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Il Disinformatico: aprile 2006

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2006/04/29

Mel Gibson subliminale, la soluzione

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "ferrari_se****" e "marinase****".

Come promesso, eccovi la soluzione all'articolo precedente sul "messaggio subliminale" nascosto nel trailer del film Apocalypto di Mel Gibson.

Guardate il filmato fino al punto in cui compare la scimmietta che strilla, poi usate il pulsante di "riavvolgimento" per guardare, uno alla volta, i fotogrammi precedenti. Quando trovate lo spezzone con gli uomini immobili tutti tinti di bianco, noterete che l'inquadratura si sposta e rivela Mel Gibson, con barba lunga e vestiti moderni, che sorride appoggiato a uno degli attori. C'era anche prima, quando avete guardato il filmato, ma non l'avevate notato, vero?

Immagine 2.png

L'altra perla nascosta del filmato è quella più evidente: guardate come è scritta la data di uscita del film. "Decemeber" ha una E di troppo (la terza). Io avevo indicato che l'errore era nella presentazione del trailer, non nel trailer medesimo. Non è chiaro se questa E di troppo sia un errore voluto o meno.

Complimenti a chi aveva trovato la soluzione e anche a chi aveva scovato altri errori meno intenzionali nel trailer (indicati nei commenti al primo articolo su questo caso). In ogni caso, il trailer mostra quanto sia facile ingannare la percezione visiva umana e quanto siano inefficaci i messaggi subliminali che preoccupano certi invasati. O vi è venuta una voglia inesplicabile e incontenibile di Mel Gibson?

Nuova grande prova di giornalismo al Corriere: nasce lo “scrutigno”

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "antonella.r****" e "motti".

Se fate ancora in tempo prima che correggano, date un'occhiata alla sezione "Flash 24 ore" della pagina principale del Corriere online, oppure cliccate sull'immagine qui accanto per ingrandirla: la notizia delle 00:09 dice

Senato: in corso scrutigno

Alla vista del titolo, madre Ortografia è spirata dal crepacuore fra le braccia di sua sorella Grammatica. Si unisce affranta al dolore la zia Sintassi. Assente da tempo, purtroppo, la cugina Bocciatura.

Grazie a bruno per la segnalazione. Che tristezza.

2006/04/28

OpenOffice 2.0.2 anche per Mac PPC, disponibile gratis dal 23 maggio

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "mariquita.sol" e "r.dacampo".
L'articolo è stato aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale.

La versione alpha (sperimentale ma usabile) di NeoOffice 2.0, l'adattamento della più recente versione di OpenOffice.org, confezionato per i Mac basati su processore Power PC, sarà scaricabile gratuitamente dal 23 maggio prossimo dal sito di NeoOffice. Chi la vuole avere prima può offrire una donazione ai programmatori, Patrick Luby ed Edward Peterlin.

È un passo importante per gli utenti Mac di OpenOffice.org, che si sono trovati finora sempre indietro di varie versioni rispetto agli utenti Linux e Windows di questa suite libera e gratuita, a meno di ricorrere alle versioni X11 per Mac, non proprio facili da installare e soprattutto scomode perché poco integrate nell'interfaccia di Mac OS X.

Adesso, invece, anche chi usa il Mac (quello "vecchio", non quello nuovo basato su processori Intel) può usare la versione più recente di OpenOffice.org, che rispetto alle precedenti ha delle evoluzioni profonde: è più leggero e meglio organizzato, ha molte funzioni in più e una migliorata compatibilità con i documenti Microsoft, ma soprattutto usa il formato pubblico e libero OpenDocument, che sta per diventare uno standard, è leggibile e scrivibile da vari programmi ed è in corso di rapida adozione in varie organizzazioni (una per tutte, IBM).

Grazie anche alle vostre donazioni, l'ho provato in anteprima per voi: ecco com'è andata.


Donazione e download


NeoOffice è software libero, sotto licenza GPL, ma questo non vieta ai suoi creatori di chiedere sostegno economico per il proprio lavoro di adattamento. Nasce così la formula della donazione per avere in anteprima ciò che sarà gratuito in seguito.

Con una donazione di 25 dollari (poco più di 20 euro) si può avere adesso NeoOffice 2.0 alpha invece di aspettare fine maggio. Visto che io lo uso tutto il santo giorno per i miei libri e lavori (i miei clienti chiedono il formato di NeoOffice/OpenOffice.org) e mi sembra cosa buona e giusta aiutare dei programmatori che fanno un gran bel lavoro e mi fanno risparmiare i soldi di una licenza di Microsoft Office per Mac, ho fatto la donazione tramite Paypal. Dopo il 9 maggio, fra l'altro, la donazione richiesta scende a 10 dollari.

In pochi minuti mi è arrivato un codice che mi ha permesso di scaricare i 113 megabyte di NeoOffice 2.0 (15 mega in meno della versione precedente). L'interfaccia è soltanto in inglese in questa versione alpha, mentre le versioni precedenti di NeoOffice permettono di scegliere la lingua dell'interfaccia (e anzi adottano automaticamente la lingua che usate per Mac OS X): presumo quindi si tratti di una lacuna temporanea, anche perché il menu di configurazione di NeoOffice 2.0 include già una voce per consentire questa scelta.

Nonostante l'interfaccia soltanto inglese, NeoOffice 2.0 include già i dizionari per il controllo ortografico italiano, oltre a quelli per inglese, tedesco, olandese, ungherese, swahili e thai.


Installazione


L'installazione non comporta grandi stranezze per chi usa il Mac: il solito doppio clic sul file *.dmg scaricato, per montarlo come volume nel Finder, un altro doppio clic sul file NeoOffice.pkg presente nel volume, e parte l'installazione guidata (in italiano, se usate Mac OS X in questa lingua).

NeoOffice 2.0 occupa 300 megabyte su disco. Se avete già installato una versione precedente di NeoOffice sul vostro Mac, viene sostituita e ne vengono ereditate le impostazioni durante il primo avvio dell'applicazione (questa parte della procedura è in inglese).


Prime impressioni


A parte l'evidente lifting fatto all'interfaccia e alle icone di NeoOffice, identiche a quelle dell'attuale versione Windows e Linux più recente, noto un certo miglioramento della reattività del programma, notoriamente un po' lento.

Ovviamente la più grande novità è la possibilità di usare il nuovo formato standard OpenDocument anche in scrittura (prima gli utenti di NeoOffice potevano soltanto leggere questo formato). È interessante notare che il formato OpenDocument a volte scrive file più grandi rispetto al formato OpenOffice: per esempio, uno spreadsheet di 108 K nel vecchio formato cresce a 368 K in OpenDocument, mentre il mio Acchiappavirus rimane invariato a 200 K in entrambi i formati. In cambio, però, il salvataggio in OpenDocument è notevolmente più veloce.

La stabilità lascia invece un po' a desiderare: NeoOffice 2.0 alpha si pianta con una certa facilità. Questo, però, non deve sorprendere, visto che dopotutto si tratta appunto di software alpha e la cosa è chiaramente indicata nelle avvertenze. In ogni caso, nei vari crash che mi sono capitati, NeoOffice ha sempre salvato tutti i dati prima di piantarsi. È già disponibile una patch che corregge alcune magagne.

Vi saprò dire di più nei prossimi giorni, man mano che lo uso per lavoro. Nel frattempo, apprezzo alcune piccole cose: la disponibilità dell'opzione che rimuove i metadati personali dai documenti, e l'arrivo del conteggio delle parole nei blocchi di testo, carenza finora imbarazzante di NeoOffice.


Aggiornamento (2006/05/15)


Le prime due settimane di utilizzo intensivo non hanno rivelato magagne significative. L'unica stranezza degna di rilievo è la lentezza del controllo ortografico: si vede letteralmente il cursore che scandisce le singole lettere del testo. In quanto a stabilità, nessun problema dopo i primi crash avvenuti durante una modifica a un grafico integrato in uno spreadsheet.

Videochicca subliminale di Mel Gibson

Ci sono tanti siti dedicati al "pericolo" dei messaggi subliminali che si anniderebbero nei film. E' un fenomeno finora privo di alcun riscontro serio e noto soltanto grazie al passaparola distorto delle leggende metropolitane e di chi vuole vedere il male dappertutto, ma per fortuna c'è chi prende la cosa meno seriamente e ci gioca, cogliendo l'occasione per un bell'esperimento sui difetti della percezione visiva.

Il burlone, stavolta, è nientemeno che Mel "Braveheart" Gibson, che ha nascosto un chicca nel filmato di presentazione del suo prossimo film, Apocalypto. Divertitevi a cercarla, e occhio alla scimmietta. Poi, quando l'avete trovata, cimentatevi nel trovare l'errore molto meno subliminale nella presentazione del trailer.

La soluzione, per i pigri e gli sfortunati, sarà pubblicata in questo blog domattina. Mi raccomando, non svelatela nei commenti, altrimenti il gioco finisce!

2006/04/27

Apparizione mistica, si parla di bugie e di bufale a Radio Ventiquattro

Domani 28 aprile, verso le 11 del mattino, sarò ospite di Radio Ventiquattro per una breve chiacchierata sul mondo delle bufale. Se vi va, sintonizzatevi o andate in streaming.


Aggiornamento (2006/04/28)


Sto seguendo Radio Ventiquattro, e la trasmissione su bugie e bufale sembra sospesa per fare spazio alla diretta politica dalla Camera e dal Senato. O forse dovrei dire che il tema è lo stesso ma gli invitati sono differenti :-)

Antibufala: Airbus propone “sedili verticali” sugli aerei

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "cb1305" e "luciano.g****".
L'articolo è stato aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale.


