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Il Disinformatico: Trusted Computing

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2008/07/10

iPhone 3G comperato e sventrato. Non da me

C'è chi vola in Nuova Zelanda per essere il primo possessore di iPhone 3G. E quando ce l'ha, lo sventra


Siamo al delirio. Ifixit.com ha mandato i propri emissari in Nuova Zelanda per approfittare del fuso orario ed avere subito in mano un iPhone 3G. Una volta acquistato, l'apparecchio è stato smontato immediatamente e le foto sono già online qui.

Si apre la caccia al chip per il Trusted Computing, ma nel frattempo spiccano già due cose molto interessanti: la prima è che la batteria non è saldata, e quindi è sostituibile se si smonta in parte l'iPhone. Di certo non la si può cambiare al volo come negli altri cellulari, ma la sua sostituzione è fattibile.

La seconda cosa è l'oggetto che vedete qui spra: è l'estrattore della SIM. Se viaggiate fra più paesi o avete due SIM per vari motivi, preparatevi ad avere quest'oggetto sempre con voi, altrimenti saranno guai. Sempre che il vostro iPhone non sia sim-locked.

Parere personale: mi tengo il mio iPod Touch e non mi sveno con uno dei contratti per l'iPhone. Così non devo diventare matto a disattivare la funzione di trasmissione dati automatica ogni volta che vado in roaming.


2008/07/11 00:05


Gizmodo annuncia che la versione 2.0 del firmware è stata craccata prima ancora di essere pubblicata ufficialmente (è disponibile con questo trucco, solo per iPhone, niente Touch, e non va usata sugli iPhone craccati). Questo dovrebbe consentire di cambiare la SIM all'iPhone, in modo da evitare le tariffe di roaming, e di installare anche applicazioni non benedette da Apple.

Sembra tutto calibrato per far promozione all'iPhone facendo tirare la gola ai gadgetomani: lucchettarlo, ma non troppo. Non in modo insormontabile.

Così da un lato Apple offre allo smanettone la soddisfazione di craccare un dispositivo (e in questo modo aumentare il mercato potenziale degli iPhone), e dall'altro crea un ostacolo al libero scambio di software, che per molti possessori di iPhone sarà insormontabile o troppo complicato da superare (e in questo modo attirare gli sviluppatori di software, che potranno contare su un sistema anticopia che non sarà perfetto ma farà aumentare le vendite dei loro programmi). Astuto.

2008/07/08

iPhone e iPod craccati, attenti al Trusted Computing che li stende

Pensate di prendervi un iPhone 3G e craccarlo? Pensateci due volte


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

L'aggiornamento 2.0, di prossima uscita, del firmware degli iPhone e degli iPod touch conterrebbe funzioni che permetterebbero ad Apple di bloccare gli esemplari craccati e di decidere quali programmi far girare su questi dispositivi e su quali reti cellulari permettere l'uso del cellulare Apple.

Se avevate pensato di acquistare un iPhone all'estero, craccarlo e usarlo sulla vostra rete nazionale, o se già avete un iPhone craccato e lo state usando, conviene quindi aspettare prima di aggiornarlo con questo nuovo firmware annunciato da Steve Jobs, che amplia le funzioni del cellulare e dell'iPod ma introduce, a quanto pare, una serie insormontabile di lucchetti digitali.

Anche il programma iTunes, nella sua prossima versione, sarebbe fonte di lucchetti per questi dispositivi. Meglio stare a vedere cosa succede agli altri utenti, visto che se le indiscrezioni sono esatte, il cellulare diventerebbe inservibile.

In sostanza, secondo queste indiscrezioni piuttosto dettagliate, questi dispositivi conterrebbero un chip del famoso (o famigerato) Trusted Computing, noto impropriamente anche come Palladium, di cui ho parlato ampiamente in passato. Ne parlano anche The Apple Lounge e Macitynet. In pratica, questo chip consegna le chiavi di gestione del vostro computer a qualcun altro, che può essere il titolare dei diritti su un film o un brano musicale o un documento oppure, in questo caso, Apple.

