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Il Disinformatico: aprile 2015

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2015/04/28

Il veicolo cargo russo Progress diretto alla Stazione Spaziale è in avaria

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/04/29 15:30.

Circa quattro ore fa (alle 13:10 ora di Baikonur) è partito il veicolo spaziale cargo russo Progress 59 (Progress M-27M, secondo la dizione russa), diretto verso la Stazione Spaziale con circa 3 tonnellate di cibo, propellente, acqua, ossigeno e altri rifornimenti per gli abitanti della Stazione. Era previsto il rendezvous rapido con la Stazione in sei ore e quattro orbite, ma sono sorti dei problemi.

Secondo quanto pubblicato dalla NASA, la telemetria trasmessa dalla Progress dopo l'inserimento in orbita è discontinua e quindi i controllori di volo russi non sono stati in grado di confermare lo stato dei sistemi di bordo e l'attivazione dei sistemi di navigazione e di manovra necessari per il rendezvous. I pannelli solari si sono aperti regolarmente, per cui il veicolo non è a corto di energia.

Un veicolo Progress in volo
(immagine d'archivio)
I controllori stanno inoltre avendo problemi a trasmettere comandi alla Progress. È subentrato quindi il piano di volo di riserva, che prevede un rendezvous più lento (due giorni, 34 orbite) che farebbe arrivare la Progress alla Stazione giovedì.

Altre fonti indicano che l'orbita attuale di 194 x 279 km è "completely off-target", che i problemi di telemetria e invio di comandi persistono e che mancano dati precisi sull'orbita.

Secondo NasaSpaceflight, se il sistema di navigazione primario (KURS) risultasse inaffidabile, sarebbe possibile un attracco manuale tramite il sistema ausiliario TORU.

Qualora non fosse possibile riprendere il controllo della Progress, il cargo rientrerà spontaneamente nell'atmosfera entro pochi giorni e si disintegrerà nell'alta atmosfera insieme al proprio prezioso carico. Non c'è nessun pericolo significativo di caduta di frammenti al suolo e nessun rischio di collisione con la Stazione. Il carico della Progress non è urgente e il suo mancato arrivo non comporta problemi immediati per la Stazione.


Aggiornamenti


13:55. Pochi minuti fa la diretta dal centro di controllo russo ha mostrato brevemente delle immagini provenienti da una delle telecamere di bordo della Progress, che sembra essere in rapida rotazione incontrollata su se stessa, dato che si vede un'alternanza continua di cielo e superficie terrestre.

14:35. Il Controllo Missione statunitense ha avvisato gli astronauti sulla Stazione che non è pianificato alcun attracco per giovedì. I tentativi russi di riprendere il controllo della Progress sono stati infruttuosi ed è quindi impossibile inviare i comandi di manovra necessari per inserirsi nella traiettoria di attracco.

15:10. Astronautinews ha pubblicato un sunto in italiano della situazione e il video della telecamera di bordo della Progress che gira vorticosamente su se stesso. Non è un bello spettacolo. Le scritte in sovrimpressione indicano che il sistema di navigazione è entrato in modalità di test.


21:00. I controllori russi ritenteranno tra qualche ora di riprendere i contatti con la Progress, ma è una corsa contro il tempo. Alcune stime prevedono che senza manovre correttive rientrerà, disintegrandosi, entro 18 ore.

2015/04/29 8:00. Anche i nuovi tentativi effettuati finora sono falliti: zero telemetria e nessuna risposta del veicolo ai comandi inviati da terra. La tentata attivazione del sistema manuale di manovra TORU è fallita. L'unica nota positiva è che l'orbita nella quale si trova la Progress è meno bassa di quanto sembrasse dai primi rilevamenti, per cui il veicolo non verrà frenato rapidamente dalla resistenza dell'aria (comunque presente, anche se estremamente tenue, alle quote orbitali basse) e non ricadrà sulla Terra entro poche ore, come si temeva inizialmente, ma dopo vari giorni. C'è però il problema dell'energia di bordo: la rotazione incontrollata (circa 20 giri/minuto su un singolo asse) impedisce ai pannelli solari di restare rivolti al Sole.

8:15. L'avaria della Progress è senza precedenti: in passato ci sono state Progress che hanno avuto difficoltà ad attraccare, due sono entrate in collisione con la stazione spaziale sovietica Mir (nel 1994 e nel 1997) e una non ha raggiunto l'orbita (nel 2011), ma uno scenario come quello attuale non era mai avvenuto in decenni di servizio (la prima fu lanciata nel 1978) e oltre 140 voli. Se la Progress non viene salvata, gli abitanti della Stazione hanno riserve per almeno quattro mesi. Inoltre la navetta Progress precedente è ancora attraccata e può quindi fornire propulsione per il mantenimento dell'orbita della Stazione. La Stazione può essere rifornita dai veicoli Dragon e HTV. Tuttavia è prevedibile che i prossimi lanci di rifornimento con le Progress verranno ritardati per studiare l'avaria attuale ed evitare che si ripeta. Dato che le Progress e le capsule con equipaggio Soyuz hanno molti sistemi in comune, è inoltre possibile che i lanci di nuovi equipaggi possano subire rinvii; non ci sono per ora ragioni per pensare a rinvii dei rientri degli equipaggi già a bordo della Stazione, come quello previsto per il 13-14 maggio con Samantha Cristoforetti, Anton Shkaplerov e Terry Virts. Maggiori dettagli sono disponibili in inglese presso Spaceflight101.

11:55. Ho appena sentito le comunicazioni da Mosca verso la Stazione: il Controllo Missione russo ha chiesto ai cosmonauti di fotografare la Progress stanotte, fra le 0:23 e le 0:28 ora di bordo, quando passerà relativamente vicina alla Stazione. A terra hanno bisogno qualche riscontro visivo sulla situazione del veicolo. Un eventuale video sarebbe molto interessante.

14:15. Secondo Interfax/NasaSpaceflight, lo Space Command segnala “44 frammenti in orbita accanto alla Progress M-27M e al razzo del terzo stadio Soyuz-2.1a”. Non è un buon segno. La base militare di Vandenberg ha segnalato la propria osservazione di detriti qui (ora rimosso, ma disponibile nella cache di Google): “4/28/2015 - VANDENBERG AIR FORCE BASE, Calif. -- Joint Functional Component Command for Space's Joint Space Operations Center made an initial observation of an anomaly with an International Space Station Progress resupply cargo craft at 12:04 a.m. (3:04 a.m. EDT), today. The JSpOC immediately began tracking the event and initiated the appropriate reporting procedures. Currently, the JSpOC can confirm that the resupply vehicle is rotating at a rate of 360 degrees every five seconds. Additionally, the JSpOC has observed 44 pieces of debris in the vicinity of the resupply vehicle and its upper stage rocket body, however, it cannot confirm at this time if the debris is from the rocket body or vehicle itself. "Human spaceflight safety is our chief concern," said Lt. Gen. Jay Raymond, JFCC Space and 14th Air Force (Air Forces Strategic) Commander. "We will continue to monitor the situation and work with our government, international and industry partners to ensure the safety of the astronauts onboard the ISS and provide for the long-term safety, sustainability, security and stability of the space domain." The JSpOC will continuously track the cargo craft and debris, performing conjunction analysis and warning of any potential collisions in order to ensure spaceflight safety for all. Questions regarding the ISS should be directed to NASA and questions about the cargo craft and the ongoing attempts to command it should be directed to Russian flight controllers.”

14:20. Il Messaggero ha pubblicato un articolo pieno di errori e allarmismi inutili sull'avaria della Progress. Non è vero che Samantha Cristoforetti è “senza rifornimenti” (ci sono mesi di provviste a bordo e altri rifornimenti sono in arrivo con altri veicoli cargo) e comunque Sam non è l'unica persona a bordo della Stazione, suvvia. L'articolista, Paolo Ricci Bitti, spende tempo a fare battute su DHL e Grande Raccordo Orbitale invece di verificare i fatti e così s'inventa l'inesistente cosmonauta Jurij Lonaakov insieme ad altre panzane tecniche, dimostrando ancora una volta che è inutile perdere tempo a leggere le notizie tecniche o scientifiche sui giornali generalisti.

15:30. L'astronauta statunitense Scott Kelly, a bordo della Stazione, ha appena dichiarato in un'intervista per la Associated Press che ha saputo dai centri di controllo russi e statunitensi che la Progress non attraccherà alla Stazione e rientrerà spontaneamente nell'atmosfera terrestre tra qualche giorno. Sembra a questo punto chiaro che la Progress è ormai abbandonata.

2015/04/26

Vado a prendere una roccia lunare. Vi interessa vederla da vicino?

L'articolo è stato aggiornato estesamente dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/05/08.

Un frammento di Luna ammirato da Charlie Duke,
astronauta lunare, e la moglie Dotty.
Credit: Rodri Van Click.
Come ho accennato qua e là in questo blog, da tempo sto lavorando ad alcuni eventi speciali di cui non ho potuto dare finora nessun dettaglio. Per uno di questi eventi è giunto finalmente il momento di poter fare un annuncio pubblico.

