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Il Disinformatico: gennaio 2013

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2013/01/31

Cena astronautica stasera a Cittadella (PD)

Questa sera (31 gennaio) alle 20 sarò ospite dell'associazione Nordest Digitale all'hotel Filanda di Cittadella per una cena astronautica nella quale si chiacchiererà, tra appassionati e curiosi, di tutti i temi legati allo spazio e alla sua esplorazione e delle ricadute tecnologiche derivanti dalla sfida di questa frontiera.

Il programma della serata è disponibile qui: porterò con me delle copie del mio libro “Luna?”, qualche DVD chiavetta USB del documentario Moonscape e un po' di foto e filmati con chicche poco conosciute e molto umane delle missioni spaziali passate e future. Sarà anche l'occasione per raccontare il mio recente incontro in Florida con gli astronauti che sono andati sulla Luna e l'emozione di trovarsi dentro i luoghi solitamente inaccessibili del Kennedy Space Center, dove c'era anche lo Shuttle Atlantis.

Per esempio, insieme ai miei compagni di viaggio sono stato nel Launch Control Center, l'edificio dal quale sono stati gestiti i decolli dei giganteschi razzi lunari e gli Shuttle: normalmente non si può entrare, perché sono in corso le missioni e le prove tecniche, ma questo è un periodo di pausa e quindi abbiamo avuto un'occasione quasi unica. Se vi interessa ripetere l'esperienza a novembre, fatemelo sapere.

Su una parete di un atrio ci sono gli stemmi di tutte le missioni. Tutti riportano una data di decollo: ad alcuni manca la data di rientro perché gli equipaggi sono periti (nei disastri dell'Apollo 1 e degli Shuttle Challenger e Columbia). I dipendenti della NASA che passano davanti a questi stemmi si fermano spesso a toccare quegli emblemi monchi in un saluto silenzioso, tanto che hanno consumato la tappezzeria della parete. Ho avuto l'onore – raro per un non addetto ai lavori – di poter rendere anch'io il mio piccolo tributo al coraggio e all'ingegno degli uomini e delle donne che hanno sacrificato tutto per aprire la strada dell'esplorazione. Ed è stato strano sentire che in mezzo a tutti quei macchinari enormi quel piccolo segno logoro sul muro fosse così carico di emozione.

2013/01/30

Per cominciare bene la giornata: sorge la Luna


L'altroieri Mark Gee ha ripreso questo video della Luna che sorge al Mount Victoria Lookout di Wellington, in Nuova Zelanda. Si è piazzato a circa due chilometri dalle persone e le ha riprese stagliate contro il disco della Luna piena usando un obiettivo con una lunghezza focale equivalente di 1300 mm. E poi l'ha condiviso. Non ci sono trucchi o effetti speciali e la ripresa non è accelerata: è in tempo reale. Meraviglioso.

2013/01/28

Euronews e la geografia europea

Euronews non solo inizia un titolo con un due punti, ma annuncia l'esito delle elezioni cecoslovacche del 2013.

Peccato che la Cecoslovacchia non esista più. Dal 1993.

Grazie ad Alberto per la segnalazione.

Aggiornamento (13:50): Euronews ha rimosso l'articolo pochi minuti dopo la pubblicazione di questo mio articoletto. Causa ed effetto? :-) Cosa più importante, Euronews ha preferito rimuovere e creare un altro articolo (contenente gli stessi refusi dell'originale) invece di ammettere l'errore e rettificarlo pubblicamente in modo trasparente. Poteva trasformare un incidente in una dimostrazione di serietà, ma ha preferito non farlo. Anche questa è una lezione di giornalismo. In negativo, ma pur sempre una lezione.

2013/01/26

Falso lo sbarco sulla Luna? Forza, complottisti, diteglielo in faccia



Buzz Aldrin on WhoSay

Questo è Buzz Aldrin, membro del primo equipaggio a sbarcare sulla Luna, fotografato in Alaska ieri mentre era ospite dell'ANSEP.

I complottisti un po' mi fanno pena. Sempre pronti ad attaccar briga via Internet, ma quando si tratta di fare accuse dirette se la fanno sotto. Eppure per loro, specialmente quelli che abitano in America (sto guardando te, Massimo Mazzucco), sarebbe così facile affrontare i loro antagonisti. La sicurezza intorno agli astronauti è minima. A novembre sono stato negli Stati Uniti per un raduno di astronautica (ampiamente pubblicizzato) e Aldrin girava per l'albergo senza scorta, così come gli altri astronauti lunari, da Ed Mitchell a Fred Haise a Richard Gordon a Gene Cernan. Avvicinarli e rinfacciar loro tutte le accuse che vengono rigurgitate online con così tanta disinvoltura sarebbe stato facilissimo. Ma di lunacomplottisti manco l'ombra.

Che strano.

2013/01/25

Podcast del Disinformatico radio di oggi

Potete scaricare da qui il podcast della puntata odierna del Disinformatico che ho condotto stamattina per la Rete Tre della RSI. Per quanto riguarda i social network, ho parlato della catena di Sant'Antonio “sono io a chiedere un favore” su Facebook, delle ricerche imbarazzanti e pericolose possibili con Facebook Graph Search e di come si può (se siete fortunati) scaricare l'archivio completo dei propri tweet

Ho anche raccontato un po' di appunti su Mega, il successore di Megaupload, e lo strano caso del signor Dobson, a casa del quale si radunerebbero, secondo i sistemi di localizzazione, tutti i cellulari smarriti o rubati a Las Vegas: un episodio di falsa precisione (che è la parola di Internet della settimana).

Le parole di Internet: falsa precisione

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 25/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

falsa precisione. Indicazione di un dato numerico che suggerisce una precisione superiore a quella effettiva. Un caso tipico è l'altimetro nella cabina passeggeri di alcuni voli di linea, che spesso salta di colpo da un valore molto preciso a un altro altrettanto preciso (per esempio da 9144 metri a 8839), dando l'illusione di una sensibilità straordinaria e di una manovra brusca in realtà inesistente.

L'errore sta nel fatto che l'altimetro rileva la quota esprimendola in piedi e arrotondandola ai mille piedi più vicini. Questo valore arrotondato (nell'esempio, rispettivamente 30.000 e 29.000 piedi) viene poi convertito in metri, producendo un numero la cui precisione è frutto esclusivo della conversione ed è ingannevole.

La conversione da un sistema di misura a un altro crea facilmente decimali che possono dare un'impressione errata di precisione. Se leggete che una casa dista da un'altra 1609 metri, probabilmente si tratta semplicemente della traduzione maldestra della distanza stimata informalmente a un miglio; se sentite che si stima che un ricercato pesi 77 chili, la sorprendente precisione del dato è presumibilmente frutto della conversione della stima anglosassone di 170 libbre (che magari ha un margine d'errore di 10 unità).

La falsa precisione si manifesta spesso anche in informatica: se provate a chiedere a Google o Wikipedia dove si trova il Lago di Lugano, otterrete coordinate geografiche precisissime, come per esempio 45.983333 nord,8.966667 est. Ma si tratta di un'indicazione priva di senso, perché un lago ovviamente non si trova in un singolo punto e quindi coordinate così precise sono ingannevoli, specialmente se su di esse si costruiscono dei calcoli di distanza.

Il problema della falsa precisione è che porta spesso a una falsa autorevolezza: senza un'indicazione del margine d'errore, i dati sembrano molto più esatti di quello che sono realmente e possono portare a conclusioni errate. Per esempio, un sondaggio può indicare che un candidato ha il 44% delle preferenze e l'altro il 41%. Il primo sembra quindi chiaramente in testa: ma se il margine d'errore è il 3% in più o in meno, la situazione reale potrebbe benissimo essere invertita.


Fonti: Fallacyfiles, Hypertextbook, Naked Security.

