Pubblicazione iniziale: 2021/09/24 14:41. Ultimo aggiornamento: 2021/09/26 18:00.
Piazzapulita, il programma di La7, ha diffuso ieri un servizio firmato
da Chiara Proietti D’Ambra che descrive un suo viaggio da Roma a Reggio
Calabria (710 km), fatto in auto elettrica, che ha richiesto
cinquantadue ore. Due giorni e mezzo.
Non linko direttamente il programma per non regalargli traffico e visibilità
(ne trovate copia su Archive.is), ma
posso dire che non credo di aver mai visto un servizio confezionato così
professionalmente in termini di malinformazione e scemenze al minuto. Mi
riferisco al video di 5 minuti e 39 secondi pubblicato sul sito di
Piazzapulita.
Non ho voglia di indignarmi o prendermela per l’ennesimo esempio di falsa
informazione intorno ai veicoli elettrici. Tanto ormai la transizione è ben
avviata, indietro non si torna e servizi come questi sono soltanto patetiche
consolazioni per chi non vuole accettare un cambiamento necessario e
inevitabile. Però credo che le spettacolari perle di incompetenza di questo
servizio (voglio sperare che non sia malizia) possano diventare un’occasione
per spiegare alcuni concetti e sfatare alcuni miti sulla mobilità
elettrica.
2021/09/26 Per chi ha fretta: Vaielettrico ha sbufalato il video di Piazzapulita nella maniera perfetta: ha rifatto lo stesso viaggio, con la stessa auto elettrica, in nove ore e 43 minuti invece di due giorni. Oltretutto con un conducente non esperto e partendo con la batteria parzialmente scarica per emulare le stesse condizioni di partenza del servizio. Al ritorno, partendo con l’auto carica al 100%, ci ha messo nove ore e due minuti.
Queste sono le principali perle del video di Piazzapulita:
-
L’auto parte da Roma con la batteria mezza scarica (al 65%). Un
errore colossale, un’imbecillità totale che nessun automobilista elettrico
farebbe e che fa partire il viaggio subito col piede sbagliato. Con un’auto
elettrica si parte sempre per un viaggio lungo con la massima carica
possibile, e di solito non è difficile farlo perché l’auto si carica stando
in garage, attaccata alla presa, senza doverla per forza portare al
“distributore” (alla colonnina). Altrimenti è un po‘ come uscire di casa col
telefonino mezzo scarico e poi lagnarsi che a fine giornata è scarico. Ho
chiesto spiegazioni
alla giornalista via Twitter. La sua
risposta testuale:
“Perché purtroppo il noleggiatore dell’auto ce L ha dato così poco carica
e non c è stato tempo di ricaricarla prima della partenza”. Un noleggiatore decisamente inetto, allora; e non si capisce quale fretta
indiavolata ci fosse di partire senza passare da una colonnina rapida per un
rabbocco. In ogni caso, già si parte con una situazione decisamente
irrealistica rispetto alla normalità di chi possiede un’auto elettrica e
quindi la carica bene prima di partire.
-
Non è stata fatta alcuna pianificazione significativa del viaggio. Le
colonnine non si cercano mentre si è in viaggio, si localizzano prima
di partire. E si usano le tessere, non le app, per far funzionare le
colonnine (2:40). Il pianificatore di Tesla, per esempio,
indica
otto ore di viaggio, non cinquantadue, e quelli delle altre marche non danno
risultati molto differenti.
-
Includere le ore passate a dormire in albergo (senza ricaricare) nel
conto delle ore di viaggio è semplicemente disonesto. La giornalista ammette candidamente (a 4:10) che non va a cercare una
colonnina perché è stanca. Con uno straccio di pianificazione (tipo cercarsi
prima un albergo con una presa) avrebbe potuto caricare durante la
notte, mentre dormiva, come faccio per esempio io quando devo fare un
viaggio lungo in auto elettrica.
-
Perché proprio Mondragone? Come mai la giornalista ha percorso strade
statali e provinciali invece di prendere l’autostrada, e perché si è fermata
proprio in questa località, fra tutte quelle (dotate di colonnine) lungo il
percorso? HdMotori nota che Mondragone è
“un buco nero per la mobilità elettrica, circondato da città molto più
ricche di colonnine. Era davvero necessario fermarsi lì per la notte?”. L’ho
chiesto
anch’io.
