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Qualche giorno fa il Parlamento Europeo ha adottato due proposte di legge che dovrebbero tutelare maggiormente le persone online e che impongono nuove regole alle aziende big tech. Queste proposte si chiamano DSA e DMA, Digital Services Act e rispettivamente Digital Markets Act, e dovrebbero entrare in vigore in autunno. Sono leggi europee, ma non riguardano soltanto chi vive e lavora nell’Unione Europea.
Per parlarne ho chiesto una sintesi a Francesco Gabaglio, che è un giornalista che lavora per Cult+, il magazine culturale online della RSI, e si occupa spesso di come la tecnologia influenza la nostra cultura e viceversa. E questo è proprio uno di quei casi. Trascrivo qui quello che dice Francesco:
Ciao Paolo, grazie per questo spazio. In effetti abbiamo parlato di queste due leggi di mercoledì sulla nostra pagina Instagram [linkata qui sotto] perché sono leggi che, per come sono state scritte, avrebbero un impatto veramente enorme su tutta l’industria di Internet e non solo nell’UE. Il loro scopo da una parte è quello di tutelare maggiormente gli utenti online; dall’altra è quello di facilitare la concorrenza, e infatti si applicano soprattutto alle aziende big tech, quindi Meta, Google, Apple, Twitter e TikTok, soprattutto.
Cominciamo dalla prima legge, la più sostanziosa, che è il DSA o Digital Services Act. Come prima cosa il DSA pone un freno alla profilazione; vieta alle grandi piattaforme di usare i dati personali particolarmente sensibili, come lo stato di salute, vieta la pubblicità mirata ai minorenni, e obbliga le piattaforme anche a fornire un sistema di raccomandazione non basato sulla profilazione (quindi, primo tra tutti, per esempio, un feed cronologico).
Poi c’è il capitolo rimozione dei contenuti. Quello che fa il DSA è renderla più veloce, fondamentalmente. Le piattaforme continueranno a non essere responsabili legalmente per i contenuti postati dagli utenti ma dovranno subito eliminare i contenuti illegali, e per farlo dovranno rispondere anche a richieste di rimozione da parte delle autorità giudiziarie e di polizia, e questo è forse il punto più critico, che preoccupa di più attivisti ed esperti.
Ci sono poi altre misure che favoriscono la trasparenza: le piattaforme dovranno spiegare alle autorità come funzionano i loro algoritmi e quali rischi presentano, e poi questi rischi verranno valutati da un organismo dell’UE, che non esiste ancora (ma ci arriviamo dopo).
Ultima vittoria per gli utenti, poi, i dark pattern saranno vietati. Cioè quei trucchetti che alcune aziende usano per spingerci a fare certe scelte nelle opzioni, nascondendo i pulsanti, rendendo complicatissimi i menu di scelta dei cookies; ci siamo capiti, insomma.
Passiamo poi al DMA, che è la seconda legge, il Digital Markets Act. Qui lo scopo invece è evitare i monopoli e facilitare la concorrenza. La misura che più ha fatto discutere è quella di obbligare le piattaforme a permettere l’utilizzo di app di terze parti per accedere ai propri servizi, quindi permettere fondamentalmente l’esistenza, per esempio, di un client non ufficiale per WhatsApp. Ed è un punto problematico per quanto riguarda la sicurezza, perché non si capisce bene come potrebbe essere gestita la crittografia end-to-end, per esempio. Staremo a vedere.
Altra misura che citerei è il divieto di tracciare gli utenti fuori dalla propria piattaforma senza esplicito consenso, e qui pensiamo ovviamente a Meta.
Ecco, queste sono alcune delle misure. Le proposte di legge sono lunghe 450 pagine.
Facciamo un bilancio. La prima buona notizia è che queste sono buone leggi per gli utenti: perlomeno ne sono convinti analisti e attivisti per i diritti online come l’Electronic Frontier Foundation. L’altra buona notizia è che anche la Svizzera probabilmente ne beneficerà, perché nessuna grande azienda vuole sviluppare policy e servizi diversi per ogni paese. La cattiva notizia è che il difficile arriva ora: l’UE e gli stati membri dovranno prima di tutto decidere chi e come dovrà implementare e far rispettare le leggi. Il successo di queste leggi, soprattutto all’inizio, dipenderà da come le aziende reagiranno. La speranza è che per evitare le salatissime multe previste (si parla fino al 10% del reddito annuale) si adattino a queste leggi prima ancora che l’UE abbia un meccanismo completamente funzionante.
Cult+ ha creato per il proprio profilo Instagram (@rsicultplus) un post apposito che può essere utile da condividere con chi usa questa piattaforma social e vuole sapere cosa cambierà nei prossimi mesi nella nostra vita digitale:
Speriamo che queste leggi riescano a mettere in pratica i loro sani princìpi in maniera meno complicata e frustrante di quanto è successo con le normative sui cookie, che ci hanno trasformati tutti in formidabili cliccatori compulsivi sul pulsante Accetto di tutti i siti che visitiamo ma non ci hanno insegnato granché sulla difesa del nostro diritto a non essere spiati, schedati e classificati.
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