Tra pochissimi giorni sarò a Houston per partecipare al ritiro in prestito di una roccia lunare delle missioni Apollo, che verrà presentata in Italia e in Svizzera dal 9 maggio al 3 giugno in una serie di conferenze scientifiche e di eventi divulgativi dedicati al tema dell'esplorazione e dell'avventura.

La roccia è stata concessa in prestito dalla NASA a Luigi Pizzimenti, direttore della sezione Astronautica dell'Osservatorio FOAM13 di Tradate, curatore del Padiglione Spazio del Museo del Volo Volandia e accreditato presso il Lunar Sample Laboratory Facility nel quale sono custodite le rocce lunari Apollo. Io accompagnerò Luigi a Houston, documenterò giornalisticamente il viaggio e sarò con lui per le lezioni e conferenze che dedicheremo a questo straordinario campione di roccia extraterrestre.

No, non è uno scherzo, anche se faccio fatica a crederci anch'io, perché sono anni che lavoro a quest'impresa. Vado davvero a prendere un pezzo di Luna.

Il campione di Luna che Luigi (foto qui accanto) ed io andremo a ritirare è molto speciale: è un frammento della roccia 70215, pesa ben 120 grammi ed è uno dei più grandi fra quelli offerti dalla NASA per esposizioni pubbliche. Inoltre ha una storia eccezionale: ha più di 3,7 miliardi di anni (più della maggior parte delle rocce terrestri di superficie) ed è stato raccolto sulla Luna a dicembre del 1972, durante l'ultima missione lunare, dalle sapienti mani dell'unico geologo che ha mai fatto geologia extraterrestre sul campo: Harrison Schmitt. Ha anche un valore inestimabile, perché oggi non c'è nessuno in grado di andare a prenderne delle altre: se prendiamo il costo delle missioni Apollo (circa 170 miliardi di dollari di oggi) e lo dividiamo per i 382 chilogrammi di campioni lunari riportati sulla Terra, risulta che il campione che Luigi ed io vi porteremo vale teoricamente circa 53 milioni di dollari.

Durante gli appuntamenti pubblici (che annuncerò man mano in questo blog) potrete conoscere la storia geologica di questa roccia antichissima, che rievoca la cataclismica formazione della Terra e della Luna, e potrete rivivere, con foto e riprese video rare e restaurate, l'avventura e il viaggio che l'hanno portata tra noi. Potrete anche osservarla da vicino e fotografarla: se volete un selfie davvero spaziale, questo è il vostro momento. Avere in Europa un grande campione di roccia lunare delle missioni Apollo non capita spesso.

Se vi interessa organizzare un evento, una lezione universitaria o una conferenza dedicata a questa roccia, contattatemi via mail presso paolo.attivissimo(chiocciola)gmail.com oppure contattate Luigi Pizzimenti presso luigi.pizzimenti(chiocciola)foam13.it per tutti i dettagli organizzativi. Ma fate presto, perché il tempo vola, molte date sono già state riservate e altre sono state opzionate.

Durante il viaggio farò un livetweet e girerò un mini-documentario che racconterà come è stato possibile coronare un sogno che, come Luigi (autore del libro Progetto Apollo) e tanti altri della mia generazione, avevo fin da bambino: raggiungere la Luna e vedere cosa può fare di meraviglioso l'umanità quando ci si mette d'impegno. Se vi va di unirvi a me e Luigi in questo sogno che diventa realtà, seguiteci su Twitter (@disinformatico e @luigipizzimenti) e tenete d'occhio questo blog per gli annunci di date e luoghi in cui sarà visibile la roccia.


Aggiornamento (2015/05/08): Missione compiuta! La Roccia è ora al sicuro in Italia ed è pronta per iniziare il tour. Il calendario degli appuntamenti, inizialmente pubblicato in questo articolo, è ora in una pagina apposita di questo blog.

Podcast del Disinformatico del 2015/04/24

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di venerdì del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!

Festa di compleanno spaziale per Astrosamantha

Samantha Cristoforetti ha compiuto 38 anni con una cerimonia piuttosto particolare.

Un video pubblicato da Anton Shkaplerov (@anton_astrey) in data:



Auguri, Sam!

Violati gli account Twitter di Tesla Motors ed Elon Musk; Teslamotors.com inaccessibile

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “mind-deto*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.

Stanotte ignoti hanno preso il controllo degli account Twitter autenticati di Tesla Motors (@teslamotors) e dello stesso Elon Musk (@elonmusk). Gli aggressori hanno pubblicato dei tweet contenenti un numero di telefono di una persona, con l'invito a chiamare il numero per ricevere una Tesla gratis. A giudicare dallo scambio di messaggi e da alcuni commenti, sembra che si tratti di una sorta di ripicca verso l'utente di cui è stato pubblicato il numero, fatta allo scopo di bombardarlo di telefonate di persone che gli chiedono una Tesla in regalo.

Gli account sono tornati alla normalità, ma in questo momento chi visita il sito Teslamotors.com da un browser si trova rediretto su una pagina parodistica piuttosto grossolana.

2015/04/27: Business Insider ha pubblicato un'analisi della tecnica d'attacco usata dagli aggressori: un classico social engineering.

2015/04/25

Sulla Stazione Spaziale c'è un videoproiettore HD. E stasera ci guardano “Gravity”, ambientato sulla Stazione

Poco fa l'astronauta Scott Kelly ha pubblicato su Twitter questa foto:



A meno che si tratti di una battuta (Kelly ha un senso dell'umorismo molto particolare), sulla Stazione hanno da poco un videoproiettore HD, che usano per le videoconferenze e per il software tecnico ma anche, stasera, per vedersi un film. E che film guardano, gli spiritosi? Gravity, ambientato in parte anche sulla Stazione stessa.

L'immagine di Gravity scelta da Kelly non è casuale: è Sandra Bullock (no, non è Samantha Cristoforetti, anche se la somiglianza è notevole) che fluttua nella Stazione, e il corridoio che ha intorno è una replica di quello dove gli astronauti stanno proiettando il film.

Stasera, insomma, a 400 chilometri di quota e a 28.000 chilometri l'ora, c'è chi si guarda un film ambientato sulla Stazione Spaziale... sulla Stazione Spaziale. Un po' come guardare Titanic su un transatlantico, Lo squalo mentre si è a mollo in mare, Doctor Who dentro un TARDIS, Il Gladiatore dentro il Colosseo o L'aereo più pazzo del mondo durante un volo in aeroplano. Decisamente meta.

Qualcuno, lassù, si sta divertendo.

Android attiva il Wi-Fi anche quando l’utente lo disattiva

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Un paio di giorni fa stavo azzerando un telefonino Android e installando la versione aggiornata del sistema operativo quando ho notato questa schermata informativa, in particolare il suo terzo paragrafo. Cito:

“Per migliorare l'accuratezza della posizione e per altri scopi, consentire al servizio di localizzazione di Google e alle altre applicazioni di eseguire una ricerca delle reti Wi-Fi disponibili nelle vicinanze, anche quando il Wi-Fi è disattivato.”

Da questa frase sembra di capire che se accettate quest'opzione, Android in realtà non spegne affatto la sezione Wi-Fi del telefonino quando toccate l'icona di attivazione e disattivazione nelle impostazioni. Questo comportamento corrisponde a quanto descritto in questa pagina dell'assistenza di Google:

“Scansione sempre disponibile. Attiva questa opzione per consentire alle app di cercare reti Wi-Fi anche quando il Wi-Fi non è attivo. Questa funzione viene utilizzata principalmente per migliorare i servizi di localizzazione quando il Wi-Fi non è attivo.”

Credete di aver spento il Wi-Fi, ma in realtà è ancora acceso di nascosto. Piuttosto ingannevole; ci sarebbe anche da chiedersi quanto quest'attività nascosta incida sul consumo di batteria, problema perenne degli smartphone (aggiornamento: probabilmente poco, dato che è una scansione passiva). È interessante, inoltre, il fatto che questa ricerca delle reti Wi-Fi viene usata principalmente per localizzarvi: sapendo quali reti Wi-Fi sono visibili al telefonino, chi ha una mappa mondiale dei nomi delle reti, come per esempio Google, può sapere dove siete anche a GPS spento.

Per chi non vuole sottoporsi al tracciamento commerciale (da distinguere da quello effettuato dagli operatori cellulari, dalle forze dell'ordine o dai servizi di soccorso), spegnere il GPS non basta. Ma a quanto pare non basta neppure spegnere il Wi-Fi del telefonino, se si accetta quest'opzione al primo avvio del telefonino: cosa che è facile dimenticarsi di aver fatto. Voi vi ricordate cos'avete scelto?

Se volete verificare la vostra impostazione, seguite queste istruzioni alla voce Modifica delle opzioni avanzate.

