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Il Disinformatico: aprile 2018

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2018/04/27

Podcast del Disinformatico del 2018/04/27

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!

Al Corriere non sanno riconoscere un fotomontaggio evidente?

La notizia è decisamente frivola, ma il modo in cui viene gestita dal Corriere della Sera è preoccupante. Se nelle redazioni circola gente che non è capace di accorgersi che questa foto è un fotomontaggio digitale e non è un “nuovo look”, siamo messi davvero male.

Davvero al Corriere fanno lavorare gente che non nota che i capelli sono impossibilmente davanti alla bottiglia e non vede lo scontornamento da cartone animato del volto?

Link originale (alterato per non regalare clic); copia su Archive.is (già corretta per indicare che è un fotomontaggio); post originale di Arisa su Instagram. Grazie a @giusepperestivo per la segnalazione.



Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

Instagram, ora si può scaricare una copia dell’intero account

Instagram ha attivato una nuova funzione che consente di scaricare tutto il contenuto del proprio account.

Da computer, si entra nell’account, si clicca sull’icona delle impostazioni (l'omino), si sceglie Modifica il profilo, si sceglie Privacy e sicurezza, si raggiunge la sezione Download dei dati e poi si clicca su Richiedi il download.

Si può anche usare il seguente link diretto:

https://www.instagram.com/download/request/

Cliccando su Avanti, viene richiesta di nuovo la password. Se viene immessa correttamente, Instagram avvisa che è iniziata la creazione di un file con i contenuti che hai condiviso su Instagram e invieremo un link tramite e-mail all'indirizzo [vostro indirizzo]” e avvisa che “La raccolta e l'invio di questi dati potrebbero richiedere fino a 48 ore.” Nel mio caso ci ha messo però solo un’oretta.

Mi è arrivato un file in formato zip contenente una copia a bassa risoluzione (640x640 per quelle fino a metà del 2015, 1080x1080 per le successive) di tutte le foto caricate, insieme a tutti i commenti, tutte le ricerche svolte, i contatti, i messaggi e i like.

Questo scaricamento non è ancora disponibile nell’app per iOS e Android, ma dovrebbe essere aggiunta prossimamente; comunque il link indicato qui sopra funziona anche sugli smartphone.

L’introduzione di questa funzione è molto utile per chi vuole farsi un archivio personale di sicurezza delle proprie foto pubblicate su Instagram e dei messaggi e commenti, ma ovviamente ha come conseguenza il fatto che se qualcuno prende il controllo del vostro account può cambiare l’indirizzo di mail associato all’account e poi farsi mandare tutte le foto e tutti i messaggi che avete immesso in Instagram, con tutto quello che ne può conseguire. Meglio cogliere l’occasione per usare una password più robusta, diversa da quella usata altrove, e attivare la sicurezza dell’autenticazione a due fattori.

iOS si aggiorna e risolve falla su codici QR

L’app Fotocamera di iOS, dalla versione 11 del sistema operativo, è in grado di decodificare i codici QR: basta inquadrarli e compare il testo equivalente.

È una funzione molto comoda, per esempio per indicare un link complicato a un sito, ma ha un difettuccio: è possibile ingannare questa decodifica e farle visualizzare il nome di un sito innocuo mentre in realtà il link porta a un sito ostile.

Lo ha scoperto il ricercatore di sicurezza informatica Roman Mueller di Infosec. Ha creato un codice QR contenente questo URL:

https://xxx\@facebook.com:443@infosec.rm-it.de/

e lo ha mostrato alla Fotocamera di iOS, che lo ha decodificato e gli ha chiesto se voleva “aprire ‘facebook.com’ in Safari”.



Chiaramente questo errore di interpretazione sarebbe usabilissimo per un attacco informatico, per esempio per un furto di password: basta creare un codice QR che visualizzi il nome di un sito nel quale l’utente è abituato a immettere una password (per esempio Google o Instagram o, appunto, Facebook) ma che porti in realtà a un sito-clone, gestito dal ladro di password, che ha la stessa grafica del sito autentico. L’utente si fida di quello che gli ha mostrato iOS (il nome del sito autentico), non fa ulteriori controlli e così immette la propria password nel sito del truffatore, che se la porta via.

Un altro esempio ancora più semplice è un codice QR che porta a un sito che visualizza il famoso carattere in lingua telugu che blocca gli iPhone non pienamente aggiornati.

La falla dei codici QR è in circolazione da qualche mese, ma c’è una buona notizia: Apple l’ha finalmente corretta il 24 aprile scorso con la versione 11.3.1 di iOS (e anche con la versione 10.13.4 di macOS). Conviene quindi installare questo aggiornamento con la procedura consueta (dopo aver fatto una copia di backup dei propri dati, per sicurezza): Impostazioni - Generali - Aggiornamento software.


Fonte aggiuntiva: Intego.

2018/04/26

Se il Corriere fa fake news: l’astronauta, l’UFO e la “macchina della verità”

Ultimo aggiornamento: 2018/04/27 11:20.

Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo (link intenzionalmente alterato; copia su Archive.is), firmato da Flavio Vanetti, nel quale si afferma senza ombra di dubbio che il celeberrimo astronauta Buzz Aldrin, uno dei primi due esseri umani a camminare sulla Luna nel 1969, ha “superato la prova della macchina della verità” a proposito delle sue dichiarazioni di aver visto un UFO durante la propria missione spaziale di quasi cinquant’anni fa. Ringrazio @ufoofinterest per la segnalazione.

L’articolo dice che Aldrin ha “riconfermato l’episodio” dell’avvistamento ufologico ed è stato “sottoposto al test con una nuova tecnologia all’Institute of BioAcoustic Biology di Albany, in Ohio”. La notizia è stata ripresa da numerosi media di tutto il mondo.

Se fosse vera, sarebbe certamente clamorosa. Ma basta consultare il sito di questo istituto di Albany per scoprire che non si tratta affatto di un’autorevole istituzione scientifica, come il nome altisonante farebbe pensare, ma semplicemente di una privata cittadina americana, tale Sharry Edwards, che, senza alcuna prova, sostiene che i suoni della voce sono una “rappresentazione olografica” della salute delle persone e propone varie procedure pseudomediche bizzarre, come per esempio la “valutazione bioacustica delle allergie” e anche comode e pratiche istruzioni per mettersi in proprio in questo campo “per diletto e per profitto”.



Come se questo non bastasse, approfondendo la vicenda dell’astronauta emerge che non è vero che è stato sottoposto personalmente a un test dal sedicente istituto, come dà ad intendere Vanetti sul Corriere, ma l’istituto ha usato soltanto una vecchia registrazione della sua voce, analizzandola con un dispositivo imprecisato che non c’entra nulla con la “macchina della verità” usata nei processi, dato che questa macchina richiede la presenza del soggetto e misura numerosi parametri fisiologici durante un interrogatorio condotto da un esperto invece di analizzare soltanto una voce preregistrata.

Ciliegina sulla torta, con una rapida ricerca negli archivi digitali delle notizie si scopre che la fonte originale è il tabloid britannico Daily Star. Questa testata afferma (copia su Archive.is) che allo studio condotto dall’Institute of BioAcoustic Biology hanno “preso parte” anche altri astronauti storici, come Edgar Mitchell e Gordon Cooper. Ma questo è un dettaglio rivelatore, dato che Mitchell e Cooper sono morti da tempo e quindi difficilmente possono aver partecipato a un test svolto di recente.