Le indiscrezioni sono molto esplicite:

Il Chip ARM 1176JZF, che equipaggia l’iPhone anche nella versione 2G, ha al suo interno una funzionalità chiamata “TrustZone”, interamente basata sulle specifiche del Trusted Computing, o Palladium. Mentre nelle versioni precedenti questa funzionalità non era MAI stata implementata, a partire dal Firmware 2.0 Beta 7 ogni singola parte di software dell’iPhone si basa su queste specifiche... ogni applicazione dovrà essere firmata digitalmente da Apple (via AppStore) per poter essere scaricata, installata ed eseguita sull’iPhone stesso.

In pratica, secondo quest'analisi, "l’iPhone 2.0 è quanto di più blindato si sia mai visto". Nessun problema per chi segue alla lettera i contratti d'acquisto, ma si prospettano tempi duri per chi spera di poter taroccare questi oggetti per farne usi differenti da quelli sanciti e benedetti dal produttore e dall'operatore telefonico. Meglio quindi stare a vedere che succede, anche perché sono in arrivo soluzioni open source del tutto aperte che non avranno sicuramente queste limitazioni, come Openmoko (che ho già avuto occasione di provare con meraviglia nelle sue versioni preliminari).

Questo è il cancro alla base del Trusted Computing: non siamo più padroni di usare i nostri computer o cellulari o lettori MP3 nel modo che vogliamo noi.

2006/11/02

Trusted Computing, spariti i chip dai Mac Intel?

Niente più chip Trusted Computing nei Mac?


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "maurizio.sghe****" e "miki26".

Amit Singh, rispettato autore ed esperto d'informatica, dice che i chip Trusted Computing non sono più presenti nei nuovi laptop Apple e che questi chip non sono un pericolo liberticida come ritengono molti (me compreso). Se avete un Mac nuovo, potete darmi una mano a confermare o smentire questa notizia decisamente intrigante.

Riepilogo per chi si è perso le puntate precedenti: il Trusted Computing è un'iniziativa formalmente orientata a rendere più sicuri i computer dotandoli di speciali chip. E' un parente alla lontana di un vecchio e controverso progetto Microsoft, denominato Palladium. Il problema è che le sue funzioni di sicurezza possono essere usate anche per impedire all'utente di fare quello che vuole con il proprio computer: entra insomma in gioco la possibilità che qualcun altro decida, almeno in parte, cosa facciamo, vediamo, leggiamo e scriviamo. Un'idea che non piace, per esempio, a Richard Stallman e alla Electronic Frontier Foundation.

Lo scenario tipico è il film o brano musicale scaricato legalmente e protetto da un sistema anticopia o di gestione dei diritti digitali (Digital Rights Management o DRM): grazie al Trusted Computing, sarebbe molto più facile realizzare forme di protezione anticopia ben più resistenti di quelle patetiche attuali. Con queste forme di anticopia basate sull'hardware, Hollywood potrebbe decidere se e quando e quante volte possiamo vedere un film e quanto farci pagare ogni volta per rivederlo. O cambiarcelo irrevocabilmente sotto il naso.

Infatti controllare la possibilità di rivedere un film o risentire una canzone significa anche avere potere di censura. Chi era al Linux Day a Cinisello avrà visto i fotogrammi rimossi da Fantasia per nascondere il razzismo imperante di quell'epoca (ne vedete uno all'inizio di quest'articolo). Col Trusted Computing, si dice, sarebbe facile far sparire per sempre queste prove, realizzare documenti apribili soltanto su determinati computer o rendere inaccessibili i siti Web che contengono informazioni sgradite al potente di turno. Sarebbe facile far sparire le bugie pre-elettorali dei candidati, per esempio.

Come "beneficio" aggiuntivo, il Trusted Computing permetterebbe di decidere anche quali componenti hardware possiamo aggiornare e quali software possiamo usare e quindi far fuori la concorrenza e in particolare il software libero e open source. Ne parlai nel 2002, quando ancora il progetto si chiamava Palladium e mi premeva segnalare le nascenti perplessità degli esperti. Da allora molte cose sono cambiate: trovate informazioni in proposito in italiano presso No1984.org e nel blog di Alessandro Bottoni.