Image Credit:
New York Times del 25/4/2006.
Ha fatto il giro del mondo in poche ore la notizia secondo la quale il consorzio europeo Airbus sta progettando dei particolari "sedili verticali" che permetterebbero ai passeggeri di volare sugli aerei stando in piedi. Questi sedili consentirebbero di stipare un maggior numero di sardine – pardon, passeggeri paganti – sui velivoli.

La notizia è riportata, per esempio, dal Corriere del 26 aprile 2006, che non ne mette assolutamente in dubbio la veridicità, dichiara anzi che il sedile sarà "pronto tra un anno" e cita come sostegno all'articolo il New York Times, che ha riportato il giorno precedente un disegno dell'innovativo "sedile" (mostrato qui sopra).

Quello che il Corriere evita accuratamente di dire è che il NYT è la fonte unica della notizia, pubblicata il 25 aprile 2006 (e pedissequamente copiata in tutti i suoi dettagli dal giornalista del Corriere), e soprattutto che la notizia è una bufala già smentita da Airbus, che ha ordinato al New York Times di pubblicare una rettifica. La smentita di Airbus era già stata ripresa dalla CNN il giorno stesso (25 aprile) e poi segnalata dal Seattle Times e anche dal Times e da The Register l'indomani. Ma il Corriere l'ha pubblicata lo stesso.

Insomma, la testata italiana prima copia la notizia senza neppure indicarne la fonte (il NYT, nell'articolo italiano, non è indicato come fonte dell'intero articolo, ma soltanto come fonte del disegno), e ne copia non soltanto le citazioni ma anche gli errori (l'Airbus A380 può ospitare fino a 853 passeggeri seduti in classe economica, non in piedi, come dimostrato dai test di evacuazione); poi la imbelletta e la presenta come certa e affidabile quando i giornali esteri l'hanno già smentita. Complimenti: una grande prova di giornalismo.

A proposito: e il diritto d'autore dove lo mettiamo? Ancora una volta, chi difende così strenuamente il copyright nelle sue attuali assurdità viene pescato a violarlo. E poi i pirati saremmo noi?


Aggiornamento (2006/04/28)


Un lettore, markus, mi segnala altre vittime illustri della bufala: la trasmissione 10 von 10 della televisione svizzera tedesca (filmato), che ha attribuito la notizia all'Herald Tribune, che riporta il medesimo articolo del NYT. Stefano mi segnala che anche Repubblica ha toppato, pubblicando il 26 aprile la notizia e dandola per buona pur essendo già stata smentita. Inoltre d.ghirard**** segnala che "anche il TG3 delle 14.30 di ieri ha dato la notizia, facendo vedere l'immagine dei sedili". Complimenti a tutti.

Antibufala: Giulia e Eurobarre offrono ADSL gratis in cambio di pubblicità?

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di “ferro.e.fuoco” e “teobaz2002”.
L'articolo è stato modificato dopo la pubblicazione iniziale in quanto risultava un falso positivo ai controlli di McAfee Site Advisor.

Sta circolando un invito abbastanza curioso che promette il recupero del canone ADSL in cambio della visualizzazione di pubblicità sullo schermo del computer (ho sostituito con asterischi le lettere "vi" per evitare eventuali accuse di linkare siti trappola:

Ciao a tutti, mi chiamo Giulia.

Penso di fare un favore a molti svelando un mio piccolo segreto, e cioè come da oltre due mesi mi ripago l'adsl con il metodo illustrato alla url che segue:

**********************************
http://adslgratis.alter**sta.org/
**********************************
E' un modo facile, semplice, sicuro, e soprattutto.... funziona!!!

Il resto scopritelo da voi!

Un saluto!

Giulia
(laureanda in scienze informatiche)

Chi sia questa Giulia non è dato saperlo, ma di certo sa fare spamming, visto che il suo invito disinteressato è arrivato a moltissimi utenti. Il sito raccomandato è una semplice sottopagina di Altervista.org, il cui intestatario non è quindi rintracciabile tramite il solito whois.

La pagina in questione contiene alcuni elementi curiosi, come questa serie di parole-chiave apparentemente senza alcuna correlazione con il tema dell'invito:

<input type="hidden" value="organetto corso corsi di organetto diatonico lezioni di organetto scuola Accademia del Mantice fisarmonica seminari estivi organettisti musica per organetto klezmer occitanica bouree francese tango pizzica tarantella tammurriata danze popolari delicq tesi junkera castagnari suonare milano torino bologna roma tablature partiture">

NOTA: Dopo la pubblicazione iniziale, qui e nel resto dell'articolo ho dovuto scrivere il nome del sito inserendovi la frase [togliere questa parentesi] perché altrimenti l'articolo finiva nella lista nera di McAfee SiteAdvisor. Il fatto che SiteAdvisor consideri quel sito poco raccomandabile la dice lunga e conferma i miei dubbi.

La pagina contiene inoltre rimandi a Eurobarre.com e a Extreme-dm.com. Sul primo link torno tra un attimo; il secondo è interessante perché redirige a sua volta a Extremetracking.com, e in particolare alla pagina (pubblicamente accessibile presso http://extreme[togliere questa parentesi]tracking.com/open?login=adslgra) che contiene le statistiche degli accessi alla pagina di "Giulia". Da queste statistiche risulta che l'attività è iniziata il 17 aprile 2006 e ha prodotto circa 500 visitatori, praticamente tutti (oltre il 93%) italiani.

L'analisi del testo della pagina indica che "Giulia", ammesso che esista, non è italiana, o perlomeno ha una dimestichezza con l'italiano davvero deludente per una laureanda, visto che inanella una serie spettacolare di strafalcioni linguistici ("il sito, si presenta in lingua francese, di cui non su una parola di, ma è tutto talmente semplice...").

Quello che lascia più perplessi è che il testo della pagina è creato tramite un'immagine, in modo da sfuggire ai motori di ricerca. Scelta intenzionale o semplice incompetenza? È comunque un comportamento molto strano e innaturale.

Inoltre quel riferimento all'imminente laurea in informatica di "Giulia", ribadito sul suo sito, suona come un tentativo di conferirsi autorevolezza e rassicurare il lettore. Tentativo che però stride con il fatto che "Giulia" dichiara di non sapere una parola di francese e quindi ammette implicitamente di aver sottoscritto alla cieca il servizio (mostrato con schermate in francese), per cui non ha modo di sapere che il servizio è davvero "facile, semplice, sicuro".

Il servizio in questione è quello offerto da tempo dalla società francese Eurobarre Sàrl presso Eurobarre.com.

Il servizio, dicevo, funziona così: si ospita sul proprio schermo una finestra pubblicitaria alta 72 pixel e in cambio si ottengono "punti" convertibili in denaro, al tasso entusiasmante di ben 6,65 centesimi di euro per mille punti (dati di febbraio 2006, gli ultimi attualmente disponibili, presso http://www.euro[togliere questa parentesi]barre.com/faq_fr.php). Non è chiaro quanti punti si ottengano per ciascuna pubblicità visualizzata, ma il fatto che il pagamento avvenga, stando a Eurobarre, dopo che si sono totalizzati 15 euro, non sembra promettere grandi guadagni.

Per partecipare occorre usare un computer Windows e installare un programma (http://www.euro[togliere questa parentesi]barre.com/install/ebsetup.exe?p=) che va lasciato in esecuzione continua e che verifica che l'utente sia presente e attivo. Un test effettuato da Salvatore Aranzulla indica che il programma non contiene pericoli, ma segnala anche che i guadagni rischiano di non coprire neppure le spese della corrente elettrica usata per tenere acceso il computer.

Ci sono vari trucchi per simulare la presenza dell'utente e maggiorare i guadagni violando il regolamento, ma anche in questo modo si arriva a guadagni davvero bassi: qualche decina di euro nei casi più fortunati. Ne vale la pena?


Aggiornamento (2008/10/29)


Nonostante io abbia eliminato i link, continuo a essere segnalato da Site Advisor come ospitante Eurobarre. Ho ulteriormente alterato i link rimanenti, che comunque non puntavano al malware ma che magari continuano a essere interpretati erroneamente da Site Advisor.

2006/04/25

Spiegato il video dell’Air Force One scarabocchiato

Come promesso, ecco lo spiegone del filmato che mostra qualcuno che scarabocchia con la vernice spray un motore del Boeing 747 presidenziale, detto anche Air Force One. La notizia, con relativa spiegazione, è stata pubblicata da varie testate (per esempio Wired e Fark), per cui la sorpresa è finita, ma vale comunque la pena di parlarne dal punto di vista dell'indagine antibufala.

Il filmato è una pubblicità concepita secondo il modello del "marketing virale": creare uno spot talmente bello o sorprendente da indurre la gente a parlarne e (grazie a Internet) farlo circolare.

Lo scopo di sorprendere è stato senz'altro raggiunto, e senza alcun trucco digitale, bensì con un approccio semplice ma efficacissimo: noleggiare un aereo simile all'Air Force One e dipingerlo con la livrea presidenziale. L'autore del video è Marc Ecko, titolare di una casa di moda, che ha speso una cifra non indifferente per realizzare questo spot. Come racconta Wired, Ecko ha noleggiato un Boeing 747 in versione cargo presso l'aeroporto californiano di San Bernardino e ne ha fatto dipingere un lato con la livrea dell'Air Force One mentre il velivolo era in un hangar.

Questo episodio insegna varie cose. Prima di tutto, dal punto di vista tecnico, insegna che anche il miglior effetto digitale non può competere con un effetto fisico: l'effetto digitale lascia comunque tracce della manipolazione, mentre un effetto fisico, se realizzato bene, non lascia segni di alterazione sulla pellicola o, in questo caso, nel file video. L'effetto digitale funziona bene al cinema, dove lo spettatore vuole farsi ingannare, ma non funziona quando lo spettatore ha l'occhio critico e cerca possibili manipolazioni. Quindi se volete realizzare il videoclip del secolo, magari filmando un bell'avvistamento di UFO o dello yeti, fatelo usando effetti fisici: gli esperti potranno esaminare il video (o il negativo) finché vorranno, ma non troveranno indicazioni di manipolazione.