A Las Vegas i cellulari rubati si trovano tutti nella stessa casa

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 25/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Wayne Dobson vive a Las Vegas. Ma ci vive male, perché la gente lo accusa in continuazione di rubare telefonini. Da due anni, di giorno e di notte, persone furibonde (e a volte anche la polizia) bussano alla sua porta di casa reclamando di riavere il proprio smartphone. Sanno che ce l'ha il signor Dobson perché il sistema di tracciamento dei telefoni smarriti o rubati indica, con precisione millimetrica, le coordinate geografiche di casa sua.

Quando il pensionato cinquantanovenne risponde che lui non ha il cellulare di nessuno, non viene creduto: l'ha detto il computer, deve essere vero. E per lui non è facile dimostrare di non avere il telefonino in questione. A dicembre scorso è stato svegliato alle due e mezza del mattino da quattro uomini che reclamavano la restituzione di un telefonino: uno di loro aveva in mano un tablet che indicava la localizzazione del cellulare puntando sulla casa del pensionato. La cosa è diventata così grave che Dobson ha dovuto mettere un cartello davanti a casa che dice “NO LOST CELL PHONES”: qui non ci sono telefonini smarriti. E prosegue: “This location gives a false 'phone locator' position due to a cell tower behind this home. Please contact the North Las Vegas Police and file a report.”

Il problema che affligge il signor Dobson, infatti, è la falsa precisione dei sistemi di tracciamento. In realtà questi sistemi permettono di sapere dove si trova un telefonino con una certa approssimazione, in un raggio che varia da 50 a 300 metri, ma i software che gestiscono la localizzazione degli apparecchi smarriti o rubati indicano erroneamente, e con un'autorevolezza che in realtà non hanno, un punto preciso all'interno dell'area di approssimazione: in questo caso, il punto esatto nel quale si trova un’antenna della rete cellulare, che sta appena dietro la casa dello sfortunato signor Dobson.

Fonti: ABC News, Naked Security, The Verge.

Debutta Mega, successore di Megaupload

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 25/1/2013 sul sito della Rete Tre Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Esattamente un anno dopo la chiusura del popolarissimo sito di scambio di file Megaupload a seguito dell'intervento delle autorità statunitensi, il 19 gennaio ha fatto il proprio debutto il suo successore, denominato semplicemente Mega (mega.co.nz).

Il fondatore di Mega è lo stesso di Megaupload: Kim Dotcom, alias Kim Schmitz, controverso milionario accusato di evasione fiscale e violazione del diritto d'autore, attualmente agli arresti domiciliari nella sua mega-villa in Nuova Zelanda.

Il concetto di Mega è simile a quello di Dropbox, Google Drive o Microsoft Skydrive: un deposito personale di file, accessibile via Internet e condivisibile con altri utenti. Uno strumento utilissimo per le collaborazioni online, ma anche per lo scambio spesso illegale di film, telefilm e musica vincolati dal diritto d'autore. Ma Mega è diverso dagli altri perché tutto quello che vi viene caricato è automaticamente cifrato (protetto da password) sul computer dell'utente prima di inviarlo; cosa più importante, Mega non ha le chiavi di decifrazione. Infatti Mega, a differenza degli altri servizi, non offre all'utente la possibilità di recuperare la propria password. Se l'utente la perde o se la dimentica, i suoi dati sono sostanzialmente irrecuperabili.

In questo modo Mega non può conoscere il contenuto o la legalità dei file caricati dagli utenti e quindi non può essere considerato corresponsabile di eventuali violazioni delle leggi; Mega sarebbe quindi neutrale e impossibilitato per natura a sorvegliare i propri utenti. In caso di indagini da parte delle autorità, potrebbe fornire agli inquirenti soltanto copie pesantemente cifrate dei file dei propri clienti, che sarebbero praticamente inutili ai fini delle indagini (persino i nomi dei singoli file sono cifrati).

Al tempo stesso, chi vuole condividere file tramite Mega può distribuire dei link che contengono già la password di decifrazione e quindi sono apribili da chiunque oppure dei link che permettono di scaricare i dati e poi decifrarli soltanto se si ha una password specifica per ogni file, comunicata separatamente solo agli utenti fidati. Questa seconda modalità è quella particolarmente controversa, perché rende molto facile lo scambio estremamente privato di file di qualunque tipo, dai documenti dei dissidenti politici ai film commerciali alla pedopornografia, e complica enormemente il lavoro degli inquirenti e dei titolari di copyright.

Ma quanto è sicuro Mega? Ancora non si sa. Di certo se gli inquirenti riescono ad ottenere la password dell'utente possono esaminare tutto quello che ha caricato su Mega. Inoltre sembra che Mega usi una tecnica chiamata deduplicazione per risparmiare spazio sui propri server: semplificando, se due utenti caricano lo stesso file (o frammento di file), Mega ne scrive una sola copia e la rende disponibile a entrambi gli utenti. Ma questo vuol dire che se un utente viene colto a violare il copyright o a commettere altri reati tramite un file caricato su Mega, Mega sa quali altri utenti hanno lo stesso file e quindi stanno partecipando al reato e ne conosce le identità, per cui può rivelarle alle autorità.

Il giro di denaro potenziale intorno a Mega è ingente: con il predecessore Megaupload, Kim Dotcom aveva incassato oltre 110 milioni di dollari e guadagnato 42 milioni nel 2010. Qualunque cosa sia Mega, non è certo un ente di beneficenza.

Come scaricare tutti i propri tweet

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 25/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Se siete appassionati utenti di Twitter e volete custodire una copia di tutte le perle di saggezza che avete dispensato, Twitter sta attivando l'opzione di scaricare l'archivio completo dei propri tweet. La funzione non è pensata solo per i feticisti del collezionismo; può essere utile per indagini e liti legali, consentendo di dimostrare cosa è stato realmente scritto e quando.

L'attivazione è graduale ed è partita lentamente a metà dicembre scorso, ma c'è un modo per tentare di anticiparne la disponibilità: accedere alle impostazioni del proprio account e attivare temporaneamente la lingua inglese.

Se siete fortunati, dopo che avete impostato questa lingua comparirà in basso, nella medesima pagina delle impostazioni, una nuova sezione, intitolata Your Twitter Archive. Cliccando sul pulsante Request your archive riceverete un messaggio di conferma che dice “A link will be emailed to you...”. In altre parole, riceverete una mail quando sarà pronto il file da scaricare. Se compare un messaggio che dice che la richiesta è fallita per eccesso di traffico, ritentate più tardi.

La mail, quando arriva, contiene un link a un file compresso (in formato ZIP): scaricatelo e apritelo, poi aprite il file index.html contenuto nel file: comparirà sullo schermo un archivio sfogliabile, con tanto di statistiche annuali e modalità di ricerca, di tutti i tweet (retweet compresi) che avete inviato da quando avete attivato l'account su Twitter.

Primo impatto con il motore di ricerca di Facebook

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 25/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Facebook Graph Search, il motore di ricerca interno di Facebook, fa discutere: un po' perché per ora è disponibile soltanto a una ristretta cerchia di eletti, ma soprattutto perché chi lo sta provando in anteprima sta pubblicando risultati che potrebbero togliere il sonno a molti utenti.

Una di queste anteprime è Actual Facebook Graph Searches, che propone alcune ricerche fra il surreale e il voyeuristico: cercando “attuali datori di lavoro di persone alle quali piace il razzismo” emergono l'aviazione militare degli Stati Uniti, McDonald's e la catena di grandi magazzini statunitense Target.

La religione e la politica offrono spunti particolarmente controversi: Facebook trova i profili di “madri di cattolici italiani ai quali piace la Durex”, di “familiari di persone che abitano in Cina alle quali piace Falun Gong” (vietatissimo movimento politico locale) e di “uomini islamici interessati ad altri uomini che abitano a Teheran, Iran” (con tanto di affinamento “Luoghi nei quali hanno lavorato”).