La notizia, insomma, è una bufala, partorita da un sito pseudoscientifico senza alcuna credenziale di serietà e diffusa da un giornale scandalistico, ma questo non ha impedito a molte testate blasonate di diffonderla senza sottoporla a un minimo di verifica.

Aldrin stesso, fra l’altro, aveva già spiegato che l’avvistamento misterioso che gli viene attribuito non riguarda affatto un’astronave extraterrestre, ma fu dovuto semplicemente a un pannello staccatosi come previsto dal veicolo spaziale che li stava portando verso la Luna. L’astronauta, che oggi ha 88 anni, lo aveva spiegato a chiare lettere addirittura già nel 1969, nei rapporti tecnici di fine missione, e lo ha ribadito anche in occasione di questa notizia, ma la leggenda ufologica persiste.

Come mai? Forse la spiegazione sta in un motto dello scrittore americano Mark Twain: “Mai lasciare che la verità ostacoli una storia ghiotta”.

Tenere attivo “OK Google” significa mandare pezzi di conversazioni a Google

Ultimo aggiornamento: 2018/05/03 8:20.

La funzione OK Google o Assistente Google degli smartphone Android è comoda, per carità: permette di usare queste parole per attivare il telefono e dargli dei comandi a voce. In teoria il telefono dovrebbe attivarsi soltanto quando viene pronunciato “OK Google”, ma la realtà è diversa. Oggi l’ho tenuto acceso per prova e i risultati sono stati piuttosto comici.


L’Assistente Google si è messo in testa che io gli abbia detto “OK Google” e poi gli abbia chiesto “lo fai quando scopi”. Cortesemente mi ha risposto proponendomi un link intitolato “Come fare l’amore la prima volta: com’è? Fa male?”. Grazie, ma non è un’informazione che mi serve in questo momento. Poi ha capito (erroneamente) che gli ho detto “Milan” e ha risposto dandomi il risultato del Milan contro il Benevento Calcio (se ci tenete a saperlo, Google dice che il Milan ha perso 1 a 0).

In realtà ha captato frammenti di una mia dettatura in inglese, nella quale non ho assolutamente pronunciato “OK Google”. Sono andato nella cronologia dell’attività vocale (sotto myactivity.google.com) e ho trovato le registrazioni degli spezzoni di voce che hanno attivato per errore la funzione OK Google: stavo dettando dei numeri e della punteggiatura. Nulla che somigliasse, neanche vagamente, alle parole capite dall’Assistente Google.

Bizzarro e divertente, certo, ma bisogna anche tenere presente che il riconoscimento vocale dell’Assistente Google implica quasi sempre l’invio a Google degli spezzoni di voce. Quindi se tenete attiva l’opzione di pronunciare OK Google, lo smartphone manderà a Google non solo le cose che dite dopo aver detto “OK Google” (e quindi quando sapete di avere Google in ascolto), ma anche quelle che dite quando lo smartphone crede che abbiate detto “OK Google”.

Un altro aspetto curioso di questa funzione è che è dannatamente difficile da disabilitare, perlomeno in Android 8.1.0 aggiornato sui miei due Nexus 5X. La dicitura “Pronuncia ‘Ok Google’” continua ad essere presente nel widget di ricerca di Google nonostante i miei vari tentativi di disabilitarla.

Ho provato a seguire le istruzioni della guida di Google: ho richiamato l’Assistente tenendo premuto a lungo il tasto Home, ho toccato l'icona blu in alto a destra, ho toccato i tre puntini in alto a destra, ho toccato Impostazioni, sono andato nella sezione Dispositivi, ho toccato la voce Telefono e ho disattivato la voce Assistente Google. Niente da fare.

Sono andato nell’app di Google (la G colorata su sfondo bianco), ho toccato le tre righe orizzontali in alto a sinistra, ho scelto Impostazioni, ho toccato l’opzione Voce, ho scelto Voice Match e poi ho disabilitato Dì “Ok Google” in qualsiasi momento e Durante la guida. Ho anche eliminato il modello vocale. Macché.

Posso ancora disabilitare l’accesso al microfono dell’app di Google (Impostazioni - App e notifiche - Google - Autorizzazioni - Microfono: la dicitura “Pronuncia ‘Ok Google’” rimane visibile nel widget, ma se dico “OK Google” il telefono non reagisce. Per contro, non funziona più neanche l’attivazione del microfono toccando la sua icona nel widget. Scomodo.

Fra l’altro, il widget di Google è diventato inamovibile. Non c’è modo di rimuoverlo. E non sono il solo a notare problemi di questo genere. Questa difficoltà nell’impedire la raccolta di dati da parte di Google è ben descritta da The Register come la sua tendenza, lentamente ma inesorabilmente crescente, a usare gli smartphone come dispositivi di data slurping. Del resto, raccogliere dati è il core business di Google, a differenza per esempio di Apple.

Altra particolarità: ho riacceso oggi un vecchio WileyFox che ha su Android 7.1.2 e l’app di Google versione 7.19.20.21 e ho trovato attivo l’Assistente Google. Eppure non ho mai attivato l’Assistente su quel telefono. Però qui sono andato nell’app di Google, ho toccato le tre righe orizzontali (che qui sono in basso a destra) - Impostazioni - Impostazioni - Telefono, ho disabilitato Assistente Google e ora non risponde più ai comandi vocali. Inoltre il widget di ricerca in Google è inamovibile.

Per i miei Nexus 5X, l’unica soluzione che ho trovato e verificato è installare un launcher come Apex; questo disabilita il riconoscimento di “OK Google” e permette, se si vuole, di rimuovere il widget di Google dalla schermata Home del dispositivo.

Avete qualche soluzione migliore?


2018/05/03 8:20


Ho tenuto sotto osservazione la mia cronologia delle registrazioni vocali e non ho trovato attivazioni non intenzionali da quando ho installato il launcher alternativo. Direi che la soluzione non è perfetta ma funziona.


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2018/04/25

Condividere la propria localizzazione senza far installare app: Glympse

Ultimo aggiornamento: 2018/04/27 14:30.

Nonostante tutte le moderne tecnologie di geolocalizzazione integrate nei nostri smartphone, non è facile coordinare un raduno di tanti amici, colleghi o famigliari in un unico luogo e tenere traccia di dove sono tutti quanti. È difficile persino trovare il modo di comunicare la nostra posizione aggiornata a qualcuno con il quale abbiamo un appuntamento senza fermarci a scrivere un messaggio o telefonare, magari pericolosamente mentre si guida.

Certo, ci sono le app di localizzazione, ma di solito hanno il difetto che devono essere installate da tutti i partecipanti e spesso funzionano solo per un certo tipo di smartphone. Ma Glympse risolve in gran parte questi problemi: è gratuito e disponibile per Android e per iOS e non richiede necessariamente l’installazione.

Per esempio, immaginate di avere un appuntamento ma di essere imbottigliati nel traffico, per cui sarebbe comodo far sapere a un vostro amico dove siete e quanto manca al vostro arrivo, così non starà ad aspettarvi al freddo o sotto la pioggia. Se avete Glympse sul vostro smartphone, potete usarlo per mandare al vostro amico via mail, WhatsApp, Twitter, Telegram o altra app di messaggistica un semplice link a una mappa online che gli mostra nel browser questi dati, aggiornati in tempo reale, e gli fa sapere automaticamente quando arrivate sotto casa sua. L’amico non ha bisogno di installare nulla o di registrarsi, creare un account o condividere la propria rubrica degli indirizzi: il link funziona su qualunque smartphone e su qualunque computer.

