Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2013/09/27
La mappa aggiornata dei rischi in Rete
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 27/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
I
rischi su Internet si evolvono e cambiano in continuazione: un
rapporto
appena pubblicato dalla società di sicurezza F-Secure fa il punto
della situazione delle minacce informatiche nei primi mesi del 2013.
In
cima a questa classifica c'è Java: gli attacchi basati su
vulnerabilità in questo componente dei principali sistemi operativi
hanno costituito quasi la metà di tutti gli attacchi rilevati. Anche
una falla nei font TrueType per gli utenti Windows si è piazzata in
alto, con il 10%.
Cambiano
anche gli scopi degli attacchi: come in passato, i computer e gli
altri dispositivi vengono infettati per ottenerne estorsioni
(ransomware),
intercettare transazioni bancarie, rubare password, ma a queste
motivazioni e monetizzazioni classiche si affianca oggi l'uso dei
computer altrui per estrarre Bitcoin, moneta virtuale il cui tasso di
cambio rispetto a quella tradizionali è recentemente aumentato
vertiginosamente, rendendo molto appetibili questi attacchi.
Fra
i sistemi operativi per dispositivi mobili, quello maggiormente preso
di mira è Android, e quest'anno è comparso Stels, il primo malware
per Android distribuito tramite mail di spam. Debutta anche l'uso di
Twitter come sistema di controllo a distanza dei computer infetti e
un malware per Mac, battezzato Kumar in the Mac, che è il primo del
suo genere firmato (e quindi apparentemente autenticato come innocuo)
con un codice identificativo valido.
http://www.f-secure.com/weblog/archives/00002611.html
http://www.f-secure.com/en/web/labs_global/whitepapers/reports
http://www.f-secure.com/static/doc/labs_global/Research/Threat_Report_H1_2013.pdf
Facebook permette di correggere i post, ma non dimentica
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 27/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Senza troppa
fanfara Facebook ha attivato una funzione che farà piacere ai
pignoli dell'ortografia e chi si pente facilmente di quello che
scrive: ora è possibile modificare e correggere i post dopo che sono
stati pubblicati. Prima questa possibilità di modifica esisteva
soltanto nei commenti.
Il
procedimento è semplicissimo: si clicca sulla freccia rivolta verso
il basso, nell'angolo superiore destro del post, e compare la voce di
menu Modifica post.
Questo consente di cambiare il post a piacimento, ma attenzione:
resta traccia dei cambiamenti, perché i post modificati vengono
contrassegnati dall'indicazione Modificato
ed è visibile la cronologia delle modifiche. Una scelta saggia, dato
che altrimenti sarebbe irresistibile, per i troll e burloni di
Facebook, cambiare completamente un post per far sembrare ridicoli o
imbarazzanti i commenti altrui al post.
La
possibilità di modifica è già attiva per chi interagisce con
Facebook tramite Web e dovrebbe attivarsi a breve anche nelle app
Android e iOS.
Apple, iOS7 aggiornato ma blocco tastiera ancora scavalcabile
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 27/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Apple ha
pubblicato un aggiornamento
di iOS 7 che corregge due falle che permettevano di scavalcare la
password di protezione e visualizzare o condividere foto e fare
telefonate. Ma rimane ancora una caratteristica di iOS 7 che permette
di aggirare la password di protezione: non è una falla in senso
stretto, ma una funzione del telefonino.
Infatti
quando l'iPhone è bloccato (e quindi ci si aspetta che sia
inaccessibile senza digitare la sua password) è comunque sufficiente
tenere premuto il tasto Home per richiamare Siri, l'assistente vocale
di iPhone, e chiedere a voce di fare una telefonata, mandare un SMS o
una mail, pubblicare qualcosa su un social network a nome
dell'utente, o cercare dati sul telefonino.
Anche se
abbiamo l'impressione che il telefonino sia bloccato, è insomma
facilissimo per un burlone o un malintenzionato causarci addebiti
oppure imbarazzi. Contrariamente alle buone norme di sicurezza,
questa funzione è attiva per impostazione predefinita, per cui chi
non ne è al corrente rischia di credere di essere al sicuro quando
non lo è. Il problema è risolvibile andando in Impostazioni
> Generali > Blocco con Codice
e disattivando Siri in Consenti accesso se bloccato.
2013/09/26
Allunaggio restaurato in italiano: versione 3.3
Festeggio l'arrivo di Oleg Kotov, Sergey Ryazanskiy e Mike Hopkins alla Stazione Spaziale Internazionale poche ore fa (foto) a modo mio: proseguendo il lavoro al mio documentario gratuito Moonscape: le modifiche e gli aggiornamenti già introdotti nell'edizione inglese (in particolare degli spezzoni della registrazione TV a colori effettuata dalla telecamera fissa all'interno del Controllo Missione) del capitolo dedicato all'allunaggio sono ora disponibili anche in italiano.
Ho inoltre corretto alcuni refusi, riposizionato nell'inquadratura alcuni filmati e aggiunto altre didascalie esplicative temporanee che faranno da base per la voce narrante.
Ho anche aggiunto la musica di Ran Kirlian a titolo sperimentale; sarà comunque disponibile una versione di tutto Moonscape senza musiche.
La versione mostrata qui sotto è a 720p e rimarrà disponibile qui come traccia cronologica; quella a 1080p è già visionabile in streaming nella pagina principale di Moonscape ed è scaricabile temporaneamente qui, ma verrà sostituita quando effettuerò le prossime modifiche. Buona visione.
Ho inoltre corretto alcuni refusi, riposizionato nell'inquadratura alcuni filmati e aggiunto altre didascalie esplicative temporanee che faranno da base per la voce narrante.
Ho anche aggiunto la musica di Ran Kirlian a titolo sperimentale; sarà comunque disponibile una versione di tutto Moonscape senza musiche.
La versione mostrata qui sotto è a 720p e rimarrà disponibile qui come traccia cronologica; quella a 1080p è già visionabile in streaming nella pagina principale di Moonscape ed è scaricabile temporaneamente qui, ma verrà sostituita quando effettuerò le prossime modifiche. Buona visione.
2013/09/24
Il CICAP cambia nome: la P sta ora per “pseudoscienze”
Da tempo il significato della sigla CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) stava stretta: aveva senso quando nacque il Cicap, nel 1989, e dilagavano i presunti fenomeni paranormali. Ma negli anni le mode sono passate e sono emersi nuovi fenomeni sociali che si possono indagare con lo stesso approccio cauto e scientifico usato per smascherare i ciarlatani e per mostrare le reali meraviglie della nostra mente.
Oggi sono popolari cose come l'omeopatia, la paura dei vaccini, i cospirazionismi, le Biowashball e tutta una serie di credenze e affermazioni che sembrano scientifiche e si appropriano del gergo scientifico (come il Power Balance con la sua “risonanza” e il suo “campo energetico”, tanto per fare un esempio). Da tempo il Cicap indaga anche su questi nuovi fenomeni: per cui è sensato che da oggi il suo acronimo stia ufficialmente per Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze.
C'è anche un nuovo motto che esplicita gli intenti del Cicap: non solo controllare le asserzioni di chi vanta poteri magici o teorizza complotti apocalittici, ma usare costruttivamente queste asserzioni come spunto per la divulgazione scientifica. Non andare contro, ma ragionare per. Il motto è “Esploriamo i misteri per raccontare la scienza”. Sono orgoglioso, nel mio piccolo e insieme agli amici del Cicap Ticino, di poter contribuire a quest'esplorazione.
Oggi sono popolari cose come l'omeopatia, la paura dei vaccini, i cospirazionismi, le Biowashball e tutta una serie di credenze e affermazioni che sembrano scientifiche e si appropriano del gergo scientifico (come il Power Balance con la sua “risonanza” e il suo “campo energetico”, tanto per fare un esempio). Da tempo il Cicap indaga anche su questi nuovi fenomeni: per cui è sensato che da oggi il suo acronimo stia ufficialmente per Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze.
C'è anche un nuovo motto che esplicita gli intenti del Cicap: non solo controllare le asserzioni di chi vanta poteri magici o teorizza complotti apocalittici, ma usare costruttivamente queste asserzioni come spunto per la divulgazione scientifica. Non andare contro, ma ragionare per. Il motto è “Esploriamo i misteri per raccontare la scienza”. Sono orgoglioso, nel mio piccolo e insieme agli amici del Cicap Ticino, di poter contribuire a quest'esplorazione.
2013/09/23
Apple, già scavalcato il sensore d’impronte
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Ecco come si scavalca TouchID di Apple:
1. Fotografare un'impronta digitale della vittima (da un bicchiere, per esempio).
2. Creare una copia dell'impronta usando metodi e materiali comunemente disponibili.
3. Appoggiare l'impronta falsa sul sensore.
Tutto qui. Non c'è niente di magico nel sensore d'impronte della Apple e il fatto che il sensore sia incastonato in un iCoso non lo esonera dalle regole di base della sicurezza informatica: avere come password una cosa che lasci in giro dappertutto e che non puoi cambiare è supremamente stupido.
È sempre stato così. La mia critica non è ad Apple: è all'introduzione strisciante di una sicurezza illusoria basata su un dato così personale e inalterabile come la biometria.
Per chi pensa che il procedimento delineato qui sopra sia troppo complicato, ricordo che è più semplice che craccare un PIN: non devo neanche avere a disposizione l'iCoso per svariati minuti e avere con me un PC appositamente attrezzato (comportamento sospetto in sé). Mi basta una buona fotocamera.
Oggi ti invito a bere una birra e fotografo la tua impronta; di sera creo il duplicato; l'indomani ti entro nell'iCoso semplicemente toccandolo mentre sei alla toilette. E scarico le tue foto, i tuoi contatti, i tuoi documenti, la tua mail, i tuoi messaggi.
Meglio ancora: ti faccio bere qualche birra in più, aspetto che ti addormenti sul divano e poi prendo il tuo telefonino e ci appoggio sopra il tuo dito.
Ah, e non dimentichiamo che per un inquirente può essere difficile obbligarti legalmente a rivelare il PIN del telefonino che contiene i dati che ti incriminerebbero, mentre ottenere una tua impronta è banale: in molti casi le autorità (e vari enti commerciali) le hanno già, come ricorda Sophos. Siete andati negli Stati Uniti? Ricordate quando avete dato l'impronta per entrare comodamente in palestra o in banca?
Certo, un sensore d'impronte è meglio di niente; ma un PIN è molto meglio di un'impronta. Prima di buttarci come i proverbiali (ma bufalini) lemming sulla biometria pensando che sia una soluzione magica sarebbe sensato capirne i limiti.