Meno drammatica, ma comunque illuminante per quanto riguarda le potenzialità di stalking di Facebook Graph Search, è la ricerca di “donne single che vivono nelle vicinanze, sono interessate agli uomini e amano ubriacarsi”.

L'autore della compilation di ricerche, Tom Scott, spiega che non vuole umiliare nessuno (infatti i suoi risultati sono censurati per non rivelare le identità degli utenti coinvolti) ma semmai sensibilizzare al fatto che cliccare su “Mi piace” in certe categorie, sia pure per scherzo, può creare agli occhi di Facebook un'immagine di noi ben diversa da quella che vorremmo proiettare.

Gli utenti che fanno queste cose, aggiunge Scott, non sono stupidi: semplicemente non hanno le competenze tecniche necessarie per mettersi al sicuro. E il pericolo principale, a suo avviso, non deriva dagli sconosciuti che fanno ricerche con Facebook Graph Search, ma dai conoscenti, tanto che propone un test: se quello che avete pubblicato su Facebook potrebbe essere usato da un ex partner amareggiato e vendicativo per rovinarvi la vita, è il caso di cancellarlo. E in fretta.

Antibufala: la catena “sono io a chiedere un favore” su Facebook

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 25/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

“A tutti i miei contatti Facebook, ora sono io a chiedere un favore…”: comincia così un appello che si sta diffondendo rapidissimamente su Facebook e mette in guardia contro una presunta novità delle impostazioni di questo social network.

Secondo l'appello, “su FB ora si sentono e leggono cose su persone che non hai tra i tuoi contatti. Solo perché un contatto dei nostri mette un commento o mette un “mi piace”, amici di amici lo vedono”.

Non fidatevi e non diffondetelo: come spiega bene il Gruppo Antibufale, è un appello inutile, perché Facebook non funziona così. Tutti i dettagli sono a vostra disposizione qui su Catepol.net.

2013/01/24

Robot esplora Marte da nove anni. No, non è Curiosity

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “djjeck” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Ultimamente le notizie dallo spazio sono davvero frequentissime. Oggi Opportunity, il piccolo robot teleguidato o rover della NASA, ha completato nove anni di esplorazione di Marte come apripista per il fratello minore (ma più massiccio) Curiosity.

Opportunity è infatti atterrato sul pianeta il 24 gennaio 2004, con una vita operativa prevista di soli tre mesi, ma ha superato questo limite di ben trentasei volte, percorrendo in totale circa 35 chilometri sulle proprie sei ruote, una delle quali è ora parzialmente guasta, costringendolo a spostarsi principalmente in retromarcia. Anche il suo braccio robotico, dopo nove anni di intemperie marziane, comincia ad avere un'articolazione difettosa.

Anche il suo gemello, Spirit, ha resistito ben oltre le previsioni iniziali, ma è rimasto incagliato a maggio del 2009 e non dà più segni di attività da marzo del 2010.

La ricorrenza di Opportunity è una bella occasione per citare questa tenerissima vignetta di Xkcd, dedicata appunto al gemello che non ce l'ha fatta.


Giorno 1 di 90 - “Ancora 89 giorni!”

Giorno 88 di 90 - “Ancora due giorni, poi torno a casa!”

Giorno 91 di 90 - “?”

Giorno 103 di 90 - “Forse non ho lavorato abbastanza bene.”

Giorno 127 di 90 - “Forse se lavoro bene mi permetteranno di tornare a casa.”

Giorno 857 di 90 - “Pensavo di aver analizzato quella roccia proprio bene. Va be', la prossima la analizzerò meglio.”

Giorno 1328 di 90 - “Tempesta di sabbia. Sto esaurendo l'energia. Ma un bravo rover terrebbe duro. Un rover bravo, come lo volevano loro.”

Giorno 1944 di 90 - “Oh, no. Mi sono incagliato.”

“Ho fatto un buon lavoro? Mi merito di tornare a casa?”

“Gente?”



2013/01/22

Antibufala: Obama rende obbligatori i microchip impiantati nel corpo

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “filippo” e “fabiomel*”.

C'è un piano del Nuovo Ordine Mondiale per inserire in tutti gli abitanti del mondo un microchip, e la recente riforma sanitaria di Obama ne è il primo passo, perché prevede l'inserimento di questi microchip per scopi medici dal 23 marzo prossimo nei cittadini americani. Poi arriverà il turno del resto del pianeta. Non ridete: questa è la tesi di complotto che sta ricominciando a girare in Rete.

Infatti l'idea di un complotto mondiale per impiantare microchip nelle persone è una vecchia storia di origine religiosa, le cui tracce risalgono ad almeno dieci anni fa: l'impianto del microchip (più specificamente un RFID, simile a quello che si usa per l'identificazione dei cani e dei gatti) sarebbe un marchio della Bestia, cioè di Satana, secondo un'interpretazione della Bibbia che cita il libro dell'Apocalisse, nel quale si parla di un “marchio sulla mano destra o sulla fronte” messo dalla Bestia su “tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi” in modo che “nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio”.

Anni fa questa storia prendeva di mira specificamente due marche di RFID impiantabili: Mondex e VeriChip. Lo sbufalamento meticoloso delle asserzioni riguardanti il caso Mondex è qui su Urban Legends e qui su Snopes e si applica pari pari al caso VeriChip. Adesso l'allarme è ritornato alla carica con un aggancio alla riforma sanitaria statunitense, l'Obamacare.

Nella versione corrente, infatti, si “dimostra” la veridicità della tesi citando con precisione un documento governativo statunitense. Siccome molti non vanno a controllare le citazioni, questo fa sembrare credibile l'appello. In particolare viene citato il disegno di legge HR 3962, approvato nel 2009 e disponibile qui in formato PDF: un malloppone di 1990 pagine nel quale però non c'è nessuna menzione di chip o di RFID. La parola“CHIP” (in maiuscolo) presente nel documento è una sigla che sta per Children's Health Insurance Program, ossia una copertura assicurativa sanitaria per bambini. Non c'entra nulla con i microchip.

Altre versioni dell'appello citano un altro documento, HR3200, che però è un disegno di legge che non è mai stato approvato, non faceva parte del progetto Obamacare e comunque non parlava di obblighi d'impiantare microchip, ma soltanto di istituire un registro nazionale dei dispositivi impiantati (pacemaker, protesi mammarie, eccetera). I dettagli della questione sono su Snopes.com, che spiega da dove viene la data del 23 marzo prossimo: è semplicemente la data entro la quale entra in funzione il registro in questione, presente anche nel disegno di legge HR3962 approvato.

In sintesi, la tesi dell'imminente microchippatura dell'umanità da parte del Nuovo Ordine Mondiale si basa su un brano della Bibbia interpretato a capocchia e su un disegno di legge che non dice quello che gli si attribuisce e comunque non è mai stato approvato. Questo è il livello di serietà di chi spara queste tesi di complotto. Ma se per caso non vi basta e avete ancora qualche dubbio, non c'è problema: il 23 marzo è vicino. A quella data, quando non succederà assolutamente niente, esattamente come non è successo niente il 21 dicembre 2012, sarà interessante vedere le reazioni di quest'ennesima categoria d'imbecilli menagramo.

2013/01/21

Il Puntino Azzurro di Carl Sagan illustrato da Zen Pencils

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “alex.gir”. Ultimo aggiornamento: 2017/04/16 22:20.

Zen Pencils ha illustrato The Pale Blue Dot, una delle più poetiche riflessioni sull'universo e sull'umanità scritte dall'astronomo Carl Sagan. Ne avevo parlato in questo articolo, traducendo come meglio potevo la prosa di Sagan, ispirata da un'immagine scattata dalla sonda Voyager 1, così lontana nel suo viaggio che la nostra Terra è poco più di un pixel nell'immensità del cosmo.

Ripubblico qui la mia traduzione, da leggere accompagnandola con le immagini di Zen Pencils.

Da questo lontano punto d'osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi.

Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e cercatore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.

Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti a malapena distinguibili di qualche altro angolo. Quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio. Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare i signori momentanei di una frazione di un puntino.

Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granello solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c'è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.

La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è altro posto, perlomeno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Colonizzare, non ancora.

Che ci piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l'astronomia è un'esperienza che suscita umiltà e forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo.

Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci con più gentilezza l'uno dell'altro e di preservare e proteggere l'unica casa che abbiamo mai conosciuto. Questo puntino azzurro.

– Carl Sagan, 1934-1996


Nota (2017/04/16): ho scelto di tradurre pale blue dot come puntino azzurro, non come pallido puntino azzurro (come fanno molte altre traduzioni italiane di questo testo di Sagan), perché pale blue in inglese significa azzurro. Di conseguenza, pallido puntino azzurro è una traduzione poeticamente azzeccata ma scorretta.

“Repubblica” e Tio.ch non distinguono uno Shuttle da una stazione spaziale

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “ulivo.dir*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Repubblica ci regala un altro bell'esempio d'incompetenza giornalistica in questo articolo, a firma di Matteo Marini, nel quale si sostiene che in questo video ci sia un “enigma” costituito da UFO visibili “dagli oblò della ISS”.

Tanto per cominciare, il video non mostra la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ma il vano di carico dello Shuttle. Non distinguere uno Shuttle dalla ISS, in un articolo dedicato allo spazio, è come confondere una Smart con una casa in una rivista di architettura. O un gatto con una pantera in un documentario sugli animali.

E non c'è nessun “enigma”: i puntini che si vedono muoversi non sono veicoli alieni lontani, ma i soliti frammenti e detriti che accompagnano qualunque veicolo spaziale. Si muovono perché lo Shuttle sta facendo manovre (e quindi si sposta rispetto ai detriti che lo attorniano), perché sono spinti dal getto dei motori di manovra o perché interagiscono con la microgravità del veicolo o con il campo elettrostatico che lo circonda. Tutto qui. Roba vecchia e straconosciuta. Lo Shuttle, fra l'altro, non vola più dal 2011.

Suvvia, Repubblica: costerebbe molto far scrivere gli articoli da qualcuno che sa di cosa sta parlando?


Aggiornamento (2013/01/22)


Repubblica ha corretto il titolo dell'articolo: ora parla di Shuttle invece che di ISS. Ma la bufala nufologica resta.

Ticinonline, invece, il giorno dopo ha disinvoltamente pubblicato lo stesso video-bufala e ha continuato ad affermare che si tratterebbe della ISS (“La Stazione orbitante ha filmato un UFO?”).

Cosa anche peggiore, nel video sono state inserite delle immagini della Stazione Spaziale Internazionale che non c'entrano nulla con il video ufologico e che sono state riprese dall'astronauta Paolo Nespoli (si riconoscono perché sono le uniche nelle quali si vede la Stazione con lo Shuttle attraccato).

2013/01/20

Foto di rara bellezza dallo spazio

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “diletta_b*”. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Questa splendida foto è stata scattata nel 2010 dalla Stazione Spaziale Internazionale ed è riemersa di recente su Twitter grazie a Phil Plait e Fragile Oasis. Potete scaricare l'enorme originale qui. Fatelo: ridotta alle dimensioni striminzite che vedete qui sotto perde un po' del proprio incanto.



Intanto dallo spazio profondo arriva questa foto della porzione centrale della nostra galassia, la Via Lattea, grazie a Stéphane Guisard e all'ESO nell'ambito del progetto GigaGalaxyZoom.

Il centro della Via Lattea

Bella, vero? Ora cercate di non rimanere storditi nel considerare che quella foschia biancastra che vedete nella foto non è polvere interstellare: ciascun puntino è una stella. Una stella come il nostro Sole, o forse più grande. Zoomate la foto originale, che misura 24.000 x 14.000 pixel, e ve ne accorgerete.


La realtà raggiunge la fantascienza: Pechino come “Blade Runner”

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “sofia.pos*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Blade Runner (1982)

Pechino (2013)

Pechino sta soffocando sotto una cappa di smog letale, visibile dallo spazio. I suoi grattacieli, con le loro fiancate ricoperte di megaschermi pubblicitari, si perdono in una foschia artificiale prodotta da un inquinamento sconsiderato. Proprio come accadeva alla Los Angeles del 2019 in in Blade Runner.

Lo scopo della fantascienza (a volte) non è prevedere il futuro. È prevenirlo.

“Moon” è un plagio di un film italiano?

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “aofederico” e “attilio_criv*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Se siete appassionati di fantascienza, forse vi sta intrigando la singolare vicenda pubblicata su Repubblica: Moon, il film di Duncan Jones del 2009 (che vi consiglio di vedere se ve lo siete perso), sarebbe una scopiazzatura di un film italiano indipendente di alcuni anni prima, Eutamnesia. L'autore di Eutamnesia, Patrick Rizzi, ha confezionato un video nel quale mette a confronto i due film e ne evidenzia le somiglianze.

L'intero film di Rizzi è visionabile qui su Youtube. È un progetto di laurea girato in estrema povertà, quindi non abbiate grandi pretese (lo so, anche Dark Star era un progetto di laurea, ma erano altri tempi e altri talenti, specialmente recitativi).

La tesi di Rizzi è che il suo film, essendo stato inviato a concorsi cinematografici e case di produzione italiane ed estere ed essendo stato distribuito in videocassetta, avrebbe permesso ad altri di conoscerlo e copiarlo, come argomenta qui su Fantascienza.com.

Il problema di questo tipo di confronto è che è abbastanza facile scegliere i punti di congruenza e ignorare quelli di differenza, facendo sembrare così che le somiglianze siano molto più forti di quanto siano in realtà.

Inoltre molte delle analogie evidenziate da Rizzi sono in realtà dei cliché della narrazione cinematografica, specialmente della narrazione fantascientifica. Per esempio, il “test di capacità cognitiva” (a 2:09 nel video di confronto) c'era anche in Blade Runner (1982). Chi ha copiato da chi?

Eutamnesia
Blade Runner

Oltretutto, sia in Blade Runner, sia in Eutamnesia, il test viene gestito da una persona, mentre in Moon lo effettua una macchina, e questa differenza ai fini della trama è molto importante (non voglio anticiparvi nulla, se non avete ancora visto Moon).

Potrei andare avanti a lungo: quante volte avete visto il protagonista di un film distruggere le proprie cose e poi sedersi sconsolato fra di esse? Oppure cercare qualcosa, non trovarla e quindi imprecare e colpire qualcosa per la rabbia? O essere aggredito e rifiutarsi di chiedere scusa? O avere delle intuizioni, cercare qualcosa, scoprire dei fatti e disperarsi (uno per tutti: Charlton Heston nel Pianeta delle Scimmie)? Appunto. Eppure per Rizzi questi (a 2:48, 3:23, 4:18 5:28) sarebbero indicatori che Moon ha copiato specificamente dal suo film.

È inoltre ingannevole, da parte di Rizzi, definire Moon un “colossal”, dato che il budget di Moon è stato estremamente basso per una produzione commerciale: circa 5 milioni di dollari, con circa 9,7 milioni di dollari d'incassi complessivi. I veri kolossal, come Avatar, Lo Hobbit o John Carter, hanno budget almeno quaranta volte maggiori.

Ci sono anche degli altri elementi, ma discuterne rivela la trama di Moon, per cui prima di proseguire devo avvisare: attenzione, qui sotto ci sono degli spoiler.


ATTENZIONE: SPOILER


Rizzi stesso, a 37 secondi dall'inizio suo video di confronto, spiega che “La sostanziale differenza tra le due storie è che: il protagonista di Moon scopre di essere un clone”. Quello di Eutamnesia no (da quel che ho capito scorrendo rapidamente; confesso che non ce l'ho fatta a guardare tutto Eutamnesia).

