Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2014/06/06
Cos’è la “neutralità della rete”, e perché è importante
Dietro l'espressione blanda neutralità della rete (network neutrality) si nasconde un tentativo di riforma fondamentale della struttura di Internet. Mentre oggi tutti i tipi di traffico veicolati da Internet (mail, pagine Web, telefonate, video) vengono diffusi dai fornitori d'accesso senza assegnare priorità maggiori o minori a un tipo o a un altro e senza discriminare fra le loro fonti di provenienza, quindi in modo neutrale, alcuni grandi fornitori statunitensi stanno promuovendo l'idea di discriminare i tipi e le fonti di traffico, dando priorità per esempio ai video in streaming o alle telefonate, che tollerano meno i rallentamenti rispetto alla visualizzazione di una mail o di una pagina Web o a un download, oppure ai siti che pagano di più.
L'idea in sé è tecnicamente interessante, ma si presta all'introduzione di discriminazioni arbitrarie: in altre parole, permette una censura commerciale e un controllo del mercato. Un grande provider potrebbe richiedere un balzello per far arrivare agli utenti uno specifico contenuto online e rallentare tutto il resto: in pratica, i siti delle grandi aziende (che hanno fondi per pagare il balzello) continuerebbero a funzionare, ma i blog dei singoli utenti e i servizi delle piccole aziende sarebbero sostanzialmente inaccessibili.
Alterare l'attuale neutralità della Rete, insomma, creerebbe dei ghetti e degli oligopoli: una nascente azienda Internet verrebbe soffocata sul nascere. Fenomeni come Facebook o Twitter sarebbero impraticabili.
Le prove generali di questo controllo si sono già svolte ai danni di Netflix, società di streaming legale di film, che si è vista sostanzialmente ricattata dal provider Comcast, che ha rallentato il traffico di Netflix verso gli utenti fino a che Netflix ha pagato un supplemento.
È facile perdersi nei tecnicismi soporiferi, ma in questo dibattito è entrato, lancia in resta, un video dell'attore comico John Oliver, che in una puntata del programma televisivo statunitense Last Week Tonight ha messo bene in chiaro la situazione senza tanti eufemismi (saltate pure i primi due minuti):
Oliver ha sottolineato che Comcast spende, per fare lobbying, più di qualunque altra azienda a parte Northrop Grumman (forniture militari) e che l'attuale capo della FCC, l'ente di regolamentazione statunitense che dovrebbe decidere sul tema di Internet a due velocità, è Tom Wheeler, uno dei principali lobbyisti dei provider via cavo statunitensi.
L'invito di Oliver a protestare presso il sito della FCC ha sovraccaricato il sito stesso. La neutralità della Rete non è una richiesta ideologica di un gruppetto di amanti delle libertà digitali: è sostenuta da nomi come Google (info), Facebook, Twitter, Amazon, Microsoft e un centinaio di altre aziende. Per molti si tratta, letteralmente, di salvare Internet. Se una norma del genere venisse approvata negli Stati Uniti, paese dal quale transita gran parte del traffico di dati planetario, gli effetti sarebbero globali.
L'idea in sé è tecnicamente interessante, ma si presta all'introduzione di discriminazioni arbitrarie: in altre parole, permette una censura commerciale e un controllo del mercato. Un grande provider potrebbe richiedere un balzello per far arrivare agli utenti uno specifico contenuto online e rallentare tutto il resto: in pratica, i siti delle grandi aziende (che hanno fondi per pagare il balzello) continuerebbero a funzionare, ma i blog dei singoli utenti e i servizi delle piccole aziende sarebbero sostanzialmente inaccessibili.
Alterare l'attuale neutralità della Rete, insomma, creerebbe dei ghetti e degli oligopoli: una nascente azienda Internet verrebbe soffocata sul nascere. Fenomeni come Facebook o Twitter sarebbero impraticabili.
Le prove generali di questo controllo si sono già svolte ai danni di Netflix, società di streaming legale di film, che si è vista sostanzialmente ricattata dal provider Comcast, che ha rallentato il traffico di Netflix verso gli utenti fino a che Netflix ha pagato un supplemento.
È facile perdersi nei tecnicismi soporiferi, ma in questo dibattito è entrato, lancia in resta, un video dell'attore comico John Oliver, che in una puntata del programma televisivo statunitense Last Week Tonight ha messo bene in chiaro la situazione senza tanti eufemismi (saltate pure i primi due minuti):
Oliver ha sottolineato che Comcast spende, per fare lobbying, più di qualunque altra azienda a parte Northrop Grumman (forniture militari) e che l'attuale capo della FCC, l'ente di regolamentazione statunitense che dovrebbe decidere sul tema di Internet a due velocità, è Tom Wheeler, uno dei principali lobbyisti dei provider via cavo statunitensi.
L'invito di Oliver a protestare presso il sito della FCC ha sovraccaricato il sito stesso. La neutralità della Rete non è una richiesta ideologica di un gruppetto di amanti delle libertà digitali: è sostenuta da nomi come Google (info), Facebook, Twitter, Amazon, Microsoft e un centinaio di altre aziende. Per molti si tratta, letteralmente, di salvare Internet. Se una norma del genere venisse approvata negli Stati Uniti, paese dal quale transita gran parte del traffico di dati planetario, gli effetti sarebbero globali.
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