Ecco come si scavalca TouchID di Apple:
1. Fotografare un'impronta digitale della vittima (da un bicchiere, per esempio).
2. Creare una copia dell'impronta usando metodi e materiali comunemente disponibili.
3. Appoggiare l'impronta falsa sul sensore.
Tutto qui. Non c'è niente di magico nel sensore d'impronte della Apple e il fatto che il sensore sia incastonato in un iCoso non lo esonera dalle regole di base della sicurezza informatica: avere come password una cosa che lasci in giro dappertutto e che non puoi cambiare è supremamente stupido.
È sempre stato così. La mia critica non è ad Apple: è all'introduzione strisciante di una sicurezza illusoria basata su un dato così personale e inalterabile come la biometria.
Per chi pensa che il procedimento delineato qui sopra sia troppo complicato, ricordo che è più semplice che craccare un PIN: non devo neanche avere a disposizione l'iCoso per svariati minuti e avere con me un PC appositamente attrezzato (comportamento sospetto in sé). Mi basta una buona fotocamera.
Oggi ti invito a bere una birra e fotografo la tua impronta; di sera creo il duplicato; l'indomani ti entro nell'iCoso semplicemente toccandolo mentre sei alla toilette. E scarico le tue foto, i tuoi contatti, i tuoi documenti, la tua mail, i tuoi messaggi.
Meglio ancora: ti faccio bere qualche birra in più, aspetto che ti addormenti sul divano e poi prendo il tuo telefonino e ci appoggio sopra il tuo dito.
Ah, e non dimentichiamo che per un inquirente può essere difficile obbligarti legalmente a rivelare il PIN del telefonino che contiene i dati che ti incriminerebbero, mentre ottenere una tua impronta è banale: in molti casi le autorità (e vari enti commerciali) le hanno già, come ricorda Sophos. Siete andati negli Stati Uniti? Ricordate quando avete dato l'impronta per entrare comodamente in palestra o in banca?
Certo, un sensore d'impronte è meglio di niente; ma un PIN è molto meglio di un'impronta. Prima di buttarci come i proverbiali (ma bufalini) lemming sulla biometria pensando che sia una soluzione magica sarebbe sensato capirne i limiti.
2013/09/22
Grazie a tutti per il premio Macchianera 2013! E grazie anche per quello al CICAP
Questa sera ho vinto il premio Macchianera Italian Awards 2013 per il miglior blog tecnico-divulgativo: quello che state leggendo. Come se non bastasse, anche il CICAP ha vinto come miglior sito educational. Sono commosso e onorato; ringrazio tutti per le scelte, ma ringrazio in particolare i commentatori del Disinformatico, che sono il vero motore di questo blog. Continuate così!
2013/09/20
Lavorare gratis su documenti Office sui tablet con QuickOffice
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Siete innamorati del vostro tablet o telefonino Android o Apple e il vostro sogno proibito è poterlo usare per scrivere e modificare documenti in formato Microsoft Office senza dover spendere nulla e senza doverli convertire? Google ha una novità interessante per voi.
Pochi giorni fa ha infatti reso gratuita l'app QuickOffice per tutti gli utenti di iPhone, iPad e dispositivi Android: prima costava 20 dollari, ora basta avere un account Google. La modifica di documenti Office era già possibile in Google tramite Google Docs, ma questo comportava una conversione di formato che spesso alterava l'aspetto e la struttura dei documenti; QuickOffice promette di modificare direttamente i file di Microsoft Office nei formati nativi. Non ha tutte le funzioni del Microsoft Office originale, ma se si tratta di sistemare al volo un documento o una presentazione e non avete a portata di mano un computer sul quale c'è Microsoft Office, questa potrebbe essere una soluzione.
Ci sono anche altre app disponibile per questo scopo: per esempio Documents Unlimited, per dispositivi Apple, gratuita; chi acquista un dispositivo Apple nuovo con iOS può scaricare gratuitamente iWorks; e c'è anche l'applicazione originale Microsoft per iOS e per Android, a patto di sottoscrivere un abbonamento a pagamento a Office 365.
Siete innamorati del vostro tablet o telefonino Android o Apple e il vostro sogno proibito è poterlo usare per scrivere e modificare documenti in formato Microsoft Office senza dover spendere nulla e senza doverli convertire? Google ha una novità interessante per voi.
Pochi giorni fa ha infatti reso gratuita l'app QuickOffice per tutti gli utenti di iPhone, iPad e dispositivi Android: prima costava 20 dollari, ora basta avere un account Google. La modifica di documenti Office era già possibile in Google tramite Google Docs, ma questo comportava una conversione di formato che spesso alterava l'aspetto e la struttura dei documenti; QuickOffice promette di modificare direttamente i file di Microsoft Office nei formati nativi. Non ha tutte le funzioni del Microsoft Office originale, ma se si tratta di sistemare al volo un documento o una presentazione e non avete a portata di mano un computer sul quale c'è Microsoft Office, questa potrebbe essere una soluzione.
Ci sono anche altre app disponibile per questo scopo: per esempio Documents Unlimited, per dispositivi Apple, gratuita; chi acquista un dispositivo Apple nuovo con iOS può scaricare gratuitamente iWorks; e c'è anche l'applicazione originale Microsoft per iOS e per Android, a patto di sottoscrivere un abbonamento a pagamento a Office 365.
Uomo si finge Justin Bieber su Internet, seduce minorenni alla webcam
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 20/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Avviso ai
giovani internauti: se vi contatta qualcuno dicendo di essere Justin
Bieber e vi chiede di spogliarvi davanti alla webcam in cambio della
sua amicizia, non è Justin Bieber e non è un amico. Può sembrare
l'avviso più ovvio e inutile della storia degli avvisi di sicurezza
informatica, ma la notizia è terribilmente seria: nel Regno Unito un
uomo di 35 anni è stato condannato a 14 anni di carcere perché si
spacciava per Justin Bieber allo scopo di convincere ragazze e
ragazzi molto giovani a compiere atti sessuali davanti alla
telecamera del proprio computer.
Fra gli 800
video trovati dagli inquirenti sul computer del pedofilo c'erano
video che ritraevano bambini e bambine anche di nove anni, residenti
in vari paesi del mondo e contattati su Facebook, Skype e MSN. L'uomo
usava poi queste registrazioni per convincere altre vittime a fare
altrettanto, pensando di avere a che fare con un coetaneo o una
coetanea, e così via. Se una vittima si rifiutava di proseguire
nell'esibizione, il pedofilo minacciava di pubblicare sui social
network le immagini già catturate. Il ricatto ha portato almeno una
delle sue vittime, una dodicenne, a tagliarsi sulle braccia.
Purtroppo non
si tratta di casi isolati: a parte i pedofili, c'è anche una
fiorente industria del ricatto a scopo di lucro. I truffatori si
spacciano per belle ragazze, convincono i giovani a esibirsi alla
webcam e poi estorcono denaro minacciando di pubblicare i video.
Molti utenti, specialmente i più giovani (ma non solo), sono
convinti di essere troppo furbi per cascarci, ma questi truffatori
sono professionisti e sanno come rendersi estremamente credibili.
Viene da
chiedersi cosa ci facciano su Internet da soli dei bambini di nove
anni. Casi come questo sono un forte promemoria per i genitori che
Internet non è una babysitter e che la prevenzione inizia collocando
il computer in un luogo condiviso e non nella cameretta e prosegue
informando i giovani dell'esistenza concreta di questi pericoli ed
evitando di dare loro telefonini e lettori musicali che si connettono
a Internet e sono dotati di telecamera.
Falla grave in Internet Explorer, pronto l’aggiornamento urgente
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 20/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Solitamente Microsoft pubblica gli aggiornamenti di sicurezza dei propri prodotti con calma, una volta al mese, ma una falla che riguarda Internet Explorer si è meritata un aggiornamento d'emergenza perché viene già sfruttata concretamente e attivamente dai criminali informatici.
Lo segnala la stessa Microsoft, spiegando che un aggressore può sfruttare la falla e prendere il controllo del computer della vittima semplicemente convincendola a visitare un sito con Internet Explorer. Sono affette da questa vulnerabilità tutte le versioni di Internet Explorer dalla 6 alla 10 (che è quella più recente).
A differenza degli aggiornamenti mensili, che vengono scaricati automaticamente e chiedono all'utente soltanto il permesso di aggiornare il computer, la correzione di questa falla va scaricata manualmente visitando questa pagina del sito di supporto Microsoft. Diffidate delle imitazioni.
Debutta iOS 7, confusione e bachi: meglio aspettare
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 20/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Pochi giorni
fa Apple ha rilasciato iOS 7, la nuova versione del sistema operativo
per i propri telefonini, tablet e lettori musicali (iPod touch). I
fan delle novità si sono precipitati in massa a scaricarla, col
risultato di sovraccaricare i server di Apple e di produrre
aggiornamenti lentissimi o del tutto non funzionanti, con ore di
attesa frustrante.
Coloro che
sono riusciti nell'impresa di scaricare e installare iOS 7 non
saranno confortati dall'annuncio che è già stata scoperta una falla
di sicurezza che permette di scavalcare la password di protezione e
di inviare mail e scattare e vedere le foto: basta passare dal
Control Center, andare nel menu di multitasking e accedere
all'applicazione della fotocamera.
È meglio
sapere che esiste questo baco e prendere le opportune precauzioni
(per esempio andare nelle impostazioni e bloccare l'accesso al
Control Center dalla schermata di blocco) in attesa che Apple rilasci
la correzione; in generale, come per qualunque nuovo prodotto
software, sarebbe anche meglio attendere prima di installarlo e
usarlo invece di affrettarsi e affrontare la calca dei fan che non
sanno resistere all'ennesima novità luccicante.
Antibufala: alieni nella stratosfera!
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 20/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
“Trovate 'alghe aliene' su un pallone sonda
ad alta quota” annunciano
vari siti dedicati all'ufologia (Misteroufo,
Segreti e Misteri)
e anche testate giornalistiche come Panorama
e i britannici Telegraph
e Independent.
Uno
scienziato dell'Università di Sheffield, nel Regno Unito, ha
annunciato di aver raccolto campioni di vita non terrestre tramite un
pallone sonda inviato alla quota di 27 chilometri nella stratosfera
durante uno sciame di meteore. La notizia sembrerebbe straordinaria e
solida fino al momento in cui si scopre la sua fonte originale: la
pubblicazione iniziale risale al 10 settembre scorso ad opera del
Daily
Mail, che non brilla
per serietà scientifica e pubblica ogni sorta di notizia
sensazionale.