Esistono anche i gruppi, che funzionano allo stesso modo e consentono a un gruppo di persone di sapere temporaneamente dove sono tutti i membri di quel gruppo.

In altre parole, solo chi vuole comunicare la propria posizione ha bisogno di installare l’app di Glympse, mentre chi vuole solo osservare le posizioni altrui non deve fare altro che cliccare sul link fornito. Questo è molto comodo per chi non vuole, non sa o non può installare app.

Potete scegliere facilmente per quanto tempo comunicare la vostra localizzazione, destinazione e velocità, fino a un massimo di 12 ore. Al termine di questo periodo la condivisione della localizzazione viene disattivata automaticamente. 48 ore dopo, i vostri dati di localizzazione raccolti da Glympse verranno resi anonimi e conservati solo in questa forma per essere venduti: è in questo modo che Glympse guadagna e si mantiene.

Ho provato Glympse di recente durante un viaggio, e funziona davvero bene, con indicazioni precise in tempo reale di posizione e velocità. I lettori mi hanno confermato di potermi seguire in tempo reale con facilità:



Anche se qualche errore non è mancato nelle zone dove le gallerie impedivano al mio smartphone di captare il segnale GPS:



Bisogna però fare un pochino di attenzione. I link temporanei di localizzazione sono utilizzabili da chiunque li venga a sapere e quindi ci si espone al rischio di essere pedinati da sconosciuti. Se si tratta di un evento pubblico questo certo non è un problema, ma se volete maggiore riservatezza potete creare un gruppo privato: in questo caso, però, è necessario che tutti i partecipanti usino l’app.

L’app chiede molti permessi nella sua installazione iniziale, ma è possibile limitarli e disattivare per esempio l’accesso al calendario, ai contatti, agli SMS e al telefono: funziona lo stesso.

In un’epoca in cui si comincia finalmente ad avere attenzione per la privacy digitale, avere un’app come Glympse, che consente di gestire la propria visibilità in modo semplice e intuitivo e di concederla solo quando si vuole, è un buon segno. Avere cura della propria privacy non significa rifiutare la tecnologia in blocco, ma soltanto quella troppo ficcanaso, e usare quella ben fatta.


Fonti aggiuntive: PC World, Android Guys, Lifewire.

2018/04/21

Telegram alle strette rivela il rischio di avere dispositivi chiusi come gli iPhone

Telegram è sotto attacco: la Russia lo accusa di favorire i terroristi dando loro un modo per comunicare senza essere sorvegliabili da parte delle autorità, ma il fondatore di Telegram, Pavel Durov, si rifiuta di dare alle autorità russe le chiavi di decrittazione dei messaggi degli utenti.

La sua argomentazione nel mettersi contro il volere di uno stato che ha dimostrato di non essere particolarmente tenero con chi non si adegua alle sue richieste è che consegnare le chiavi di decrittazione non avrebbe nessuna conseguenza utile per l’antiterrorismo: i terroristi non farebbero altro che spostarsi su un’altra app di messaggistica protetta.

Le autorità russe hanno reagito bloccando Telegram, ma Telegram ha trasferito i propri servizi sui cloud di Google e Amazon, per cui se le autorità vogliono bloccare Telegram dovrebbero bloccare tutto Google e tutto Amazon. Impraticabile, anche se la Russia attualmente ha bloccato circa 16 milioni di indirizzi IP, quasi tutti di Amazon Web Services e Google Cloud. Comunque gli utenti possono eludere il blocco.

Gli app store di Android (Google) e iOS (Apple) continuano ad ospitare l’app, ma BoingBoing coglie l’occasione per una riflessione di fondo: se Apple o Google cedono alle pressioni russe e bloccano l’app di Telegram, sarà molto difficile per gli utenti russi riuscire a procurarsela o ottenerne gli aggiornamenti.

Gli utenti Android dovranno solo attivare un’opzione del loro telefonino per installare Telegram da fonti alternative, ma gli utenti iOS dovranno fare i salti mortali (jailbreak) per fare altrettanto. È il difetto dei sistemi chiusi: creano un nuovo punto debole.


Fonte aggiuntiva: Sophos.

UFO e astronauti, come discutere con un lunacomplottista, segreti lunari: aggiornamento di “Luna? Sì, ci siamo andati!”

Ultimo aggiornamento: 2018/04/23 1:00.

Finito! Ho completato il caricamento online delle versioni aggiornate dei capitoli 11, 12, 13, 14, 15 e 16 di Luna? Sì, ci siamo andati, il mio libro gratuito di risposte alle tesi di complotto intorno agli sbarchi sulla Luna. Il libro è ora finito e completamente disponibile online nella sua nuova veste adatta anche per tablet e smartphone.

Nel Capitolo 11, UFO e allunaggi, mi occupo delle tesi che sostengono che gli astronauti lunari abbiano incontrato gli alieni sulla Luna. Le trovo spassose, perché se hanno incontrato gli extraterrestri sulla Luna, vuol dire che sulla Luna ci sono andati davvero, e quindi è meraviglioso prendere questi sostenitori e metterli contro quelli che negano le missioni lunari.

Ho colto l’occasione per parlare anche della recente “notizia” secondo la quale quattro astronauti Apollo sarebbero stati sottoposti alla “macchina della verità” per confermare che hanno visto degli UFO.

Nel Capitolo 12, Come discutere con i lunacomplottisti, spiego appunto alcune tecniche e alcune domande specifiche da fare ai sostenitori delle tesi di complotto per evitare di impantanarsi in discussioni estenuanti e spesso inconcludenti.

Nel tredicesimo capitolo, I veri segreti della Luna, accenno alcune delle storie poco conosciute delle missioni lunari, che prima o poi riuscirò (spero) a raccogliere in un libro apposito.

Nel quattordicesimo, In ricordo dei caduti, presento le foto e le storie degli uomini e delle donne che sono morti nel corso dell’esplorazione spaziale.

Il Capitolo 15, Per saperne di più, è un elenco di fonti fotografiche, bibliografiche e videografiche sul cospirazionismo lunare e sulle missioni Apollo.

Il Capitolo 16, Luna in cifre, riassume gli aspetti di ciascuna missione ed elenca i dati e le informazioni tecniche sui vari veicoli e strumenti utilizzati.

Luna? Sì, ci siamo andati ha superato da poco le 200.000 visualizzazioni ed è interamente gratuito, sostenuto solo dalle vostre gentili donazioni.

Buona lettura!


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2018/04/20

Podcast del Disinformatico del 2018/04/20

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!

Facebook tenta di far passare il riconoscimento facciale anche in Europa

Credit: Lorenzo Vianini.
Facebook sta iniziando a chiedere agli utenti europei e canadesi di attivare il riconoscimento facciale per identificarli nelle foto e anche nei video, come già avviene in molte altre regioni del mondo.

Nell’UE questo riconoscimento era stato interrotto nel 2012 in seguito alle obiezioni dei legislatori e delle associazioni di tutela della privacy.


Stavolta Facebook ci prova, in occasione dell’imminente entrata in vigore delle nuove norme GDPR, aggiungendo al riconoscimento facciale nuove funzioni per renderlo apparentemente più utile e appetibile per gli utenti, come nota Graham Cluley. Il comunicato stampa di Facebook parla della possibilità di sapere se qualcuno carica una vostra foto come immagine del proprio profilo e quindi evitare che qualcuno si spacci per voi, oppure di sapere quando qualcuno vi include in una foto senza taggarvi.