La seconda cosa interessante è che questo caso mostra che ci sono persone disposte a spendere cifre molto elevate pur di ottenere un filmato ingannevole. Durante l'analisi di un filmato dubbio, quindi, non si può scartare a priori l'autenticità delle riprese soltanto perché sarebbero costate troppo da realizzare realmente.

Il terzo aspetto di rilievo per i detective antibufala è che le motivazioni per realizzare un falso da distribuire in Rete possono essere tante, e non sono tutte intuitive. Il marketing virale è una motivazione decisamente insolita: di norma si crea e si fa circolare un video controverso per ragioni politiche o personali, per propagandare un punto di vista o screditare un avversario; è meno intuitivo farlo per far pubblicità indiretta a capi di vestiario.

Dal punto di vista dell'analisi del filmato in sé, le osservazioni fatte dai lettori nei commenti al primo articolo su questo caso sono valide anche se la soluzione era già stata pubblicata da varie fonti: alcuni dettagli dell'aereo erano differenti da quelli dell'Air Force One vero. Per esempio, mancano tutte le antenne e le varie protuberanze presenti sull'aereo autentico.

Inoltre il filmato conteneva l'indicazione del sito Stillfree.com, il cui titolare è facilmente scopribile usando il servizio whois. Da lì si arriva a una costellazione di siti riguardanti Marc Ecko e le sue iniziative riguardanti principalmente l'abbigliamento, poco attinenti a un gesto sovversivo e molto pericoloso come quello mostrato nel video. A questo punto nasce il sospetto che si tratti di un'operazione commerciale, e la conferma si ha cercando in Google notizie sul video.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato all'indagine; spero vi siate divertiti.

I discografici fanno causa ai morti: la RIAA insegue i pirati del disco anche nell'oltretomba

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazione straordinaria di "editta.camp****".

La RIAA, l'associazione dei discografici statunitensi, non si ferma di fronte a nulla nella sua strenua lotta per la difesa della proprietà intellettuale contro l'orda dei pirati musicali. Li insegue persino al cimitero.

Riferisce Ars Technica che la signora Gertrude Walton è stata accusata in tribunale dalla RIAA di aver partecipato ai circuiti peer-to-peer mettendo in condivisione oltre settecento brani musicali non liberamente distribuibili. La signora Walton, tuttavia, non si è presentata di fronte al giudice, e per un'ottima ragione: è morta nel dicembre del 2004.

Potreste ipotizzare che la signora scambiasse musica prima della sua dipartita, ma a 83 anni, ne converrete, è abbastanza improbabile. Se poi considerate che non possedeva un computer e non voleva averne in casa, l'improbabile diventa impossibile.

La RIAA ha dapprima ignorato i chiarimenti forniti dalla figlia della signora Walton, con tanto di certificato di morte, ma di fronte alla consapevolezza della figuraccia, resa pubblica da vari siti Web, si è finalmente arresa e ha dichiarato, tramite il portavoce Jonathan Lamy, che la causa verrà abbandonata.

Per la RIAA, casi come questi sono banali errori amministrativi: non si può dire lo stesso per le loro vittime, costrette ad affrontare spese legali per dimostrare la propria innocenza. Chi rifonderà queste spese alla figlia della signora Walton e a tutti coloro che vengono accusati ingiustamente?

Antibufala: appello per la benzina a metà prezzo

Questo articolo vi arriva grazie alla donazione straordinaria di "editta.camp****".

Il prezzo della benzina sale e fa riemergere gli appelli-bufala dal letargo: stavolta è il turno della "idea geniale" di boicottare Shell ed Esso per indurli a far scendere il prezzo alla pompa. Il testo che circola è grosso modo questo:

COME AVERE LA BENZINA A META' PREZZO

Siamo venuti a sapere di un'azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere.

Possiamo far abbassare il prezzo della benzina ai colossi del petrolio, senza dover rinunciare ad acquistare benzina!!! Anche se non hai la macchina, per favore fai circolare il messaggio agli amici. È un'idea geniale!

Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.50 euro al litro.

Possiamo far abbassare il prezzo solo se ci muoviamo insieme, in modo intelligente e solidale.
Ecco come. Posto che l'idea di non comprare la benzina un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie (sanno benissimo che, per noi, si tratta solo di un pieno.. differito, perché alla fine ne abbiamo bisogno!), c'è un sistema che invece li farà ridere pochissimo, purché si agisca in tanti.

La parola d'ordine è: colpire il portafoglio delle compagnie senza lederci da soli.

I petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia tra 0,95 e 1 euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro é circa la metà.

I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende.

Bisogna usare il potere che abbiamo.

La proposta è che, da qui alla fine dell'anno, non si compri più benzina delle due più grosse compagnie,SHELL e ESSO, che peraltro ormai formano una unica compagnia.

Se non venderanno più benzina, saranno obbligate a calare i prezzi.

Se queste due compagnie calano i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi.

Per farcela, però dobbiamo essere milioni di clienti di Esso e Shell, in tutto il mondo.

Questo messaggio, proveniente dalla Francia, è stato inviato a una trentina di persone; se ciascuna di queste aderisce e a sua volta lo trasmette a...diciamo una decina di amici, siamo a trecento. Se questi fanno altrettanto, siamo a 3000, e così via.

Di questo passo, quando questo messaggio sarà arrivato alla... settima "generazione", avremo raggiunto e informato trenta milioni di consumatori!

Inviate dunque questo messaggio a dieci persone, chiedendo loro di fare altrettanto. Se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare circa 300 milioni di persone in otto giorni !

È certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere,non vi pare?

Coraggio diamoci da fare!

Purtroppo l'appello non è per niente "geniale" e neppure "intelligente", e chi lo diffonde ha qualcosa da perdere eccome: la faccia. Infatti l'appello dimentica un fatto fondamentale: il prezzo alla pompa è costituito in larghissima parte da tasse, accise e imposte. Per esempio, i dati dei Ministero delle Attività Produttive italiano indicano questa composizione dei prezzi medi della benzina senza piombo ad aprile 2006, espressi in euro per mille litri:
  • Prezzo industriale: 505,41
  • IVA: 213,88
  • Accisa: 564,00
  • Prezzo finale: 1283,29

IVA e accisa, insomma, costituiscono oltre il 60% del prezzo finale. Di conseguenza, un boicottaggio non potrebbe dimezzare il prezzo della benzina neppure se il petrolio diventasse gratuito e le raffinerie e i benzinai decidessero di vivere d'aria e lavorare per beneficenza.

Quest'appello è una versione ricarrozzata di una vecchia conoscenza, risalente al 2003 e descritta a suo tempo dal Servizio Antibufala in un'indagine apposita.

In realtà il modo per ridurre subito la spesa affrontata al distributore c'è, e non richiede catene di sant'Antonio o improbabili boicottaggi. Basta guidare un po' più piano e meno nervosamente, magari rispettando i limiti di velocità cittadini, visto che il ciclo urbano di continue brusche accelerazioni e brusche frenate è quello che fa schizzare verso l'alto i consumi. Si potrebbe anche smettere di comperare auto assurdamente avide di carburante come i SUV. Pensateci.

2006/04/24

Pirati? No, custodi della cultura. La BBC chiede il loro aiuto

Tempo fa (2002) scrissi un articolo nel quale difendevo la pirateria video e musicale per i suoi meriti di conservazione della cultura:

...le copie pirata di film e DVD non contengono codici di protezione, e usano formati non proprietari per consentirne la massima diffusione. Quei formati sono indipendenti dal sistema operativo e sono pienamente documentati, per cui per le generazioni future sarà banale ricreare la tecnologia per leggerli. Lo stesso non si può dire per i formati benedetti dai grandi gruppi dell'industria del disco e del cinema, che ambiscono anche a blindare l'hardware, con soluzioni come TCPA e l'imminente Palladium.

Come gli amanuensi nel medioevo, questi mastri masterizzatori creano copie delle opere, che così non andranno perse per colpa della miopia collettiva di un'epoca. Certo non è questo lo scopo primario delle loro duplicazioni, ma è un gradevole effetto collaterale da non sottovalutare.

Da allora, il paventato arrivo di Palladium si è avverato, sia pure con altri nomi. E oggi anche il concetto del pirata come custode della musica, dei testi e dei film della nostra epoca trova una conferma forte: pochi giorni fa la BBC ha chiesto formalmente aiuto al pubblico per recuperare oltre cento puntate di un suo programma classico, il telefilm di fantascienza Doctor Who, di cui ha perso ogni traccia.

L'appello della BBC è accorato:

puntate che la BBC pensava fossero andate perdute per sempre sono riemerse nei mercatini dell'usato, dalle soffitte e da altri posti strani... il premio per chiunque trovi una puntata mancante è un Dalek [uno dei più temuti "cattivi" della serie Doctor Who, oggetto di culto nel Regno Unito] a grandezza naturale... decisamente vale la pena di chiedere alla vostra famiglia di controllare nelle soffitte, nei garage, e nelle camere da letto per gli ospiti se hanno vecchie bobine di pellicola che potrebbero recare la magica scritta 'Doctor Who' sull'etichetta.

Trovate l'elenco completo delle puntate perdute, risalenti agli anni 1963-1969, presso quest'altra pagina della BBC.

Molto pittoresco, per carità, ed è anche piacevole sapere che alcune puntate sono state già recuperate grazie a quest'appello, ma c'è un piccolo problema: quei recuperi sono frutto di pirateria.