A sua volta,
il Mail ha
preso la notizia dal Journal
of Cosmology, che si definisce una rivista scientifica ma
pubblica articoli come questo
(descritto qui)
che tramite abbondanti immagini di donne nude vuole “dimostrare”
che l'evoluzione del cervello maschile e delle dimensioni dei
genitali maschili è stata stimolata dalla sporgenza del posteriore e
del seno femminile. Non è il genere di materiale che si trova
abitualmente nelle riviste di cosmologia, e guardando il resto delle
pubblicazioni del Journal of Cosmology
si ha l'impressione che esista soltanto per promuovere le teorie poco
documentate di un piccolo gruppo di autori innamorati della teoria
della panspermia
(vita diffusa nel cosmo dalle meteoriti), fra cui Chandra
Wickramasinghe, che pochi mesi fa aveva annunciato di aver trovato
vita aliena nelle meteoriti (ma erano diatomee
molto terrestri).
Ma veniamo al
caso specifico: quali sono le prove presentate finora? Delle
immagini, senza indicazione di scala, di quelli che agli esperti
che analizzano polvere cosmica per lavoro sembrano appunto
semplici granelli di polvere. Ci vuole moltissima fantasia per
identificare nella loro forma un “collo”, una “proboscide”
oppure uno “sfintere”, come sostiene il Daily
Mail. Un po' poco per
gridare di aver trovato ET.
Meglio
attendere che i risultati vengano verificati e pubblicati da una
rivista meno disinvolta che rischia di ridicolizzare un tema
scientifico serio come la ricerca della vita extraterrestre.
2013/09/19
Ci vediamo a Rimini domani e sabato?
Domani pomeriggio e sabato sarò a Rimini per la Blogfest 2013. Domani (venerdì) sarò insieme a Massimo Polidoro, Nicola Bruno e Gian Mattia Bazzoli (moderatore) per una tavola rotonda sul tema “Internet, social network, scienza: come proteggersi dalle bufale”. L'incontro sarà all'Hotel Villa Adriatica, viale Amerigo Vespucci 3, a Rimini, dalle 18.
Resterò in zona sabato per i Macchianera Italian Awards: la premiazione si terrà presso il Teatro Ermete Novelli di Rimini (Via Cappellini 3). L'ingresso è libero. Il programma della BlogFest è qui. Come consueto, avrò con me qualche copia del mio libro sui complotti lunari e un po' di penne USB con l'ultima versione di Moonscape. Ci vediamo per una birra? Teniamoci in contatto via Twitter (io sono @disinformatico).
Resterò in zona sabato per i Macchianera Italian Awards: la premiazione si terrà presso il Teatro Ermete Novelli di Rimini (Via Cappellini 3). L'ingresso è libero. Il programma della BlogFest è qui. Come consueto, avrò con me qualche copia del mio libro sui complotti lunari e un po' di penne USB con l'ultima versione di Moonscape. Ci vediamo per una birra? Teniamoci in contatto via Twitter (io sono @disinformatico).
Addebiti per roaming dati mentre il roaming dati era disattivato? Fatemi sapere
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “danielecap*”. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Mi è capitata già un paio di volte una cosa strana: pur avendo disattivato sul mio cellulare (Android) il roaming dati, l'operatore preso il quale sono abbonato mi ha addebitato in bolletta dei costi per il roaming dati mentre ero all'estero.
Pochi spiccioli per pochissimi kilobyte (una trentina di k), che ho contestato e mi sono stati annullati senza difficoltà, ma ad altre persone che conosco non è andata altrettanto bene: bollette da oltre 700 franchi soltanto per roaming dati su operatori esteri, pur essendo sicuri di non aver fatto trasmissione dati in roaming internazionale perché l'opzione apposita era disattivata (immagine qui accanto). Nel loro caso, una pronta contestazione ha ridotto gli addebiti misteriosi ma non li ha annullati.
Se vi è capitato qualcosa di simile o ne sapete qualcosa, segnalatelo nei commenti (anche se non siete utenti di operatori cellulari svizzeri). Vorrei capire se si tratta di un fenomeno diffuso e soprattutto capirne la causa: sistema operativo difettoso? App che scavalcano le restrizioni? Operatori esteri che generano addebiti fantasma? Operatori locali che fanno altrettanto?
Inoltre se avete un'app di monitoraggio del traffico di dati che generi un log cronologico di quale app ha trasmesso dati e quanti dati ha trasmesso, o se ne sapete scrivere una, mi interessa.
Mi è capitata già un paio di volte una cosa strana: pur avendo disattivato sul mio cellulare (Android) il roaming dati, l'operatore preso il quale sono abbonato mi ha addebitato in bolletta dei costi per il roaming dati mentre ero all'estero.
Pochi spiccioli per pochissimi kilobyte (una trentina di k), che ho contestato e mi sono stati annullati senza difficoltà, ma ad altre persone che conosco non è andata altrettanto bene: bollette da oltre 700 franchi soltanto per roaming dati su operatori esteri, pur essendo sicuri di non aver fatto trasmissione dati in roaming internazionale perché l'opzione apposita era disattivata (immagine qui accanto). Nel loro caso, una pronta contestazione ha ridotto gli addebiti misteriosi ma non li ha annullati.
Se vi è capitato qualcosa di simile o ne sapete qualcosa, segnalatelo nei commenti (anche se non siete utenti di operatori cellulari svizzeri). Vorrei capire se si tratta di un fenomeno diffuso e soprattutto capirne la causa: sistema operativo difettoso? App che scavalcano le restrizioni? Operatori esteri che generano addebiti fantasma? Operatori locali che fanno altrettanto?
Inoltre se avete un'app di monitoraggio del traffico di dati che generi un log cronologico di quale app ha trasmesso dati e quanti dati ha trasmesso, o se ne sapete scrivere una, mi interessa.
2013/09/18
Antibufala: la sposa di 8 anni morta nello Yemen
Da qualche tempo circola la notizia di una bambina yemenita di otto anni, Rawan, che sarebbe morta dopo essere stata stuprata dal marito quarantenne nel corso della loro prima notte di nozze. Stando alla ricostruzione di Snopes.com, la notizia è partita da un giornale kuwaitiano, Al Watan, che l'ha ripresa da un giornale yemenita, Al Mashad.
Le autorità yemenite smentiscono, stando al Gulf News di Dubai, ma il giornalista che ha pubblicato inizialmente la notizia, Mohammad Radman, insiste che la vicenda è autentica. La Reuters ha contattato due persone abitanti a Meedi, il luogo dove si sarebbe verificata la morte, e da loro ha avuto conferma dell'autenticità della notizia.
Secondo quanto riportato dalla RSI, Rawan è invece viva e non è mai stata sposata: un magistrato ha presentato la bambina alla stampa.
Difficilmente si potrà mai appurare cosa è successo realmente: presentare un'altra bambina e dire che è Rawan sarebbe molto semplice.
Inizio a pubblicare qui questi brevi appunti, caso mai ci fossero ulteriori sviluppi di questa vicenda, che faccio davvero fatica ad associare a un termine frivolo come “antibufala”: a prescindere dal caso di Rawan, la condizione delle donne nelle Yemen è comunque atroce oltre ogni immaginazione.
Le autorità yemenite smentiscono, stando al Gulf News di Dubai, ma il giornalista che ha pubblicato inizialmente la notizia, Mohammad Radman, insiste che la vicenda è autentica. La Reuters ha contattato due persone abitanti a Meedi, il luogo dove si sarebbe verificata la morte, e da loro ha avuto conferma dell'autenticità della notizia.
Secondo quanto riportato dalla RSI, Rawan è invece viva e non è mai stata sposata: un magistrato ha presentato la bambina alla stampa.
Difficilmente si potrà mai appurare cosa è successo realmente: presentare un'altra bambina e dire che è Rawan sarebbe molto semplice.
Inizio a pubblicare qui questi brevi appunti, caso mai ci fossero ulteriori sviluppi di questa vicenda, che faccio davvero fatica ad associare a un termine frivolo come “antibufala”: a prescindere dal caso di Rawan, la condizione delle donne nelle Yemen è comunque atroce oltre ogni immaginazione.
2013/09/16
Parodia EPICA di “Wrecking Ball” di Miley Cyrus. Fatta dalla BBC
L'originale:
La parodia:
Come se non bastasse, la parodia è targata BBC. La serissima, blasonata, flemmatica BBC.
La parodia:
Come se non bastasse, la parodia è targata BBC. La serissima, blasonata, flemmatica BBC.
Copertina dei Cosmonauti Perduti, adunata per gli autori!
Luca Boschini, autore del libro sui cosmonauti perduti annunciato in anteprima in questo mio articolo, avrebbe piacere di mostrare pubblicamente tutte le immagini pervenute in risposta all'invito di concorrere alla creazione della copertina del libro.
Per farlo serve il vostro permesso. Vi va di contattarlo per darglielo e mandargli la versione finale della vostra opera? Il suo indirizzo è questo:
I tempi sono molto stretti, per cui se volete che venga riconosciuto pubblicamente il vostro lavoro, fatevi vivi subito con Luca!
Grazie ancora di aver contribuito a questo progetto.
Per farlo serve il vostro permesso. Vi va di contattarlo per darglielo e mandargli la versione finale della vostra opera? Il suo indirizzo è questo:
I tempi sono molto stretti, per cui se volete che venga riconosciuto pubblicamente il vostro lavoro, fatevi vivi subito con Luca!
Grazie ancora di aver contribuito a questo progetto.
2013/09/14
Antibufala: scoperta da un documentario l’esistenza delle sirene
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Sono arrivate parecchie segnalazioni di documentari, trasmessi da reti televisive solitamente serie e dedicate appunto alla documentaristica, nei quali viene presentata la storia di un biologo americano che avrebbe trovato dei resti di una sirena; purtroppo per via di un complotto ai suoi danni ha perso tutte le prove, ma nei documentari vengono mostrati reperti e ricostruzioni che documenterebbero l'esistenza delle sirene, che sarebbero discendenti di una "scimmia acquatica" nostra antenata che prese la via del mare.
Il tono è quello di un documentario scientifico serio, ma non cascateci: si tratta di produzioni di fantasia, ossia “docufiction”, un eufemismo per dire “ti racconto qualsiasi sciocchezza spacciandotela per verità ma mi paro le spalle caso mai tu ci abboccassi”. Sono intitolate Mermaids: The Body Found (2011) e Mermaids: The New Evidence (2013) e sono state presentate inizialmente sui canali tematici statunitensi Animal Planet e Discovery Channel.