Il riconoscimento facciale sarebbe utile, dice Facebook, anche per gli ipovedenti, perché consentirebbe al social network di descrivere a parole il contenuto di un’immagine, come già avviene in parte già ora.

È piuttosto evidente che questa raccolta di massa di immagini catalogate comporta un rischio di privacy, molestia, stalking e abuso generale molto elevato, e Facebook non ha un passato particolarmente brillante in questo senso, per cui è consigliabile disattivare quest’opzione.

Il guaio è che nonostante tutte le promesse di redenzione fatte da Facebook, le prime segnalazioni indicano che l’opzione di riconoscimento facciale è attivata per impostazione predefinita, almeno in questa fase introduttiva, e spetta all’utente accorgersi che c’è e disabilitarla.

Sull’app, toccate l’hamburger (le tre linee orizzontali), andate in Impostazioni - Privacy e cercate Riconoscimento facciale.




Se invece usate il sito Web di Facebook, provate questo link:

https://www.facebook.com/settings?tab=facerec

Non tutti trovano quest’opzione. Ho chiesto ad alcuni lettori, che l’hanno trovata attivata e mi hanno mandato le schermate che vedete qui sopra. Conviene quindi restare vigili.

Allerta in Minecraft per skin infettate, ma niente panico

Le skin di Minecraft incriminate. Credit: Avast.
Kotaku segnala che oltre 50.000 giocatori di Minecraft sono alle prese con un allarme virus. Avast spiega che alcune skin caricate sul sito ufficiale di Minecraft contenevano malware. Se uno dei 74 milioni di giocatori di Minecraft le scarica, questo malware potrebbe in teoria riformattare i loro dischi rigidi e cancellare i dati di backup.

I giocatori, però, possono stare tranquilli: le skin sono state rimosse e il pericolo è passato. Secondo gli sviluppatori di Minecraft, anzi, il pericolo probabilmente era solo apparente, perché le skin sono immagini in formato PNG e, come tutte le immagini in questo formato, possono contenere metadati di vario genere, e qualcuno ha pensato di inserire in queste skin del codice ostile, che viene riconosciuto dagli antivirus come malware. Ma questo codice è confezionato in un modo che rende praticamente impossibile eseguirlo e quindi infettarsi.

Minecraft ha colto l’occasione per attivare dei filtri che rimuovono dalle skin eventuali metadati di qualunque genere.

Niente panico, quindi, e buon divertimento.

Due chiacchiere con “Berenice Dupons”, un truffatore sentimentale: bot o umano?

Ultimo aggiornamento: 2018/04/20 13:20.

L’altro ieri mi sono intrattenuto brevemente con uno dei tanti truffatori che si spacciano in chat per belle ragazze per sedurre le persone e ottenerne denaro. Stavo concludendo il salvataggio di un ragazzo che era finito nelle loro grinfie.

Ho notato che la qualità delle chat di questi truffatori è calata moltissimo rispetto al passato, tanto da dare l’impressione che non siano più gestite da persone reali ma siano almeno in parte generate da sistemi automatici.

Ecco un brano della nostra “conversazione”: le parole del truffatore sono in corsivo, mentre le mie risposte da pseudofeticista dei piedi con le fette di salame sugli occhi sono in caratteri normali.

Ciao

ciao

cómo está usted
Come state

Bene grazie!

OK cosa stai facendo bella
cosa stai facendo in questo momento
Ciao, sono Bérénice Dupons e io
Sono 34 anni, franco-italiano
e io sono un parrucchiere [manda foto non esplicita di volto di donna]

In questo momento sto guardando la tua foto. Sei molto bella. I tuoi capelli sono splendidi.

Grazie mille mi puoi inviare una tua foto
Cosa hai fatto nella vita
Essere qui, mi piacerebbe incontrarti
Sii quello
Ciao

Ciao scusa stavo lavorando. Faccio il giornalino
Giornalista

OK ma possiamo discutere ora

Certo, però non mandarmi foto adesso perché mi stanno guardando

OK vita da solo o in famiglia

Famiglia
E tu?

Solo e sto cercando un uomo per vivere la mia vita con lui e per fondare una famiglia

scusa se ti faccio una domanda intima
Perché dici "solo"? Al maschile? Sei un uomo o ti consideri uomo? Non è un problema, è solo una curiosità mia.

Scusa, ho sbagliato ma ho detto di essere in relazione con te

Ah, ho capito!
Posso farti ancora una domanda?

si

Come mai una donna bella come te non ha ancora trovato un uomo giusto?

Perché non ho ancora trovato l'uomo della mia vita

Lo so. Ma cosa cerchi in un uomo?

Sì, ma volevo che quest'uomo fosse te

Non so se posso essere l'uomo giusto.

Sì, penso che sarei con te e avessi dei figli da te, sono con te mi sono innamorato di te

mi dici cose bellissime [notare “innamorato” al maschile]

Sì, ti amo con tutto il mio cuore

mi piace tanto quando mi parli così.

Ora sono da solo. Puoi mandarmi una tua foto? Sono troppo indiscreto se ti chiedo una foto dei tuoi piedi?

Amore mio, voglio stare con te per tutta la vita [allega foto della stessa donna in bikini]

BELLISSIMA!

Grazie mille, ma mi piacerebbe essere con te per tutta la vita il mio cuore e avere figli di te

Ti prego mi piaci tantissimo fammi vedere i tuoi piedi [sto provando se riconosce parole chiave come “foto” o appunto “piedi”. “Il mio cuore” sembra una traduzione letterale dal francese]

OK, ma puoi mandarmi vivere con te il mio cuore

non ho capito

Mi piacerebbe vivere con te il mio cuore

mandami ancora una foto ti prego

Voglio vivere il mio cuore con te [altra foto in intimo, stavolta bionda. Nessuna delle foto fin qui risulta in Tineye o Google Immagini]
Il mio cuore è presente a te

Come bionda sei incredibile
cosa posso fare per incontrarti

Il mio cuore può aiutarti ad unirti a me

dimmi cosa devo fare
sono il tuo schiavo se vuoi

Il mio cuore mi piacerebbe che tu mi mandassi 600 euro per poterti unirmi al mio cuore [aha, eccoci ai soldi. Quando mi ha chiesto la mia foto, pensavo fosse un ricattatore di quelli che ti invita a mandare foto o video compromettenti e poi minaccia di pubblicarli]

come posso mandarti questi soldi?

Il mio cuore me lo puoi inviare da Western Union il mio cuore
Il mio cuore sono in viaggio, ma mi piacerebbe venire con te

Anche a me piacerebbe venire con te

Il mio cuore se io vengo domani per unirti a te, viaggeremo insieme il mio cuore, stai bene

domani? dove??

Ho il mio cuore se hai inviato la somma domani alle 10 di Western Union. Mi farò entrare nel mio cuore

Lo posso fare, ma mi devi dare le istruzioni. E ti prego di mandarmi una foto dei tuoi piedi. Sono sicuro che sono bellissimi. Li voglio baciare.

Le risposte del truffatore sono incoerenti e sgangherate: risponde bene alla richiesta di foto, ma evita di rispondere a domande più articolate. La ripetizione ossessiva di “il mio cuore” è quasi comica.

