In occasione della seicentosessantaseiesima puntata del Disinformatico radiofonico ripesco questa storia del 2007 che mescola informatica e numerologia.
Ci sono persone che sostengono che i codici a barre
presenti sulle confezioni dei prodotti contengano il numero 666, che secondo alcuni sarebbe legato alla “perdizione satanica."
Il “666” si anniderebbe nelle coppie di righe sottili all'estrema
destra, all'estrema sinistra e al centro di ogni codice esistente, perché nel codice a barre due righe sottili affiancate rappresenterebbero il 6.
Non è così: queste righe estreme e centrali, infatti, non rappresentano alcuna
cifra ma sono semplicemente le linee di riferimento
che servono allo scanner che legge il codice per capire dove inizia e dove finisce il
codice stesso.
La teoria è talmente diffusa che George J. Laurer, inventore del codice, aveva pubblicato anni fa un commento esasperato su questa storia; il commento sopravvive solo negli archivi di Archive.org.
Fra l'altro, l'attribuzione del numero 666 come simbolo di Satana è tutt'altro
che conclamata ed è in effetti una leggenda metropolitana dentro la leggenda
metropolitana: una credenza tramandata per sentito dire, ma di cui nessuno va a
controllare le origini.
Infatti, come si può leggere per esempio sulla
Wikipedia in inglese, le primissime fonti bibliche usavano invece il numero 616 o 665, e molti
studiosi ritengono che la Bestia non sia Satana, ma l'imperatore Nerone o
Domiziano (il cui nomignolo derisorio era, guarda caso,
"la bestia" fra i romani, i greci, i
cristiani e gli ebrei).