Queste docufiction sono fortemente ingannevoli: l'unica ammissione che si tratti di una finzione è una dicitura poco evidente nei titoli di coda. Il “dottor Paul Robertson” è un attore e il suo sito non è stato sequestrato dalle autorità statunitensi: è finzione anche quella. Anche il biologo è semplicemente un attore pagato per recitare una parte. Come se non bastasse, spezzoni di queste produzioni finiscono su Youtube, prive del loro contesto, e vengono spacciate per verità da chi è propenso a credere alle “informazioni alternative” senza fare verifiche.
Maggiori informazioni sono su Snopes.com. Chicca finale: nel cast di uno di questi documentari c'è David Soul, meglio noto come Hutch della mitica serie di telefilm polizieschi Starsky e Hutch. Tranquilli, non fa il sirenetto: presta la voce come narratore nella versione originale.
Sono arrivate parecchie segnalazioni di documentari, trasmessi da reti televisive solitamente serie e dedicate appunto alla documentaristica, nei quali viene presentata la storia di un biologo americano che avrebbe trovato dei resti di una sirena; purtroppo per via di un complotto ai suoi danni ha perso tutte le prove, ma nei documentari vengono mostrati reperti e ricostruzioni che documenterebbero l'esistenza delle sirene, che sarebbero discendenti di una "scimmia acquatica" nostra antenata che prese la via del mare.
Il tono è quello di un documentario scientifico serio, ma non cascateci: si tratta di produzioni di fantasia, ossia “docufiction”, un eufemismo per dire “ti racconto qualsiasi sciocchezza spacciandotela per verità ma mi paro le spalle caso mai tu ci abboccassi”. Sono intitolate Mermaids: The Body Found (2011) e Mermaids: The New Evidence (2013) e sono state presentate inizialmente sui canali tematici statunitensi Animal Planet e Discovery Channel.
Queste docufiction sono fortemente ingannevoli: l'unica ammissione che si tratti di una finzione è una dicitura poco evidente nei titoli di coda. Il “dottor Paul Robertson” è un attore e il suo sito non è stato sequestrato dalle autorità statunitensi: è finzione anche quella. Anche il biologo è semplicemente un attore pagato per recitare una parte. Come se non bastasse, spezzoni di queste produzioni finiscono su Youtube, prive del loro contesto, e vengono spacciate per verità da chi è propenso a credere alle “informazioni alternative” senza fare verifiche.
Maggiori informazioni sono su Snopes.com. Chicca finale: nel cast di uno di questi documentari c'è David Soul, meglio noto come Hutch della mitica serie di telefilm polizieschi Starsky e Hutch. Tranquilli, non fa il sirenetto: presta la voce come narratore nella versione originale.
Facebook, come non diventare testimonial pubblicitari inconsapevoli
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Facebook ha un metodo geniale per rendere più convincenti le proprie pubblicità: vi fa comparire il nome dei vostri amici. Se visitate una pagina Facebook o il sito Web di un'azienda o di un prodotto o leggete un articolo su Internet, noterete che ogni tanto compare l'indicazione che quel contenuto piace a qualcuno che conoscete.
Inquietante e molto efficace. Se volete evitare di essere coinvolti in questo giro pubblicitario, seguite queste istruzioni che ho preparato per il Disinformatico radiofonico di ieri. A proposito: il podcast è scaricabile qui.
NOTA: Dato che i miei articoli sul sito di ReteTre sono al momento tutti irraggiungibili per via dei lavori di aggiornamento del sito, ripubblico qui sotto l'articolo integrale.
Facebook ha un metodo geniale per rendere più convincenti le proprie pubblicità: vi fa comparire il nome dei vostri amici. Se visitate una pagina Facebook o il sito Web di un'azienda o di un prodotto o leggete un articolo su Internet, noterete che ogni tanto compare l'indicazione che quel contenuto piace a qualcuno che conoscete. Come è possibile? Come fa il sito a sapere che quella persona è un mio amico, e come fa a sapere che a quella persona piace quel prodotto o argomento?
Queste sono le cosiddette “inserzioni sociali”. Se cliccate su “Mi piace” in un sito Web (anche fuori da Facebook) o in una pagina di Facebook, il social network prende quel vostro gradimento e lo usa nelle campagne pubblicitarie, facendo comparire il vostro nome come “testimonial” probabilmente inconsapevole. Facebook sa chi sono i vostri amici e usa questa conoscenza per visualizzare il vostro nome quando i vostri amici visitano un contenuto che avete indicato di gradire.
Se non vi piace questo sfruttamento del vostro nome o se non siete sicuri di voler condividere proprio tutti i vostri gusti personali con tutti, c'è un'impostazione da regolare: entrate in Facebook con il vostro account, cliccate sull'ingranaggio in alto a destra e scegliete Impostazioni account. Dal menu a sinistra scegliete Inserzioni e poi cliccate su Modifica alla voce Inserzioni e amici. O se volete un link diretto, usate questo.
Scegliete Nessuno dal menu Associa le mie azioni sociali alle inserzioni e da quel momento nessuno vedrà il vostro nome come testimonial pubblicitario.
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Inquietante e molto efficace. Se volete evitare di essere coinvolti in questo giro pubblicitario, seguite queste istruzioni che ho preparato per il Disinformatico radiofonico di ieri. A proposito: il podcast è scaricabile qui.
2014/01/30
NOTA: Dato che i miei articoli sul sito di ReteTre sono al momento tutti irraggiungibili per via dei lavori di aggiornamento del sito, ripubblico qui sotto l'articolo integrale.
Facebook ha un metodo geniale per rendere più convincenti le proprie pubblicità: vi fa comparire il nome dei vostri amici. Se visitate una pagina Facebook o il sito Web di un'azienda o di un prodotto o leggete un articolo su Internet, noterete che ogni tanto compare l'indicazione che quel contenuto piace a qualcuno che conoscete. Come è possibile? Come fa il sito a sapere che quella persona è un mio amico, e come fa a sapere che a quella persona piace quel prodotto o argomento?
Queste sono le cosiddette “inserzioni sociali”. Se cliccate su “Mi piace” in un sito Web (anche fuori da Facebook) o in una pagina di Facebook, il social network prende quel vostro gradimento e lo usa nelle campagne pubblicitarie, facendo comparire il vostro nome come “testimonial” probabilmente inconsapevole. Facebook sa chi sono i vostri amici e usa questa conoscenza per visualizzare il vostro nome quando i vostri amici visitano un contenuto che avete indicato di gradire.
Se non vi piace questo sfruttamento del vostro nome o se non siete sicuri di voler condividere proprio tutti i vostri gusti personali con tutti, c'è un'impostazione da regolare: entrate in Facebook con il vostro account, cliccate sull'ingranaggio in alto a destra e scegliete Impostazioni account. Dal menu a sinistra scegliete Inserzioni e poi cliccate su Modifica alla voce Inserzioni e amici. O se volete un link diretto, usate questo.
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Antibufala: allarme per tonno radioattivo nelle scatolette
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2014/06/04.
Questo è il testo di un allarme che circola nei social network: è decisamente inquietante, ma invece di farsi prendere dall'emozione è meglio ragionare sui fatti. In breve:
– il numero FAO indica davvero la zona di pesca
– la radioattività di Fukushima è stata davvero rilevata nel pesce pescato nella zona
– è a livelli insignificanti rispetto alla radiazione naturale media
Bufala, insomma. In dettaglio:
Prima di tutto, l'indicazione “FAO 61” o “FAO 71” sulle scatolette indica davvero la zona di pesca del prodotto, secondo la suddivisione adottata dalla FAO (Food and Agriculture Organization, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura): la zona 61 è il Pacifico nord-occidentale, mentre la 71 indica il Pacifico centro-occidentale.
Sappiamo quindi la provenienza dichiarata del tonno. Ma è vero che il pesce proveniente da queste aree è pericoloso per via delle radiazioni provenienti dal disastro di Fukushima? Secondo le indagini pubblicate da Le Scienze, no, per una questione di dosi. Anche se la radioattività di Fukushima è in effetti rilevabile nei pesci della zona usando strumenti estremamente sensibili, la dose dovuta al consumo di tonno proveniente da Fukushima è stimata tra 0,9 e 4,7 microsievert, ossia molto meno della radioattività naturale che ci circonda (in Italia, per esempio, è in media pari a 3000 microsievert). Di tutti i rischi che affrontiamo quotidianamente nell'alimentazione, quello del tonno radioattivo è decisamente da ridimensionare e da valutare in base ai fatti e non alle paure istintive.
Aggiornamento (2013/09/18) L'Unione Nazionale Consumatori ha fornito dettagli di fatto e ha etichettato la notizia come “una vera e propria bufala” per la vastità e distanza delle aree FAO rispetto alla zona di mare interessata dalla radioattività di Fukushima e per il fatto che le aziende sono tenute a controllare anche l'eventuale radioattività presente nei tonni.
Aggiornamento (2014/06/04) Avevo scritto un articolo su quest'argomento per la Radiotelevisione Svizzera, ma ora l'articolo non è più online, per cui ne ho integrato il testo qui sopra.
“CONTROLLATE IL TONNO PIU' ECONOMICO CHE TROVATE NEI SUPERMERCATI, DOVE C'E' STAMPATO FAO 61 o 71 E' TONNO PROVENIENTE DAL MAR DEL GIAPPONE DOVE E' STATA RIVERSATA L'ACQUA CONTAMINATA DI FUKUSHIMA.
Molti produttori fanno inscatolare il tonno in località NON SOSPETTE con etichette italiane o europee per NON far capire che il pescato proviene dal Giappone. Controllate sempre il NUMERO FAO.”
Questo è il testo di un allarme che circola nei social network: è decisamente inquietante, ma invece di farsi prendere dall'emozione è meglio ragionare sui fatti. In breve:
– il numero FAO indica davvero la zona di pesca
– la radioattività di Fukushima è stata davvero rilevata nel pesce pescato nella zona
– è a livelli insignificanti rispetto alla radiazione naturale media
Bufala, insomma. In dettaglio:
Prima di tutto, l'indicazione “FAO 61” o “FAO 71” sulle scatolette indica davvero la zona di pesca del prodotto, secondo la suddivisione adottata dalla FAO (Food and Agriculture Organization, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura): la zona 61 è il Pacifico nord-occidentale, mentre la 71 indica il Pacifico centro-occidentale.