A questo punto la perla per la quale è valsa la pena di intrattenere questa conversazione.

Ok, il mio cuore ti manderà, ma ha coordinato il mio cuore
nome berenice
Cognome, ingannando
Città Abidjan
Paese, Costa d'Avorio
codice postale, 225
Il mio cuore mi manderà la somma ha il mio cuore

Schermata (la foto è reperibile in Tineye e Google Immagini):



Quando finalmente smetto di ridere, proseguo:

Tu abiti in Costa d'avorio?

Nessun grano che sto facendo affari in Costa d'Avorio, il mio cuore
Il mio cuore voglio stare con te

Però 600 euro sono tanti. Mandami ancora una foto, ti prego.

Il mio cuore può mandarmi quanto e lo completerò per unirti al mio cuore
Il mio cuore mi ha mandato 500euro il mio cuore e io ti raggiungerò il mio amore voglio stare con te
Il mio cuore mi disconnetterà, ma mandami la somma alle 10 del mattino e verrò a unirti a te cuore mio ti amo con tutto il cuore e vorrei essere con te il mio cuore
Il mio cuore voglio stare con te per tutta la vita amore mio

la foto è bellissima. Ma se io ti mando 600 euro tu come li spenderai? Ti comprerai un bel vestito e mi manderai la foto? [provo a vedere se reagisce alla parola “foto” fuori contesto]

Sì, il mio cuore vorrei fare tutto ciò che vuoi
Il mio cuore può mandarmi la somma di fila e io ti raggiungerò nel mio cuore
Il mio cuore mi piacerebbe che se vedi il mio messaggio vai direttamente all'amministrazione per rendere il trasferimento il mio cuore
Il mio cuore mi ha mandato la somma in modo che io possa essere con te amore mio per tutta la vita, scollegherò il mio cuore sì hai levigato il mio messaggio allesir per effettuare il trasferimento e mi ha inviato la ricevuta della coda il mio cuore ti amo di tutto il mio cuore se vuoi stare con me per tutta la vita mi ha mandato la somma che verrò a raggiungerti il mio cuore

Mandami una foto dei tuoi piedi [il corteggiamento è finito, vado al sodo]

ok mio cuore [allega foto esplicita, senza piedi visibili]
Il mio cuore voglio essere con te amore mio

Hai un cirbione vagolato in chiorbe [vediamo come reagisce a parole senza senso].

Il mio cuore ti giuro che se hai inviato la somma e che mi unisco a te, ci faremo amare più volte se lo desideri
Vorrei che tu mi mandassi la somma di fila e che verrò a unirti a te nel mio cuore
Il mio cuore vuoi stare con me
il mio cuore è tuo
😘
😘
😘
Il mio cuore spero che tu faccia parte del trasferimento e se tu invii la somma andrò ad unirti a te cuore mio ti giuro di essere l'unica persona che mi dà la vita nel mio cuore
Il mio cuore 600 euro
Amore mio Ti amo con tutto il cuore Vorrei essere con te e vivere il resto della mia vita con te il mio cuore e vorrei che tu mi mandassi la somma in modo che potessi unirti a te cuore mio
Il mio cuore mi fido di te completamente e so che mi lascerai cadere nel mio cuore opaco, incrocio nel nostro amore il mio cuore
amore mio ti amo con tutto il cuore e mi piacerebbe vivere con te amore mio





Foto [vediamo se reagisce alla parola da sola]

Il mio cuore ti invierà i soldi in modo che io possa venire e unirti a te
Se hai intenzione di mandarmi la somma, dimmi se non ti è stata inviata la somma che mi ha detto, voglio stare con te
Il mio cuore ti invierà la somma o no perché voglio essere con te il mio cuore [allega foto molto esplicita]

A questo punto lascio perdere, ma “Berenice” non molla. A intervalli di tempo mi manda messaggi.

Il mio cuore se hai inviato la somma lo avrai solo per te solo il mio cuore
Il mio amore ti aspetto spero che conosca il trasferimento fai parte
Il mio cuore, se sei connesso, spero che mi manderai la somma per farmi venire a unirti al mio cuore
Il mio cuore ti amo con tutto il cuore voglio stare con te e renderti felice
Il mio cuore mi ha mandato la somma e verrò a raggiungerti il mio cuore e ho passato il resto della mia vita con te
il mio cuore
Il mio cuore spero che tu faccia il trasferimento Voglio stare con te per tutta la vita il mio cuore
Il mio cuore buona notte e fai bei sogni andrò a letto se non hai fatto il trasferimento oggi fatto domani mattina alle 10 e voglio venire con te il mio cuore e mi ha mandato la ricevuta del codice per me Puyisse andare rimosso la somma il mio cuore

Non ho idea di cosa significhi Puyisse, però Google lo trova come errore frequente di ortografia francese al posto di puisse, voce del verbo pouvoir, ossia potere (come in après un long temps d'attente a été coupée sans que je puyisse parler à ce technicien, trovato da Google).

Stamattina ho lasciato al truffatore un’ultima esca:

Ciao bellissima Berenice, ieri sono andato a Western Union ma mi hanno detto che non devo mandare soldi a te perché forse sei un truffatore. Io non so cosa fare. Aiutami.

Attendo sviluppi dall’avvenente Berenice Ingannando :-)


2018/04/20 13:20



Ho raccontato la vicenda di Berenice nella diretta del Disinformatico radiofonico di stamattina. Il truffatore non si era più fatto vivo, per cui pensavo che la cosa fosse chiusa dopo il mio messaggio riguardante Western Union. Ma poco fa “Berenice” si è rifatto vivo, con tanto di foto:

Il mio cuore ha detto loro che siamo già visti e che vuoi mandarmi dei soldi per farmi tornare e per farci vivere insieme il mio amore
Condiviso in un'altra agenzia della Western Union ha detto che conosciamo già MVU e io sono tua moglie, ma vengo in congedo in Costa d'Avorio che ho più soldi per tornare indietro e per lei mi vuoi ho mandato dei soldi per farmi tornare il mio amore ha reso possibile tutto il possibile perché voglio stare con te per tutta la vita il mio cuore

Schermata (con foto pixelizzata da me)

Il mio cuore devi far credere loro che abbiamo già visto il mio amore voglio stare con te, devi lasciare in un'altra agenzia il mio amore e dire loro che stavo venendo per partire in Costa d'Avorio e che ho più soldi per tornare a causa del suo desiderio mi hai mandato la somma il mio cuore ha fatto tutto il possibile per inviarmi la somma oggi il mio amore voglio essere con te il mio cuore
Il mio cuore ti amo con tutto il mio cuore voglio essere tu avgec per tutta la vita il mio cuore ha fatto e mi ha mandato la somma che ti unirò il mio cuore
Amore mio fatto per il nostro amore Voglio stare con te per tutta la vita

Che faccio? Vado avanti?

2018/04/19

Riconoscere i video manipolati con l’Intelligenza artificiale

Sta circolando su Internet un video nel quale l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dalla Casa Bianca, fa un discorso formale per avvisare che “stiamo entrando in un’era nella quale i nostri nemici possono far sembrare che chiunque abbia detto qualunque cosa in un qualunque momento” e poi usa un termine volgare per definire l’attuale presidente Trump.

Una caduta di stile decisamente insolita per Obama, che è il primo sintomo che il video è falso: è un cosiddetto deepfake, ossia un video realizzato usando tecniche di intelligenza artificiale per applicare automaticamente il viso di una persona sopra una ripresa del volto di un’altra.