Ma nonostante i cambiamenti, il concetto di Trusted Computing resta comunque un brutto affare. E' per questo che l'introduzione dei chip TC nei computer di molte marche, e in particolare negli Apple dotati di processore Intel sin dal loro esordio, ha destato moltissime perplessità. Ne scrissi a marzo 2006, mostrando le foto di una motherboard di iMac Intel sulla quale spiccava un processore Infineon per Trusted Computing, ossia un chip TPM (dalle iniziali di Trusted Platform Module).

Apple introdusse questi chip nei suoi nuovi computer per impedire l'installazione della versione Intel del proprio sistema operativo su computer non-Apple (o meglio per tentare di impedirla, visto che l'ostacolo è già stato aggirato in vari modi, tutti scomodissimi). La preoccupazione comune è che Apple, visti i suoi crescenti interessi economici nel mondo della musica e del video, possa cedere alla tentazione di usare il chip Trusted Computing anche come sistema di protezione anticopia per conto dei discografici e degli studios cinematografici.

E' a questo punto che entra in scena l'articolo di Singh. Diversamente dagli scenari fin qui prospettati, Singh spiega i benefici di questi chip, come la possibilità di cifrare i dati dell'utente in modo che siano decifrabili soltanto sul suo computer, fornire maggiore affidabilità alle transazioni sicure via Internet e firmare i documenti informatici in modo da garantirne autenticità ed integrità. Tutte belle cose, a patto che il controllo del chip sia effettivamente in mano all'utente e non sia condiviso con altri.

Singh presenta un driver legale per la gestione del chip Trusted Computing sotto Mac OS X, che permette all'utente di prendere totalmente il controllo di questo chip e quindi (secondo lui) eliminare il pericolo di censura derivante dalla presenza del Trusted Computing. Non solo: dichiara inoltre, appunto, che nei nuovi Mac Intel portatili non c'è più il chip in questione:

At the time of this writing (October 2006), the newest Apple computer models, such as the MacPro and the revised MacBook Pro, do not contain an onboard TPM.

Traduco:

Al momento in cui scrivo (ottobre 2006), i più recenti modelli di computer Apple, come il MacPro e il MacBook Pro riveduto, non contengono un TPM a bordo.
Singh fornisce anche un metodo per determinare la presenza o meno di questo chip: aprire una finestra di Terminale su un Mac Intel e dare il comando ioreg | grep TPM. Se il chip c'è, anche senza installare il driver di Singh si ottiene una risposta del tipo +-O TPM <class IOACPIPlatformDevice, registered, matched, active, busy 0, retain count 6>. Se non c'è, la risposta dovrebbe essere nulla.

Se avete un Mac Intel, provate a dare questo comando e scrivete nei commenti qui sotto il risultato, specificando il tipo di Mac e la data approssimativa di acquisto.

Se Singh ha ragione sull'assenza dei chip Trusted Computing nei computer Apple, cade una delle principali obiezioni che avevano spinto al boicottaggio personaggi di spicco del mondo Mac come Cory Doctorow.

Non solo: se ho ben capito, l'assenza del chip TPM vuol dire che Apple ha rinunciato all'idea di vincolare Mac OS X al proprio hardware (almeno a livello tecnico, la licenza è un altro discorso), e questo aprirebbe scenari di competizione con Windows Vista davvero interessanti. Se non si fosse costretti a comperare un computer Apple per usare OS X, migrare sarebbe molto più facile e allettante.

La questione è molto tecnica e complessa. Non ho la pretesa di averne colto tutte le sfumature, ed è per questo che scrivo quest'articolo: come spunto per attirare l'attenzione sul problema e sulle sue possibili conseguenze (piacevoli e spiacevoli). La speranza è che magari Apple Italia scenda dal proprio piedistallo, se facciamo abbastanza baccano, e decida di dare quelle risposte che mi promise mesi fa senza mai mantenere l'impegno.