2015/04/24

Telescopio Spaziale Hubble: una finestra sull’Universo aperta da 25 anni

di Paolo G. Calisse - 24 aprile 2015

Fonte: Hubblesite.org.
Il 24 aprile del 1990 decollava da Cape Canaveral, nella stiva della navetta spaziale Discovery, una delle più straordinarie creazioni del genio umano: il Hubble Space Telescope (HST nel seguito), il primo, vero telescopio orbitante.

Figlio “non riconosciuto” - per così dire - dei satelliti spia della serie KH-11 Kennan (KH sta per Key-Hole, o "buco della serratura"), ne condivide l'assemblaggio ottico e parte della struttura. L'esistenza di questi sofisticatissimi satelliti spia, quasi ignota agli astronomi di allora, consentì alla Kodak di ridurre decisamente il costo delle ottiche.

HST si è dimostrato uno degli strumenti spaziali più versatili di sempre. È in grado di osservare una grande varietà di oggetti in cielo, con la notevole eccezione del Sole, troppo brillante, e del pianeta Mercurio, ad esso troppo vicino per essere osservato senza rischi di danneggiamento dei sensori. Tra i suoi spettacolari risultati e scoperte vi sono dischi di detriti di forme inaspettate orbitanti stelle lontane, immagini di galassie in formazione, gli effetti della materia e dell'energia oscura, zone di formazione stellare, resti di supernova, ma anche osservazioni di Saturno, la scoperta di due nuovi satelliti di Plutone e il sito di atterraggio della missione Apollo 17 sulla Luna. Senza contare la magnificenza di un catalogo di foto in grado di competere con autori come Ansel Adams e Henry Cartier-Bresson in quanto a risultati estetici. HST è arrivato ai confini estremi dell'universo, fotografando migliaia di galassie in una sola volta nelle sue immagini a più elevata risoluzione.

Favorito dall'assenza di atmosfera in orbita, HST ha aperto letteralmente una nuova finestra nello spazio, nonostante i 2,4 m di diametro del suo specchio principale siano ben poco rispetto ai più grandi telescopi a terra, come il Very Large Telescope a Paranal in Cile, che vanta una superficie complessiva circa 44 volte maggiore. Come spesso accade, quello che si prevedeva di misurare ed osservare con questo straordinario strumento è diventato nel tempo irrilevante rispetto a quanto veniva scoperto di inaspettato. L'assenza di atmosfera non solo gli ha consentito di avvicinarsi alla risoluzione teorica consentita dalle ottiche – il cosiddetto limite di diffrazione – ;ma anche di ridurre la luminosità di fondo e di osservare il cielo in bande come quella ultravioletta, un risultato impossibile da ottenere da terra.

Nel seguito alcune informazioni sul satellite e una cronistoria del progetto, che include alcuni dei risultati scientifici ottenuti nel corso della sua lunga vita. Questi risultati, tratti dai quasi 10 alla settimana pubblicati in media su riviste scientifiche, non sono né i più rilevanti né tanto meno gli unici. Li ho disseminati nella cronistoria che segue solo per fornire un esempio il più possibile vario di quanto questo straordinario strumento abbia consentito di avanzare le nostre conoscenze dell'Universo.


Hubble Space Telescope in breve


Massa11.110 kg
Lunghezza13,2 m 
Diametro massimo4,2 m
Quota orbitale552 km
Periodo orbitale97 minuti
Velocità orbitale28.000 km/h
Potenza elettrica2.8 kW
Configurazione dell’otticaCassegrain Ritchey-Chretien
Rapporto focalef/24
Accuratezza del puntamento0,007 arcsec per 24 hr, pari allo spessore di un capello visto da 1 km e mezzo di distanza
Risoluzione nel visibile0,05 arcsec. Hubble sarebbe capace di distinguere da New York due lucciole separate da 1 metro a San Francisco
Lunghezze d’onda osservatedal visibile all'ultravioletto, che è inaccessibile da terra
Costo al lancio1,5 miliardi di US$ del tempo (circa 2,52 miliardi di euro di oggi)
Numero di articoli scientifici pubblicati basati su dati HST12.877 (aggiornato al 22/1/2015)
Numero di autori di almeno un articolo basato su dati HST13.841
Dati trasmessi a terra dall’inizio della missionecirca 156 TB (120 GB a settimana)
Vita prevista inzialmente15 anni, con aggiornamenti ogni 3-5 anni della strumentazione al piano focale

17 maggio 2009, Fourth Service Mission: gli astronauti NASA Michael Good e Michael Massimino mentre riparano l'STIS (Space Telescope Imaging Spectrograph) all'interno di HST durante una EVA (Extravehicular Activity) di 8 ore di durata [credit: NASA]


Cronistoria del Telescopio Spaziale Hubble


1923: in un articolo dal titolo “Il razzo nello spazio planetario”, Hermann Oberth, uno dei padri della scienza missilistica, teorizza la possibilità di mettere in orbita un telescopio astronomico.

1946: Lyman Spitzer preconizza in un articolo i vantaggi di cui beneficerebbe un telescopio spaziale a causa dell'assenza di atmosfera e ne propone la costruzione.

1952: Sei anni prima della fondazione della NASA, Wernher von Braun, il futuro artefice dei razzi Saturn impiegati nelle missioni Apollo ma ancora poco conosciuto al grande pubblico, pubblica un articolo in cui descrive la sua visione del nostro futuro nello spazio.

Prima pagina di un articolo di Wernher von Braun sul numero di marzo 1952
della rivista Collier's. Accanto ad uno spazioplano che ricorda vagamente il
britannico Skylon odierno si notano una piccola stazione spaziale e un telescopio
orbitante, di dimensioni paragonabili a quelle del futuro HST [credit: Collier's].

1966: Prima riunione del comitato per il "Large Space Telescope", diretto dallo stesso Spitzer.

1969: è l'anno di Apollo 11: viene pubblicato il rapporto “Usi scientifici di un grande telescopio nello spazio”, a cura dello stesso comitato, nel quale si approfondiscono vantaggi e caratteristiche uniche di un telescopio spaziale.

Dicembre 1972: L'Amministratore  della NASA, James C. Fletcher, riconosce che i fondi richiesti, 750 milioni di US$, sono troppo elevati per ottenere l'approvazione dal Congresso dopo la fine del periodo d'oro della "conquista della Luna".

Dicembre 1974: La dimensione dello specchio principale viene ridotta da 3 a 2,4 m. In questo modo, anche se ai tempi non era ancora noto, la Kodak è in grado di sfruttare le sinergie con i satelliti spia serie KH-11. La riduzione consentirà inoltre la messa in orbita con lo Space Transportation System (Space Shuttle), allora in avanzata fase di progettazione, piuttosto che con un vettore senza equipaggio, oltre a un gran numero di vantaggi ulteriori in termini di costi e peso.

1975: L'Agenzia Spaziale Europea o ESRO (European Space Research Organization, come era chiamata allora), si unisce agli sforzi della NASA per costruire l'osservatorio spaziale orbitante. Il contributo europeo principale sarà costituito dai pannelli solari e dalla Faint Object Camera (OFC, o "Camera per Sorgenti Deboli").

19 dicembre 1976: decolla da Cape Canaveral il primo satellite spia classe KH-11, dal quale HST erediterà gran parte delle caratteristiche ottiche e la struttura, al punto da poter essere trasportato negli stessi contenitori.

1977: Il congresso USA accetta di finanziare il progetto iniziale con 200 milioni di US$ iniziali.

1978: La Perkin-Elmer vince la commessa per la costruzione delle ottiche, mentre la Lockheed Missile and Space Co. quella per la costruzione del satellite e dei sistemi di supporto.

Maggio 1979: Negli stabilimenti Perkin-Elmer di Dalbury inizia il polishing (la pulitura finale) dello specchio principale.

1979: Alcuni astronauti NASA iniziano l'addestramento per la messa in orbita di HST.

12 aprile 1981: La prima missione Space Shuttle, STS-1, riporta due astronauti USA in orbita per la prima volta dal 1975, anno dell'ultima missione Apollo. La nuova possibilità di avere a bordo equipaggio e cargo in orbita allo stesso tempo è vitale per il progetto HST e viceversa: senza un'adeguata giustificazione scientifica, il progetto Space Shuttle avrebbe rischiato di essere cancellato.

22 giugno 1982: durante uno dei test eseguito sulle ottiche, un tecnico della Perkin-Elmer incolla al proprio quaderno di laboratorio i risultati di un interferogramma (un grafico che fornisce informazioni molto accurate sulla posizione delle ottiche) che suggerisce l'esistenza di un problema che passa inosservato ma avrà conseguenze fondamentali in futuro.

1983: Anno previsto per il lancio di HST. Viene anche fondato lo Space Telescope Science Institute (STScI) a Baltimore, nel Maryland, che avrà il compito di coordinare e sovrintendere tutta l'attività e la ricerca di HST. Primo direttore sarà il futuro Premio Nobel italoamericano Riccardo Giacconi, nato a Genova nel 1931 e trasferitosi negli USA dopo la laurea a Milano.