Infatti le puntate mancanti sono state salvate grazie alle copie abusive fatte dai telespettatori usando registratori audio a bobine e a cassette e filmando il proprio televisore con cineprese 8 mm (non c'erano videoregistratori domestici, a quell'epoca). Questo era illegale all'epoca, e formalmente lo è tuttora nel Regno Unito, anche se nessuno fa rispettare il divieto.

Coloro che obiettano che non occorre la pirateria per custodire la cultura, perché a questo compito provvedono le biblioteche pubbliche e gli archivi cinematografici e televisivi, si trovano smentiti da casi come questi. Chissà quanti altri episodi della nostra cultura audiovisiva sono andati smarriti per sempre, o stanno marcendo in questo momento, per via dell'incuria degli archivisti ufficiali o addirittura a causa di loro atti intenzionali.

Infatti la Wikipedia nota che anche molti altri classici, come The Avengers, noto in Italia come Agente speciale (quello con John Steed e Emma Peel, per intenderci), hanno subito la stessa sorte di Doctor Who e in alcuni casi sono stati cancellati intenzionalmente per tutelare il diritto d'autore.

Spiega infatti la medesima pagina della Wikipedia:

Grosso modo fra il 1967 e il 1978, una notevole quantità di materiale archiviato dalla BBC su nastro video e pellicola fu distrutto o cancellato per fare spazio a nuovi programmi. La ragione principale fu che gli accordi con il sindacato degli attori e con altre organizzazioni commerciali limitavano il numero di repliche dei programmi: ne era concessa solitamente soltanto una, da effettuarsi entro un limite di tempo, in genere due anni.

Queste norme derivavano dal timore dei sindacati che se le emittenti avessero riempito di repliche i propri palinsesti, sarebbe calata la produzione di programmi nuovi, causando disoccupazione fra attori e addetti ai lavori. Questo ebbe l'effetto involontario di far distruggere molti programmi dopo che erano scaduti i loro diritti di replica, perché erano ritenuti inutili per le emittenti.

Il resto dell'articolo della Wikipedia è un viaggio affascinante nelle vicissitudini del recupero delle puntate mancanti di Doctor Who, alcune delle quali sono riemerse in posti impensabili come il Bahrein o Hong Kong. Purtroppo l'articolo è in inglese e mi manca il tempo di tradurlo integralmente.

Amici e lettori mi segnalano anche il caso di un altro telefilm-culto, Spazio: 1999. La RAI ha perso completamente il doppiaggio italiano dell'episodio L'ultimo tramonto. L'audio è stato recuperato e ripubblicato in DVD soltanto grazie alla registrazione artigianale fatta da un fan all'epoca della messa in onda dell'episodio da parte di matrigna RAI, quasi trent'anni fa.

Le stesse fonti mi segnalano che

anni fa in una trasmissione radiofonica raccontarono che ad esempio molti master delle puntate mitiche dell'altrettanto mitica e storica trasmissione radiofonica 'Alto Gradimento' [di Arbore e Boncompagni] sono finiti al macero.

In altre parole, non solo i pirati sono custodi della cultura, ma il diritto d'autore così com'è ora uccide la cultura, vietandone la conservazione.

Cari legislatori, siete ancora convinti di sapere chi sono i bravi e chi sono i cattivi?

2006/04/22

Neil Young offre gratis lo streaming in anteprima del suo nuovo album

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Secondo una notizia di Billboard segnalatami da un lettore (grazie Strider), il prossimo album del celeberrimo Neil Young, intitolato "Living With War", verrà reso disponibile per l'ascolto gratuito integrale in streaming su Internet il prossimo 28 aprile.

L'album sarà ascoltabile collegandosi al sito di Neil Young. Non è noto quale formato verrà usato per lo streaming. Sarà poi scaricabile a pagamento a partire dal 2 maggio. Tutto questo avviene in anteprima rispetto alla distribuzione del CD, prevista per la metà di maggio.

Le dieci nuove canzoni saranno certamente provocatorie, con titoli come "Let's Impeach the President" ("Incriminiamo il presidente") accanto a parole di speranza nel brano "Lookin' for a Leader" ("In cerca di un leader") e una versione senza strumenti della patriottica "America the Beautiful".

Anche i testi delle canzoni sono disponibili sul sito del cantautore, che a sessant'anni sembra aver capito come funziona Internet e a cosa serve la musica online molto più di tanti altri suoi colleghi dinosauri.

Anticopia in conflitto usano il vostro PC come campo di battaglia

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Logo creato da Julian Bond (Voidstar)
e liberamente utilizzabile.
I sistemi anticopia non vanno per il sottile. Pur di tutelare i loro mandanti, questi programmi di Digital Rights Management (DRM) non esitano a devastare il computer dell'acquirente onesto, quello che ha comperato la versione legittima, benedetta e bollata del CD, del DVD o del videogioco.

Racconta infatti CDR-Info.com che il sistema anticopia MediaMax della SunnComm, usati da alcuni CD audio, è incompatibile con il sistema anticopia usato dalla società russa StarForce. MediaMax, infatti, installa nel PC dell'utente un driver di nome SbcpHid, che causa malfunzionamenti del computer perché viola le regole di collaborazione fra driver all'interno del sistema operativo.

Il risultato è che un utente onesto che abbia acquistato legittimamente sia un CD protetto dall'anticopia MediaMax, sia un videogame protetto da StarForce, si trova col PC malfunzionante. Viene punito perché ha rispettato le regole.

The Inquirer fa inoltre una considerazione molto interessante sugli aspetti legali di questo caso: chiedere a un tecnico di riparare il vostro computer dopo che i due sistemi anticopia lo hanno usato come campo di battaglia potrebbe essere illegale. Infatti in molti paesi vigono leggi (DMCA, EUCD) che puniscono l'elusione o la rimozione dei sistemi anticopia da parte di chiunque non sia il legittimo gestore di tali sistemi. Così nessuno può aiutare l'utente a tirarsi fuori dai guai. E naturalmente né i discografici, né i produttori di videogame risarciranno l'utente per il danno subito.

E poi ci si chiede perché la gente si rivolge al peer-to-peer invece di comperare il prodotto legittimo. Come dice il logo qui sopra, il DRM sta uccidendo la musica, ed è una fregatura.


Aggiornamento


The Inquirer riferisce che la casa produttrice di videogiochi Ubisoft ha deciso di interrompere formalmente la propria collaborazione con Starforce. Ubisoft ne ha ben donde, visto che ha in ballo una causa da 5 milioni di dollari avviata dagli utenti dei suoi videogame, che accusano l'anticopia di Starforce, usato da Ubisoft, di aver compromesso la sicurezza dei loro computer. Ubisoft non ha però imparato a fondo la lezione: infatti adotterà un altro sistema anticopia.

L’aereo del presidente USA preso di mira dai graffitari

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Presso Stillfree.com trovate un videoclip assolutamente eccezionale: la ripresa di un atto vandalico contro l'aereo del presidente degli Stati Uniti, il ben noto Air Force One.

Le riprese, pur essendo notturne e un po' sgranate, non lasciano molti dubbi: non si tratta di un trucco ottenuto con effetti digitali. La scritta viene effettivamente dipinta con una bomboletta spray su uno dei motori del Boeing 747 recante la ben nota livrea presidenziale.

Come è possibile? Davvero l'aereo presidenziale è così mal sorvegliato? Non è il caso che questo incidente induca a un rafforzamento della sicurezza intorno a un bersaglio così delicato? O si tratta di un falso, e in tal caso, come è stato realizzato?

Scoprire i segreti di questo filmato è, a mio avviso, molto educativo per qualsiasi detective antibufala. Se vi va, cimentatevi anche voi e proponete le vostre ipotesi nei commenti. Martedì pubblicherò la soluzione esatta. Buon divertimento.

2006/04/21

Guai di sicurezza in vista per Mac OS X

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Image credit: Steve Cooper
Secunia ha annunciato la presenza di varie falle "altamente critiche" in Mac OS X, che potrebbero consentire l'accesso da remoto al sistema operativo anche se sono stati installati tutti gli aggiornamenti di sicurezza e i rimedi provvisori suggeriti da Apple.

Le falle, scoperte da Tom Ferris, permettono a file ZIP, HTML, BMP, TIFF e GIF di essere veicoli di attacco, specialmente se si usa il browser Safari o il visualizzatore Anteprima.

La soluzione, in attesa dell'aggiornamento di sicurezza da Apple, è un imbarazzante "non visitate siti non fidati e non aprite file ZIP o immagini provenienti da fonti non fidate". Non si ha notizia, per ora, di siti o virus che sfruttino queste falle, ma è soltanto questione di tempo.

Stando a Tom Ferris, è più rischioso usare Safari che Firefox sul Mac per via di queste falle, che gli risulta verranno corrette nel prossimo aggiornamento di sicurezza di Mac OS X.

L’aggiornamento di Windows s’impalla su hardware HP, firewall Kerio e Office

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Zio Bill comunica che l'aggiornamento di sicurezza di aprile per Windows XP, denominato MS06-015, ha un po' di problemi. Se avete installato quest'aggiornamento e vi siete accorti, per esempio, che non potete più accedere alla vostra cartella Documenti, o che Internet Explorer non risponde ai comandi, la probabile causa è l'aggiornamento fallato.

Tutti i sintomi sono descritti da Microsoft anche in italiano e includono, oltre a quelli accennati sopra, problemi nel salvare e aprire i file di Office se si trovano nella cartella Documenti; il blocco dell'applicazione se scegliete di aprire un file usando File > Apri; e la mancanza di risposta di Windows quando si espande una cartella in Esplora Risorse.

L'aggiornamento causa inoltre problemi con il software Share-to-Web di HP, allegato fino a poco tempo fa a scanner, stampanti, masterizzatori e fotocamere Hewlett-Packard.