Scusate se è poco, visto che gran parte di Moon si basa proprio su questa scoperta e sul rapporto fra i due cloni che s'incontrano. Se fra due film c'è una sostanziale differenza di questo calibro, è veramente difficile sostenere credibilmente un'accusa di plagio.

2013/01/19

Podcast del Disinformatico di ieri

Se volete un po' di dritte e commenti su Facebook Graph Search, il nuovo “motore di ricerca” di Facebook, sapere se è vero che le cipolle assorbono i virus dell'influenza, sapere cosa s'intende per “versione beta” o seguire il viaggio di un pacco-fotocamera fino a Julian Assange, ho per voi il podcast del Disinformatico di ieri, con i rispettivi articoli di accompagnamento.

2013/01/18

Le parole di Internet: beta

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

beta. Indicazione dello stato di sviluppo di un programma o di un'applicazione per computer. Un programma “in beta” contiene la maggior parte delle funzioni pianificate ma non è ancora completo: viene distribuito in modo che possa essere collaudato per rivelare eventuali difetti o necessità di migliorie.

Prima dello stato “beta” c'è l'alpha, nel quale il programma è instabile e spesso carente di alcune funzioni previste, ma sufficientemente sviluppato da poter dimostrare le proprie capacità di base ai committenti: è una sorta di anteprima che viene proposta solitamente a un gruppo ristretto di utenti o sviluppatori. Esiste anche uno stato ancora meno maturo, denominato “pre-alpha”.

Stranamente, lo stadio successivo al beta non è il gamma, ma si definisce “release candidate” (versione quasi pronta per il rilascio al pubblico ma contenente ancora alcuni difetti ed è seguito dalla RTM, sigla di “release to manufacturing” o “release to market”, ossia il rilascio ai canali di produzione o vendita. Poi c'è la “GA” (general availability), seguita dalla “gold”, che è la versione (si spera) definitiva.

La terminologia risale all'IBM degli anni Cinquanta, ma nel corso dei decenni il suo significato è stato stiracchiato, e oggi molti programmi e applicazioni vengono offerti agli utenti quando sono ancora in beta. Un esempio classico è Gmail di Google, che è rimasto contrassegnato dall'etichetta “beta” per oltre cinque anni pur essendo regolarmente disponibile al pubblico. Anche Google Calendar, Docs e Talk sono rimaste in beta a lungo (circa due anni).

Artisti svizzeri creano “live mail art” spedendo fotocamera accesa ad Assange

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Ieri sera è stato possibile seguire in diretta via Internet un'esibizione artistica davvero singolare e divertente realizzata da un gruppo di artisti zurighesi, il !Mediengruppe Bitnik, che ha spedito un pacco contenente un telefonino acceso e collegato a una fotocamera. Attraverso un foro nella scatola d'imballo, il pacco ha fotografato il proprio viaggio e ha pubblicato le proprie immagini e le proprie coordinate geografiche in tempo reale via Twitter.

Idea simpatica, arricchita dalla destinazione del pacco: l'ambasciata dell'Ecuador a Londra, all'attenzione di Julian Assange, il controverso fondatore di Wikileaks, che vi risiede avendo chiesto asilo politico perché teme di essere arrestato dalle autorità britanniche ed estradato negli Stati Uniti in relazione alla pubblicazione di documenti diplomatici e militari trafugati e compromettenti e alle accuse non formalizzate di reati sessuali in Svezia.

L'esperimento ha avuto pieno successo: ieri il pacco è stato ricevuto presso l'ambasciata e dopo i controlli di sicurezza (facilitati dalla radiografia fornita direttamente dagli artisti) e una pausa su un divano (debitamente fotografato) è stato consegnato ad Assange, che l'ha aperto e l'ha usato, come richiesto dagli artisti di Bitnik, come palcoscenico virtuale, dal quale si è messo a giocare in diretta con chi lo seguiva via Twitter, mostrando anche bigliettini sui quali aveva scritto “Hello world” (citazione per informatici), “Liberate Bradley Manning” e altri messaggi.

La serie completa di immagini è pubblicata presso http://54.243.29.30/assange/.

Antibufala: la cipolla assorbe i virus dell’influenza

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Su Facebook prospera, grazie al passaparola, un consiglio singolare contro l'influenza: mettere in casa, accanto al malato, una cipolla tagliata. Le cipolle, dice l'appello, assorbono i virus, diventando nere di germi, perché sono antibatterici potenti con “proprietà antisettiche”.

Viene citato il caso di un medico che, durante l'epidemia influenzale del 1919, scoprì che una famiglia di contadini era sana perché aveva collocato “una cipolla non sbucciata in un piatto nelle stanze della casa”. Poi viene segnalata una storia più recente, attribuita a un parrucchiere che ha usato la stessa tecnica nel proprio negozio, col risultato che “nessuno del suo staff si è ammalato”. Infine tocca a “un amico in Oregon” che conferma che “tagliare entrambe le estremità di una cipolla, metterla in un barattolo vuoto e posizionare il vaso accanto al paziente malato di notte” fa bene perché l'indomani mattina la cipolla diventerà “nera di germi”.

Secondo Urban Legends questo rimedio è una bufala che risale almeno al sedicesimo secolo, quando non si sapeva nulla dei germi e dei virus e si pensava che le malattie fossero trasportate dai miasmi: all'epoca aveva senso pensare che la cipolla, che ha in effetti forti proprietà assorbenti, potesse intrappolare questi miasmi. Oggi sappiamo che non è così, ma l'idea persiste, probabilmente perché si tratta di un rituale a basso costo che fornisce l'impressione confortante di fare qualcosa per allontanare le malattie.

Tuttavia nel caso dell'influenza sostituire le medicine con le cipolle può avere degli effetti pesantissimi e quindi non è il caso di fidarsi del racconto di un anonimo medico di cent'anni fa o di un parrucchiere, neanche se ce lo manda un amico, che l'ha probabilmente inoltrato a tutti senza alcuna verifica, nonostante bastino pochi secondi in Google per trovare smentite come quella di Snopes.com.

Ecco il testo completo del consiglio:

NON AVEVO MAI SENTITO TUTTO QUESTO SULLE CIPOLLE.
SI PREGA DI LEGGERE FINO ALLA FINE, PERCHE’ E’ MOLTO IMPORTANTE

Nel 1919, quando l'influenza ha ucciso 40 milioni di persone c'era questo medico che ha visitato i molti agricoltori per vedere se poteva aiutarli a combattere l'influenza ...Molti degli agricoltori e delle loro famiglie avevano contratto la malattia e molti morirono.

Il medico venne presso un contadino e con sua grande sorpresa, constatò che tutti in famiglia erano molto sani. Quando il medico chiese cosa stesse facendo l'agricoltore perché in famiglia erano tutti sani, la moglie rispose che aveva messo una cipolla non sbucciata in un piatto nelle stanze della casa, (probabilmente solo due camere allora). Il dottore non riusciva a crederci e gli chiese se poteva avere una delle cipolle per esaminarla al microscopio. Il contadino diede al dottore una di quelle cipolle e, guardando al microscopio il medico trovò il virus dell’influenza nella cipolla, la quale aveva assorbito i virus mantenendo la famiglia sana.

Ora, ho sentito quest’altra storia dal mio parrucchiere.

Diversi anni fa, molti dei suoi dipendenti erano giù per avere preso l'influenza, e così molti dei suoi clienti. L'anno successivo ha disposto diverse ciotole con cipolle in giro nel suo negozio. Con sua sorpresa, nessuno del suo staff si è ammalato. Si deve lavorare. Provate e vedrete cosa succede. Lo abbiamo fatto l'anno scorso e non abbiamo mai avuto l'influenza.