Sappiamo quindi la provenienza dichiarata del tonno. Ma è vero che il pesce proveniente da queste aree è pericoloso per via delle radiazioni provenienti dal disastro di Fukushima? Secondo le indagini pubblicate da Le Scienze, no, per una questione di dosi. Anche se la radioattività di Fukushima è in effetti rilevabile nei pesci della zona usando strumenti estremamente sensibili, la dose dovuta al consumo di tonno proveniente da Fukushima è stimata tra 0,9 e 4,7 microsievert, ossia molto meno della radioattività naturale che ci circonda (in Italia, per esempio, è in media pari a 3000 microsievert). Di tutti i rischi che affrontiamo quotidianamente nell'alimentazione, quello del tonno radioattivo è decisamente da ridimensionare e da valutare in base ai fatti e non alle paure istintive.
Aggiornamento (2013/09/18) L'Unione Nazionale Consumatori ha fornito dettagli di fatto e ha etichettato la notizia come “una vera e propria bufala” per la vastità e distanza delle aree FAO rispetto alla zona di mare interessata dalla radioattività di Fukushima e per il fatto che le aziende sono tenute a controllare anche l'eventuale radioattività presente nei tonni.
Aggiornamento (2014/06/04) Avevo scritto un articolo su quest'argomento per la Radiotelevisione Svizzera, ma ora l'articolo non è più online, per cui ne ho integrato il testo qui sopra.
2013/09/13
Arriva l’iPhone con scanner d’impronte digitali
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 13/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Il nuovo iPhone, il modello 5S, è dotato di uno scanner d'impronte digitali incorporato nel tasto Home: Apple propone infatti questa soluzione, battezzata Touch ID, come metodo per sbloccare il telefonino al posto della tradizionale password e per confermare gli acquisti presso l'Apple Store.
Questa novità ha scatenato il dibattito sull'uso delle impronte digitali come sistema di sicurezza. In un periodo nel quale si parla così tanto di raccolta abusiva di dati personali, l'idea di un telefonino che fa la scansione delle impronte digitali di chiunque ne tocchi il tasto principale può destare qualche inquietudine.
Nell'iPhone 5S, secondo Apple, i dati delle impronte vengono custoditi in un'area protetta del telefonino e non vengono mai trasmessi ad Apple o ad altri. Quanto è realmente sicura quest'area protetta è ancora da chiarire: bisogna aspettare che gli esperti indipendenti ci mettano su le mani per fare un po' di test. In ogni caso la funzione è disattivabile ed è possibile usare le protezioni tradizionali (PIN o password).
L'obiezione fondamentale all'uso di un'impronta digitale come password è che l'impronta non è un dato segreto: ne lasciamo in giro in continuazione ed è già stato dimostrato che molti sensori di questo dato biometrico sono facilmente ingannabili da impronte simulate.
L'altra considerazione è che l'impronta digitale è una “password” che non si può cambiare: se qualcuno ne entra in possesso, oppure ha a disposizione i dati digitali che la rappresentano, non possiamo scegliere facilmente un'impronta nuova. O meglio, possiamo cambiare “password” usando altre dita, ma abbiamo a disposizione soltanto nove cambi.
Fonti: Sophos, Ars Technica, Time, Ars Technica, Wired.
L'altra considerazione è che l'impronta digitale è una “password” che non si può cambiare: se qualcuno ne entra in possesso, oppure ha a disposizione i dati digitali che la rappresentano, non possiamo scegliere facilmente un'impronta nuova. O meglio, possiamo cambiare “password” usando altre dita, ma abbiamo a disposizione soltanto nove cambi.
Fonti: Sophos, Ars Technica, Time, Ars Technica, Wired.
Antibufala: il documentario che “documenta” le sirene
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 13/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione. È stata inoltre postata una versione aggioranta su Disinformatico.info
Sono arrivate
al Disinformatico
parecchie segnalazioni di documentari, trasmessi da reti televisive
solitamente serie e dedicate appunto alla documentaristica, nei quali
viene presentata la storia di un biologo americano che avrebbe
trovato dei resti di una sirena; purtroppo per via di un complotto ai
suoi danni ha perso tutte le prove, ma nei documentari vengono
mostrati reperti e ricostruzioni che documenterebbero l'esistenza
delle sirene, che sarebbero discendenti di una "scimmia
acquatica" nostra antenata che prese la via del mare.
Il tono è
quello di un documentario scientifico serio, ma non cascateci: si
tratta di produzioni di fantasia, ossia “docufiction”,
un eufemismo per dire “ti racconto qualsiasi
sciocchezza spacciandotela per verità ma mi paro le spalle caso mai
tu ci abboccassi".
Sono intitolate Mermaids: The Body Found
(2011) e Mermaids: The New Evidence
(2013) e sono state presentate inizialmente sui canali tematici
statunitensi Animal Planet e Discovery Channel.
Queste
docufiction
sono fortemente ingannevoli: l'unica ammissione che si tratti di una
finzione è una dicitura poco evidente nei titoli di coda. Il "dottor
Paul Robertson" è un attore e il suo sito non è stato
sequestrato dalle autorità statunitensi: è finzione anche quella.
Anche il biologo è semplicemente un attore pagato per recitare una
parte. Come se non bastasse, spezzoni di queste produzioni finiscono
su Youtube, prive del loro contesto, e vengono spacciate per verità
da chi è propenso a credere alle “informazioni alternative”
senza fare verifiche.
Maggiori
informazioni sono su Snopes.com.
Chicca finale: nel cast di uno
di questi documentari c'è David Soul, meglio noto come Hutch
della mitica serie di telefilm polizieschi Starsky e
Hutch. Tranquilli, non fa
il sirenetto: presta la voce come narratore nella versione originale.
Facebook, come non diventare testimonial pubblicitari
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 13/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Facebook ha
un metodo geniale per rendere più convincenti le proprie pubblicità:
vi fa comparire il nome dei vostri amici. Se visitate una pagina
Facebook o il sito Web di un'azienda o di un prodotto o leggete un
articolo su Internet, noterete che ogni tanto compare l'indicazione
che quel contenuto piace a qualcuno che conoscete. Come è possibile?
Come fa il sito a sapere che quella persona è un mio amico, e come
fa a sapere che a quella persona piace quel prodotto o argomento?
Queste sono
le cosiddette “inserzioni sociali”. Se cliccate su “Mi
piace” in un sito Web
(anche fuori da Facebook) o in una pagina di Facebook, il social
network prende quel vostro gradimento e lo usa nelle campagne
pubblicitarie, facendo comparire il vostro nome come “testimonial”
probabilmente inconsapevole. Facebook sa chi sono i vostri amici e
usa questa conoscenza per visualizzare il vostro nome quando i vostri
amici visitano un contenuto che avete indicato di gradire.
Se non vi
piace questo sfruttamento del vostro nome o se non siete sicuri di
voler condividere proprio tutti i vostri gusti personali con tutti,
c'è un'impostazione da regolare: entrate in Facebook con il vostro
account, cliccate sull'ingranaggio in alto a destra e scegliete
Impostazioni account.
Dal menu a sinistra scegliete Inserzioni
e poi cliccate su Modifica
alla voce Inserzioni e amici.
O se volete un link diretto, usate questo:
Scegliete
Nessuno dal
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e da quel momento nessuno vedrà il vostro nome come testimonial
pubblicitario.
Stasera a Lecco parlo di gabinetti spaziali
Un gabinetto spaziale russo (Wikipedia) |
L'esplorazione spaziale è un'avventura affascinante, ma andare nel cosmo per ora significa vivere in assenza di peso, e quindi tutto quello che normalmente cade o defluisce per gravità si rifiuta di collaborare, con risultati spesso disastrosi e (almeno per noi non astronauti) decisamente comici.
Se volete saperne di più sulle bizzarre tecnologie e sulle disavventure già capitate agli astronauti alle prese con toilette testarde e corsi di addestramento appositi, o volete sapere i dettagli dei filmati top secret dei test di minzione femminile in assenza di peso che bloccarono per anni la partecipazione delle donne alle missioni spaziali, venite a fare due risate.
Attenzione: visto l'argomento, alcune descrizioni potrebbero essere poco adatte ad animi sensibili o pudibondi. Io cercherò di essere delicato, ma se devo parlare di effetto popcorn c'è poco da girarci intorno.
So che stasera sarà presente anche Luigi Pizzimenti, autore di Progetto Apollo: il sogno più grande dell'uomo, per cui se vi interessa averne una copia avete un motivo in più per esserci.
Labels:
apparizioni pubbliche,
astronautichicche,
spazio
“Contact Light” aggiunge musica e video del Controllo Missione
Ho completato stanotte una nuova versione aggiornata di Contact Light, il capitolo del mio documentario Moonscape dedicato all'allunaggio di Apollo 11. Per ora è sottotitolata in inglese; la versione italiana è ancora in lavorazione. Datemi tempo.
In questa nuova versione ho incluso a titolo sperimentale della musica, scritta da Ran Kirlian e concessa sotto licenza Creative Commons. Ho scelto sonorità che non dovrebbero interferire con le voci degli astronauti e del Controllo Missione ma dovrebbero evocare il senso del meraviglioso e della tensione reale. Ran verrà citato nei titoli di coda di Moonscape e in Contact Light nella prossima versione.
Ho aggiunto anche alcuni spezzoni della registrazione TV a colori effettuata dalla telecamera fissa all'interno del Controllo Missione. Ora possiamo vedere tutte le reazioni dei tecnici all'annuncio dell'atterraggio sulla Luna e vedere Gene Kranz fare tutto il suo celebre “Stay/No Stay” per decidere se Neil Armstrong e Buzz Aldrin possono fermarsi sulla Luna o c'è qualche emergenza che li obbliga a ripartire senza uscire sulla superficie. Altri spezzoni di questa ripresa TV verranno aggiunti prossimamente: ho l'intera registrazione, grazie alle vostre donazioni.
Ho anche apportato un po' di modifiche alla disposizione dei vari spezzoni per rendere più coerente e chiaro il flusso delle immagini del Controllo Missione. Tutto resta comunque rigorosamente cronologico e in tempo reale. Ogni ripresa che vedete è stata effettuata nel momento in cui la vedete.
Ho aggiunto infine altre didascalie descrittive. So che ingombrano, ma sono temporanee: verranno rimpiazzate dalla voce del narratore.
Potete vedere questa versione aggiornata in media definizione qui sotto; è già inclusa in alta definizione nella serie completa di video di Moonscape.
Grazie ancora a tutti per l'aiuto; se mi avete scritto offrendo una mano e non vi ho ancora risposto, non prendetevela; ora che ho raggiunto questa tappa posso smaltire gli arretrati di posta.