Ci sono noie anche con il firewall Kerio, della Sunbelt Software, che blocca un componente nuovo di Windows installato dall'aggiornamento, denominato verclsid.exe. E' necessario dire a Kerio di accettare i tentativi di esecuzione di questo componente. Sospetto che il nome verclsid richiami i famosi e controversi CLSID che descrissi tempo fa.

La soluzione ai problemi prodotti dall'aggiornamento consiste nel modificare a manina il Registro, cosa da evitare se non si è esperti; in alternativa, si può attendere il prossimo aggiornamento di Windows, che (si spera) porrà rimedio a questi difetti. The Inquirer prevede che la correzione all'aggiornamento verrà distribuita la prossima settimana, e ZDNet indica martedì come data di distribuzione, aggiungendo che ci sono anche problemi con i driver Nvidia di versioni precedenti la 61.94. Eweek conferma la data di martedì 25 aprile e segnala anche problemi con Outlook.

Secondo una prassi comune da qualche tempo, Microsoft usa un programma di traduzione automatica per pubblicare inizialmente questi bollettini nelle lingue diverse dall'inglese e poi fa rivedere la traduzione da un traduttore umano. Il bollettino italiano riguardante questa falla è già stato riveduto, ma ho fatto in tempo a coglierne la versione originale e ho visto riconfermare una teoria che propongo da tempo: non solo il traduttore umano non rischia di essere rimpiazzato da una macchina, come sento periodicamente annunciare da oltre vent'anni, ma il vero pregio della traduzione automatica è che sa rivelare delle verità davvero profonde.

Per esempio, il bollettino Microsoft inglese dice, verso la fine, che "The third-party products that this article discusses are manufactured by companies that are independent of Microsoft." La traduzione pubblicata ora da Microsoft è abbastanza corretta: "I prodotti di terze parti citati in questo articolo sono forniti da produttori indipendenti". Ma la traduzione automatica aveva generato questa versione ben più pregna di significato, che potete vedere cliccando sulla cattura della pagina Web in alto a sinistra in quest'articolo: "Le società che sono indipendenti di Microsoft producono."

Non avrei saputo dirlo meglio.

2006/04/18

Fatemi (fanta)ministro!! Vota Attivissimo! Vota Attivissimo!

Ho ancora i crampi allo stomaco dal ridere: il Progetto Mayhem mi ha proposto come candidato Ministro per l'Innovazione Tecnologica, insieme a ben più illustri nomi come Margherita Hack, Fiorello Cortiana e Linda Lanzillotta.

Ovviamente è un fantasondaggio di un fantagoverno, ma sono comunque onorato e lusingato per l'invito. Che ne dite di creare un fantarisultato? Il "sondaggio" attualmente mi vede secondo, e visto che i partecipanti finora sono una quarantina, cambiare il risultato non dovrebbe costare molta fatica... Facciamo fare un salto sulla sedia agli autori del progetto e mostriamo quanto sia facile creare un apparente consenso di massa in Rete?

Ok, allora datevi da fare qui. Avete una settimana di tempo.

2006/04/17

Antibufala: trovato il creatore della falsa "autopsia aliena"

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Ricordate il filmato dell'autopsia di un alieno, che fece il giro del mondo nel 1995? Ci fu chi gridò alla prova definitiva dello sbarco degli extraterrestri a Roswell, e chi invece gridò alla bufala ben costruita. I dubbi che circolarono sin da subito, anche tra gli ufologi, non impedirono alle reti televisive (RAI compresa) di scucire cifre da capogiro pur di aggiudicarsi i diritti di trasmissione del filmato, che fu visto da circa un miliardo di telespettatori.

Ora, finalmente, i dubbi sono dissipati per sempre: il filmato è una bufala. Lo confessa uno dei suoi creatori, John Humphreys, noto ai cultori della fantascienza come uno dei realizzatori degli effetti delle celebri serie Max Headroom e Doctor Who. Giusto per continuare la tradizione di mungere lo scoop finché schiatta, la confessione arriva appena in tempo per promuovere un film, Alien Autopsy, basato sul filmato e in uscita nel Regno Unito in questi giorni. Humphreys è, guarda caso, uno degli scultori e consulenti del film.

La vicenda è raccontata dal Sunday Times, che riferisce che Humphreys fabbricò i fantocci usati per l'autopsia, che fu girata non nel 1947 a Roswell, nel New Mexico, ma più prosaicamente in un appartamento di Camden, nella zona settentrionale di Londra, nel 1995.

La confessione di Humphreys è abbastanza facile da verificare: è uno degli interpreti del filmato (il capo chirurgo). I "cadaveri" di lattice, racconta, furono riempiti con cervella di pecora, interiora di pollo e ossa e articolazioni comperate al mercato. La realizzazione richiese quattro settimane. Finito il filmato, girato da Humphreys, Ray Santilli (il direttore di una casa di produzione video che poi presentò al mondo i 91 minuti di "autopsia") e tre altre persone, i fantocci furono fatti a pezzi e buttati nella spazzatura in vari punti di Londra.

Per chi si ricorda perplesso che il filmato fu autenticato dalla Kodak, consiglio di leggere questa ricostruzione degli eventi (in inglese). Una copia del filmato è disponibile in Google Video.

Questa storia è l'ennesima dimostrazione del fatto che intorno all'ufologia, al paranormale e alle ipotesi di complotto c'è un giro di denaro e di interessi che impone sempre la massima cautela: è troppo facile fare un sacco di soldi inventandosi scoop e teorie spettacolari.

Questo non vuol dire che tutti gli ufologi siano matti o ciarlatani; ce ne sono alcuni che hanno un approccio cauto e rigoroso, ma ce ne sono tanti che vogliono credere a tutti i costi, e questo li espone a raggiri di questo genere.

2006/04/16

Zio Bill avvelena il DNS di Windows: XP si collega a Microsoft anche se gli dite di non farlo

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Se dite a Windows XP di bloccare l'accesso ai siti Microsoft, lui ignora i vostri comandi e si connette lo stesso, grazie a funzioni non documentate che favoriscono i prodotti di sicurezza Microsoft e penalizzano quelli della concorrenza.

Stando alle ricerche di Dave Korn pubblicate su Securityfocus, Microsoft ha infatti "sabotato intenzionalmente" a proprio vantaggio uno dei fondamenti della gestione delle connessioni a Internet, ossia la risoluzione locale dei nomi dei siti (DNS lookup).

Traduco subito. Quando dite a un sistema operativo (Windows, Mac OS X, Linux, eccetera) di collegarsi a un sito, la prima cosa che fa il sistema operativo è consultare una tabella locale, contenuta in un file di nome hosts. Questo file è un elenco di corrispondenze fra nomi di siti e indirizzi IP numerici equivalenti (per esempio, www.attivissimo.net ha come indirizzo numerico equivalente 213.255.125.37).

Se il sistema operativo trova in questo file hosts il nome del sito che gli avete chiesto di contattare, lo raggiunge usando l'indirizzo numerico corrispondente, indicato anch'esso nel file; se non lo trova, consulta il server dei nomi del fornitore d'accesso a Internet (DNS server), che contiene un "mega-file" analogo (più propriamente si tratta di un database distribuito), con le corrispondenze fra nomi e indirizzi numerici per tutti i siti di Internet. L'intero procedimento è talmente rapido che risulta invisibile: digitate il nome e venite collegati pressoché istantaneamente al sito desiderato.

Questo modo di funzionare, talmente fondamentale nella gestione dell'accesso a Internet da essere utilizzato da tutti i principali sistemi operativi, ha numerosi vantaggi pratici. Per esempio, basta modificare il file hosts per bloccare l'accesso a un sito indesiderato (per esempio un disseminatore di spyware o di pubblicità): si aggiunge a hosts una riga nella quale il nome del sito indesiderato è associato all'indirizzo numerico 127.0.0.1, che è quello interno del vostro computer, e il gioco è fatto. Nessun programma e nessun utente del computer può accedere più al sito bloccato, perché la richiesta di contattarlo viene dirottata dal sistema operativo e torna indietro.

Varianti di questo trucchetto permettono, per esempio, di scavalcare il controverso blocco dei siti esteri di scommesse deciso dal governo italiano.

Tutto questo si basa, però, sul presupposto che il file hosts del vostro computer abbia priorità assoluta. Ma nel caso di Windows XP non è così: anche se bloccate nel file hosts certi siti di Microsoft (e ci sono delle buone ragioni per farlo), Windows vi si collega lo stesso.

Per esempio, le versioni recenti di Windows Media Player, racconta Dave Korn, si connettono automaticamente a mamma Microsoft per vedere se ci sono aggiornamenti (con le relative licenze più o meno restrittive), e non hanno un'opzione che permette di disattivare questo automatismo. Niente panico, potreste pensare: si modifica il file hosts, assegnando 127.0.0.1 a windowsmedia.com e www.windowsmedia.com, e nessun programma può più connettersi a questi siti senza permesso.

E invece Windows Media Player disubbidisce e continua a farlo. Dave Korn ha esaminato il file del programma, wmplayer.exe, e ha scoperto che contiene questo indirizzo:

http://go.microsoft.com/fwlink/?LinkId=9996

Immettendo quest'indirizzo in un browser, si viene portati alla pagina di aggiornamento di Media Player.

Come se non bastasse, anche bloccando go.microsoft.com tramite il file hosts, Windows Media Player continua imperterrito a connettersi al sito.

Così Dave Korn ha esaminato il file dnsapi.dll di Windows, responsabile della gestione delle equivalenze fra nomi di siti e indirizzi numerici, e vi ha trovato questi siti Microsoft predefiniti che sembrano beneficiare della medesima disubbidienza:
  • www.msdn.com
  • msdn.com
  • www.msn.com
  • msn.com
  • go.microsoft.com
  • msdn.microsoft.com
  • office.microsoft.com>
  • microsoftupdate.microsoft.com
  • wustats.microsoft.com
  • support.microsoft.com
  • www.microsoft.com
  • microsoft.com
  • update.microsoft.com
  • download.microsoft.com
  • microsoftupdate.com
  • windowsupdate.com
  • windowsupdate.microsoft.com

Al momento in cui scrivo, Dave Korn ha verificato formalmente soltanto la disubbidienza di office.microsoft.com, ma è plausibile che gli altri siti elencati si comportino allo stesso modo. Divertitevi a provarli.