In questo caso il soggetto originale è il creatore del video, il regista, attore e comico premio Oscar Jordan Peele, che ha realizzato il video per mettere in guardia contro questo nuovo traguardo della falsificazione digitale, grazie al quale, o forse per colpa del quale, non possiamo più credere a quello che vediamo online se non proviene da una fonte attendibile.



L’inganno non è ancora perfetto: i movimenti del falso Obama sono ancora leggermente incerti e innaturali, ma il video è comunque sufficiente a ingannare la maggior parte degli spettatori distratti, specialmente se visto sul piccolo schermo di uno smartphone, e la qualità non potrà che migliorare rapidamente man mano che verrà perfezionata la tecnologia. I deepfake sono la nuova frontiera delle fake news.

Sapere che esistono questi falsi video quasi perfetti e riconoscerne le imperfezioni rivelatrici, come per esempio i movimenti imprecisi della bocca, è il primo passo per evitare di esserne ingannati, ma non basta: servono degli strumenti informatici che consentano di rilevare le tracce matematiche della manipolazione. Una sorta di antivirus contro le fake news video.

Per fortuna esiste già: lo hanno presentato di recente alcuni ricercatori dell’Università Tecnica di Monaco, in Germania, e si chiama XceptionNet. Per riconoscere i video falsi usa le stesse tecniche di intelligenza artificiale usate per crearli: i ricercatori gli hanno mostrato oltre un migliaio di video e mezzo milione di immagini, indicandogli quali avevano subìto manipolazioni e quali no, e così XceptionNet ha imparato a identificare i falsi meglio di un essere umano.

Durante i test condotti dai ricercatori, guidati dal professor Matthias Niessner, le persone alle quali veniva mostrato un assortimento di video veri e falsi li classificavano correttamente nel 50% dei casi, mentre il software azzeccava la risposta giusta dall’87% al 98% dei casi, specialmente quando doveva classificare video fortemente compressi, che sono particolarmente difficili da diagnosticare per gli esseri umani.

Il software, descritto nell’articolo scientifico dei ricercatori intitolato FaceForensics: A Large-scale Video Data Set for Forgery Detection in Human Faces, non è ancora disponibile al pubblico, ma i suoi creatori si aspettano che venga integrato direttamente nelle app usate per navigare in Rete o guardare video, in modo da analizzare i video guardati e consentire all’utente di ricevere automaticamente un avviso se un’immagine o un video che sta guardando ha subìto interventi di modifica.

In attesa che arrivi sul mercato questo rivelatore di fake news video è comunque opportuno imparare ad essere scettici su quel che si vede in Rete e anche sui mezzi di comunicazione di massa tradizionali, e aguzzare la propria intelligenza naturale.


Questo articolo è basato sul testo preparato per il mio servizio La Rete in 3 minuti per Radio Inblu del 19 aprile 2018. Fonte aggiuntiva: Digital Trends, Technology Review, Svencharleer.com.

Intelligenze artificiali per creare cartoni animati o isolare voci

Ultimamente si fa un gran parlare di intelligenza artificiale: sembra quasi che qualunque progetto informatico o tecnologico che non includa queste parole magiche sia da cavernicoli, e molti fra i non addetti ai lavori immaginano chissà quali computer superintelligenti o robot assassini pronti a dominare il mondo e renderci schiavi.

La realtà, per fortuna, è molto diversa: quella che oggi viene chiamata “intelligenza artificiale” non è un’intelligenza generalista ma è una tecnologia che risolve un singolo problema ben specifico ma non è capace di fare altro. Però quello che fa, lo fa con una capacità sorprendente.

Prendete per esempio il progetto presentato di recente dall’Allen Institute for Artificial Intelligence di Seattle, negli Stati Uniti: è un software superspecializzato, chiamato Craft, che è capace di creare un cartone animato dei Flintstones tutto da solo, partendo soltanto da una descrizione scritta delle situazioni da animare. Craft è stato addestrato dandogli in pasto circa 25.000 spezzoni di questi popolarissimi cartoni classici, ciascuno dotato di una descrizione testuale, ed è capace di decodificare queste istruzioni e cucire insieme gli elementi contenuti negli spezzoni per creare un cartone nuovo.


I risultati non sono da premio Oscar, ma sono un’anteprima dimostrativa di quello che potrebbe accadere fra qualche anno: invece di spendere mesi e milioni per creare un cartone animato, gran parte del lavoro ripetitivo, tipico di questa forma d’arte, che richiede dieci o più disegni per ogni secondo di durata, potrebbe essere delegato a un’intelligenza artificiale specializzata, lasciando agli artisti gli aspetti creativi e permettendo quindi a chiunque di portare sullo schermo storie che prima sarebbero state impossibilmente costose e laboriose da animare.

Un altro esempio di queste intelligenze artificiali dedicate a un singolo compito arriva da Google, che ha presentato una dimostrazione di un sistema che riesce a isolare una singola voce da un gruppo di persone che parlano contemporaneamente: una cosa che noi umani sappiamo fare molto bene ma che i computer normalmente fanno malissimo. La tecnica usata da questo sistema è molto umana: l’intelligenza artificiale si addestra guardando i volti delle persone mentre parlano singolarmente e impara a riconoscere i suoni corrispondenti alla forma della loro bocca. A quel punto è capace di scartare tutti i suoni estranei.



I risultati sono impressionanti e le applicazioni sono molto promettenti: questo sistema di Google sarebbe utilizzabile per esempio per rendere più comprensibile la voce di una persona che fa una videochiamata in una stanza affollata e rumorosa oppure per creare apparecchi acustici che fanno sentire bene solo la voce della persona che ci sta davanti e smorzano tutte le altre, per esempio in un locale pieno di persone che chiacchierano.



Naturalmente questo tipo di ascolto selettivo, che Google sta già valutando di includere in alcuni dei propri prodotti, sarebbe utilizzabile anche in modi più controversi. Per esempio, sarebbe perfetto per le intercettazioni o per spiare una conversazione in un ambiente rumoroso. Ma di certo il settore dell’intelligenza artificiale, che sta compiendo progressi rapidissimi, non è pronto per dominarci tutti, ma è solo un utile servo. Almeno per ora.


Questo articolo è basato sul testo preparato per il mio servizio La Rete in 3 minuti per Radio Inblu del 16 aprile 2018. Fonte aggiuntiva: Engadget,

2018/04/17

Nufologia: l’“UFO” avvistato vicino alla Stazione Spaziale

Credit: Wired/NASA/kingwilly200
Wired.it segnala (purtroppo regalandogli clic) l’ennesimo video ufologico che asserisce di documentare la presenza di un UFO vicino alla Stazione Spaziale Internazionale in una delle riprese delle telecamere esterne, diffuse in streaming.

Il video mostra (da 0:57 in poi) solo delle macchie luminose indistinte che lampeggiano. Ma questo sarebbe sufficiente, stando allo “scopritore” di questo fenomeno, tale kingwilly200, per dichiarare che si tratta di “un’astronave aliena di quasi un chilometro di larghezza”.

Come faccia kingwilly200 a determinare le dimensioni di un oggetto senza aver alcun riferimento o parallasse non è chiaro. Come faccia poi a sapere che l’oggetto è sicuramente un’astronave, e per di più aliena, è ancora meno chiaro.