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Perché è stato scelto un viaggio così lungo? Non è rappresentativo
dell’uso medio dell’auto (elettrica o a carburante che sia). La percorrenza
media in Italia è
31 km/giorno. Perché non fare un viaggio del genere in treno, per esempio,
infinitamente meno stressante di ore e ore di guida?
-
Non si corre a 130 km/h con un’utilitaria (credo una Zoe 50 R110,
stando ai commenti e ai
tweet)
se si vuole ottimizzare l‘autonomia. Un’utilitaria non è fatta per viaggi
lunghi e ha un’aerodinamica penalizzante ad alta velocità. Infatti si vede
(a 1:49) che l’auto consuma in media 19 kWh/100 km, uno sproposito (non li
consuma nemmeno la mia Tesla Model S, che è una grossa e pesante berlina, a
130 km/h), e a 3:44 si vede che la giornalista va a 127 km/h e poi ammette
candidamente che
“guidando a 130 km di velocità, l’autonomia della batteria piomba a poco
più di 200 chilometri”. Già andando 10 km/h più piano aumenterebbe notevolmente l’autonomia ed
eviterebbe lunghi tempi di ricerca di colonnine e lunghe soste di ricarica.
Infatti poi la giornalista è costretta a rallentare drasticamente.
-
Non si aumenta la velocità quando si è in riserva. La
giornalista, con il 17% di autonomia residua, imbocca la tangenziale
“così possiamo andare anche un po’ più veloce” (1:40). Questo è
stupido quanto andare a 160 km/h per arrivare al distributore prima che
finisca la benzina.
-
Non si mette sotto carica l’auto senza avere la minima idea di quanto
tempo ci metterà (2:54). Non è difficile: lo dice l’app, lo dice la colonnina, e si possono anche
fare due conti a mente (potenza della colonnina e kWh da caricare).
Oltretutto se questa è una Zoe, ha la carica a 22 kW, per cui fa il “pieno”
in un paio d’ore a quasi tutte le colonnine, anche quelle “lente”, e se è la
Zoe con carica CCS (come pare), ha anche la carica rapida (mezz’ora per
arrivare all’80%. Invece il servizio mostra che l’auto ha raggiunto soltanto
il 50% dopo un’ora e 40 minuti (3:00).
-
Staccare il telefonino dalla presa di ricarica dell’auto per
ridurre i consumi (a 1:52) significa non aver capito assolutamente nulla
di come funziona un’auto elettrica.
Il consumo di un telefonino è del tutto trascurabile rispetto alla carica di
una batteria per auto. È come pensare che un gabbiano che si poggia su un
transatlantico lo possa rallentare.
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Tenere l’aria condizionata accesa (a 1:52) quando si è a corto di
autonomia significa (di nuovo) non aver capito assolutamente nulla di come
funziona un’auto elettrica.
Il condizionatore incide in modo significativo sui consumi (come in un’auto
tradizionale). Se sei in “riserva”, lo spegni, invece di staccare il
telefonino. La giornalista spegne il condizionatore solo quando la carica
residua è ormai al 9% (a 2:00).
-
Durante le ricariche fatte in viaggio non si carica mai fino al
100%, ma ci si ferma intorno all’80%, perché quel 20% finale di ricarica è
lentissimo per motivi tecnici (una batteria è un po’ come un bicchiere di
vino: puoi riempirlo rapidamente quando è vuoto, ma devi procedere
lentamente quando è quasi colmo). Qualunque automobilista elettrico lo sa.
La giornalista, invece, dice di aver trascorso cinque ore a caricare
(3:25).
-
Se si pensa di fare viaggi lunghi ci si attrezza con un’auto elettrica in
grado di caricarsi anche alle colonnine rapide
(lo possono fare quasi tutte, forse anche quella usata nel servizio) e non
ci si ferma alle colonnine lente... per poi lamentarsi che sono lente.
HDMotori ha pubblicato un’analisi
più approndita e molto meno misericordiosa della mia.
In sintesi: il servizio ha preso una persona completamente inesperta di auto
elettriche, le ha dato in mano un’auto poco adatta a un viaggio così lungo e
non ha fatto alcuna preparazione. Con queste premesse, che a questo punto
sembrano proprio scelte ad arte, il risultato non poteva che essere
disastroso.
Se avete visto il servizio e avete notato altre perle, e se avete identificato
l’auto usata, segnalatemelo nei commenti.
Intanto ho proposto alla redazione di rifare il viaggio come si deve, ossia
con cognizione di causa e un briciolo di buon senso. Vediamo se risponde.
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