Ora ho mandato uno scritto ad un amico in Oregon, che collabora regolarmente con me mandandomi materiale sanitario. Lui mi ha risposto con questa esperienza più interessante sulle cipolle:

Grazie per avermelo ricordato. Io non so la storia del contadino ... ma, so che ho contratto la polmonite, e, manco a dirlo, sono stato molto male ... Mi sono imbattuto in un articolo che diceva di tagliare entrambe le estremità di una cipolla, metterla in un barattolo vuoto e posizionare il vaso accanto al paziente malato di notte. Ha detto che la cipolla sarebbe diventata la mattina dopo nera di germi ... di sicuro è successo proprio così ... la cipolla era un disastro e ho io ho cominciato a stare meglio.
Un'altra cosa che ho letto in questo articolo è che le cipolle e l'aglio disposti intorno alla stanza hanno salvato molti dalla peste nera, alcuni anni fa. Hanno potenti antibatterici, proprietà antisettiche.

Adesso parliamo del perché, a volte, le cipolle fanno male.

Un sacco di volte, quando abbiamo problemi di stomaco non sappiamo a cosa dare la colpa. Forse la colpa è della cipolla. Infatti le cipolle assorbendo i batteri sono così brave da impedirci di prendere raffreddori e influenze, ed è proprio questa la ragione per cui non si deve mangiare una cipolla dopo troppo tempo da che è stata tagliata, perché ha assorbito i batteri dannosi.

Ho avuto il privilegio di un meraviglioso tour tra i prodotti alimentari Mullins, Makers di maionese. Ho posto delle domande sulle intossicazioni alimentari, e voglio condividere quello che ho imparato da un chimico.

La nostra guida è un mago della chimica degli alimenti. Durante il tour, qualcuno gli ha chiesto se abbiamo davvero bisogno di preoccuparsi della maionese. Le persone sono sempre preoccupate che la maionese potesse guastarsi. La risposta vi sorprenderà. Egli ha detto che tutte le maionesi in commercio sono completamente sicure.

"Le maionesi non hanno nemmeno bisogno di essere refrigerate anche se non c’è nulla di male a metterle in frigorifero." Ha spiegato che il pH nella maionese si trova ad un punto che i batteri non possono sopravvivere in questo ambiente. Ha poi parlato del pic-nic estivo, con la ciotola di insalata di patate sul tavolo, e di come tutti accusano la maionese quando qualcuno si ammala.

Egli afferma che, quando succede un'intossicazione alimentare, la prima cosa che i medici dobrebbero cercare è se le vittime abbiano mangiato cipolle, quando le hanno mangiato e se tali cipolle provengono da un’insalata con patate. Egli dice che non è la maionese ad aver procurato l’intossicazione, ma probabilmente le cipolle, e se non le cipolle affettate da troppo tempo , magari le patate.

Ha spiegato che le cipolle sono un enorme magnete per i batteri, in particolare le cipolle cotte. Non si dovrebbe mai conservare una parte di una cipolla affettata , perché non è sicura nemmeno se la metti in un sacchetto a chiusura lampo e dentro al frigorifero.

La cipolla e 'già abbastanza contaminata solo per essere stata fuori per un po’ dopo essere stata tagliata, e può essere un pericolo per te (e doppiamente attenzione per chi le cipolle le mette in hotdog al parco di baseball!). La nostra guida dice ancora che se si prende la cipolla rimanente e la si cuoce molto, probabilmente è tutto bene, ma se metti nel panino una cipolla tagliata da tempo, sei in cerca di guai. Quando vai in panineria, non fare mettere cipolle nel panino. Sia le cipolle che le patate umide in una insalata di patate attireranno e faranno crescere i batteri più velocemente di qualsiasi maionese commerciale.

Inoltre, i cani non devono mai mangiare cipolle. I loro stomaco non riesce a metabolizzare le cipolle.

Si prega di ricordare che è pericoloso tagliare una cipolla e cercare di utilizzarla per cucinare il giorno dopo, diventa altamente tossica anche per una sola notte e crea batteri tossici che possono causare infezioni dello stomaco negativi a causa delle secrezioni biliari in eccesso e anche intossicazioni alimentari.

Invia questo messaggio a tutti quelli che ami e si preoccupano.

Debutta il “motore di ricerca” di Facebook (prima parte)

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/01/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione

Martedì scorso Facebook ha annunciato in pompa magna Facebook Graph Search, un motore di ricerca per trovare informazioni all'interno del gigantesco social network. Anche se non è ancora disponibile a tutti gli utenti (anzi, in realtà è stato attivato, e in versione preliminare o “beta”, soltanto per un piccolissimo numero di utenti privilegiati), è meglio conoscerne subito il funzionamento per capire come cambierà Facebook e come occorre cambiare alcune impostazioni e alcuni comportamenti per evitare situazioni imbarazzanti.

Prima di tutto, ecco i link ai pochi assaggi disponibili per tutti: una ricerca di persone che vivono nella stessa città dell'utente e una ricerca di foto in cui è raffigurato o taggato l'utente e di ristoranti nei quali sono stati gli amici dell'utente. È un po' poco, e c'è anche la limitazione che per essere fra i primi ad avere accesso a Graph Search bisogna usare Facebook in inglese americano, ma dagli esempi è chiaro che non è un rivale di Google: Graph Search cerca soltanto all'interno di Facebook (se non trova nulla, ricorre a Bing per cercare sul resto di Internet) e offre risultati assolutamente personalizzati.

Inoltre le ricerche in Graph Search si formulano in maniera molto naturale: "foto dei miei amici prima del 2010", "amici ai quali piace la cucina giapponese" o “musica che piace ai miei amici”. In sintesi, permette di trovare foto, luoghi, interessi e persone in maniera molto più efficace e approfondita rispetto a prima, anche se per ora le sue ricerche sono soltanto parziali e non includono tutti i dati presenti in Facebook (per esempio mancano quelli di Instagram).

Tutto questo ovviamente ha delle implicazioni di privacy notevoli: volete davvero che qualcuno vi contatti perché ha visto su Facebook che siete single e abitate nella sua stessa località? Vi ispira, o v'inquieta, l'idea di sapere se il vostro nuovo partner ha già avuto relazioni sentimentali con altri vostri amici?

I responsabili di Facebook hanno dichiarato ripetutamente che Graph Search, il nuovo motore di ricerca del social network, permette di trovare soltanto i dati che sono stati condivisi con tutti o con chi effettua la ricerca: quello che è etichettato come privato resta privato. Ma cercare all'interno dei dati pubblici o condivisi con gli amici degli amici è ora molto più facile (“donne single francesi che abitano a Ginevra e a cui piace Rihanna”), e molti degli assunti sui quali si basa Facebook Graph sono ingannevoli.

Per esempio, molte persone condividono pubblicamente preferenze molto personali o potenzialmente imbarazzanti in campo sentimentale o sessuale e Graph Search rende molto facile trovarle (e anche suggerirle, visto che ha il completamento automatico). Inoltre quel “mi piace” che avete messo su una pagina di un ristorante specializzato in selvaggina potrebbe far inorridire un vegetariano anche se ci avete mangiato solo due spaghetti. Succede già adesso, ma con Graph Search succederà più facilmente.

Poi c'è la questione della veridicità e completezza dei dati. Molti utenti non danno a Facebook il proprio indirizzo di casa reale: se indicano una località diversa da quella effettiva, non risulteranno per esempio nelle ricerche degli amici vicini di casa che vogliono invitare a una festa tutti i propri amici residenti nelle vicinanze. Inoltre capita spesso di essere taggati in una foto quando in realtà non si è ritratti nell'immagine, perché gli utenti usano il tag come metodo per notificare di una foto che vogliono condividere, e quindi una ricerca di foto potrebbe avere esiti bizzarri. Se non dite a Facebook che vi piace un film o un libro, non risulterete fra i suoi fan. In sintesi, se i dati in Facebook sono fasulli, i risultati delle ricerche saranno inaffidabili.

Cosa conviene fare? Sicuramente esaminare i "mi piace" che abbiamo disseminato, andando a https://www.facebook.com/[nomeutente]/favorites, e gli interessi che abbiamo dichiarato, che magari non sono più aggiornati e potrebbero metterci in cattiva luce (quel “mi piace” sulla foto del partner che adesso è un ex partner potrebbe non piacere al nostro partner attuale).