Ottobre 1983: Il Grande Telescopio Spaziale viene rinominato in onore del grande astronomo inglese Edwin Hubble, scopritore dell'espansione dell'universo.

1985: HST è finalmente pronto per il lancio.

28 gennaio 1986: 73 secondi dopo il lancio lo Space Shuttle Challenger si disintegra, portando alla tragica morte dei sette astronauti a bordo. Tra le consequenze del tragico incidente, il ritardo della missione per la messa in orbita dell'HST. Prevista per ottobre dello stesso anno, viene rinviata a data da destinarsi.

29 settembre 1988: i voli dello Space Shuttle riprendono con la missione Discovery STS-26.

10 aprile 1990: Il primo tentativo di lancio viene interrotto a T-4 secondi a causa del malfunzionamento dell'APU (Auxiliary Power Unit), il sistema ausiliario di produzione dell'energia elettrica a bordo, che verrà sostituito nei giorni successivi.

24 aprile 1990. Dopo un rinvio di quasi 5 anni, Hubble Space Telescope viene lanciato nello spazio a bordo dello Space Shuttle Discovery con 5 strumenti al piano focale. A bordo anche il Pilota Charles Bolden, attuale Amministratore della NASA, e l'astronomo-astronauta Steven Hawley, specialista di missione. Nel corso della missione STS-31 tutto procede perfettamente fino all'estensione del secondo pannello fotovoltaico, che si blocca esteso a metà. Dopo qualche "ritocco" al software il problema viene risolto e Hubble viene rilasciato in orbita. I primi test ingegneristici superano qualche difficoltà iniziale al puntamento, ai pannelli solari e col sistema di messa a fuoco.

A destra, l'ammasso aperto NGC 3532 come appare in una delle prime immagini trasmesse a terra da HST.
A sinistra, lo stesso ammasso dal telescopio di Las Campanas (Chile), che ha un diametro simile (2,5 m).
[credit: NASA/Carnegie University Observatories]

20 maggio 1990: La prima vera immagine ripresa dalla Wide Field Planetary Camera (Camera planetaria a largo campo) viene rilasciata (vedi figura accanto). L'immagine è grosso modo il 50% più definita di quelle acquisite a terra con telescopi di dimensione paragonabile, ma non all'altezza di quanto previsto: qualcosa non quadra. All'inizio si attribuisce il problema ad un incorretto allineamento tra primario e secondario ma in seguito ad alcune simulazioni al computer emerge rapidamente l'esistenza di un'imprevista aberrazione sferica nello specchio principale. Questa aberrazione infinitesimale ammonta a soli 4 micron di differenza nella curvatura dello specchio primario (circa 1/50 del diametro di un capello umano), ma è sufficiente a rendere le immagini sfuocate. La sua causa sembra essere una metodologia insufficiente nei test ottici operati dalla Optical Operation Division della Perkin-Elmer, la compagnia che ha realizzato lo specchio primario. Almeno 4 diversi test eseguiti avrebbero dovuto suggerire l'esistenza di un problema (vedi 22 giugno 1982 per il primo di essi), ma nessuno ci aveva fatto caso a causa di una certa imprecisione nella gestione del progetto da parte della compagnia. Fortunatamente il telescopio è stato progettato per essere assistito in orbita. Nei mesi seguenti viene messa a punto lentamente una strategia per correggere il problema attraverso l'impiego di un'ottica correttiva da inserire all'interno del telescopio. Nel frattempo, comunque, le immagini ricavate, ed un conseguente miglioramento degli algoritmi di correzione ottica, consentono di ottenere già un gran numero di risultati spettacolari.

5 ottobre 1993: Perkin Elmer accetta di pagare 25 milioni di US$ per evitare una denuncia penale per avere falsificato alcuni documenti relativi alla qualità dello specchio di HST. La riparazione in orbita del telescopio (vedi nel seguito) costa più di 3 volte tanto: 86 milioni di US$ per una nuova missione Space Shuttle per il solo sviluppo e realizzazione delle sole ottiche correttive. Da aggiungere ai costi di una missione Shuttle di manutenzione valutati, ai tempi, tra i 500 e i 630 milioni di US$.

2 dicembre 1993: la Service Mission 1 (Prima Missione di Servizio) decolla da Cape Canaveral con la sigla STS-61. Si tratta di una delle più complesse e articolate missioni Space Shuttle mai avvenute fino ad allora. Lo Space Shuttle deve avvicinare HST e catturarlo con il braccio robotizzato CanadArm. Due astronauti per volta spendono quindi diverse ore di lavoro durissimo per eseguire tutte le varie operazioni, facendo uso di oltre 150 attrezzi diversi. Il Fotometro ad Alta Velocità (HSP, High Speed Photometer), uno degli strumenti iniziali al piano focale dell'HST, viene rimosso e sostituito dal COSTAR (Corrective Optics Space Telescope Axial Replacement, letteralmente "Sostituzione in Asse per la Correzione Ottica del Telescopio Spaziale"). Anche la Wide Field and Planetary Camera (Camera Planetaria a largo campo) viene sostituita con un nuovo strumento aggiornato contenente ottiche correttive, la WFPC2.

Le prestazioni di HST prima e dopo la First Service Mission:
L'immagine di sinistra della galassia M100 è acquisita con l'ottica
aberrata e la WF/PC1; quella di destra con la WF/PC2 e l'ottica
corretta. La differenza è in un microscopico errore
nella curvatura dello specchio primario, pari a 1/50 del diametro
di un capello [credit: NASA/ESA]

13 gennaio 1994: viene rilasciata la prima immagine del telescopio con il COSTAR installato. La risoluzione delle immagini è fantastica e apre nuovi orizzonti alla ricerca astronomica. La porzione di universo accessibile all'astronomia ottica è improvvisamente migliaia di volte più grande di prima.

1 aprile 1995: HST riprende quella che diverrà la sua immagine più iconica: quella dei cosiddetti Pilastri della Creazione, una regione di gas e polvere nella nebulosa dell'Aquila dove hanno origine nuove stelle. La regione si trova a circa 7.000 anni luce di distanza dal Sole. Per farsi un'idea delle sue dimensioni basti pensare che la lunghezza della colonna di sinistra è quasi pari a quella che separa il Sole dalla stella più vicina, Alpha Centauri. L'immagine è una sovrapposizione di immagini prese nel visibile e nell'ultravioletto.

I "Pilastri della Creazione", forse l'immagine più popolare acquisita da HST. A sinistra
nell'edizione originale del 1995, a destra in quella aggiornata del 2014.;

18-28 dicembre 1995: per 150 orbite di HST la camera WFPC2 viene puntata verso una minuscola porzione dello spazio profondo, rivelando un numero enorme di galassie di tutte le forme e dimensioni. Queste osservazioni passeranno alla storia come Hubble Deep Field (HDF, "Campo Profondo Hubble") e saranno seguite negli anni successivi da ulteriori approfondimenti: l'Hubble Ultra-Deep Field (UDF), e l'Hubble eXtreme Deep Field (XDF), che si spingono a risoluzioni, e quindi a distanze, ancora più estreme. Quest'ultima ha richiesto circa 12 giorni (170 orbite) di osservazioni della stessa area di cielo, senza contare il tempo speso per la pianificazione delle osservazioni, la selezione dei filtri giusti tra i 48 disponibili, e la riduzione dei dati.

Tutte le sorgenti che affollano la Extreme Deep Field – in questa foto – sono galassie, migliaia
di galassie, ciascuna composta da decine o centinaia di miliardi di stelle. Nulla come questa foto rende l'idea delle dimensioni dell'universo in cui viviamo [credit NASA/ESA]

10 dicembre 1996: HST acquisisce la prima immagine risolta diretta di una stella che non sia il Sole: Betelgeuse, una supergigante rossa. Le immagini rivelano delle inattese macchie più calde sulla superficie della stella.

Betelgeuse vista da HST: a sinistra le dimensioni
relative rispetto all'orbita terrestre e di Giove;
a destra la sua posizione in cielo [credit: NASA/ESA]

11-21 febbraio 1997: Service Mission 2. Grazie a cinque EVA (Extravehicular Activity, le "passeggiate spaziali"), due dei vecchi strumenti al piano focale vengono sostituiti con versioni aggiornate. Nel corso della missione, detta STS-82, viene anche completato un gran numero di aggiornamenti all'elettronica ed alla strumentazione di bordo.

19-27 dicembre 1999: Servicing Mission 3A. Nel corso delle 5 EVA vengono sostituiti tutti i giroscopi di bordo, risultati meno affidabili del previsto a causa di un problema inatteso, più varie componenti elettroniche e il computer di bordo, sostituendolo con una versione aggiornata e molto più potente. Ora tutti i dati vengono registrati su memorie a stato solido invece che sugli originali sistemi a nastro magnetico.