In questa nuova versione ho incluso a titolo sperimentale della musica, scritta da Ran Kirlian e concessa sotto licenza Creative Commons. Ho scelto sonorità che non dovrebbero interferire con le voci degli astronauti e del Controllo Missione ma dovrebbero evocare il senso del meraviglioso e della tensione reale. Ran verrà citato nei titoli di coda di Moonscape e in Contact Light nella prossima versione.
Ho aggiunto anche alcuni spezzoni della registrazione TV a colori effettuata dalla telecamera fissa all'interno del Controllo Missione. Ora possiamo vedere tutte le reazioni dei tecnici all'annuncio dell'atterraggio sulla Luna e vedere Gene Kranz fare tutto il suo celebre “Stay/No Stay” per decidere se Neil Armstrong e Buzz Aldrin possono fermarsi sulla Luna o c'è qualche emergenza che li obbliga a ripartire senza uscire sulla superficie. Altri spezzoni di questa ripresa TV verranno aggiunti prossimamente: ho l'intera registrazione, grazie alle vostre donazioni.
Ho anche apportato un po' di modifiche alla disposizione dei vari spezzoni per rendere più coerente e chiaro il flusso delle immagini del Controllo Missione. Tutto resta comunque rigorosamente cronologico e in tempo reale. Ogni ripresa che vedete è stata effettuata nel momento in cui la vedete.
Ho aggiunto infine altre didascalie descrittive. So che ingombrano, ma sono temporanee: verranno rimpiazzate dalla voce del narratore.
Potete vedere questa versione aggiornata in media definizione qui sotto; è già inclusa in alta definizione nella serie completa di video di Moonscape.
Grazie ancora a tutti per l'aiuto; se mi avete scritto offrendo una mano e non vi ho ancora risposto, non prendetevela; ora che ho raggiunto questa tappa posso smaltire gli arretrati di posta.
2013/09/11
Antibufala: la Merck inocula il cancro tramite i vaccini?
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2014/09/05.
È un brano tratto dall'allarme che viene pubblicato senza alcuna verifica preliminare da tanti siti di “informazione alternativa” (curiosa etichetta che non considera che l'alternativa all'informazione è la stronzata) e rimbalza su Facebook grazie all'ingenuità e alla faciloneria degli utenti.
Seriamente. Pensateci un secondo. Se davvero una casa farmaceutica fosse così spietata da iniettare il cancro, perché mai sarebbe così cretina da ammetterlo pubblicamente? A che pro? Sarebbe un autogol di proporzioni monumentali. E se l'intervista è stata “censurata”, come mai invece siamo al corrente della sua esistenza e viene pubblicata?
I fatti accertati, tanto per cambiare, sono radicalmente differenti da come vengono raccontati nell'appello. La Merck usò per errore, e smise di usare già oltre cinquant'anni fa quando se ne accorse, un vaccino contaminato da un virus che forse era cancerogeno. Una cosa ben diversa dall'aver “inoculato il virus del cancro per mezzo dei vaccini” e dall'averlo fatto “tradizionalmente” e intenzionalmente come dice l'appello.
Questo è quello che emerge da una ricerca di Wired datata 2007: fra il 1955 e il 1963 un vaccino antipolio prodotto dalla Merck risultò essere contaminato dall'SV40, un virus che faceva parte degli ingredienti necessari per ottenere il vaccino antipolio ed è sospettato (per ora senza conferme; altro che “micidiale”) di essere in grado di creare tumori nell'uomo.
L'allarme fu lanciato da Maurice Hilleman, della Merck, e la contaminazione fu risolta. Si sa che quel tipo di vaccino contaminato fu inoculato a circa 100 milioni di americani e a un numero elevatissimo di abitanti di altri paesi, ma non si sa se abbia innescato il cancro nelle persone inoculate. Si sa, però, che le ha messe al riparo dalla poliomielite.
Questo episodio vuol dire che dobbiamo rinunciare ai vaccini? Assolutamente no. Attaccarsi a un errore di cinquant'anni fa (un'eternità, in medicina) per condannare in blocco i vaccini è come rinunciare alla corrente elettrica perché una volta avete preso la scossa. L'errore della Merck è, semmai, un promemoria del fatto che i vaccini e la loro produzione non sono un gioco da ragazzi e hanno bisogno di controlli qualitativi severissimi e di essere utilizzati in modo responsabile.
I vaccini sono una delle più grandi invenzioni dell'umanità. Chi è giovane oggi non ricorda quando non c'erano e quindi malattie come il vaiolo o la poliomielite facevano stragi e lasciavano menomazioni terribili. Provate a parlarne con chi ha qualche decennio sulle spalle e capirete. Rinunciare alla protezione dei vaccini contro malattie reali e letali perché avete letto su Facebook che i vaccini fanno male sarebbe un gesto supremamente idiota che danneggerebbe tutti.
È un tweet dell'attrice Mia Farrow: “I miei figli sono stati vaccinati puntualmente. Tutti tranne uno. Aveva sei anni quando l'ho adottato. La poliomielite l'ha trovato prima di me. È paraplegico. Vaccinate i vostri figli.”
È passato un anno e la bufala gira ancora: adesso l'ha ripubblicata pari pari Affaritaliani.it, senza ovviamente fare il minimo controllo giornalistico prima di sparare la notizia da panico. Applausi. Il giornalismo si uccide anche così, una stronzata alla volta.
L’azienda farmaceutica MERCK ha confessato, la tragedia mondiale che sembrava frutto di una mente squilibrata purtroppo invece è una realtà con cui bisognerà confrontarsi. L’azienda ha ammesso di aver inoculato il virus del cancro per mezzo dei vaccini.
La scioccante intervista ovviamente censurata, condotta dallo studioso di storia medica Edward Shorter per la televisione pubblica di Boston WGBH e la Blackell Science, è stata tagliata dal libro “The Health Century” proprio a causa del suoi contenuti, l’ammissione che la Merck ha tradizionalmente iniettato il virus micidiale (SV40 ed altri) capace di provocare il cancro, nella popolazione di tutto il mondo.
È un brano tratto dall'allarme che viene pubblicato senza alcuna verifica preliminare da tanti siti di “informazione alternativa” (curiosa etichetta che non considera che l'alternativa all'informazione è la stronzata) e rimbalza su Facebook grazie all'ingenuità e alla faciloneria degli utenti.
Seriamente. Pensateci un secondo. Se davvero una casa farmaceutica fosse così spietata da iniettare il cancro, perché mai sarebbe così cretina da ammetterlo pubblicamente? A che pro? Sarebbe un autogol di proporzioni monumentali. E se l'intervista è stata “censurata”, come mai invece siamo al corrente della sua esistenza e viene pubblicata?
I fatti accertati, tanto per cambiare, sono radicalmente differenti da come vengono raccontati nell'appello. La Merck usò per errore, e smise di usare già oltre cinquant'anni fa quando se ne accorse, un vaccino contaminato da un virus che forse era cancerogeno. Una cosa ben diversa dall'aver “inoculato il virus del cancro per mezzo dei vaccini” e dall'averlo fatto “tradizionalmente” e intenzionalmente come dice l'appello.
Questo è quello che emerge da una ricerca di Wired datata 2007: fra il 1955 e il 1963 un vaccino antipolio prodotto dalla Merck risultò essere contaminato dall'SV40, un virus che faceva parte degli ingredienti necessari per ottenere il vaccino antipolio ed è sospettato (per ora senza conferme; altro che “micidiale”) di essere in grado di creare tumori nell'uomo.
L'allarme fu lanciato da Maurice Hilleman, della Merck, e la contaminazione fu risolta. Si sa che quel tipo di vaccino contaminato fu inoculato a circa 100 milioni di americani e a un numero elevatissimo di abitanti di altri paesi, ma non si sa se abbia innescato il cancro nelle persone inoculate. Si sa, però, che le ha messe al riparo dalla poliomielite.
Questo episodio vuol dire che dobbiamo rinunciare ai vaccini? Assolutamente no. Attaccarsi a un errore di cinquant'anni fa (un'eternità, in medicina) per condannare in blocco i vaccini è come rinunciare alla corrente elettrica perché una volta avete preso la scossa. L'errore della Merck è, semmai, un promemoria del fatto che i vaccini e la loro produzione non sono un gioco da ragazzi e hanno bisogno di controlli qualitativi severissimi e di essere utilizzati in modo responsabile.
I vaccini sono una delle più grandi invenzioni dell'umanità. Chi è giovane oggi non ricorda quando non c'erano e quindi malattie come il vaiolo o la poliomielite facevano stragi e lasciavano menomazioni terribili. Provate a parlarne con chi ha qualche decennio sulle spalle e capirete. Rinunciare alla protezione dei vaccini contro malattie reali e letali perché avete letto su Facebook che i vaccini fanno male sarebbe un gesto supremamente idiota che danneggerebbe tutti.
Aggiornamento (2013/09/14)
My kids were vaccinated on schedule. All but one. He was 6 when I adopted him. Polio found him first. He is paraplegic. Vaccinate your kids
— mia farrow (@MiaFarrow) September 14, 2013
È un tweet dell'attrice Mia Farrow: “I miei figli sono stati vaccinati puntualmente. Tutti tranne uno. Aveva sei anni quando l'ho adottato. La poliomielite l'ha trovato prima di me. È paraplegico. Vaccinate i vostri figli.”
Aggiornamento (2014/09/05)
È passato un anno e la bufala gira ancora: adesso l'ha ripubblicata pari pari Affaritaliani.it, senza ovviamente fare il minimo controllo giornalistico prima di sparare la notizia da panico. Applausi. Il giornalismo si uccide anche così, una stronzata alla volta.
I dodici dell’11/9
AP Photo/Mark Lennihan (fonte) |
Un altro 11 settembre, un altro anniversario. Sono passati dodici anni, a New York oggi c'è un nuovo grattacielo al posto delle Torri Gemelle. Il mondo è andato oltre.
Ma ci sono ancora coloro che, come ha fatto proprio oggi alla Camera il deputato italiano Paolo Bernini (quello del microchip sottopelle; video qui), che si ostinano a vivere nel passato e si accaniscono a teorizzare complotti sempre più fantasiosi, senza rendersi conto che è il tempo stesso a smontare inesorabilmente le loro costruzioni mentali, come ho scritto qui un anno fa.
È infatti passato un altro anno senza che nessuno dei presunti cospiratori abbia confessato, senza che nessuna delle annunciate dittature del Nuovo Ordine Mondiale si sia concretizzata, senza che nessuno dei sedicenti esperti pro-complotto sia riuscito a scrivere una relazione tecnica a supporto delle tesi alternative che abbia superato il vaglio dei colleghi in una rivista di settore.