Aggiornamento (2006/11/03)


Anche Punto Informatico parla oggi dell'argomento, citando però la stessa fonte (Singh).

2006/09/19

Il Trusted Computing m’invade il maniero!

Il Dottor StranaMac, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare il Trusted Computing (prima parte)


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "giannozz" e "flamingo".

Mi guarda dall'angolo della scrivania, col suo singolo occhio bianco. E' un Mac Mini Intel. Uno di quelli con l'abominevole chip TPM, detto anche impropriamente Palladium, di cui ho parlato qualche tempo fa. Uno di quelli che avevo detto che non avrei mai comprato. E adesso, invece, è lì. Il Trusted Computing mi ha sedotto?

Più che di seduzione si tratta in realtà di un matrimonio riparatore, che contiene una morale importante per chi sta pensando di passare al Mac: pensateci bene, e se potete, aspettate. Se non avete hardware di contorno assolutamente standard, i nuovi Mac non sono ancora pienamente pronti ad entrare in azione alla pari con i PC Windows. E c'è sempre quel problemino del chip spione.

Ecco com'è andata. Durante un recente viaggio ho illustrato così convincentemente le virtù del Mac a dei miei amici afflitti da PC Windows in perenne stato confusionale (i PC, non gli amici) che alla fine hanno deciso di passare al Mac. La scelta è caduta su un Mac Mini, in modo da spendere relativamente poco e permettere di riutilizzare mouse, monitor e tastiera esistenti.

Pochi giorni dopo averlo ordinato online, è arrivato nella sua microscopica confezione da Happy Meal. Le espressioni di stupita ammirazione di chi era abituato a uno scatolone rumoroso e ingombrante si sono sprecate. Perlomeno fino a quando sono cominciati i problemi.

Primo: tastiera e mouse. Un problema banale: avevano connettori PS/2 anziché USB. Un adattatore e via? Macché. La porta USB del Mini non reggeva il carico dell'adattatore doppio, per cui mouse e tastiera ogni tanto s'impappinavano e occorreva staccarli e riattaccarli. Non era un problema frequente, per cui era sopportabile rispetto all'appestamento di virus e alle mille magagne dei Windows usati fino ad allora (crash continui, stampanti che apparivano e scomparivano, modem che andavano a mezza velocità, eccetera). Comperare una tastiera USB non era fattibile subito, perché i miei amici usano una tastiera olandese e vivono in Lussemburgo, per cui per il momento abbiamo soprasseduto. Ci sarà tempo per rimediare in seguito, ci siamo detti. Come no.

Il vero problema è nato con la connessione a Internet: una linea ISDN. Pensando di essere previdente, avevo già trovato e scaricato i driver Mac appositi per il modem USB ISDN, per cui sembrava una questione banale: installare i driver, collegare il modem, configurarlo e andare online con il Mac. Ma i driver erano ancora quelli per Mac PowerPC, e non erano affatto universali (i nuovi Mac Intel possono far girare i programmi scritti per i Mac vecchi usando un software di traduzione, Rosetta, che però evidentemente non funziona con i driver). Tramite Google ho trovato una filiale tedesca della marca che produce il modem (Draytek), dove c'era un driver beta per Mac Intel. L'ho installato. Il Mini è crashato davanti ai miei amici. Figuraccia galattica. Dopo un po' di smanettamenti, il driver ISDN ha iniziato ad andare, ma a 64k e con cadute continue della linea. Non era il caso di lasciare i miei amici con un ennesimo computer claudicante.

Dovendo lasciarci l'indomani, non c'era neppure tempo per soluzioni alternative (un modem analogico Apple o l'attivazione di una linea ADSL, per esempio), per cui l'unica opzione onorevole mi è sembrata quella di offrirmi di rilevare il Mac Mini. Restituirlo non era praticabile, visto che il computer in sé funzionava egregiamente. E così eccomi qua con un Mac Mini Intel e con un chip Trusted Computing entro le mura del Maniero Digitale.