Poi è buona cosa dare un'occhiata alle foto nelle quali siamo stati taggati, per decidere quali possono essere pubbliche o vanno rimosse (o “staggate”). Nelle Impostazioni sulla Privacy potete anche essere drastici e limitare agli amici la visibilità di tutti i vecchi post in un sol colpo (attenzione: non è una scelta facilmente reversibile), cliccando su "Limita i post passati”, e quella dei post futuri. Se non volete essere trovati da Graph Search in base alla vostra città di residenza, andate nelle Informazioni e cliccate su “Modifica” nella sezione “Città”, rendendola visibile solo agli amici o solo a voi.

2013/01/16

No, non è stata trovata vita aliena in una meteorite

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “marelott”. L'articolo è stato ampiamente aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2013/01/17.

La “vita extraterrestre” secondo Wickramasinghe
A furia di gridare “al lupo, al lupo”, quando troveremo davvero la vita extraterrestre non ci crederà nessuno. La notizia della scoperta di forme di vita extraterrestri unicellulari in una meteorite in Sri Lanka, diffusa in italiano per esempio da Meteoweb e AGI, è una bufala. Più precisamente, è un bell'esempio di come non si fa ricerca e comunicazione scientifica.

Lo sbufalamento tecnico preparato da Phil Plait (in inglese) spiega benissimo perché; in italiano potete leggere Sofia Lincos su Query e Federica Sgorbissa su Oggiscienza (grazie ai lettori che mi hanno segnalato i loro articoli).

Primo indizio: l'articolo contenente l'annuncio originale non è stato pubblicato su una rivista scientifica, come meriterebbe una scoperta così importante. Non è neanche stato pubblicato da una rivista non scientifica. Infatti Meteoweb dice che si tratta di “Una ricerca pubblicata sul ‘Journal of Cosmology’” e Mario di Martino su Focus.it dice che “il fatto che sia stata pubblicata su una rivista scientifica come Journal of Cosmology... fa pensare che possa essere vera” (Luigi Bignami, sempre su Focus, è un po' più cauto).

Ma il Journal of Cosmology non è una rivista: è un sito web. Se si trattasse di una scoperta seria, non verrebbe pubblicata da un semplice sito, ma dalle testate scientifiche più prestigiose, che farebbero a cazzotti per contendersela. Invece Plait mostra, attraverso un elenco di esempi eloquenti, quanto sia poco serio il Journal of Cosmology.

Secondo indizio: l'autore principale dell'articolo è N. C. Wickramasinghe, che è anche uno degli editor del Journal of Cosmology. Un conflitto d'interessi piuttosto curioso. Wickramasinghe è anche ferventissimo sostenitore della teoria (peraltro interessante) della panspermia, ossia che la vita si propaghi nello spazio e sia arrivata sulla Terra tramite le meteoriti. Wickramasinghe attribuisce alla panspermia qualunque cosa, dall'influenza alla pioggia colorata. La sua “scoperta” confermerebbe questa teoria.

Vale insomma la Regola dello Scienziato Innamorato (della Propria Tesi), che è parente del Principio di Belzebù: quando uno scienziato scopre qualcosa che conferma le sue idee predilette, è meglio non fidarsi; quando scopre qualcosa che smentisce le sue idee, probabilmente ci si può fidare.

Terzo: le forme di vita trovate, descritte come “fossili di diatomee”, non sono affatto fossili, ma a giudicare dalle immagini, analizzate dall'esperto contattato da Plait, sono tutte diatomee di specie terrestri, specificamente tutte d'acqua dolce. E tutte esistenti. Se provenissero dallo spazio, dovrebbero essere differenti, perché avrebbero avuto un'evoluzione differente. Non lo sono. In altre parole, la spiegazione più logica è che la meteorite sia stata contaminata per contatto con acqua dolce e che Wickramasinghe e colleghi abbiano scoperto, udite udite, che c'è vita sulla Terra.

La presunta meteorite.
Quarto: Meteoweb scrive che nella meteorite in questione “si possono ben osservare agglomerati di olivina tipici di questo tipo di rocce”, ma l'olivina è in realtà onnipresente sulla Terra e per nulla tipica delle meteoriti. E anche l'aspetto della meteorite (foto qui accanto) è molto differente da quello normale.

Tiriamo le somme. Come al solito, vale la Legge di Sagan: affermazioni straordinarie esigono prove straordinarie. Nell'annuncio di Wickramasinghe non c'è nulla che si avvicini a una prova. Men che meno una prova del livello qualitativo straordinario che occorre presentare prima di dichiarare una scoperta così sensazionale.

Gli ufologi si calmino: non sto dicendo che l'idea della vita extraterrestre è una bufala. Anzi, è un'idea sensata e per nulla osteggiata dalla comunità scientifica. Sto dicendo soltanto che non è così che la si alimenta e incoraggia. Così la si rende ridicola.

2013/01/14

Il missile che decolla e atterra come nei film di fantascienza

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “a.mate”.

Il missile spaziale slanciato e aerodinamico che atterra intero e verticalmente sulle zampette è un classico della fantascienza. La realtà ha proposto atterraggi ben differenti e meno cinematografici: di solito si salvano sotto dei paracadute soltanto piccole capsule contenenti l'equipaggio e il resto dell'enorme missile viene buttato via e lasciato a precipitare nell'oceano dopo il decollo. Le eccezioni sono state pochissime: lo Shuttle statunitense, il Buran russo e l'X-37B, per esempio, rientrano (o rientravano) planando come alianti, ma comunque i loro lanciatori venivano scartati, in tutto o in parte, dopo un solo uso (i booster laterali dello Shuttle cadevano in mare con paracadute e venivano riutilizzati).

Di lanciatori veramente riutilizzabili, che atterrino in piedi come nei film di fantascienza, non se ne sono visti, a parte il progetto DC-X (Delta Clipper) degli anni Novanta. Stavolta ci riprova SpaceX, che ha già al proprio attivo il primo volo commerciale di rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale. A dicembre scorso il suo Grasshopper, che vedete nei video qui sotto, si è sollevato dalla rampa di lancio e poi è atterrato verticalmente in un solo pezzo.

Non lasciatevi ingannare dall'assenza di riferimenti dimensionali: questo missile è grosso. È alto circa 30 metri e si è sollevato di 40; la macchiolina che vedete qui accanto, evidenziata dalla freccia, è un manichino di un cowboy in grandezza naturale, messo lì semplicemente perché alla SpaceX sono dei burloni.

Certo, quaranta metri sono solo un piccolo passo rispetto all'intento finale, che è quello di creare un lanciatore multistadio in cui almeno il primo stadio atterra intatto e viene riutilizzato, riducendo fortemente i costi rispetto agli attuali lanciatori usa e getta. Ma riuscire a tenere in equilibrio una matita alta trenta metri è già una sfida tecnica notevole.




Questa è un'animazione delle intenzioni finali di SpaceX: staremo a vedere per scoprire quanto siano realistiche. Il consumo di propellente per il rientro a motore del secondo stadio e della capsula sembra perlomeno stravagante.

2013/01/13

Sfida: alzate il volume e non sorridete

Giuseppe Vatinno e l’uso dei nuovi media

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “massimo.soff*”. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2018/10/14 21:00.

Il deputato Giuseppe Vatinno ha già dato interessanti dimostrazioni della competenza dei politici nell'uso dei nuovi media, come ha raccontato Giornalettismo qui, qui e qui, dispensando su Twitter e Facebook insulti come “faccia da ca.zo” e “cybercoglionazzo” a chi ha osato criticarlo per aver firmato (insieme a Francesco Barbato) una interrogazione parlamentare sugli extraterrestri basata su premesse che meritano assolutamente di essere lette per il loro surrealismo. Perché con tutti i problemi che ha l'Italia, è giusto che i deputati si preoccupino dei rapporti con gli UFO.