In altre parole, Microsoft ha intenzionalmente sovvertito il funzionamento di base del sistema operativo. E a quanto risulta per ora, l'ha fatto segretamente.

Questo ha diverse conseguenze discutibili. Innanzi tutto, avere un sistema operativo che disubbidisce ai comandi con funzioni non documentate non è piacevole (alla faccia del trusted computing, l'"informatica di cui fidarsi"), ma soprattutto apre la porta a sabotaggi da parte di intrusi: infatti lo stesso meccanismo potrebbe essere sfruttato per scopi ostili. Per esempio, un virus potrebbe alterare il file dnsapi.dll e usare questo canale di comunicazione privilegiato per scavalcare le contromisure difensive dell'utente.

Si può obiettare che questa funzione potrebbe essere stata introdotta per difendere Windows da una delle forme di attacco più frequenti: l'alterazione del file hosts da parte dei virus, in modo da bloccare l'accesso ai siti di aggiornamento degli antivirus e di Windows. Ma se così fosse, come mai non è documentata? E soprattutto, perché ne dovrebbe beneficiare Windows Media Player, che con la sicurezza c'entra ben poco?

Questa possibile giustificazione pone inoltre un problema più serio: ora che anche Microsoft offre soluzioni antivirus, questo meccanismo fa sì che in caso di alterazione di hosts da parte di un virus, gli antivirus non-Microsoft cessano di essere aggiornabili (i loro siti diventano irraggiungibili), mentre quelli Microsoft continuano magicamente ad esserlo. Questo apre la porta alla concorrenza sleale.

Difendersi da questo comportamento discutibile di Windows è possibile: basta usare un firewall, preferibilmente hardware o comunque esterno a Windows, e bloccare questi siti. Ma sorprese come queste non contribuiscono a ingenerare fiducia e rendono frustrante lavorare con Windows.

Il videoregistratore compie 50 anni

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Cade proprio in questo giorni il cinquantenario della videoregistrazione: il 14 aprile 1956 fu infatti presentato a Chicago il primo videoregistratore affidabile. Come racconta TVTechnology.com, la presentazione ebbe luogo a sorpresa in una riunione dei responsabili e dei proprietari delle stazioni della rete statunitense CBS.

L'oratore era ripreso dalle telecamere, e c'erano vari monitor sparsi per la sala. Finì il discorso ma non lasciò il podio, standosene in silenzio. I monitor si oscurarono un istante, e poi iniziarono a mostrare l'oratore che stava ancora facendo il proprio discorso.

Questo era un effetto assolutamente impossibile per l'epoca. L'unico modo per registrare una trasmissione televisiva, a quei tempi, era estremamente rozzo: una cinepresa piazzata davanti a un monitor filmava su pellicola le immagini, che poi dovevano essere sviluppate prima di poter essere proiettate (mi rendo conto che le nuove generazioni digitali, come per esempio le mie figlie di otto anni, non sapranno mai cosa significa sviluppare una pellicola). La qualità era scadente, mentre la videoregistrazione mostrata quel giorno era identica all'originale.

Si aprì un sipario e fu rivelata la macchina, producendo l'entusiasmo incontenibile dei presenti. La gente cominciò a salire in piedi sulle poltrone pur di vedere l'oggetto incredibile: il prototipo Ampex Mark IV, successivamente ribattezzato VRX-1000. Prezzo al pubblico (o meglio, ai network che se lo potevano permettere): 45.000 dollari dell'epoca, ossia circa 320.000 dollari attuali (265.000 euro).

Nonostante la ricerca di mercato avesse indicato che al mondo c'era richiesta per non più di una dozzina di queste macchine, nel giro di una settimana ne furono ordinate più di settanta. I network statunitensi erano disposti a spendere queste cifre notevolissime perché permettevano di evitare la costosa tecnica usata fino a quel momento per poter mandare in onda lo stesso telegiornale alla stessa ora nei fusi orari differenti del continente americano: ripetere in diretta il programma. La prima a usare il videoregistratore fu la CBS, a novembre del 1956.

Videoregistrare, oggi, ci sembra una cosa banale, una semplice estensione della registrazione audio su nastro, ma non lo è affatto. In un video, la quantità di informazioni da registrare è molto superiore a quella di un segnale audio. L'unico modo per aumentare la quantità d'informazioni era aumentare la velocità di scorrimento del nastro. Ci provò, per esempio, la BBC, con la macchina denominata VERA (foto), che faceva viaggiare il nastro a quasi cinque metri al secondo. Una bobina durava quindici minuti, e la dotazione standard degli accessori includeva guanti pesanti di cuoio per affrontare le frequenti rotture delle bobine.

La soluzione venne da un'invenzione italiana: un brevetto datato 1938 che concepiva la testina rotante. In pratica, invece di far scorrere a folle velocità il nastro davanti a una testina fissa (come nei registratori audio a cassette), si poteva far muovere velocemente la testina intanto che il nastro le scorreva davanti. La combinazione di questi due movimenti produceva una traccia di registrazione non lineare e parallela alla lunghezza del nastro, ma elicoidale.

Fra gli inventori della Ampex che realizzarono il videoregistratore a testina rotante spicca un nome che passerà alla storia: quello di uno studente d'ingegneria, di nome Ray Dolby. Sì, quello del Dolby System.

Il videoregistratore mostrato a Chicago usava una testina rotante quadrupla e trascinava il nastro a 38 centimetri al secondo, velocità tutto sommato ragionevole, e offriva 90 minuti di registrazione. Certo, rispetto ai mini-videoregistratori tascabili di oggi, fa quasi ridere pensare che la macchina Ampex pesava cinquecento chili e non ci passava da una porta normale. Oltretutto consumava una quantità spropositata di corrente (era a valvole) e richiedeva aria compressa e un sistema di aspirazione, oltre a una squadra di tecnici per farla funzionare. Un'ora di nastro costava centinaia di euro e la testina andava buttata dopo qualche centinaio di ore.

Per complicare ulteriormente le cose, i nastri erano leggibili soltanto sulla macchina che li aveva registrati, perché le testine erano una diversa dall'altra. Così bisognava spedire non soltanto la bobina, ma anche la testina con la quale era stata registrata. Ma nonostante queste limitazioni, fu un successo clamoroso, che fece diventare la parola Ampex sinonimo di registrazione video fra gli addetti ai lavori.

Oggi si è passati quasi completamente al disco rigido e ai DVD, e una registrazione video istantanea non stupisce più nessuno; anzi, magari tedia chi subisce l'ennesimo filmino delle vacanze degli amici. Ma l'arrivo della videoregistrazione ha consentito di immortalare infiniti eventi, tragici e felici, che hanno fatto la storia. Il modo di tramandare gli eventi ai posteri è cambiato per sempre quel giorno di cinquant'anni fa.

Se n'è fatta davvero tanta, di strada, da quei tempi in cui la macchina da mezza tonnellata ronzava per il rumore della testina massiccia che ruotava su se stessa a oltre quattordicimila giri al minuto e incideva letteralmente il rivestimento del nastro, producendo un caratteristico odore. Ricordiamoci, allora, di quanta fatica, quanta ricerca e quanto progresso si nasconde dietro la delicata pressione con la quale oggi possiamo pigiare pigramente il tasto REC.

2006/04/14

Dettagli su volo UA93 e Pentagono emergono al processo Moussaoui

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Scrivo qui alcuni rapidi appunti sulle ultime notizie riguardanti la ricostruzione degli attentati dell'11 settembre. Per coloro che affermano che le "scatole nere" degli aerei dell'11 settembre sarebbero misteriosamente irreperibili, va notato che perlomeno i due registratori di volo (voce e dati) del volo United Airlines 93, quello caduto vicino a Shanksville, in Pennsylvania, sono stati recuperati e sono sopravvissuti all'impatto.

Le "scatole nere" degli altri voli sono, secondo la versione ufficiale, recuperate ma inservibili (quelle al Pentagono) e non sono mai state trovate (quelle al World Trade Center; in quest'ultimo caso c'è una testimonianza contraria non confermata).

Le foto dei registratori di volo dell'UA93, insieme ad altre dei resti del volo, sono sul sito della BBC. La trascrizione in inglese della registrazione audio, dalle 9:31 alle 10:03 (momento dell'impatto al suolo), è qui e anche qui. La trascrizione contiene anche un dialogo che indica una certa incompetenza da parte dei dirottatori ("Questa manopola verde?" "Sì, quella").

Durante il processo attualmente in corso contro Zacarias Moussaoui, accusato di complicità in quanto al corrente dei piani per l'11 settembre, i parenti delle vittime si sono opposti alla divulgazione dell'audio del registratore di volo UA93. Chi era in aula può descrivere quello che ha sentito e chiarire la trascrizione, che non distingue tra le varie voci. Uno dei presenti in aula, Hamilton Petersen, che ha perso padre e matrigna sul volo 93, descrive così alcuni momenti della registrazione in un video dalla BBC (la traduzione è opera mia):

Ho udito almeno due persone, in quelli che sono probabilmente gli ultimi loro istanti, supplicare per la propria vita e rendersi conto che stavano per morire. Più avanti, nel nastro, si ode una persona di lingua straniera che viene attaccata o uccisa dal passeggero [sic] e dall'equipaggio, presumo stesse facendo la guardia dall'esterno alla porta della cabina di pilotaggio. Un'altra cosa risultata chiara, perché l'abbiamo udita in cuffia, era che almeno due terroristi nella cabina di pilotaggio credevano stupidamente ed erroneamente che mostrando l'accetta antincendio alle persone all'interno, "tutte quelle persone" - cito - "che stavano caricando la cabina dall'esterno sarebbero state intimidite".