27 novembre 2001: esaminando una riga di emissione del sodio, la prima atmosfera di un pianeta extrasolare viene rivelata dopo osservazioni condotte per 4 orbite consecutive. Si tratta del pianeta exrasolare HD 209458 b.

1-12 marzo 2002: Servicing Mission 3B. Gli astronauti della missione Space Shuttle STS-109 installano la nuova Advanced Camera for Surveys (ACS, Camera Avanzata per le panoramiche) che permette al telescopio di riprendere porzioni di cielo più ampie. Inoltre, nel corso delle ormai consuete cinque EVA vengono sostituiti anche i pannelli solari e altri componenti degradati. HST viene infine “trainato” alla quota iniziale da cui era decaduto a causa dell'attrito della residua atmosfera presente.

1 febbraio 2003: lo Space Shuttle Columbia si disintegra durante il rientro nell'atmosfera, portando alla morte dei 7 astronauti a bordo. Ancora una volta tutti i voli in programma vengono rinviati in attesa di capire cosa non ha funzionato. Con essi una già programmata quinta e ultima missione di servizio per l'HST, la Service Mission 4.

La materia oscura è l'anello visibile in questa
mappa della distribuzione di massa dell'ammasso
di Galassie CI 0024+17 [credit: NASA/ESA e Jee]
Agosto 2004: l'alimentazione di backup dello Spettrografo STIS smette di funzionare, rendendo lo strumento inutilizzabile. Il sistema principale si era già guastato precedentemente.

1 dicembre 2005: attraverso alcune osservazioni di distorsioni gravitazionali eseguite con lo strumento ACS a bordo di HST, l'astronomo M. James Jee e i suoi collaboratori ipotizzano la presenza di un anello composto della misteriosa materia oscura intorno all'ammasso di galassie Cl 0024+17.  L'anello ha un diametro di 2,6 milioni di anni luce.

11-24 maggio 2009: Service Mission 4, la quinta e ultima. Dopo il disastro del Columbia del 2003, le missioni Space Shuttle devono usare la ISS come eventuale scialuppa di salvataggio in caso di guasti gravi. Ma l'orbita di HST ha una inclinazione diversa da quella della ISS, quindi l'accesso all'ISS è precluso. Per ovviare a questa difficoltà, un altro Space Shuttle viene tenuto pronto al decollo per una eventuale missione di salvataggio. Durante questa missione comunque tutto va bene: cinque EVA consentono agli astronauti di sostituire la Wide Field Planetary Camera 2 WFC2 con una versione aggiornata, WFC3, i 6 giroscopi, le batterie, oltre a varie componenti elettronici e meccanici guasti o usurati. Il COSTAR installato 16 anni prima per correggere l'aberrazione sferica viene sostituito con il Cosmic Origins Spectrograph (COS), in grado di eseguire spettri su sorgenti lontanissime, sia nel visibile che nell'ultravioletto.

6 dicembre 2011: pubblicato il decimillesimo articolo scientifico basato direttamente sull'analisi di dati raccolti da HST. Si tratta dell'osservazione di una supernova che dimostra la relazione di queste gigantesche esplosioni con il fenomeno dei gamma ray burst.

19 agosto 2015: scadenza della prossima call for proposal, il "concorso" pubblico annuale attraverso il quale viene deciso quali astronomi avranno il diritto di sfruttare il tempo di osservazione ai vari strumenti di HST. Attraverso questi cicli di osservazione – in questo caso il ciclo 23 – chiunque può ottenere del tempo di osservazione su HST per una o più orbite. Tutte le domande ricevute verranno esaminate da un TAC (Time Allocation Committee) formato da una squadra internazionale di astronomi che deciderà, secondo criteri rigorosi,  quali siano le più meritevoli e assegnerà di conseguenza il tempo di osservazione. In genere viene accettato un quinto delle proposte ricevute. Contrariamente a certe semplificazioni cinematografiche, questo è il modo in cui oggi opera quasi ognuno dei grandi osservatori esistenti. Altro punto da ricordare: i dati acquisiti da HST rimangono a disposizione esclusiva del proponente per un anno. Dopo questo periodo, sono a disposizione di chiunque voglia utilizzarli attraverso l'archivio online MAST.

Tutte le osservazioni eseguite da HST in 25 anni [credit: NASA/MAST]


Il futuro di HST


2030-2040: prima o poi, a causa dell'attrito aerodinamico residuo, HST rientrerà nell'atmosfera terrestre disintegrandosi. Con una missione dedicata si potrebbe riportarlo alla quota orbitale iniziale, ma è difficile che ciò accada, in quanto tutte le risorse disponibili sono destinate ormai al James Webb Space Telescope. Questo enorme telescopio, in grave ritardo e assai più costoso del previsto, orbiterà a grande distanza dalla Terra (circa 1,5 milioni di km, nel punto di Lagrange L2), rendendo un'eventuale manutenzione, per il quale non è stato progettato, assai più complicata e rischiosa. La sua vita sarà comunque limitata da alcuni componenti a 10-15 anni. Va inoltre considerato che anche se molto più potente di HST, JWST non sarà un suo vero successore, in quanto lavora a lunghezze d'onda diverse: visibile e vicino infrarosso.

HST rimarrà per questo, in un certo ambito, ineguagliato. Almeno per i prossimi decenni.


Fonti


Lagerstom, J., 2010, IFLA Conf. Proceedings Series
Calcolatore di inflazione: http://www.calculator.net/inflation-calculator.html
NASA: http://history.nasa.gov/hubble/, http://history.msfc.nasa.gov, http://www.nasa.gov, http://hubblesite.org
National Academies Press: http://www.nap.edu
STScI: http://archive.stsci.edu, http://www.spacetelescope.org, http://hubblesite.org
Allen Report: 1990, http://www.ssl.berkeley.edu/~mlampton/AllenReportHST.pdf
Los Angeles Time: http://articles.latimes.com
www.space.com
www.swapsale.com

Quanto guadagna Facebook sui dati che gli regaliamo?

Il rendiconto del primo trimestre 2015 di Facebook pubblicato due giorni fa segnala incassi più che positivi per il re dei social network, forte di 1,44 miliardi di utenti attivi mensilmente e di 936 milioni attivi giornalmente (il 17% in più rispetto al 2014): solo nei primi tre mesi di quest'anno ha intascato oltre 3,5 miliardi di dollari, uno in più rispetto all'anno scorso. I guadagni, invece, sono leggermente in calo da 642 a 512 milioni di dollari.

Quasi un quinto della popolazione del pianeta, insomma, è su Facebook, e gli utenti che vi accedono tramite dispositivi mobili sono 1,25 miliardi mensili. Numeri impressionanti che sembrano smentire i profeti di sventura che parlano di un social network fuori moda: lo sarà forse tra i giovanissimi, maggiormente attratti da Instagram o da WhatsApp (che comunque fanno parte della galassia di proprietà di Facebook). Ma i giovanissimi hanno meno soldi da spendere degli adulti, per cui un invecchiamento della popolazione del social network non è un problema.

I ricavi pubblicitari di Facebook sono infatti in ascesa spettacolare: 3,32 miliardi di dollari, il 46% in più rispetto all'anno precedente. Quasi i tre quarti di questi ricavi arrivano dai dispositivi mobili, che sono sempre più centrali nelle attività del social network in blu.

Proprio per i dispositivi mobili arriva (per ora solo negli Stati Uniti e solo per Android) una nuova app, Hello, che si aggancia all'identificazione del chiamante sui telefonini, visualizza i post più recenti di chi sta chiamando e permette di bloccare gli indesiderati.

Basta un Wi-Fi ostile per mandare in tilt un iPhone o iPad

Parrebbe impossibile che un semplice segnale Wi-Fi possa mandare in crash uno smartphone, ma è così: i ricercatori della società di sicurezza Skycure hanno presentato pochi giorni fa la dimostrazione di come si può rendere inservibile qualunque dispositivo iOS recente (tipicamente iPhone e iPad) che usi iOS 8, semplicemente facendolo finire nel raggio d'azione di un'antenna Wi-Fi. Il telefonino o tablet entra in un ciclo di avvio e spegnimento continuo dal quale non c'è modo di uscire (a parte allontanarsi dall'antenna del Wi-Fi).

La trappola consiste in un certificato SSL alterato, inviato via Wi-Fi ai dispositivi iOS, che induce le app e iOS stesso ad andare in crisi. La difesa, a prima vista, sembra ovvia: basta non collegarsi ai Wi-Fi sconosciuti. Ma c'è un problema: i dispositivi iOS sono programmati in modo da connettersi automaticamente alle reti Wi-Fi che hanno certi nomi (per esempio attwifi per chi compra un abbonamento della società telefonica statunitense ATT).

Basta usare uno di questi nomi per la rete Wi-Fi ostile e i dispositivi vi si connetteranno automaticamente, andando in crash e riavviandosi talmente in fretta che non ci sarà modo di accedervi e spegnere il Wi-Fi. Immaginate cosa potrebbe fare un attacco del genere per esempio a Wall Street o in un centro commerciale o un ristorante: zittirebbe tutti gli iPhone, ma probabilmente farebbe imprecare rumorosamente i loro proprietari.

