Ieri si è tenuta presso la Washington National Cathedral la cerimonia pubblica per celebrare la vita di Neil Armstrong, morto il 25 agosto scorso.
La cattedrale è legata alle missioni lunari per molte ragioni, una delle quali è mostrata nella foto qui accanto (originale ad alta risoluzione qui): il puntino al centro della finestra è una roccia lunare, donata dagli astronauti dell'Apollo 11 (Armstrong, Aldrin e Collins) cinque anni dopo la loro missione.
La registrazione della cerimonia è visibile integralmente qui su C-SPAN; qui sotto potete seguire il ricordo di Neil – letto a fatica, per l'affetto e il dolore – dall'astronauta Gene Cernan, l'ultimo uomo sulla Luna.
Ho registrato e trascritto a mano quello che reputo uno dei più sinceri e sentiti discorsi di commiato che io abbia mai sentito. Ho preparato anche la traduzione in italiano: se vi piace, datemi una mano guardando il video dello sponsor che trovate dopo la trascrizione inglese.*
*aggiornamento (2012/09/24): Grazie! La campagna dello sponsor ora è terminata e ho quindi rimosso il video.
“How does one adequately express his feelings about a special friend, when that friend is also a world icon, a national hero of unimaginable proportion, and a legend whose name will live in history long after all here today have been forgotten? A friend whose commitment and dedication to that in which he believed was absolute? A man who, when he became your friend, was a friend for a lifetime? I'm not sure this is possible, but I will try.
Neil Armstrong grew up on a farm in Middle America and as a young boy, like most kids, he had a paper route, he cut lawns, he shoveled snow, and his fascination for model airplanes gave birth to a dream. A dream of becoming an aeronautical engineer. Neil had his first taste of flight when he was but six years old, and from that day forward he never looked back. Although he always wanted to design and redesign airplanes to make them do what they weren't supposed to do, once he had tasted flight, Neil's eyes turned skyward, and it was there that he always longed to be. Little did Neil ever realize that his dream, his longing to soar with the eagles, would someday give him the opportunity to be the first human being to go where no one had gone before.
Neil Armstrong was a sincerely humble man, of impeccable integrity, who reluctantly accepted his role as the first human being to walk on another world. And when he did he became a testament – a testament to all Americans of what can be achieved through vision and dedication. But in Neil's mind it was never about Neil. It was about you. Your mothers and fathers, your grandparents. About those of a generation ago who gave Neil the opportunity to call the Moon his home. But never ever was it about Neil. Neil considered that he was just the tip of the arrow, always giving way to some 400,000 equally committed and dedicated Americans – Americans who were the strength behind the bow – and always giving credit to those who just didn't know it couldn't be done.
And therein lies the strength and the character of Neil Armstrong. He knew who he was and he understood the immensity of what he had done, yet Neil was always willing to give of himself. When Neil, Jim Lovell and I had the opportunity to visit the troops in Iraq and Afghanistan, on three separate occasions, meeting them in shower halls, control centers, yes even armored carriers and helicopters, those enthusiastic young men and women, yet to be born when Neil walked on the Moon, were mesmerized by his presence. In a typical Neil fashion, he would always walk in, introduce himself – as if they didn't know who he was – shake each and every hand, and he'd always give them, “Hey, how are you guys doing?” Asked one overwhelmed, inquisitive Marine, “Mr. Armstrong, why are you here?” Neil's thoughtful and sincerely honest reply was, “Because you are here.” Neil was special to these young kids – and to a few old ones as well.
Although deeply proud to be a naval aviator, as a civilian at the time he flew, Neil never received his astronaut wings – it was a tradition of those in the military. It was on the USS Eisenhower, back in 2010, on our way to Afghanistan, that Neil finally did receive the tribute that he deserved. His visibly moved response said it all, and I quote: “I've never been more proud than when I earned my Navy wings of gold.” And I've got to believe that there's a few Golden Eagles in the audience who will second those words.
Trying to get into Neil's inner self was always a challenge for almost anyone – maybe everyone. Asked one day by a stranger, “Mr. Armstrong, how did you feel when looking for a place to land on the Moon with only 15 seconds of fuel remaining?” In only the way Neil could – and I know some of you have seen him this way – he'd put a thumb on an index finger, he'd tilt his head and sort of put his hand down there and he'd say “Well, when the gauge says empty, we all know there's a gallon or two left in the tank!” Now there is a man who has always been in control of his own destiny. And that, ladies and gentlemen, is vintage Neil Armstrong.
Fate looked down kindly on us when she chose Neil to be the first to venture to another world and to have the opportunity to look back from space at the beauty of our own. It could have been another, but it wasn't. And it wasn't for a reason. No one, no one, but no one could have accepted the responsibility of his remarkable accomplishment with more dignity and more grace than Neil Armstrong. He embodied all that is good and all that is great about America.
Neil, wherever you are up there, almost a half century later you have now shown once again the pathway to the stars. It's now for you a new beginning, but for us, I will promise you it is not the end. And as you soar through the heavens beyond where even eagles dare to go, you can now finally put out your hand and touch the face of God.
Farewell, my friend. You have left us far too soon. But we want you to know we do cherish the time we have had and shared together.
God bless you, Neil.”
Traduzione italiana
Come si possono esprimere adeguatamente i propri sentimenti per un amico speciale, quando quell'amico è anche un'icona mondiale, un eroe nazionale di dimensioni inimmaginabili, e una leggenda il cui nome vivrà nella storia molto dopo che tutti coloro che oggi sono qui saranno stati dimenticati? Un uomo che, quando diventava tuo amico, era un amico per tutta la vita? Non sono sicuro che sia possibile, ma ci proverò.