Al processo Moussaoui, le informazioni delle due "scatole nere" del Volo 93 sono state correlate fra loro, sincronizzando i dati di volo con l'audio, come racconta la BBC: "L'aereo si è impennato e ha picchiato e oscillato furiosamente prima di schiantarsi". Non vi è nessuna indicazione di abbattimento o di altri eventi teorizzati dalle ipotesi di complotto.

Ovviamente i sostenitori del complotto argomenteranno che anche questi dati sono frutto di sofisticatissima manipolazione da parte dei mandanti (solitamente identificati con il governo USA o la CIA). Tuttavia viene da chiedersi come sia possibile ordire una serie di manipolazioni così perfette e coerenti, quando lo stesso smisurato talento non è stato usato, per esempio, per "creare" armi di distruzione di massa in Iraq.

Al processo è inoltre emerso (o meglio, si è avuta la conferma) che vi sono numerose foto dell'attacco al Pentagono che non sono state pubblicate e che, per rispetto alle vittime, probabilmente non lo saranno mai [ma c'è un aggiornamento qui sotto]. Le immagini sono state però presentate al processo (nel quale sono proibite le telecamere ma sono ammessi i giornalisti) e mostrano "corpi carbonizzati... frammenti di corpi; una [mostra] un cadavere arso, su un telo di plastica; un'altra [mostra] un tronco umano coperto di cenere bianca".

Per i sostenitori della tesi della demolizione controllata del World Trade Center, secondo i quali vi sarebbero state cariche esplosive piazzate ad ogni piano del WTC, la BBC pubblica anche una foto che mostra con estrema chiarezza quanto sia stato in realtà tutt'altro che verticale la caduta della torre sud. Si vede l'intero blocco superiore pendere e slittare lateralmente di oltre la metà della larghezza dell'edificio e ruotare su se stesso.

Su un punto, invece, vi sarebbe stata manipolazione dei fatti: dopo il crollo del World Trade Center, l'aria fu dichiarata sicura e respirabile quando non lo era. Le torri contenevano metalli pesanti, amianto e altri materiali molto tossici, che si sono diffusi nell'enorme nube conseguente al crollo.

Le persone con problemi di salute permanenti derivanti dall'esposizione a questi materiali sarebbero almeno 15000, secondo la BBC. James Zadroga, uno dei soccorritori di Ground Zero, è morto a gennaio 2006: il coroner ha diagnosticato che la malattia respiratoria di Zadroga era "direttamente connessa" agli eventi dell'11 settembre. E' il primo referto di questo genere.


Aggiornamento (2006/06/06)


Parte dei reperti fotografici più impressionanti è stata resa pubblica al termine del processo Moussaoui ed è disponibile qui. Attenzione: alcune foto mostrano corpi umani carbonizzati e sfracellati.

2006/04/10

Con Dnafriends avrai cuccioli eterni. Di bufala, o di pesce?

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Il caso Bonsaikitten ha già dimostrato ampiamente che il senso critico di molti va a farsi benedire quando c'è di mezzo Internet. Forse un giorno gli psicologi spiegheranno perché una storia contenente palesi elementi di assurdità viene tranquillamente accettata come autentica quando viene pubblicata su Internet da un sito qualsiasi (non da un sito autorevole) ed è accompagnata da qualche fotografia ingannevole.

Nel frattempo, io faccio quello che posso indagando sulle storie che girano in Rete e avvisando, ove possibile, di quelle fasulle. Oggi tocca a Dnafriends.com.

Ebbene sì: c'è chi mi ha scritto chiedendo se fosse vera l'offerta di questo sito, che rappresenta una società che offre animali geneticamente modificati che restano cuccioli:

Corri a vedere i Nostri esclusivi "Cuccioli per sempre". Lo sanno tutti, cani e gatti sono carini nei primi mesi di vita, ma invecchiando diventano una palla al piede: perdono pelo, non giocano più, si considerano i padroni della casa. E alla fine muoiono, provocando nonostante tutto molta tristezza. I Nostri "Cuccioli per sempre" risolvono il problema: arrivati al primo mese non crescono più, mantenendo tutta la loro bellezza e innocenza per tre anni. E alla fine dei tre anni avrai l'opzione di "rinnovare" il tuo "Cucciolo per sempre" con un suo clone nuovo (o di cambiarlo con un modello diverso).

Lo stesso sito offre anche "mini elefanti" e "scimmie che fanno le pulizie, topi che giocano a scacchi, pappagalli psicologi e la celeberrima virus lamp!". E se non si fosse ancora capito che è una presa in giro, c'è anche l'ape gigante da guardia.

Nella remota ipotesi che neppure questi indizi abbiano suscitato dubbi sulla plausibilità dell'offerta, una rapida verifica con Whois per sapere a chi è intestato Dnafriends.com rivela questi dati:

domain: dnafriends.com
owner: Marco Molinari
email: marco.molinari+joker@gmail.com
address: via Bastia 6
address: APRIL FOOL!
city: Milan
...
created: 2006-03-31 08:01:59 UTC

"April fool" significa "pesce d'aprile" in inglese. E il dominio è stato registrato il 31 marzo. Complimenti, quindi, a Marco Molinari per la burla, che è riuscita forse fin troppo bene.

L’appello scaduto per Lucia Brandani continua a circolare. Fermatelo

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Ha ripreso a circolare l'appello per Lucia Brandani, la figlia malata di Daniele:

Il TAM TAM X una BAMBINA di 2 anni.

Gira questa mail per favore (SERIAMENTE) x una bimba gravissima
Ricevo dalla Collega Lia Bertolini e giro a tutti Voi.

Non si chiedono soldi solo di fare girare questa notizia nella speranza di contattare qualcuno che conosce il problema... Grazie
Mi chiamo Daniele Brandani e ho una figlia di 2 anni di età che si chiama Lucia. Nell' Ottobre del 2001 abbiamo scoperto che Lucia ha un cancro.

Si tratta più precisamente di un "endocarcinoma surrenalico secernente", una forma molto rara nei bambini. Purtroppo dopo 2 operazioni e la chemioterapia fatta (si tratta di un ciclo con Mitotane associato a Etoposide, Doxorubicin e Cisplatino) non abbiamo avuto il minimo risultato ed il tumore continua a crescere ad una velocità spaventosa.

Forse tu conosci qualcuno che potrebbe darci aiuto per affrontare questo tumore, forse tu conosci un amico che ha già avuto questa esperienza e se lo conosci digli di contattarmi al più presto, non ci rimangono che poche settimane!

Se non lo conosci tu lo potrebbero conoscere i tuoi amici. Per favore fai circolare questa lettera.

Grazie Daniele Brandani c/o Edizioni Bora S.n.c.
Via Jacopo di Paolo, 42 40128 Bologna Italy
cell: 348-711.25.95
Fax: 051-374.394
specificare per LUCIA BRANDANI

Anche se non sapete come aiutarlo inoltrate questa mail, non costa niente!
Stiamo parlando di una vita! Patrizia Buzzi Ansaldo Nucleare
Corso Perrone,25 16161 Genova - ITALY
Phone : ++39 10 655.8583 Fax : ++39 10 655.8063

L'appello è autentico: o meglio lo era quando fu lanciato da Daniele, a marzo del 2000. Ma Lucia è morta ad aprile del 2000. Ormai, quindi, non ha più senso e anzi rischia di acuire un dolore già difficile da sopportare. L'intera triste vicenda è raccontata da tempo nella mia indagine antibufala.

La versione attualmente in circolazione è stata ridatata da mani ignote, spostandone la collocazione temporale dall'ottobre 1999 all'ottobre 2001 e in alcuni casi all'aprile del 2005. Il motivo di una ridatazione di questo genere è ignoto.

La Patrizia Buzzi citata in fondo all'appello non è persona informata dei fatti: è semplicemente l'ennesima garante apparente che ha ricevuto l'appello e l'ha inoltrato apponendovi in calce i propri dati personali e aziendali.

Può sembrare incredibile che un appello apparentemente datato 2001 che parla di un'aspettativa di vita di "poche settimane" continui a circolare. Ma purtroppo chi inoltra le catene di sant'Antonio senza verificarle (basta immettere "Lucia Brandani" in Google) non si ferma a pensare ai dettagli e pigia pigramente "Inoltra a tutti", credendo così di scaricarsi di ogni responsabilità e magari di fare persino del bene.

Invece le responsabilità dell'inoltro sconsiderato ci sono, e chi ha questi comportamenti se le deve assumere. A maggior ragione se lo fa dal posto di lavoro, coinvolgendo nella sua sconsideratezza l'azienda presso la quale lavora.

A Daniele, come sempre, va tutta la mia solidarietà di padre.

Aggiornamento (2006/04/10). Uno dei garanti apparenti di quest'ultima ondata di diffusione dell'appello è Borsaviaggi.it. Stando a quanto segnalato da una lettrice (grazie sabina), Borsaviaggi.it giustifica in modo molto stravagante la presenza della sua firma in calce all'appello: "in merito alla vicenda possiamo solo segnalare che abbiamo ricevuto anche noi una serie infinita di queste mail ma purtroppo, e non ne capiamo le esatte dinamiche, è uno spamming causato da qualche hacker. Ci scusiamo moltissimo ma non è una mail voluta da noi."

2006/04/09

Evidence of “Palladium”/TPM chips in shipping Intel Macs

This article is made possible by the kind donations of "sa.cri" and "afusco3".
The article has been updated since its initial posting.
Una versione italiana di questo articolo è disponibile qui.