L'attacco è selettivo per i dispositivi iOS; gli Android e Windows Phone ne sono immuni. Skycure sta già collaborando con Apple per risolvere il difetto, ma nel frattempo è prudente tenere spento il Wi-Fi del proprio telefonino quando non si è vicini alla propria rete Wi-Fi fidata.

Dieci anni di video su Youtube

S'intitola semplicemente Me at the Zoo (Io allo zoo) ed è il primissimo video mai pubblicato su Youtube: diciannove secondi in cui il ventiseienne Jawed Karim, uno dei fondatori di Youtube, parla degli elefanti che ha alle proprie spalle presso lo zoo di San Diego. Era il 23 aprile 2005: Youtube.com esisteva da febbraio, ma era un guscio vuoto. Ecco quel video, ancora online oggi:


È difficile pensare che soltanto dieci anni fa questo video era un'innovazione tecnologica straordinaria: nel 2005 il videostreaming, ossia la visualizzazione istantanea di video, senza attese significative, in una pagina Web, e senza doverli scaricare preventivamente per intero, era sostanzialmente fantascienza. Certo, c'era Real Player, che dalla metà degli anni Novanta consentiva lo streaming audio e in seguito quello video, ma era afflitto da rallentamenti esasperanti (a chi frequentava Internet in quegli anni la dicitura Buffering... Buffering è impressa a fuoco nella retina) e da una qualità scadente. Vedere i video musicali o i trailer dei film a piacimento, invece di doverne attendere il passaggio in TV nei programmi specializzati, era per quei tempi una novità travolgente.

Oggi chiunque può pubblicare e condividere video in alta definizione, e anche in 3D, grazie a Youtube. Video come questo, di Luc Bergeron, che compilano alcune delle tante emozioni positive e negative che Youtube ha diffuso e ha conservato.


Che fine ha fatto Jawed Karim? Adesso ha 36 anni e un patrimonio stimato di circa 140 milioni di dollari, derivati dal suo ruolo nella creazione dei componenti software principali di PayPal quando aveva poco più di vent'anni e dalla vendita di Youtube a Google per 1,65 miliardi di dollari nel 2006, e fa il mentore e mecenate per le idee innovative tramite la Y Ventures. Non si sa mai quando potrebbe nascere il prossimo fenomeno planetario come Youtube.

Intanto la tecnologia corre e Youtube si lascia alle spalle i dispositivi vecchi: Google ha infatti eliminato il supporto per i dispositivi iOS fermi alle versioni precedenti la 7.0, per le smart TV non recenti che non hanno supporto per HTML5 e per le Apple TV di prima e seconda generazione. Meno di cinque anni dopo l'acquisto, questi prodotti sono stati resi incompatibili e inutili.

Il malware arriva tramite la pubblicità animata anche nei siti rispettabili. Motivo in più per bloccarla e mollare Flash

Credit: Malwarebytes
Chi va nei bassifondi della Rete sa di cercarsi guai; ma chi visita solo siti rispettabili non si aspetta di trovarsi infettato per il solo fatto di averli consultati. Eppure è successo pochi giorni fa ai visitatori di siti per nulla truffaldini, come per esempio l'Huffington Post: alcune sue pubblicità, infatti, trasportavano codici ostili che tentavano di scaricare sui PC dei visitatori un altro malware che cifrava i dati degli utenti e poi chiedeva un riscatto in denaro per sbloccarli (ransomware).

Era rispettabile il sito; era rispettabile anche il distributore delle pubblicità (DoubleClick di Google); ed era rispettabile anche la marca reclamizzata (Hugo Boss e Hermés Paris). Non c'era nulla che potesse far pensare a una visita pericolosa. Ma l'analisi pubblicata da MalwareBytes segnala che in questa catena di società di buona reputazione s'erano inseriti dei truffatori che avevano aperto un normale account per l'inserimento in tempo reale di pubblicità e lo avevano usato per mandare ai distributori pubblicitari una finta pubblicità il cui codice veicolava un attacco basato su una falla di Adobe Flash che inizialmente non veniva riconosciuta dagli antivirus.

I criminali informatici, insomma, si fanno sempre più furbi, usando i distributori di pubblicità per disseminare i propri attacchi anche sui siti di buona reputazione. La miglior difesa è bloccare le pubblicità e i contenuti basati su Flash, per esempio disinstallando Flash oppure impostandolo in modo restrittivo come descritto in questo articolo.

Ora la cronologia delle ricerche in Google è scaricabile

“Leggi attentamente. Non è la solita solfa”, scrive Google nella finestra di avviso dell'opzione che consente agli utenti di scaricare l'intera cronologia delle proprie ricerche in Google. Decisamente non è la solita solfa: questa cronologia è incredibilmente rivelatrice e sfogliarla rende molto chiaro quanto dipendiamo dal motore di ricerca più popolare del mondo.

Scaricare la propria cronologia è semplice: basta visitare questa pagina del proprio account Google, denominata Attività web e app, cliccare sull'icona delle opzioni (l'ingranaggio in alto a destra) e scegliere Scarica e poi Crea archivio. Google ci avviserà via mail quando la cronologia è pronta da scaricare presso Google Drive, nella cartella Takeout.

Questa cronologia di ricerca contiene spesso dati sensibili di cui ci siamo dimenticati e che abbiamo regalato a Google, per cui è importante impedire che un malintenzionato ci rubi l'account Google e se la legga oltre a tutta la nostra corrispondenza in Gmail: se avete un account presso questo motore di ricerca, attivate dunque la sua verifica in due passaggi.

Se invece vi interessa eliminare questa cronologia e i suoi elementi potenzialmente imbarazzanti, andate alla stessa pagina Attività web e app, cliccate sulle Opzioni (di nuovo l'ingranaggio) e scegliete Rimuovi elementi: potete scegliere di eliminare le ricerche più recenti (quelle dell'ultima ora, giorno o settimana o delle ultime quattro settimane) oppure eliminarle tutte quante.

Per evitare che questa cronologia riprenda ad accumularsi, andate a Cronologia account, spostate verso sinistra il selettore blu e poi scegliete Sospendi, come mostrato qui accanto.

2015/04/20

Chi ha pagato il caffè di Sam?

di Paolo G. Calisse, (g)astronomo - 20 aprile 2015
Una profetica immagine di Thierry Le Gouè per il
Calendario Lavazza 2004 [Credit: Lavazza]
La missione di Samantha sulla International Space Station ha inaugurato la stagione gourmet delle missioni spaziali, ma le spese per queste attività suscitano spesso perplessità che evolvono a volte in una feroce opposizione.

Quando si seppe, per esempio, che una sofisticatissima macchina del caffè sarebbe stata inviata a bordo della International Space Station (ISS) alcuni lettori di questo blog espressero la propria contrarietà all'opportunità di finanziare iniziative del genere, soprattutto in un periodo di crisi economica come questo.

Con questo articolo proveremo a studiare quanto costa e chi paga il caffè a Samantha Cristoforetti e agli altri astronauti della ISS, oltre a tentare di fare due conti sull'entità finanziaria dell'impegno italiano nello spazio.

Negli ultimi anni gli USA hanno cominciato a riprendersi la leadership nel settore spaziale anche attraverso il riutilizzo di interi vettori (ma, paradossalmente, continuando a usare contenitori usa e getta in catene come Starbucks). Il ruolo della tecnologia italiana nello spazio è meno visibile, ma resta decisivo con lo sviluppo del nuovo Vettore Europeo di Generazione Avanzata (VEGA), realizzato dalla AVIO di Colleferro (Roma), con la partecipazione ad un gran numero di sonde e missioni, e con la collaborazione alle spedizioni ISS. Rientra in questo contributo l'arrivo a bordo dell'ultima capsula Dragon, sulla Stazione Spaziale, di una italianissima macchina del caffè, in grado di sostituire quello solubile impiegato fino ad oggi. La macchina è stata realizzata dalla Argotec di Torino su indicazioni di Lavazza, insieme ad ASI (l'Agenzia Spaziale Italiana) e Finmeccanica-Selex ES, che ne ha curato la rispondenza ai rigorosissimi requisiti spaziali.

Va precisato anzitutto che Argotec cura non solo la fornitura del caffè di bordo ma, dal 2012, quella di tutto il catering degli astronauti europei sulla ISS. Un cuoco della Argotec, Stefano Polato, ha preparato i menù di bordo prima per Luca Parmitano ed Alexander Gerst e adesso per Samantha Cristoforetti. Gli esperti della stessa azienda curano, in un modo innovativo e salutista consono alla grande tradizione gastronomica italiana, tutta la filiera che va dall'acquisizione degli ingredienti alla preparazione delle buste di cibo da reidratare inviate periodicamente sulla ISS.