Il blog Undicisettembre, con il quale ho l'onore di collaborare, ha pubblicato oggi non una risposta ai tediosi quesiti dei complottisti, ma un'intervista a Steven Mondul, del Dipartimento dei Trasporti della Virginia. Uno che era lì, ha vissuto direttamente quei momenti al Pentagono e che ha risposto a una domanda tecnica irrisolta da tempo: ma le telecamere di sorveglianza del traffico intorno al Pentagono non registrarono nulla? La sua risposta, insieme al suo racconto dell'esperienza personale di quel giorno di dodici anni fa, sono a vostra disposizione in traduzione italiana e in originale inglese.
2013/09/08
Luca Parmitano in streaming audio dalla Stazione Spaziale Internazionale al Canton Ticino
Gli amici radioamatori mi segnalano che domani (9 settembre) dalle 9:17 verrà diffuso in streaming presso http://www.cpt-ti.ch un collegamento radio in diretta con Luca Parmitano, che sta sulla Stazione Spaziale Internazionale. Il collegamento è organizzato dal TERA Radio Club e dalla Scuola Arti e Mestieri di Trevano per gli studenti di elettronica dell'istituto. Invidia!
Il delirio del giorno: complottista undicisettembrino, leone da tastiera
@pupazzo attivissimo
Vedo che hai evitato di rispondere alle domande semplici che ti ho posto e hai preferito lanciarti in attacchi personali.
-
quali domande? sei proprio finto
ma se sei te che ogni volta che c'è una domanda scomoda scappi come un leprotto. guarda che ti si legge in faccia il terrore che ti assale quando ti fanno una domanda che non ti piace
mazzucco ti ha fatto tremare parecchio, qua hai il potere di gestire i commenti, e hai tutto il tempo che vuoi per poter calcolare le risposte acidelle da ragazzina di 15 anni che ha appena capito di averla
-
"Stupidocane,
Andrea Parri sta cercando di farti perdere tempo scrivendogli risposte sincere che non serviranno a smuoverlo di un millimetro.
Non mi sognerei di dirti come devi o non devi spendere il tuo tempo, ma ti chiedo di trasferire la discussione altrove (al di fuori di questo blog; via mail, per esempio) perché non desidero regalare altra ospitalità al Parri, dopo i suoi insulti e le sue offese.
Lascio spazio a entrambi qui per scambiarvi le coordinate per proseguire la discussione in privato, se volete."
-
ma come? non era mazzucco che cancellava i commenti degli utenti ostili?
dai retta attivissimo, ma ci sei o ci fai? dal vivo smonto in 1000 pezzetti te e tutte le fandonie che vai dicendo in giro da sempre
sei un patetico pallone gonfiato, bugiardo e in malafede. prega di non incontrarmi a una tua conferenza, che dovrai scappare per non essere linciato dal tuo pubblico
censura pure questo commento, tanto l'importante è che lo leggi e rifletti, sempre se hai qualche cellula del tuo cervello ancora sana da farti vergognare un po'.
ogni giorno tu stai offendendo i 3000 delle torri, 300.000 civili iraqeni e 5000 soldati americani morti, oltre ad essere complice a livello mediatico della crisi che stiamo vivendo, venendo meno al tuo compito da giornalista
da quante notizie false che hai diffuso dovresti uscire di casa strisciando per terra per 2 anni di fila baciando il suolo
guardati le spalle da ora in poi, te lo do come consiglio
Andrea Parri, commento inviato a questo blog (link), 8 settembre 2013. Le parole non in grassetto sono citazioni di miei commenti.
Per ricordare perché è inutile cercare di dialogare con i complottisti undicisettembrini e quali sono i loro metodi.
2013/09/07
Podcast del Disinformatico 2013-08-06
Il podcast della puntata di venerdì scorso del Disinformatico che ho preparato e condotto per la Rete Tre della RSI è scaricabile qui; i link agli articoli di supporto e approfondimento sono i seguenti:
Verificare la disponibilità di un nome su tanti siti: NameChk
Twitter rende più facile segnalare gli abusi
Cercare un vecchio messaggio di Twitter? Ora si può con Topsy
Facebook, falla permetteva di cancellare le foto di chiunque
Cercate in Rete Grand Theft Auto V? Troverete virus e truffe cellulari
Verificare la disponibilità di un nome su tanti siti: NameChk
Twitter rende più facile segnalare gli abusi
Cercare un vecchio messaggio di Twitter? Ora si può con Topsy
Facebook, falla permetteva di cancellare le foto di chiunque
Cercate in Rete Grand Theft Auto V? Troverete virus e truffe cellulari
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Elon Musk e l’interfaccia gestuale 3D di Iron Man. Dal vero
Quando non costruisce e lancia veicoli spaziali capaci di attraccare alla Stazione Spaziale Internazionale, razzi che decollano e riatterrano in verticale e automobili elettriche rivoluzionarie, Elon Musk progetta pezzi di motore a razzo usando un'interfaccia di progettazione tridimensionale basata sui gesti che gli permette di manipolare in tempo reale le immagini CAD sullo schermo e di vedere gli oggetti virtuali in 3D. Quando sono come li vuole, li fabbrica in metallo usando una stampante 3D.
Benvenuti nel futuro: è arrivato mentre i politici e i grandi pensatori di massimi sistemi stavano ancora decidendo se ammettere la biro al posto della stilografica.
Benvenuti nel futuro: è arrivato mentre i politici e i grandi pensatori di massimi sistemi stavano ancora decidendo se ammettere la biro al posto della stilografica.
2013/09/06
Verificare la disponibilità di un nome su tanti siti: NameChk
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 06/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Sarebbe
comodo avere lo stesso nome o nickname
dappertutto su Internet: sarebbe una cosa in meno da ricordare, e nel
caso di una band musicale o di un marchio aziendale avere un nome
uniforme è molto prezioso.
Ma come si
può sapere se un nome è libero sui vari siti principali della Rete?
Semplice: si usa NameChk.com.
Basta
visitare questo sito, immettere il nome desiderato nella casella
etichettata "type username here"
e attendere qualche secondo: NameChk interroga ben 157 siti, fra cui
ovvi Blogger, Facebook, Youtube, Wikipedia, eBay, Twitter, Quora,
Wordpress, Netlog, Foursquare, Bebo e tanti altri, e vi risponde con
un elenco grafico di quali siti hanno ancora disponibile il nome
digitato e quali invece hanno già un account con quel nome.
È uno
strumento molto pratico per provare, per esempio, le varie grafie di
un nome (con o senza trattini, per esempio) e scoprire quali sono già
in uso e quali sono libere nel maggior numero di siti.
Per contro,
NameChk è anche uno strumento che permette di trovare gli altri
utenti: tipicamente, infatti, le persone usano lo stesso nome o
pseudonimo nei vari siti che utilizzano, per cui se conoscete il nome
d'arte di una persona potete scoprire in quali altri siti social è
presente. Sempre che non si tratti di qualcun altro con lo stesso
nomignolo: attenzione, quindi, a non incappare in equivoci e gaffe se
vi imbattete in un account con il nome del vostro partner in un sito
d'incontri sentimentali.
Twitter rende più facile segnalare gli abusi
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 06/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Ci sono
purtroppo molti utenti che si comportano in modo incivile sui social
network perché pensano di essere invulnerabili e anonimi, ma non è
così, e adesso c'è uno strumento in più per metterli in riga:
Twitter ha attivato un'opzione diretta per segnalare gli utenti
molesti.
La novità è
stata introdotta in seguito al clamore intorno alla vicenda
di una giornalista britannica, Caroline Criado-Perez, che è stata
bombardata di messaggi offensivi e minacciata di violenza sessuale
semplicemente per aver proposto di mettere un ritratto di donna (la
scrittrice Jane Austen) su una delle nuove banconote della Banca
d'Inghilterra. L'autore dei tweet di minaccia è stato identificato e
arrestato a Manchester e l'episodio ha scatenato una petizione
online per convincere Twitter a migliorare le difese contro questi
abusi.
I gestori di
Twitter hanno ascoltato
la richiesta e così ora se andate su Twitter.com con il vostro
account e vedete un messaggio offensivo, potete cliccare su "Altro"
e scegliere se segnalare il messaggio come Spam,
Compromesso
(se sospettate che l'utente abbia perso il controllo del proprio
account e qualcuno stia scrivendo al suo posto) oppure Offensivo.
Resta sempre, ed è messa in evidenza, l'opzione di bloccare
direttamente l'utente in modo che tutti i suoi tweet non siano più
visibili a voi.
Per i tweet
offensivi potete segnalare il tipo di offesa: furto d'identità,
abuso di marchi registrati, molestie, forme di autolesionismo e abusi
pubblicitari. Le molestie includono, per Twitter, la pubblicazione
non autorizzata di vostre informazioni private e naturalmente le
minacce. Le stesse opzioni sono disponibili anche nella app per iOS e
Android.
https://support.twitter.com/forms/abusiveuser
Cercare un vecchio messaggio di Twitter? Ora si può con Topsy
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 06/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Se state
cercando di ritrovare un tweet che vi interessa, noterete che la
ricerca inclusa in Twitter (https://twitter.com/search-home)
privilegia i messaggi recenti: quelli di qualche mese o anno fa sono
difficili o impossibili da recuperare. Anche Google è inutilizzabile
per le ricerche di contenuti pubblicati su Twitter.
Ma per questo
problema adesso c'è Topsy (http://topsy.com/),
che da poco ha aperto a tutti l'accesso all'intero archivio dei circa
425 miliardi di messaggi scritti su Twitter sin dal suo debutto nel
2006.
Il servizio
di ricerca di base è gratuito: Topsy guadagna facendosi pagare le
ricerche e le analisi utili per il marketing. C'è da divertirsi e
sbizzarrirsi, soprattutto nella ricerca di hashtag,
parole e foto. Si trova tutto, ma attenzione: Topsy scavalca i filtri
che molti utenti mettono per limitare la visibilità immediata delle
foto non adatte a tutti, quindi può capitarvi di vedere di tutto
anche cercando parole innocenti.
Le ricerche
possono anche essere visualizzate come grafico, per sapere chi o cosa
sta facendo tendenza: provate per esempio a cercare Siria
o terremoto
o il nome di un gadget appena uscito sul mercato. Potete anche
limitare la ricerca in base alla lingua (ma l'italiano per ora non
c'è) e immettere fino a tre argomenti differenti per ottenere un
grafico che confronta la loro popolarità.
Facebook, falla permetteva di cancellare le foto di chiunque
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 06/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Come vi
sentireste se uno sconosciuto vi cancellasse la foto del profilo
oppure le foto preferite che avete messo su Facebook e che avete
condiviso con gli amici? Non bene, probabilmente.