L’unica cosa chiara è che si tratta di uno dei tanti, troppi ufologi la cui fantasia galoppa a senso unico: qualunque bagliore è per forza un’astronave aliena. Questo modo insensato di ragionare è una piaga per tutta l’ufologia. È come dire “ho sentito un rumore di zoccoli, sarà sicuramente un unicorno”. L’idea che possa essere un cavallo, un asino o una zebra, per esempio, non sfiora nemmeno questi diversamente pensanti.

In questo caso basta ragionare un attimo. La parte della Stazione che si vede è uno dei suoi bracci robotici esterni, che ruota lentamente su se stesso. I bagliori che costituirebbero l’“astronave aliena” sono sincronizzati con i riflessi del sole sull’oggetto scatolare visibile in basso a sinistra: man mano che l’oggetto scatolare ruota insieme al braccio e l’angolazione del sole cambia per via del moto orbitale della Stazione, anche i bagliori ufologici si spostano e cambiano.

L’UFO è semplicemente una serie di riflessi interni dell’obiettivo della telecamera: è un fenomeno frequentissimo nelle foto ufologiche scattate in presenza di sorgenti luminose puntiformi, come per esempio i lampioni: nell’angolo diagonalmente opposto della foto compare un bagliore.

@ufoofinterest, bravo e paziente analista di immagini ufologiche, ha preparato un video che spiega più chiaramente il fenomeno:




Ancora una volta, insomma, gli ufologi si fanno prendere da entusiasmi inutili e rivelano la propria incompetenza e incapacità di ragionare e informarsi.

2018/04/16

Quiz: cosa sapete scoprire di questo quadro?

Ultimo aggiornamento: 2018/04/17 9:00.

Ho un quesito da proporvi: questa è una serie di foto, scattate da me, di un quadro che è coinvolto in un’indagine di cui mi sto occupando. Per ora non posso dirvi altro, oltre al fatto che se avete amici o colleghi esperti d’arte potrei avere bisogno del loro aiuto.




Gli unici indizi che vi posso dare sono questi:

-- il testo sul retro, che è

(I° basso)
IV
Casella
Alassio '68

-- e il testo della dicitura sopra l’aggancio, che è

Santino
Munerato
Cornici
via Olmetto 3
Tel. 861123
Milano


Casella dovrebbe essere il cognome dell’artista. In tal caso, chissà qual è dei tanti Casella presenti nel Catalogo Generale dei Beni Culturali. Magari nessuno. Magari è Cesare Casella (scovato da Emanuele676) o Maria Casella (trovata da losanga). Non ne ho idea. Il quadro non è firmato dall’artista sulla parte dipinta.

Vi risparmio la ricerca in Tineye: il quadro non c’è.

Invece Santino Munerato, a quanto pare, era un corniciaio ben stimato, secondo questi siti e questo libro. Forse era anche un collezionista d’arte, secondo questo libro. Ma oggi a Milano, in via Olmetto o altrove, non c’è.

Non posso dirvi altro, per ora.

Buona caccia!


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2018/04/15

Il Corriere intervista due “respiriane”: “Il cibo non è utile”. Incoscienza pura

Ultimo aggiornamento: 2018/04/15 16:10.

Federica e Marta, respiriane: «Il cibo non è utile, ci nutriamo d’energia. A casa non ci sono più pentole». Questo è il titolo dell’articolo pubblicato da Livia Fonsatti sul Corriere della Sera: un’intervista totalmente acritica che pubblicizza una cretinata pericolosissima come l‘“alimentazione pranica”, secondo la quale il cibo non serve: “normalmente non mangiano e se lo fanno è solo per voglia, non per appetito. Perché si saziano dell’energia positiva che le circondano,” spiega Livia Fonsatti.

Il resto dell’articolo, ora rimosso ma custodito qui presso Archive.is, è una incosciente, irresponsabile istigazione all’anoressia:

Federica: «Oramai ho quasi del tutto abbandonato i cibi solidi. Io non ho desiderio di assumere cibo, perché sono immersa in quello che mi circonda. Questo senso di pienezza interiore mi soddisfa e non mi fa avere bisogno di null’altro».
Marta: «Ogni tanto mangio, ma il più delle volte mi basta un brodino o delle tisane».

Federica e Marta sono due “respiriane”: due persone che sono state sedotte dall’idea folle che si possa vivere senza mangiare o con regimi alimentari da denutrizione. Parliamoci chiaro: le “energie positive” al posto del cibo sono una cazzata. Il respirianesimo ha già causato morti. Promuoverlo è una pazzia letale.

Se una testata come il Corriere pubblica un articolo come questo, vuol dire non solo che assume giornalisti incoscienti, ma anche che c’è un processo redazionale in crisi profonda. Non è la prima volta che succede: qualcuno di voi ricorderà quell’articolo sul respirianesimo intitolato “Vivere senza cibo, sempre più italiani scoprono il 'respirianesimo'” e pubblicato senza pudore da ADN Kronos nel 2015.

Sarebbe interessante andare a vedere quanti, di quei “respiriani” che si vantavano di vivere d’aria tre anni fa, praticano ancora questa forma di suicidio al rallentatore e sono ancora vivi e in salute. E prego solo che Livia Fonsatti non debba, fra qualche mese, scrivere un articolo che racconta l’epilogo amarissimo della storia di Federica e Marta. Perché gli articoli irresponsabili si rimuovono facendo finta di niente: i morti di anoressia no.


2018/04/15 16:10. Il Corriere sembra voler mettere una pezza e pubblica un’intervista a un medico, Stefano Erzegovesi, “psichiatra, nutrizionista e responsabile del Centro per i disturbi alimentari dell’Ospedale San Raffaele di Milano”, che spiega la pericolosità di questi comportamenti e il loro effetto euforizzante iniziale:

[...] si scatena una sorta di effetto drogante nel loro cervello dovuto al digiuno, [...] l’organismo risponde tirando fuori una reazione dei nostri antenati: la ricerca di cibo tiene il corpo sveglio, tonico, reattivo e allo stesso tempo il cervello è lucido, il pensiero è rapido. [...] [P]er chi soffre di anoressia questo periodo viene definito come “luna di miele”. [...] [I]l tempo di reazione è lungo diverse settimane, in alcuni casi può durare qualche mese, [poi] [i]l cervello va in tilt, iniziano le ossessioni, l’umore è instabile e con sbalzi rilevanti, i nervi sempre scoperti. La “luna di miele” finisce.

Ringrazio Enrico P. per la segnalazione. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

La TV svizzera indaga sull’Internet delle Cose: quante telecamere vulnerabili

Nei mesi scorsi ho collaborato con la trasmissione Patti Chiari della Radiotelevisione Svizzera per esplorare l’Internet delle Cose. Io mi sono occupato in particolare delle telecamere di sorveglianza vulnerabili. Abbiamo visto cose che non è possibile mostrare in televisione, neanche censurandole, e che avrebbero consentito ricatti personali devastanti a uomini e donne.

Il risultato dell’inchiesta, arricchito dai contributi di molti esperti informatici, è andato in onda venerdì scorso (13 aprile) e lo potete vedere qui (con materiali supplementari) oppure qui sotto.








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2018/04/14

Pronti dieci capitoli di debunking dei complotti lunari: intervisto l’astronauta Terry Virts

Ultimo aggiornamento: 2018/04/15 11:05. 

Sono pronte le versioni aggiornate del nono e decimo capitolo di Luna? Sì, ci siamo andati, il mio libro gratuito di risposte alle tesi di complotto intorno agli sbarchi sulla Luna.