Non è solo questione di menù: i cibi forniti oggi agli astronauti sono più che mai simili ai migliori prodotti cui siamo abituati noi terrestri. I vecchi metodi di sterilizzazione e conservazione, necessari per ovvi motivi, sono stati sostituiti da procedure molto più complesse in grado di conservare il gusto.


Ma come funziona la ISSpresso?


Tutti (o quasi) i segreti della ISSPresso [credit: Lavazza/Argotec]

La macchina per espresso in dotazione alla ISS non è molto più grande di una caffettiera da ufficio (42x43x36 cm), pesa 20 kg ed è alimentata a 120 VAC. Naturalmente ha passato i severissimi test necessari per la sua installazione a bordo della ISS. Al posto del classico tubetto di plastica per il trasporto del liquido delle normali macchine da caffè, per esempio, usa un tubo di acciaio speciale in grado di reggere una pressione di 400 bar, pari a quella che si trova in mare a circa 4.000 m di profondità. È inoltre progettata per non richiedere assistenza per diversi anni, salvo la sostituzione periodica di alcuni materiali deperibili.

Altro aspetto fondamentale è che la ISSpresso può essere usata non solo per preparare il caffè, ma anche per tè, brodo e altre bevande calde, per reidratare cibo congelato, e per dare un assaggio di casa agli astronauti, “a taste of home” nella descrizione dell'esperimento sul sito NASA, dove si ipotizzano anche potenziali ricadute tecnologiche nella preparazione di bevande calde a terra. La stessa pagina mostra che il progetto per la ISSpresso è inserito nella lista ufficiale degli esperimenti per lo sviluppo tecnologico, con risultati applicabili al comportamento di fluidi in condizioni di microgravità.

Come utilizzarla? Basta inserire la spina di alimentazione nell'apposito UOP ("Utility Output Panel"), accenderla, inserire nella bocchetta d'ingresso (blu, nella foto) una bustina piena d'acqua del genere usato per reidratare il cibo sulla ISS e una vuota in quella di uscita (beige). Non resta che inserire una cartuccia di caffè nell'apposita fessura e avviare il processo. Il tutto dura qualche minuto e permette di ottenere un prodotto in tutto simile a un espresso da bar, crema inclusa, da sorbire da particolari tazzine studiate per il funzionamento in microgravità. Alla fine, grazie a un sistema sviluppato ad hoc, tutte le tubazioni interne vengono ripulite automaticamente, permettendone l'uso per bevande diverse senza fastidiose contaminazioni.


OK, ma quanto costa un caffè all'ISS bar?


Soprattutto, c'era bisogno di spendere tutti quei soldi per garantire un buon caffè agli astronauti a bordo?

Tazzine spaziali
Per rispondere a questa domanda occorre anzitutto rendersi conto delle particolari condizioni in cui operano, per periodi di 6 o 12 mesi, gli astronauti e cosmonauti a bordo della ISS. Si tratta senza dubbio di condizioni estremamente stressanti, sia psicologicamente che fisiologicamente, con richieste elevatissime dal punto di vista del rendimento e della concentrazione.

Agli aspetti generali come l'assenza di peso, la permanenza continua in locali sigillati, la lontananza da casa, i ritmi di lavoro intensi, la grandissima responsabilità e i rischi associati, si uniscono tante piccole noie, come l'assenza di un bagno propriamente detto, di luce solare, di cibi cucinati freschi o magari del conforto di una serata a cena con gli amici. Senza contare gli effetti diretti sulla fisiologia cellulare: al di là di quelli diretti su ossa e altri organi, in parte controllabili oggi con un'intensa e quotidiana attività fisica, l'invecchiamento cellulare in microgravità, per esempio, è di oltre un ordine di grandezza più rapido di quello a terra.

In questo contesto anche un “piacere” come il caffè, come recitava proprio la ben nota pubblicità Lavazza anni '90, può assumere un ruolo importante per garantire un po' di benessere e qualità della vita in più, soprattutto agli astronauti italiani.

Resta da vedere a che prezzo. Per valutarlo, va considerato innanzitutto che l'hotel load, tradotto letteralmente il “carico dell'hotel”, ovvero la quantità di materiale che la NASA reputa necessario quotidianamente per garantire la permanenza in orbita di un astronauta, è di 5 kg a persona. Fanno 5,4 tonnellate per sei persone per sei mesi. Quindi una macchina di 20 kg, anche includendo gli imballi, corrisponde a meno dell'hotel load quotidiano di tutto il personale di bordo.

Ma quanto costa e chi paga il caffè di Sam e degli altri astronauti? Secondo Antonio Pilello, Communications Officer della Argotec, interpellato direttamente, "si tratta di un investimento privato". Gli uffici stampa di Lavazza e ASI non hanno invece risposto alle richieste di informazioni. Comunque sia, la policy ISS per i programmi commerciali prevede che i costi di sviluppo possano restare nascosti se richiesto dal committente e finanziatore.

Ai prezzi di sviluppo e fabbricazione di questo esemplare unico vanno poi aggiunti quelli di verifica del prodotto e di trasporto in orbita. Un progetto come questo può generare facilmente decine e decine di interminabili meeting di alto livello, telefonate, documenti e test di verifica. Solitamente i costi di questo tipo vengono inclusi nel cosiddetto overhead che lo sponsor deve garantire in aggiunta ai costi vivi di progetto, ma considerata l'utilità della ISSpresso potrebbe esserci un contributo da parte del Consorzio ISS stesso.

Tentiamo ora una stima dei costi di trasporto da terra all'ISS. Bisogna innanzitutto distinguere costi vivi e prezzi pagati da un qualsiasi partner privato che, una volta approvato un suo progetto, desiderasse trasportare un oggetto a bordo della Stazione Spaziale. Per farlo, può per esempio contattare Nanoracks, una compagnia che si autodefinisce "The Concierge to the Stars" (letteralmente "il portiere per le stelle"). Nanoracks infatti ha un po' il ruolo del portiere dei vecchi stabili: prende in carico il "pacco" dal postino e lo consegna al condomino dei piani superiori - in questo caso molto superiori, a circa 450 km di quota.

Jeffrey Manber, uno dei fondatori di Nanoracks, sostiene che il costo per volume di una consegna da parte di una compagnia straniera si aggira intorno ai $60.000 (circa € 48.000) per litro di volume, ma ci sono sconti per volumi superiori. Per il volume della ISSpresso la spesa di spedizione complessiva potrebbe superare quindi $3.000.000 (€2.400.000 circa): non proprio bazzecole, ma non è detto che la ISSpresso sia stata spedita a bordo così (vedi sezione aggiornamenti in coda all'articolo).

Se invece consideriamo il costo del trasporto di ogni kg di carico utile in orbita con la navicella Soyuz, si dovrebbe aggirare tra i 10 e i 30 mila dollari. Moltiplicando per i 20 kg della ISSpresso raggiungiamo una cifra tra i 200.000 e i 600.000 US$. Queste spese sono state coperte probabilmente dai partner commerciali, ma anche questo non è dato sapere.

In definitiva, considerata la complessità del progetto, possiamo ipotizzare che tra tutto Lavazza e gli altri eventuali sponsor abbiano investito da uno a due milioni di euro, distribuiti su due o tre anni.

Può apparire una cifra elevata, ma se la si paragona ad una tipica sponsorizzazione sportiva, come il costo di una scritta in bella vista su un'auto di Formula 1, non è poi così tanto. Red Bull, per fare un confronto, ha investito oltre un miliardo e mezzo di dollari in dieci anni solo nella Formula 1, senza includere tutte le numerosissime altre sponsorizzazioni in sport estremi. Una cifra da capogiro, che tuttavia le ha permesso profitti e bilanci in crescita costante. Naturalmente i dettagli sono diversi – il logo Red Bull è ormai visible ovunque vi sia un'impresa un po' folle – ma anche il prezzo necessario a mantenere competitivo un team di F1, o a permettere il lancio col paracadute di Felix Baumgartner dalla stratosfera, sembrerebbe più elevato di quello di una ISSpresso di diversi ordini di grandezza, e Lavazza non è certo da meno: il fatturato della compagnia nel 2013 ammontava ad oltre 1.300 milioni di euro di cui il 4%, pari a 52 milioni, per la pubblicità. Una spesa di qualche milione di euro, ripartita su più anni, è senz'altro compatibile con un'azienda di queste proporzioni, così aggressiva sui mercati stranieri.

La nostra Astrosamantha con un prototipo
della ISSpresso [credit: Argotec]
Alla fine, se consideriamo 12 caffè al giorno fino al 2024 (come negare anche agli astronauti non ESA un buon caffè all'italiana?), possibile anno del decommissioning della ISS, il costo del singolo caffè dovrebbe risultare superiore, rispetto a quello di un solubile consumato a bordo, di circa €50 a tazzina. Considerate le incertezze su cui si fondano queste stime, questo valore non è troppo lontano da quello di una tazza di Black Ivory, considerato, a circa €40 a tazzina, il caffè più caro del mondo (nonostante venga "processato" dall'intestino di un elefante). A questo vanno aggiunti i costi di manutenzione, dell'acqua, della corrente e del caffè, che sarebbe però necessario coprire anche nel caso di caffè solubile (di cui non siamo in grado di formulare una stima dei costi). Senza considerare che la stessa macchina verrà impiegata per altri usi essenziali, come la reidratazione degli alimenti.