Neil Armstrong crebbe in una fattoria nel Midwest d'America e da ragazzino, come la maggior parte dei ragazzi, consegnava i giornali, tosava i prati e spalava la neve, e il fascino che avevano su di lui i modelli d'aereo fece nascere un sogno. Il sogno di diventare un ingegnere aeronautico. Neil ebbe il primo assaggio del volo quando aveva soltanto sei anni, e da quel giorno in poi non si guardò mai indietro. Anche se aveva sempre desiderato progettare e riprogettare aerei per far fare loro quello che non dovevano poter fare, una volta provato il volo, gli occhi di Neil si rivolsero al cielo, ed era lì che desiderava sempre essere. Mai avrebbe immaginato che il suo sogno, il suo anelito di veleggiare con le aquile, un giorno gli avrebbe dato la possibilità di essere il primo essere umano ad andare là dove nessuno era mai giunto prima.
Neil Armstrong era un uomo sinceramente umile, dall'integrità impeccabile, che accettò con riluttanza il proprio ruolo come primo essere umano a camminare su un altro mondo. E quando lo fece divenne un'attestazione vivente – un'attestazione per tutti gli americani di ciò che si può ottenere tramite la visione e la dedizione. Ma per Neil non era lui il protagonista. Eravate voi. Le vostre madri e i vostri padri, i vostri nonni. Quelli di una generazione fa, che diedero a Neil la possibilità di chiamare casa propria la luna. Ma mai, mai Neil si considerò centrale. Neil si vedeva semplicemente come la punta della freccia, sempre pronto a cedere il riconoscimento a ben 400.000 americani altrettanto impegnati e risoluti – gli americani che erano la forza dietro l'arco – e a dare sempre riconoscimento a coloro che semplicemente non sapevano che quello che dovevano fare era impossibile.
E in questo stanno la forza e il carattere di Neil Armstrong. Sapeva chi era, e capiva l'immensità di ciò che aveva fatto, eppure Neil era sempre disponibile a offrirsi. Quando Neil, Jim Lovell ed io avemmo modo di far visita alle truppe in Iraq e Afghanistan, in tre diverse occasioni, incontrandole nelle docce, nei centri di controllo, persino nei blindati e sugli elicotteri, quei giovani uomini e quelle giovani donne, tracimanti d'entusiasmo, non ancora al mondo quando Neil camminò sulla luna, erano incantati dalla sua presenza. Nella sua maniera così tipica, Neil entrava in una sala, si presentava – come se loro non sapessero chi fosse – stringeva la mano a tutti, uno per uno, e chiedeva sempre “Ehi, come va?”. Un Marine, curioso e travolto dall'emozione, gli chiese: “Signor Armstrong, perché lei è qui?” La risposta meditata e sinceramente onesta di Neil fu “Perché voi siete qui”. Neil era speciale per quei giovani – e anche per alcuni dei meno giovani.
Sebbene fosse profondamente orgoglioso di essere un pilota della marina, essendo un civile all'epoca del suo volo, Neil non ricevette mai le ali d'astronauta: erano una tradizione dei militari. Fu sulla USS Eisenhower, nel 2010, mentre andavamo in Afghanistan, che finalmente Neil ricevette il tributo che si meritava. La sua risposta, visibilmente commossa, fu eloquentissima. Cito: “Non sono mai stato più orgoglioso di quando mi sono guadagnato le mie ali d'oro in Marina”. E devo pensare che ci sono alcune aquile d'oro fra il pubblico che concorderanno con queste parole.
Cercare di entrare nell'intimo di Neil era sempre una sfida per quasi tutti – forse per tutti. Un giorno uno sconosciuto gli chiese: “Signor Armstrong, cosa provò quando stava cercando un posto per atterrare sulla luna, con soli quindici secondi di carburante rimasti?” Nella maniera che solo Neil poteva usare – e so che alcuni di voi gliel'hanno visto fare – univa il pollice e l'indice, chinava la testa di lato, appoggiava la mano sul volto e diceva “Be', quando l'indicatore segna vuoto, sappiamo tutti che nel serbatoio ci sono ancora un paio di litri!”. Ecco, questo è un uomo che è sempre stato padrone del proprio destino. E questo, signore e signori, è il classico Neil Armstrong.
Il destino ci è stato generoso quando ha scelto Neil come primo ad avventurarsi su un altro mondo e ad avere la possibilità di volgersi indietro, dallo spazio, verso la bellezza del nostro mondo. Sarebbe potuto essere qualcun altro, ma non lo fu, e per una buona ragione. Nessuno, nessuno, ma proprio nessuno avrebbe potuto accettare la responsabilità del suo risultato straordinario con più dignità e grazia di Neil Armstrong. Lui rappresentava tutto quello che c'è di buono e di grande dell'America.
Neil, dovunque tu sia lassù, quasi mezzo secolo dopo ci stai mostrando ancora una volta la via verso le stelle. Per te, ora, c'è un nuovo inizio; ma per noi, te lo prometto, non è la fine. E mentre veleggi nei cieli oltre dove osano le aquile, puoi finalmente tendere la mano e toccare il volto di Dio.
Addio, amico mio. Ci hai lasciato troppo presto. Ma vogliamo farti sapere che serbiamo come un tesoro il tempo che abbiamo speso e condiviso insieme.
Dio ti benedica, Neil.
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