Nel nono capitolo c’è anche una mia brevissima intervista di chiarimento all’astronauta statunitense Terry Virts, coinvolto suo malgrado in una di queste tesi. Nel decimo, invece, mi occupo dei metacomplotti, ossia delle tesi di complotto che giustificano i presunti errori della presunta messinscena e tentano di rispondere alla domanda “ma se ci sono così tanti errori, chi ha fatto la cospirazione era un cretino?”

Il libro è stato già sfogliato da circa 182.000 visitatori da dicembre scorso; il dubbio più letto continua a essere quello sul presunto mistero delle ombre non parallele. Ma mi fa piacere che al secondo posto ci sia una sezione non complottista e puramente descrittiva: quella dedicata alla tecnologia fotografica Apollo.

Il testo, estesamente aggiornato, è stato reimpaginato per renderlo più leggibile anche sugli schermi piccoli dei telefonini. Buona lettura.


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2018/04/13

Stasera alle 20:30 sarò al MUSE di Trento per parlare di tecniche d’indagine anti-fake news

Ultimo aggiornamento: 2018/04/15 17:20.

Questa sera (13 aprile) 20.30 sarò al MUSE, a Trento, per raccontare le tecniche e gli strumenti per distinguere tra fatti e bufale nei media moderni, nell’ambito di SmartCityWeek.


2018/04/14 23:40. Trovate qualche dettaglio in più qui su L’adigetto, Opinione e in questa pagina di SmartCityWeek. So che l’intervento è stato trasmesso in streaming e quindi probabilmente registrato, ma non so se sia disponibile online. Se lo scoprite, segnalatemelo. Intanto pubblico qui un paio di tweet della serata (e del post-serata birraiolo). Grazie a tutti di aver partecipato e a SmartCityWeek per l’ottima ospitalità e organizzazione.









2018/04/15 17:20. Un lettore, abc, ha trovato il link al video della serata su Youtube.

Podcast del Disinformatico del 2018/04/13

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Il video della piegatura del chiodo “con il pensiero” è qui sotto. Buon ascolto!

Incidente mortale in California con guida assistita, Tesla incolpa esplicitamente il conducente



Ultimo aggiornamento: 2018/04/15 01:00.

Pochi giorni fa ho provato personalmente l’Autopilot più recente di Tesla e ora mi è molto più chiara la dinamica dell’incidente che è costato la vita a un utente di una Model X, Walter Huang, su un’autostrada californiana meno di un mese fa. Per questo credo che sia importante scrivere un chiarimento e lanciare pubblicamente un monito a tutti coloro che usano le Tesla e le altre auto a guida assistita: non fidatevi eccessivamente di questi sistemi e rispettatene scrupolosamente i limiti restando sempre pronti a intervenire, perché commette errori estremamente pericolosi.

Riassumo la dinamica dell’incidente, descritta in dettaglio qui: a una biforcazione di un’autostrada presso Mountain View, la Tesla di Huang ha colpito frontalmente la testata dello spartitraffico in cemento che divide le due carreggiate. L’attenuatore d’urto dello spartitraffico era già stato distrutto da un incidente precedente di un’auto convenzionale e quindi l’impatto è stato violentissimo.

I dati di bordo indicano che al momento dell’impatto il sistema di guida assistita (non autonoma) dell’auto, denominato Autopilot, era stato attivato da Huang. Il sistema aveva avvisato Huang ripetutamente di riprendere il controllo e le mani del conducente non erano sul volante nei sei secondi precedenti la collisione. Huang non ha intrapreso alcuna azione correttiva.

La vedova di Huang si appresta ora a fare causa a Tesla per la morte del marito e Tesla ha risposto con toni decisamente insoliti per una casa automobilistica, dando inequivocabilmente la responsabilità dell’incidente a Huang:

[...] Secondo la famiglia, il signor Huang era ben consapevole che l’Autopilot non era perfetto e aveva detto specificamente alla famiglia che non era affidabile proprio in quel luogo, eppure ha attivato l’Autopilot in quel luogo. L’incidente è avvenuto in una giornata limpida, con alcune centinaia di metri di visibilità anteriore, e questo significa che l’unico modo in cui questo incidente può essere accaduto è che il signor Huang non stava prestando attenzione alla strada nonostante il fatto che l’auto abbia fornito numerosi avvisi di farlo. [...]

Il comunicato integrale di Tesla è qui su Bloomberg.

Ma come mai l’Autopilot della Tesla di Huang ha sbagliato così disastrosamente? L’ho visto all’opera personalmente durante un recente viaggio su una Model S P100D dotata della versione più recente del sistema di guida assistita. Il mantenimento di corsia si basa fondamentalmente sulle telecamere di bordo, che rilevano le strisce che delimitano le corsie. Ma basta poco per confondere questo rilevamento.

Nel mio caso, su un tratto libero di autostrada svizzera nel quale erano state aggiunte delle strisce provvisorie per dei lavori, l’Autopilot ha riconosciuto ripetutamente soltanto le strisce bianche normali e quindi ha iniziato a sbagliare l’inserimento in corsia, spostandosi verso l’area dei lavori. Ma il conducente, accanto a me, era pronto a intervenire, come è giusto che sia e come Tesla ribadisce costantemente ad ogni attivazione dell’Autopilot, e quindi lo scostamento è stato minimo.

Senza l’intervento del conducente, però, le conseguenze sarebbero state preoccupanti. Proprio per questo Tesla visualizza promemoria e allarmi visivi e acustici molto chiari, arrivando a disabilitare l’Autopilot fino alla sosta successiva se il conducente ignora gli allarmi e non rimette le mani sul volante.




Nel caso di Huang, la striscia di sinistra della sua corsia si divideva a Y presso la biforcazione, creando un tratto nel quale la striscia sdoppiata formava una sorta di corsia fantasma che termina proprio contro lo spartitraffico.

La zona dell’incidente in Google Maps, secondo i dati di Mercury News. L’auto proveniva da sinistra; lo spartitraffico è sulla destra.

La zona dell’incidente in Google Street View.

L’ipotesi più plausibile è che l’auto abbia interpretato questa corsia fantasma come una corsia reale, usando come riferimento la striscia di sinistra e quindi interpretando la corsia fantasma come proseguimento di quella reale che stava occupando, e vi si sia posizionata. Il radar di bordo non avrebbe individuato lo spartitraffico, forse a causa del suo accartocciamento che lo rendeva poco riflettente al segnale emesso dall’auto.

Un’altra Tesla compie lo stesso errore nello stesso punto. Immagine tratta da questo video.

L’incapacità dell’attuale Autopilot di gestire questa configurazione stradale è evidenziata in questo video, che si riferisce a un’altra biforcazione:



I dati raccolti dagli enti di sicurezza (NHTSA, pagina 11) indicano che in generale l’Autopilot riduce gli incidenti rispetto alle stesse auto guidate manualmente, ma questo non vuol dire che lo si debba usare intenzionalmente al di fuori dei suoi limiti di competenza, che sono molto evidenti: è un ottimo ausilio nelle code o su autostrade libere e con segnaletica orizzontale ben demarcata, ma si confonde molto facilmente in molte altre situazioni, come fanno del resto i sistemi delle altre marche.
Dal manuale della BMW Serie 7 del 2016. Fonte: NHTSA.

Dal manuale della Volvo XC90 del 2016. Fonte: NHTSA.
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