Ultimo aggiornamento: 2022/07/19 9:10.
Pochi giorni fa Google ha rilasciato ufficialmente Chrome OS Flex, una versione di Chrome OS in grado di girare su qualunque processore (Intel o AMD) relativamente recente, simile a quella installata sui Chromebook. Può essere usata per recuperare un vecchio PC o Mac troppo lento per far girare decentemente Windows 10/11 o macOS.
È il genere di cosa che si può fare anche con Linux, ma ogni tentativo è un terno al lotto; Google, invece, elenca specificamente i computer che certifica compatibili. Nelle polverose cantine del Maniero Digitale c’è, guarda caso, proprio uno di quei modelli compatibili, un netbook Acer Aspire E3-111 che ha parecchi anni sulle spalle e sul quale finora ho installato Linux Lubuntu.
La distro Linux funziona egregiamente ed è abbastanza reattiva e usabile, ma ha una magagna molto irritante: per motivi insondabili, il tasto freccia destra e il tasto Del non rispondono. Potrei mettermi a pasticciare con la configurazione della tastiera, ma non ho quel genere di pazienza e sono curioso di provare Chrome OS Flex, per cui vi racconto com’è andata.
Se ci state pensando anche voi, tenete presente che Chrome OS Flex ha alcune limitazioni rispetto a ChromeOS standard e richiede almeno 4 GB di RAM (perlomeno così dicono le specifiche).
Creare la chiavetta di installazione
Le istruzioni dicono di installare (nel mio caso, su un altro computer, un Mac) la Chromebook Recovery Utility: si apre Chrome e si installa l’estensione omonima, la si lancia e poi si seguono le sue istruzioni. Serve una chiavetta USB sacrificabile da almeno 8 GB (si può anche usare una scheda SD), che verrà completamente cancellata.
L’estensione chiede di “identificare il modello di Chromebook”, ma in
realtà le istruzioni dicono di scegliere Google Chrome OS Flex come
fabbricante e Chrome OS Flex come prodotto. L’estensione scarica e
installa il software di installazione. La scrittura della chiavetta richiede
circa un quarto d’ora.
Avviare da chiavetta
Spengo il netbook sul quale voglio provare a installare ChromeOS Flex, inserisco la chiavetta e accendo il netbook, premendo subito F2 (come indicato dalle istruzioni che Google gentilmente fornisce per ogni specifico computer) per entrare nelle impostazioni del BIOS e definire la chiavetta USB come primo dispositivo dal quale tentare il boot.
ChromeOS Flex si avvia (molto, molto lentamente). A questo punto si può usare il sistema operativo direttamente dalla chiavetta, senza installare nulla sul disco rigido, oppure installarlo permanentemente sul disco rigido, sovrascrivendo tutto il suo contenuto. Faccio un giro di prova e vedo che riconosce correttamente la tastiera e il Wi-Fi, anche se è di una lentezza esasperante, per cui vado per l’installazione permanente.
Installare permanentemente
Quando scelgo l’opzione di rendere permanente l’installazione, mi viene chiesto se il dispositivo verrà usato da me o da un minore, poi mi viene chiesto un account (do quello che ho su Google); mi arriva la richiesta di verifica sullo smartphone e la accetto. Parte Google Assistant, che mi chiede se voglio permettere all’Assistant di accedere a uno screenshot di quello che ho sullo schermo (“Per ricevere risposte personalizzate alle tue domande, consenti all’assistente di accedere a uno screenshot dei contenuti sul tuo schermo. Ciò potrebbe includere informazioni relative ai brani o ai video in riproduzione”).
Ho capito bene? Google vuole prendere screenshot di quello che ho sullo schermo? Ma neanche morto.
Rifiuto anche l’attivazione dell’assistente quando dico Hey Google. Chiede poi se voglio collegare il mio telefono Android: questo lo accetto.
Parte l’installazione, che si rivela lentissima e priva di qualunque informazione sulla sua conclusione corretta o meno. Dopo un’oretta di attesa di qualche segno di vita, spengo fisicamente il netbook, tolgo la chiavetta e provo a riaccendere. Sorprendentemente, parte ChromeOS Flex, faccio login nel mio account e si attivano tutte le sue app.
Dettaglio interessante: questo esemplare di netbook ha solo 2 GB di RAM, ossia la metà del requisito minimo di ChromeOS Flex, eppure sembra funzionare tutto correttamente.
Verdetto
Risultato: ho rianimato un netbook defunto, che ora si avvia in una cinquantina di secondi ed è pronto per lavorare con tutta la suite online di Google (Chrome, Mail, Calendar, Messages, Meet, Drive e relativi documenti, presentazioni e fogli di calcolo), con le app in-browser anche di terze parti (come WhatsApp Web o Photopea), ma senza app di Google Play o Android e senza applicazioni installabili da altre fonti (a parte le estensioni di Chrome e le applicazioni Linux se riuscite ad attivare l’ambiente di sviluppo Linux, cosa fuori dalla portata dell’utente medio).
Queste limitazioni potrebbero anche essere considerate un bonus, per esempio perché dovete affidare il computer a una persona che deve solo sfogliare il Web, gestire la mail e le foto e comporre documenti ma potrebbe tentare di installarvi qualunque porcheria le capiti a tiro (o potrebbe essere convinta a farlo da qualche truffatore): su ChromeOS Flex non può installare nessun eseguibile.
Anche la protezione antiphishing dovrebbe essere buona, dato che il browser è Chrome, che riceve in tempo reale le notifiche dei siti di phishing. Inoltre non occorre preoccuparsi di fare aggiornamenti (ChromeOS si aggiorna automaticamente) e non c’è il pericolo di rallentamenti progressivi. Per uso privato, ChromeOS Flex è gratuito.
In casi come questo ChromeOS Flex è una buona soluzione, vista la rarità del malware per questo ambiente operativo e la facilità di ripristino (si va nelle impostazioni, si sceglie Ripristino delle impostazioni e poi Reimposta; al riavvio si fa login e tutto torna come nuovo).
Può anche essere una soluzione interessante a livello aziendale: Google descrive il caso di una catena alberghiera multinazionale paralizzata da ransomware (su Windows) che è ripartita rapidamente grazie a ChromeOS Flex, convertendo 2000 computer in circa 48 ore.
C’è anche la questione ambientale, che di questi tempi è particolarmente sensibile: poter continuare a usare un vecchio computer evita di mandarlo in discarica e anche di comperarne uno nuovo. Si risparmiano soldi e si riduce la spazzatura elettronica.
Se invece l’idea di dipendere completamente da Google e da una connessione a Internet vi fa venire l’orticaria, lasciate perdere; provate con Linux e sperate che il vostro computer sia correttamente supportato e ricordatevi di fare gli aggiornamenti.
Fonti aggiuntive:
Ars Technica,
HWUpgrade,
Android Police,
The Register.
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