Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Pubblicazione iniziale: 2016/07/20 19:46. Ultimo aggiornamento: 2016/07/25 18:00.
Questa recensione NON contiene spoiler. I commenti, invece, potrebbero contenere spoiler.
La cosa più bella di
Star Trek Beyond è quello che sta succedendo al Maniero Digitale mentre scrivo queste righe e che succederà, immagino, in tanti altri posti: finalmente fan entusiasti che discutono con gioia del film di
Star Trek che hanno appena visto.
Ne citano le battute, ne commentano le scene preferite, ne criticano gli scivoloni (pochi) della trama sapendo che tanto non sono importanti, e si godono quello che hanno appena visto, trattenendo qua e là il magone per qualcuno degli omaggi garbatissimi regalati dalla nuova avventura dei loro personaggi preferiti a chi non c’è più nella famiglia di
Star Trek (Leonard Nimoy e Anton Yelchin).
Erano
anni che non capitava più.
Ho visto il film oggi pomeriggio all’anteprima stampa, grazie alla Radiotelevisione Svizzera, insieme a un bel gruppo di Trekker ticinesi e lombardi e a Gabriella Cordone Lisiero (che ha supervisionato la traduzione dei dialoghi in italiano insieme a Marcello Rossi). Quella che segue è la mia recensione senza spoiler.
Se avete fretta
Star Trek Beyond è un
vero film di
Star Trek, di quelli classici: astronavi, azione, divertimento, spettacolo, personaggi ben costruiti e recitati bene, una storia che regge e un messaggio di fondo positivo. Piacerà ai neofiti e farà contenti anche i fan d’annata, mentre i film precedenti della “gestione Abrams” avevano diviso gli appassionati.
Non fidatevi dei trailer: io ero partito molto
prevenuto a causa di quello che mostravano e perché ero stato scottato dai film precedenti (soprattutto
Into Darkness, che stroncai
qui), ma dopo pochi minuti mi sono dovuto ricredere e alla fine del film sono uscito con un sorriso di sollievo e contentezza e una sola parola in testa:
finalmente.
In dettaglio
Tolgo subito di mezzo le preoccupazioni principali dei dubbiosi: primo,
i salti in moto ci sono, ma in una sola scena che oltretutto ha perfettamente senso nella trama; secondo,
la canzoncina di Rihanna è relegata dopo i titoli di coda, dove non fa danno, mentre la musica orchestrale di Michael Giacchino addobba ed esalta il film stupendamente (con un paio di omaggi da groppo in gola al tema originale di Alexander Courage). Terzo,
Beyond si può tranquillamente vedere senza aver visto gli altri due film della “nuova” incarnazione, ma conoscere un po’
Star Trek aiuta e migliora il godimento.
Quarto,
la trama è dannatamente ben costruita: meglio, anzi, che in molti altri film “classici” della saga. C’è molta azione, perché al cinema serve il grande spettacolo, ma è punteggiata da momenti intimi che chi segue Kirk, Spock e McCoy da sempre adorerà. Momenti girati con gusto, dove l’emozione dei personaggi non è
spiegata a prova di cretino da una battuta dei dialoghi, come si usa adesso (
“Mi è morto il gatto, e questo mi fa sentire molto triste”), ma è
suggerita dall’espressione degli attori. Due fotogrammi in più a fine battuta, un gioco di sguardi, un sorriso e non solo è spiegato il sentimento: è caratterizzato il personaggio. E gli attori di
Beyond sono tutti all’altezza del compito di spiegare attraverso il non detto (non perdetevi un certo sorrisino di Kirk con il quale l’attore, Chris Pine, emula
perfettamente il giovane Shatner). È bello non essere trattati da scemi.
Intendiamoci, la storia di base non è originalissima: c’è il cattivo di turno (che però ha qualcosa che lo distingue dai tanti cattivi classici – ma ho promesso di non fare spoiler), c’è la grande minaccia da sventare, ci sono i combattimenti e le scazzottate. Del resto, ci sono sempre state anche nella Serie Classica e nei film con il cast originale. Ma l’azione di
Beyond scorre bene, perché è girata abilmente: Justin Lin, il regista, viene da
Fast and Furious, ma questo gli consente di costruire bene le scene d’azione in modo che lo spettatore abbia sempre ben chiara la geografia degli avvenimenti (con campi lunghi che danno il senso della grandezza della scena e permettono di capire cosa sta succedendo e dove, invece del solito montaggio frenetico con inquadrature strettissime che fan girare la testa).
La trama, inoltre, evita con grazia le trappole solite delle storie di
Star Trek. Un paio di esempi (sempre senza spoiler): di solito c’è sempre una ragione assurda per la quale dev’essere l’
Enterprise a intervenire contro la Grande Minaccia di Turno (che so, è stranamente l’unica astronave che difende la Terra o che si trova in zona – dove sono tutte le altre della Flotta? In vacanza? In gita fuori porta?), mentre qui la missione è molto meno drammatica (all’inizio, perlomeno) e viene dato un motivo perfettamente sensato perché la svolga proprio, e per l’ennesima volta, l’astronave capitanata da Kirk. E molte delle scene iniziali, che sembrano avere solo lo scopo di caratterizzare e spiegare la situazione, hanno invece un secondo fine che diverrà evidente in seguito. In altre parole, una volta tanto una sceneggiatura strutturata a incastro preciso, fatta come si deve.
A differenza dei film precedenti della
Kelvin Timeline (si chiama così, in gergo, la narrazione iniziata con
Star Trek (2009) e proseguita con
Star Trek Into Darkness (2013)), i personaggi femminili non sono messi lì per mostrare le proprie grazie (ricordate lo spogliarello del tutto gratuito di
Into Darkness?) e farsi salvare dagli eroi ma sono persone intelligenti e risolute.
Kirk non è più il bamboccio fortunato di prima: è un capitano astuto e uno stratega. Spock battibecca con McCoy nella migliore tradizione della Serie Classica. Gli altri personaggi principali hanno tutti un ruolo importante e l’azione è corale. Sembra insomma di vedere un episodio esteso dei telefilm della serie originale, ma fatto con gli effetti speciali di oggi (praticamente impeccabili, con un paio di momenti di puro
Trek porn e di senso del meraviglioso che manderanno in solluchero i Trekker).
Gli omaggi alle serie precedenti ci sono in abbondanza, ma non sono ficcati a caso solo per compiacere i fan come negli altri film: sono funzionali alla trama. Anche i tributi agli attori scomparsi (in particolare a Leonard Nimoy) sono inseriti nella storia in modo logico e anzi hanno delle conseguenze importanti nelle vicende successive. E le battute sono tante, senza essere forzate, esattamente nello spirito della Serie Classica.
Quindi datevi da fare: andate al cinema (consiglio la visione in 2D oppure in un 3D
molto luminoso) e fate sapere alla Paramount che
questo è lo
Star Trek che amiamo e che vogliamo continuare a vedere. E dite
grazie a Simon Pegg, che oltre a interpretare Scotty è cosceneggiatore (insieme a Doug Jung) ed è soprattutto un fan sfegatato di
Star Trek. E si vede, perché questo è un film spettacolare, certo, ma fatto col cuore e senza parcheggiare il cervello in doppia fila con le quattro frecce come i precedenti.
Per ora, per non spoilerarvi il gusto di vedere il film, più di questo non posso dirvi. Vado a festeggiare con gli amici il ritorno a casa del figliol prodigo. Lunga vita e prosperità.