare di aziende concorrenti come Tesla stia stimolando la Sindrome della Volpe e dell’Uva.

 

Fonti aggiuntive: Teslarati, Wall Street Journal, CleanTechnica, Electrek, The Observer. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

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