The Mac TPM DRM logo has
been kindly donated by
Hale and is freely usable.
I've been quiet, until now, on the subject of Macs with Intel processors. For those of you who know my poorly concealed passion for Macs, that might sound odd. But there's a good reason, and it's called Palladium.

Actually, it's called Trusted Computing. The term Palladium is a leftover from a Microsoft project announced in 2002 and then awkwardly renamed Next-Generation Secure Computing Base, but it has stuck despite being incorrect.

The basic idea of Trusted Computing is hardware-based security, provided by means of a dedicated chip known as Trusted Platform Module (TPM). This is a highly controversial project, as I wrote four years ago (in Italian). It's being peddled as a security system that provides advantages to users (which is partly true), but it also entails the risk of paving the way for virtually unbreakable copy protection systems and ultimately to unprecedented forms of censorship and surveillance. The Electronic Frontier Foundation's analysis is merciless, although IBM's opposite view is also worth reading.

The EFF also raises a purely technical issue which applies to any hardware-based security solution: if security is handled by a chip, you have to trust that the chip doesn't contain implementation errors or, worse still, undocumented backdoors. Moreover, if security is handled by a chip which is soldered to the motherboard or even integrated within the main processor, there's no way to remove it, even for very legitimate purposes, such as replacing it with a new release if it turns out to be flawed.

With software-managed security, instead, you can easily change the software whenever you want. You can update it if it's found to be broken. You can choose the implementation that you trust, rather than the one chosen by your computer manufacturer. Better still, if you use open source software to ensure your security, you can check (or ask trusted experts to check) that it works exactly as specified, without flaws and backdoors. Not so with security on a chip.

More importantly, as far as I've been able to determine so far (and IBM's rebuttal is too vague), a computer fitted with a TPM chip and a TPM-compliant operating system can refuse to obey the commands of its owner and run only the programs and the operating systems approved by the computer's manufacturer and/or the OS maker. Remember Dave Bowman and HAL in 2001 ("I'm sorry, Dave, I'm afraid I can't do that")? Exactly. This is nasty stuff.

Trusted Computing technology is already integrated in many PCs, although up to now no operating system uses it for questionable (i.e., user-as-enemy) purposes. So far, it's been used mostly to encrypt user data. Even Windows Vista won't implement Trusted Computing fully. TC support is available (as an option) in Linux.

What's all this got to do with Macs? Well, while the presence of TPM chips on non-Apple machines is well-known and documented, it seems nobody wants to admit that the Intel Macs currently on sale (not the developer kits; the standard shipping Macs) also have a TPM chip. I have reliable evidence that an Infineon TPM chip is indeed present in at least some shipping Intel Macs. Moreover, Mac OS X for Intel is the first mainstream OS to use Trusted Computing to enforce OS copyright and licensing.

I contacted Apple Italy asking to confirm this: they said they'd get back to me. I'm still waiting. My original article, in Italian, was published on March 30, 2006.

Sorry, folks, I'm a Mac enthusiast, but I'm not buying a Mac (hell, I'm not buying a toaster) if it's got a snooping security chip over which I'm allowed no control. And it seems I'm not alone, although I won't have to worry about removing tattoos. This abomination goes against the very concept of "personal computer". My computer is mine, dammit: it's not a playground I want to share with uncle Bill, the limousinati from Hollywood and the moguls of the music industry.

Rant over. Now let me explain.

The issue of TPM chips in Macs began with Apple's developer kits. When Apple announced its migration from PowerPC to Intel processors, it provided developers with a kit which included an Intel PC and Mac OS X compiled for Intel, long before Intel Macs were available in shops. These PCs unquestionably had a TPM chip, as shown for example by photos of the motherboard at OSX86Project.org. The chip was an Infineon like this one. The purpose of the TPM chip in these developer systems was to prevent ordinary, non-Apple PCs from running Mac OS X. The chip worked essentially like a built-in dongle.

That hardware-enforced DRM soon failed, but never mind: it was in a developer box. The real question, for me as a Mac buyer, was whether standard, non-developer Intel Macs also included a TPM chip. So I Googled high and low and surprisingly found that everybody was quite mum about the issue. There was lots of talk about TPM in developer kits, but once the production Macs were out, everyone cheered that they were so cool and they dual-booted Windows, but the TPM chip issue was essentially swept under the carpet. Mac fans (including me) don't like to hear bad news about their fetish.

All I found was an an Italian article claiming that the presence of the chip (also known as Fritz Chip) on shipping Macs was "extensively documented by developer sites and by the tech specs of some Apple distributors". But I was unable to find any of this "extensive documentation".

I did find several sites that dissected MacBook Pros, Intel Mac Minis and Core Duo iMacs, but there was no mention of the TPM chip. Apple's site doesn't mention TPM chips at all. I e-mailed Apple Italy, but got no answers after the initial "I'll get back to you on that".

There's no doubt that Mac OS X for Intels checks whether a TPM chip is present. Based on the evidence available up to now, this is done solely to make it harder to run Mac OS X on non-Apple computers.

That's a perfectly understandable reason, but the bigger picture is that once this chip is soldered inside the computer you're buying, there's really nothing to stop Apple from using it for other purposes in the future. Since Apple has substantial interests in the music market (iTunes, iPods), it might be tempted to use this chip as a key for essentially unbreakable DRM, with all the unpleasant consequences of copyright being enforced not according to the law applicable in your country, but according to the RIAA/MPAA's whims. Even for legitimate buyers of content. Think Pentium III unique IDs. Think Sony rootkits.

I found an article from Heise.de (in German) which seemed to confirm that the TPM chip was indeed present on shipping Intel Macs. Also, a photo from Kodawarisan seemed to show an Infineon chip:

kodawarisan_imac_tpm_on_right.jpg

Heise.de's article (translated thanks to r.pulito) has these interesting quotes:

The Japanese page Kodawarisan shows pictures of an iMac with Dual Core processor. According to these photos, this Apple computer still contains an Infineon TPM. The markings of the 28-pin IC next to the Intel South Bridge... are hard to read, but the Infineon logo is clearly recognizable...

...It's quite suprising that Apple makes no mention, in the iMac specs available so far, of the existence of this component... It is unclear whether the TPM is active by default and cannot be deactivated, as in the developer kits...

...It is also unclear how this component is intended to work. Up to now, it provided a sort of hardware dongle to prevent installation of Mac OS X on non-TPM motherboards. The fact that TPM can be used to support for imposing by default a DRM system is explicitly mentioned in the Trusted Computing Group FAQs.

The day after I published my first post on this issue in Italian, a technical source who prefers to remain anonymous sent me some high-resolution photographs of the motherboard of a shipping, non-developer-kit single-processor Intel iMac. The photos show an Infineon chip with the following code: SLB9635TT12 - G546K1V - 00ZA544257. The first row of the code matches the TPM chip on developer Macs. The full set of photos, with a wider field of view, is in my Flickr album.

tpm chip closeup.png

So yes, there is a TPM chip in at least some shipping Macs as well, not just in the developer kits. Mac users are now faced with some unpleasant choices, unless Apple changes its strategy and finds a less controversial way to restrict use of its excellent operating system.

In my opinion, using a non-removable security chip is evidence that Apple and the many other TPM-embracing manufacturers plan to secure the computer against the user. With a soldered chip, content (the OS today, movies and music tomorrow) is tied to the computer, not to the user. This makes it hell to migrate DRM-locked stuff from one computer to another. What happens if/when the computer fails?

A much more user-friendly and user-trustable approach would be to implement a removable chip or smart card. A mobile phone's SIM card comes to mind: it's standard, extremely compact, cheap, carries a unique ID tied to a well-established authentication infrastructure, and it's designed to be transferred easily from one device to another. If your beloved MacBook Pro broke, you'd simply remove the SIM and plug it into another Mac, restore all your stuff, and you'd be all set, just like you are now when your mobile phone kicks the bucket. Try doing that with a chip soldered to the motherboard. Not socketed. Soldered.

Am I worrying too much? Maybe. Or maybe I'm recognizing an eerily familiar pattern. Previous incidents have shown the music/movie industry's willingness to disregard user rights, and even user security. A TPM chip gradually making its way into all PCs (not just Macs) is an excellent opportunity for further abuse. And opportunities of this kind are seldom wasted.


Update (2006/05/18)


A Slashdot discussion links to a Trustedcomputing.org document describing the Infineon chip shown above. It most definitely is a TPM chip, which "provides computer manufacturers with a proven secure operating system inside the TPM... automatically checks system integrity, and can authenticate the platform to third parties if authorized by the primary user". It is easy to imagine scenarios in which the "primary user", aka you and me, will have no choice but authorize such authentication. Your papers, please.

The same discussion notes that booting a recent Linux kernel on an Intel Mac will detect the TPM chip.


Update (2006/12/03)


According to this article by Amit Singh, newly shipped Macs are no longer reporting the presence of a TPM chip. More specifically, says Singh, Mac OS X gives an empty reply to the command ioreg | grep TPM on recently shipped Macs; Singh does not specify whether he's actually disassembled an Intel Mac to see if the TPM chip is physically there or not.

An informal poll among my readers (in Italian) seems to confirm that this behavior occurs on at least some Intel Macs, although some readers are reporting that their newly purchased Macs are still reporting the presence of the TPM chip. Mysteriouser and mysteriouser. The removal of Trusted Computing from Macs would be excellent news for consumers, so I'm rather cautious about accepting it as true.

Moreover, if the TPM chip was added to Intel Macs to prevent OS X from running on non-Apple machines and the chip is now no longer present, does this mean that OS X no longer requires a TPM chip to run? That would be a remarkable development. It would also mean that some versions of OS X for Intel don't check for TPM and some do.

As usual, Apple is silent on this issue.
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