Si tratta quindi di valori elevati, ma ogni attività nello spazio ha un costo nettamente superiore all'equivalente a terra. In questo caso tale valore è coperto completamente o quasi, da sponsor privati.

Tutto sommato, se alcune compagnie italiane riescono ad occupare una posizione preminente in un settore così sofisticato non dovremmo che gioire, anche se qualche euro l'avesse tirato fuori anche qualche istituzione come ASI. Non ci resta che raccomandare a Samantha quindi, che vede un'"alba" ogni ora e mezza circa - il periodo orbitale della ISS - di non esagerare con la caffeina.


Insomma Samantha, ma quanto ci costi?


Bisogna inoltre considerare l'entità dell'impegno italiano nello spazio. La quota italiana ESA di circa 1300 milioni di euro è seconda solo a quella di Germania e Francia (vedi immagine). Ma facciamo un confronto con altre spese tipiche di uno stato moderno. Questo importo è pari a solo 3 volte quanto speso, per esempio, per il recupero del complesso de La Maddalena in Sardegna, realizzato per il G8 e mai usato. Bruscolini, in fin dei conti, rispetto all'entità di certi a volte bizzarri progetti pubblici di utilità nulla.

Il bilancio ESA 2015. La quota italiana è del 10,2%, seconda sola a
quella di Germania (24,6%) e Francia (22,2%) (credit: ESA)
Soprattutto considerando il ritorno economico e di immagine per il Paese a fronte di questo impegno. A parte l'elevato numero di astronauti (5 missioni sulla ISS), ricercatori e dirigenti impegnati nelle varie sedi europee dell'Agenzia, l'Italia ha ottenuto un gran numero di commesse industriali: oltre ai nodi Harmony e Tranquility, componenti essenziali della struttura pressurizzata realizzati a Torino da Thales Alenia e in grado, il secondo, di produrre tra l'altro l'acqua potabile, il Paese dispone di un intero modulo, il Leonardo, e ha realizzato il modulo Columbus per studi di microgravità.

Sono stati anche prodotti in Italia la Cupola, famosa per le straordinarie vedute della Terra, e gran parte dei moduli automatici ATV, senza considerare partecipazioni enormi in un gran numero di missioni e strumenti a bordo di altre sonde. Escludendo la missione Futura di Samantha Cristoforetti, infine, l'Italia ha portato sulla ISS circa 150 esperimenti.

Un bilancio, possiamo quindi concludere, nettamente in attivo per il Paese e l'industria nazionale, a dispetto delle inchieste giudiziarie che coinvolgono, purtroppo, l'Agenzia Spaziale Italiana.

Le stime che ho effettuato sono di mio pugno e migliorabili. Ben vengano quindi commenti e maggiori informazioni che non mancherò di inserire nel testo se circostanziate e dopo opportuna verifica.


Questo articolo è stato aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale:

20/4/2015 - Riformulato confronto con costo caffè Black Ivory (su suggerimento di Paolo Attivissimo).


21/4/2015 - Jeffrey Marden, Managing Director di Nanoracks, mi ha confermato oggi che la spedizione nello spazio della ISSpresso è stata curata direttamente dalla NASA (per cui i costi dovrebbero essere inferiori).

22/4/2015 - Ho cambiato "AVIO di Rivalta di Torino" ad "AVIO di Colleferro (Roma)". Grazie a Fabio per la segnalazione.

2015/04/18

Prossima Cena dei Disinformatici: 16 maggio. Iscrivetevi o pentitevi

Sabato 16 maggio alle 20 ci sarà a Milano l'ormai piacevolmente consueta Cena dei Disinformatici: il raduno mangereccio di chi frequenta questo blog e/o gli altri miei deliri digitali. È una bella occasione per incontrarsi di persona e associare un volto e una voce a un nick.

Come altrettanto consueto, è indispensabile iscriversi, scrivendo entro il 10 maggio al Maestro di Cerimonie, martinobri, all'indirizzo martibell (chiocciola) tin.it. Il Maestro di Cerimonie vi risponderà fornendo tutti i dettagli, compreso il luogo segretissimo dove si terrà la Cena.

Verrà replicato il format che si è rivelato molto gradito l'anno scorso, ovvero l'esposizione da parte di uno dei Disinformatici di qualcosa di interessante. Dopo la vita segreta degli astronomi, a cura di pgc, anche quest'anno ci occuperemo di un tema a tutti sicuramente gradito: la fantascienza nei fumetti, a opera di Loris Cantarelli (nick Illustrautori direttore editoriale del mensile "Fumo di China"; blog http://illustrautori.blogspot.it/). Il titolo della prolusione è I fumetti di fantascienza 1905-2015 - una storia fantastica!

Grazie, come sempre, a martino per la cura di tutta l'organizzazione: ci vediamo!

Podcast del Disinformatico del 2015/04/17

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di ieri del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!

2015/04/17

Domani a San Marino prosegue Digitocracy

A marzo sono stato ospite di Digitocracy a San Marino per parlare di cittadinanza digitale e smart city; segnalo che la manifestazione prosegue domani dalle 14 alle 19 alla Sala Montelupo di Domagnano (piazza Filippo da Sterpeto).

Ci sarò virtualmente anch'io, perché verrà proiettato il mio intervento di marzo. I dettagli sono sulla pagina Facebook di Digitocracy; i relatori sono elencati qui accanto.

Sam “Janeway” Cristoforetti: “C’è caffè in quella nebulosa...ehm, volevo dire, in quella Dragon”

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Poco fa Samantha Cristoforetti ha catturato la capsula Dragon in modo impeccabile. Poi è andata di corsa a cambiarsi per scattare questa foto impagabile:


Sam ha postato subito la foto in questo tweet:


La versione ad alta risoluzione è su Flickr qui.

Mettersi in divisa da Star Trek: Voyager nello spazio è già un momento epico per qualunque Trekker; ma Sam lo fa specificamente in quest'occasione perché a bordo della Dragon c'è la macchina del caffè ISSpresso e c'è in ST: Voyager una celebre battuta del capitano Janeway: “C'è caffè in quella nebulosa”.


NOVANTADUE MINUTI DI APPLAUSI.

Android riconosce la scrittura a mano libera

Google ha rilasciato un'app di scrittura a mano libera, denominata in maniera molto creativa Google Scrittura a mano libera, che consente di scrivere sui dispositivi Android disegnando i caratteri con un dito o con un apposito stilo.

Questa soluzione è particolarmente utile per chi ha le dita grandi o per chi deve comporre simboli complessi, per esempio in cirillico o cinese, o anche soltanto per le emoticon o emoji.

L'app funziona anche senza connessione a Internet, ma se le date il permesso di connettersi migliora il proprio riconoscimento, che è già buono in partenza: riesce a riconoscere senza problemi persino la mia scrittura da informatico che non impugna quasi mai una biro.

Voto elettronico: ecco perché serve la verificabilità dei sistemi

Il voto elettronico è oggetto di grande interesse in molti paesi, ma è anche irto di sfide tecniche e di sicurezza non banali. Imparare dagli sbagli altrui, in questo campo, è molto salutare. E lo stato statunitense della Virginia ha commesso uno sbaglio epico con il proprio sistema di voto informatizzato.

Il sistema, denominato WINVote, era un vero colabrodo, come spiega il rapporto delle autorità locali. Le password di amministrazione erano ridicolmente facili, come per esempio abcde; la password predefinita era admin. Le macchine avevano una connessione Wi-Fi permanentemente accesa e usavano una cifratura debolissima, il WEP, consentendo facilmente a chiunque di intercettare e manipolare i dati trasmessi. Ciliegina sulla torta, il sistema operativo era Windows XP Embedded 2002, mai aggiornato, privo di qualunque patch di sicurezza e vulnerabile ad attacchi noti sin dal 2004.

Anche dal punto di vista fisico il sistema WINVote era un capolavoro d'inettitudine. I suoi dispositivi di voto avevano porte USB accessibili e la stampante e il pulsante d'accensione erano protetti da una serratura che poteva essere aggirata facilmente. I database contenenti i risultati di voto erano in chiaro e modificabili con qualunque software comune di editing.

Potreste pensare che questo tipo di vulnerabilità, completamente inaccettabile in un apparato dal quale dipende un evento delicato ed essenziale come una votazione, sia stato scoperto durante la valutazione preliminare del sistema di voto. Assolutamente no: WINVote è stato usato in Virginia per oltre un decennio ed è stato ritirato soltanto dopo anni di proteste degli esperti di sicurezza della Electronic Frontier Foundation.
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