Non pago di quest'elargizione di insulti, ha anche risposto così a un utente di Twitter, @paolobertotti (Photobuster): “Godo molto nel non essere stato eletto e che lei mi paghi lo stipendio. Sono al ristorante a mangiare alla faccia sua” (link). Una maniera davvero singolare di accattivarsi le simpatie dei contribuenti. Persone poco sensibili al sottile umorismo del deputato potrebbero scambiarla per una manifestazione della più squallida arroganza del potere.

Oggi il deputato Vatinno se l'è presa anche con me, in un fiume di tweet pubblici che riporto testualmente prima che ne perda il filo (il suo account Twitter pubblico è, come dire, piuttosto prolifico). Tutto inizia con una richiesta di un mio lettore di commentare l'interrogazione:

dcavedon
Alla Camera dei Deputati "Indagini sul fenomeno ufologico", mi piacerebbe sentire il parere di @disinformatico http://t.co/mwcEYTZu #UFO
12.01.13 13:03

Rispondo così:

disinformatico
@dcavedon Te lo dico non appena smetto di ridere :-)
12.01.13 14:42

Tutto qui. Ma sono già stato chiamato in causa da Vatinno:

GiuseppeVatinno
@PaoloBertotti @disinformatico Bertotti, ma tu la mattina ti fai la barbetta con il rasoio di Occam?
12.01.13 13:49

Non voglio fare polemica e la battuta a mio parere è decisamente infantile, per cui la faccio breve:

disinformatico
@GiuseppeVatinno @paolobertotti Chiunque si abbassi ad attacchi personali invece di criticare le idee ha perso in partenza la discussione
12.01.13 16:38

A questo punto parte il torrente di tweet di Vatinno:

GiuseppeVatinno
@disinformatico @GiuseppeVatinno @PaoloBertotti Attacchi personali? È il fotomontaggio di Bertotti che neppure conoscevo? Senza parole
12.01.13 16:41

GiuseppeVatinno
@disinformatico Perchè non ti rilassi attivissimo? Rischi di passare per uno scientista; la Scienza li studia i fenomeni.Tu li neghi
12.01.13 23:10

GiuseppeVatinno
@disinformatico Tu hai una posizione apriori; neghi ogni possibilità prima di averla esaminata;sei un torquemada dello scientismo
12.01.13 23:10

GiuseppeVatinno
@disinformatico La tua vita intrisa di materialismo deve essere ben triste povero attivissimo.pensa un po' di più alla fantasia.Ti farà bene
12.01.13 23:11

GiuseppeVatinno
@disinformatico Sei stato tu attivissimo?
12.01.13 23:12

Non so a cosa si stia riferendo.

GiuseppeVatinno
@disinformatico @elegantbear78 Ma perchè non parli normale attivissimo?
12.01.13 23:12

GiuseppeVatinno
@disinformatico Ma che fai scadi nell'attacco personale attivissimo? Non eri contro?Ah la coerenza...
12.01.13 23:13

GiuseppeVatinno
@disinformatico Sempre un signore eh attivissimo?
12.01.13 23:13

GiuseppeVatinno
@disinformatico @RandagiaMente @sydbarrett76 Molto democratico, attivissimo.Come al solito vuoi stroncare, estirpare, ma rilassati!
12.01.13 23:14

GiuseppeVatinno
@disinformatico @matteorossini @il4fili @UAAR_it Sei un Gran Democratico attivissimo! Sei proprio un bel censore eh?
12.01.13 23:14

GiuseppeVatinno
@disinformatico @diegodemartin Che fico che sei attivissimo
12.01.13 23:15

GiuseppeVatinno
@disinformatico @carlobis quello che non ti piace è pseudoscienza eh attivissimo?
12.01.13 23:16

GiuseppeVatinno
@disinformatico Per te basta il monodimensionale attivissimo
12.01.13 23:18

GiuseppeVatinno
@disinformatico Attivissimo ma tu sei fissato con gli alieni!
12.01.13 23:19

GiuseppeVatinno
@disinformatico E' la tua mente chiusa come il nulla, attivissimo
12.01.13 23:19

Il bello di tutta questa pioggia di tweet è che Vatinno sta parlando da solo, perché io non ho replicato né avuto altra comunicazione con lui, per cui non ho attaccato, censurato, stroncato o estirpato lui o altri. Non solo: le conversazioni associate a quei tweet sono per me inaccessibili (dal mio account Twitter, i loro link portano al messaggio “Spiacente, non sei autorizzato a vedere questo stato”). Non potrei parteciparvi neanche se volessi.

Grazie alle verifiche dei lettori, dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo è emerso che Vatinno sta rispondendo a dei miei vecchi tweet (Chris Priestly ha compilato il tutto come screenshot qui), alcuni risalenti addirittura al 21 dicembre scorso, ma al tempo stesso mi ha bloccato l'account, per cui non posso proseguire la conversazione. In pratica, Vatinno prima attacca briga con me, poi mi toglie la possibilità di replicare. Una squisita lezione di democrazia online.

Tutta la faccenda, insomma, emana un aroma di effetto Streisand che promette di essere memorabile come quello dei piedi di un pentatleta.

So che molti se la sono presa, ma personalmente non posso che ringraziare il deputato Vatinno per aver dato in un colpo solo una dimostrazione così pubblica, netta e brillante di ben tre concetti: essere laureati in fisica (come lo è Vatinno) non conferisce una patente d'infallibilità a tutto campo, come invece credono in molti; l'imbarazzante inettitudine dei politici italiani nell'uso dei nuovi media (basti confrontare le parole di Vatinno con questa risposta della Casa Bianca); e le ragioni per le quali gli ufologi vengono spesso visti come pazzi paranoici che aggrediscono chi, come Query o Marco Cattaneo su Le Scienze, tenta di spiegare loro pazientemente dove sbagliano. Quando poi il fisico, il politico e l'ufologo coincidono, nasce la tempesta perfetta. La perfect storm; o, in questo caso, perfect shitstorm.

Vado a prendere il popcorn.

No, non ancora. C'è il gran finale. Sapevate che Vatinno è uno dei creatori di Internet? Ipse dixit: “La Rete non può essere il regno dei CyberTeppisti e questo lo dico io che la Rete ha contribuito a crearla già al Cern nel lontano 1986”. Tim Berners-Lee, Vint Cerf, Leonard Kleinrock, Jon Postel, fatevi da parte.

Aggiornamento (2013/01/13  22:40): Dai commenti mi segnalano che Vatinno ha pubblicato sul suo sito un post che mi riguarda. Illuminante.


Questo, signori, è quello che ritiene opportuno scrivere pubblicamente un deputato della Camera italiano. Quale sublime ironia che queste parole provengano da una persona che siede alla Camera a rappresentare un partito che si chiama Italia dei Valori. Non ho altro da aggiungere e non spenderò altro tempo dietro questa storia davvero deprimente.


2018/05/06 14:45


Piccolo aggiornamento: vedo che a dicembre 2016 Vatinno ha scritto un articolo su Affaritaliani.it che mi riguarda personalmente, rimproverandomi fra le altre cose di avere costruito un “impero mediatico”, di aver ottenuto “lucrosi guadagni” e di pagare le tasse in Svizzera. Non so dove altro dovrei pagarle, visto che ci abito da più di un decennio (link intenzionalmente alterato; copia aggiornata su Archive.is; copia precedente su Archive.is). Non è il suo unico attacco personale che mi riguarda.

Segnalo inoltre l’articolo Giuseppe Vatinno: Ex deputato, giornalista e ufologo "transumano" [2018/10/14: articolo non più disponibile, ma dovrebbe essercene una copia qui] che contiene molti link interessanti alle esternazioni di Vatinno e ne delinea la figura. Buona lettura.


2018/10/14 21:00


Ho aggiornato il link all’articolo dedicato a Vatinno, visto che l’originale non è più online.
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