Chi ha
scoperto la falla che permetteva proprio questo dispetto è invece
contento. Si chiama Arul Kumar, ha 21 anni e vive nello stato indiano
del Tamil Nadu. Ma non è contento perché è cattivo: è un hacker
buono. Uno di quelli che, quando trova una falla in un sito, la
segnala ai responsabili del sito.
Nel caso di
Facebook, questa correttezza gli ha fruttato ben 12.500 dollari di
ricompensa. Il social network di Mark Zuckerberg, infatti, offre
premi in denaro a chi scova un difetto e lo segnala correttamente
senza divulgarlo o abusarne (a differenza del caso descritto nella
puntata del 23 agosto, in cui il ricercatore aveva alterato la pagina
di Zuckerberg e per questo non era stato ricompensato).
Arul Kumar ha
invece seguito le regole e ha permesso a Facebook di correggere il
difetto prima di renderne pubblica l'esistenza e la spiegazione.
In pratica bastava
che l'aggressore preparasse una richiesta di rimozione della foto
includendo, al posto delle coordinate del titolare della foto, quelle
di un altro account controllato dall'aggressore stesso. Facebook
mandava a questo secondo account (invece che al legittimo titolare
dell'immagine) il link di rimozione.
L'aggressore
non doveva fare altro che cliccare sul link: alla vittima non
arrivava neanche una notifica di cancellazione. Ma ora questa falla
non c'è più.
Cercate in Rete Grand Theft Auto V? Troverete virus e truffe cellulari
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 06/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Sta per
uscire Grand Theft Auto V,
la nuova versione del popolarissimo e controverso videogioco, ma
molti appassionati stanno andando a caccia delle copie pirata che
spesso compaiono in Rete prima del rilascio ufficiale dei giochi.
Ma
attenzione: se siete fra questi cercatori di primizie, potreste
trovarvi a scaricare un virus al posto del gioco e farvi togliere
soldi dalla bolletta del telefono cellulare.
I truffatori
della Rete, infatti, approfittano regolarmente della golosità dei
giocatori (e della loro voglia di violare la legge, visto che
scaricare software commerciale è reato) e anche stavolta hanno teso
la trappola.
Chi trova in
giro sui circuiti di scambio dei file che dicono di essere copie
pirata di GTA V rischia
di scaricare in realtà un programma-truffa, che mostra schermate
prese dal gioco e infine chiede di compilare un sondaggio, al termine
del quale bisogna mandare un SMS a uno specifico numero per
“autenticarsi”. Ma il numero è uno shortcode,
ossia uno di quelli usati per fare pagamenti tramite la bolletta
cellulare, per cui chi abbocca si trova abbonato a un servizio che
gli addebita un euro al giorno fino al momento in cui se ne accorge e
riesce a disattivarlo.
Il malware
che si spaccia per GTA V è particolarmente furbo: invita a chiamare
un numero che varia in base al paese in cui si trova l'utente, per
cui funziona in molti paesi. Come se non bastasse, il programma
scaricato contiene un gioco vero (The Cave): ma è un cavallo di
Troia, nel senso che insieme al gioco viene installato un malware,
denominato Trojan.GenericKDV.1134859,
che ruba informazioni personali, altera il funzionamento del computer
e lo mette al servizio dei criminali per altri attacchi informatici.
La soluzione
è semplice: evitate il software pirata e in generale tutte le
offerte troppo allettanti per essere vere; non mandate SMS a numeri
abbreviati senza averli prima verificati; e usate un buon antivirus
per evitare di infettare il computer e per disinfestarlo se siete
stati imprudenti.
2013/09/05
Ci vediamo a Ravenna oggi pomeriggio e a Mantova domattina?
Oggi pomeriggio alle 17:30 sarò a Ravenna, agli Antichi Chiostri Francescani, per una tavola rotonda pubblica sul futuro della lingua italiana nei blog e in Rete; domani sarò a Mantova, al Palazzo San Sebastiano, alle 11:30, per andare a sentire l'autore di fantasy Terry Brooks in un incontro che sarà coordinato da Chiara Codecà.
Se passate da quelle parti e avete voglia di fare due chiacchiere, fatevi sentire! Avrò con me qualche copia del mio libro sui complottismi lunari e del libro di Luigi Pizzimenti Progetto Apollo.
Se passate da quelle parti e avete voglia di fare due chiacchiere, fatevi sentire! Avrò con me qualche copia del mio libro sui complottismi lunari e del libro di Luigi Pizzimenti Progetto Apollo.
2013/09/04
La magia del cinema: mega-spiegone della storia del green(blue)screen
Ho scoperto da poco una serie di video meravigliosi sulle tecnologie del cinema. Sono prodotti da FilmmakerIQ.com e raccontano la storia, le chicche e i segreti delle tecniche più varie che rendono possibili le magie che vediamo sullo schermo. Per qualunque appassionato di cinema e di tecnica del cinema sono lezioni imperdibili.
Il video che vedete qui sotto, per esempio, spiega le origini e l'evoluzione di uno dei "trucchi" più classici: la sovrimpressione, sia nell'epoca della pellicola sia nel mondo digitale. Illuminante. Fra l'altro, mi ero sempre chiesto come mai Mary Poppins fosse così all'avanguardia da non avere i fastidiosissimi bordini blu intorno ai personaggi inseriti e ora finalmente l'ho capito: la Disney usava un sistema completamente differente e complicatissimo ma geniale.
Come tante altre produzioni di questo tipo, la serie di video è in inglese e dubito che verrà mai tradotta in italiano. Se c'è un dono che potete fare ai vostri figli (o a voi stessi) per aprire le porte di un universo di conoscenze e meraviglie, è la padronanza dell'inglese. So quanto ha aiutato me; so quanto sta aiutando i miei figli. Pensateci: intanto, buona visione.
Il video che vedete qui sotto, per esempio, spiega le origini e l'evoluzione di uno dei "trucchi" più classici: la sovrimpressione, sia nell'epoca della pellicola sia nel mondo digitale. Illuminante. Fra l'altro, mi ero sempre chiesto come mai Mary Poppins fosse così all'avanguardia da non avere i fastidiosissimi bordini blu intorno ai personaggi inseriti e ora finalmente l'ho capito: la Disney usava un sistema completamente differente e complicatissimo ma geniale.
Come tante altre produzioni di questo tipo, la serie di video è in inglese e dubito che verrà mai tradotta in italiano. Se c'è un dono che potete fare ai vostri figli (o a voi stessi) per aprire le porte di un universo di conoscenze e meraviglie, è la padronanza dell'inglese. So quanto ha aiutato me; so quanto sta aiutando i miei figli. Pensateci: intanto, buona visione.
2013/09/03
Bug crasha Neo/OpenOffice aprendo file ODT commentati di LibreOffice
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Appunto tecnico per chi usa NeoOffice e/o LibreOffice: non basta salvare in uno standard ISO come il formato OpenDocument per avere la garanzia di leggibilità. Serve anche che le applicazioni sappiano leggere correttamente i file.
Mi sono imbattuto oggi, durante un lavoro, in un antipatico bug di NeoOffice/OpenOffice: se un file scritto con LibreOffice contiene dei commenti di lavorazione (non note a piè pagina, ma commenti a lato, non visibili in stampa, come quello in giallo che vedete qui accanto), non può essere aperto da NeoOffice/OpenOffice. Li fa crashare entrambi miseramente, sia sotto Windows che sotto OS X.
Rimuovendo i commenti il problema si risolve. Non è un problema di formato OpenDocument 1.0, 1.1 o 1.2 (extended o meno): il crash avviene a prescindere dalla versione di OpenDocument in cui è scritto il file.
Io ho notato che il crash mi succede quando c'è un commento in una nota a piè pagina; i commenti nel corpo del testo non causano problemi. Se volete cimentarvi, ho preparato dei file dimostrativi:
Il bug, a quanto pare, è di NeoOffice/OpenOffice, ma non mi interessa dare colpe. Preferisco segnarmi come risolvere il problema. Già che si sono, lo segnalo qui, così se capita a qualcun altro può evitare di tribolare se invoca San Google.
In sintesi: se aprire un file .ODT vi fa crashare NeoOffice o OpenOffice, provate ad aprire il file con LibreOffice (oppure chiedete a chi l'ha scritto di aprirlo per voi), togliere tutti i commenti e salvarlo.
English AbstractNeoOffice crashes when it opens an ODT file written with LibreOffice if the file contains a comment in a footnote. Comments placed in main text of document don't cause crashes. Workaround: delete the comment from the footnote and/or place it elsewhere.
Appunto tecnico per chi usa NeoOffice e/o LibreOffice: non basta salvare in uno standard ISO come il formato OpenDocument per avere la garanzia di leggibilità. Serve anche che le applicazioni sappiano leggere correttamente i file.
Mi sono imbattuto oggi, durante un lavoro, in un antipatico bug di NeoOffice/OpenOffice: se un file scritto con LibreOffice contiene dei commenti di lavorazione (non note a piè pagina, ma commenti a lato, non visibili in stampa, come quello in giallo che vedete qui accanto), non può essere aperto da NeoOffice/OpenOffice. Li fa crashare entrambi miseramente, sia sotto Windows che sotto OS X.
Rimuovendo i commenti il problema si risolve. Non è un problema di formato OpenDocument 1.0, 1.1 o 1.2 (extended o meno): il crash avviene a prescindere dalla versione di OpenDocument in cui è scritto il file.
Io ho notato che il crash mi succede quando c'è un commento in una nota a piè pagina; i commenti nel corpo del testo non causano problemi. Se volete cimentarvi, ho preparato dei file dimostrativi:
- file con commenti solo nel testo (leggibile senza problemi)
- file con commento nella nota a pié pagina (crash)
- file senza commenti (leggibile senza problemi)
- il file che ha fatto emergere il bug (ho mascherato il testo), con commenti anche nelle note a piè pagina
- il file che ha fatto emergere il bug (ho mascherato il testo), senza commenti.
Il bug, a quanto pare, è di NeoOffice/OpenOffice, ma non mi interessa dare colpe. Preferisco segnarmi come risolvere il problema. Già che si sono, lo segnalo qui, così se capita a qualcun altro può evitare di tribolare se invoca San Google.
In sintesi: se aprire un file .ODT vi fa crashare NeoOffice o OpenOffice, provate ad aprire il file con LibreOffice (oppure chiedete a chi l'ha scritto di aprirlo per voi), togliere tutti i commenti e salvarlo.
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