Collegandolo alla mia rete wireless domestica e a mouse, tastiera e monitor standard, il Mini Intel va che è un piacere, esattamente come i vecchi Mac: anzi, è un po' più vispo, e il ventolino è leggermente più rumoroso di quello del Mac Mini PPC che gli sta accanto nel mio antro di lavoro. Ma ogni tanto fa capolino l'immaturità della nuova piattaforma hardware, o meglio, l'attuale carenza di software Mac aggiornato. Firefox e Thunderbird girano senza problemi, ma per esempio Audacity (il programma open source che uso per l'editing audio) è disponibile soltanto senza supporto MP3: la LameLib non è stata convertita, per cui salvare in formato MP3 richiede un giro dell'oca tramite iTunes.

Finché si resta sul software fornito da Apple, nessun problema: ma se intendete usare un'applicazione particolare, controllate che sia disponibile in versione cosiddetta "universale" (che gira sia su Mac Intel, sia su Mac PPC) o compilata appositamente per Mac Intel, come lo è l'ottimo NeoOffice. E assicuratevi che l'hardware che intendete collegare al Mac sia dotato di driver aggiornati per la versione Intel.

E il Trusted Computing? Ovviamente, ora che ho un Mac Intel, devo farci i conti. So che è lì dentro: il comando ioreg -n TPM rivela l'infame stringa IFX0101 che identifica un chip Trusted Computing della Infineon. Ma questa è una storia talmente strana che ve la devo raccontare nella prossima puntata. Sperando che Steve Jobs non mi senta.

2006/07/18

Trusted Computing blocca gli upgrade?

Niente aggiornamenti dell'hardware grazie al Trusted Computing?


Sfogliando un articolo di Ars Technica dedicato ai prossimi Mac, mi sono imbattuto in una considerazione interessante sul Trusted Computing. Il controverso chippettino TPM presente in tutti i nuovi Mac, documentato in un articolo precedente, potrebbe avere anche un'altra funzione sgradita oltre a quella di creare sistemi anticopia (DRM) che violano i diritti degli utenti legittimi: impedire l'aggiornamento dell'hardware.

Siamo abituati a poter aggiornare i nostri computer cambiando memorie, processori, dischi rigidi, schede grafiche e quant'altro in modo da evitare di buttar via periodicamente tutto e ricomprare tutto da capo. Questo è un risparmio per noi, ma una mancata occasione di guadagno per chi produce hardware.

Apple è in una posizione particolare: gran parte del suo giro d'affari deriva appunto dalla vendita di hardware, sotto forma di iPod e di computer; in termini di bilancio, il software (compreso Mac OS X) è quasi trascurabile. Dal punto di vista degli utenti, invece, il software è uno dei principali motivi per comperare Apple. Da qui nasce un conflitto, ed è per questo che Apple cerca strenuamente di legare Mac OS X all'hardware Apple, al punto di integrare un chip Trusted Computing in ogni nuovo Mac per impedire (con relativo successo) che Mac OS X giri anche su hardware non-Apple.

Come dice Ars Technica, per una società che dipende dalla vendita di hardware, la possibilità di cambiare processore senza cambiare il resto del computer è una chiara minaccia al priorio modello commerciale. Da qui l'ipotesi (e va sottolineato che per ora è un'ipotesi) che Apple ricorra al chip TPM per impedire il cambio di processore e gli aggiornamenti in generale. Traduco:

Il TPM è stato incluso in tutti i Mac Intel venduti finora, e non c'è motivo che mancherà nei Mac futuri. Ha molti usi possibili, ma per Apple si riducono a due.

Il primo è che Apple vuole legare Mac OS X all'hardware Apple. Non è una novità: la EULA di Mac OS X consente all'utente di farlo girare soltanto su Mac. Esistono, e continueranno ad esistere, trucchi per eludere questa limitazione, ma per la maggior parte degli utenti il chip TPM garantirà che OS X giri soltanto su un Mac.

Il secondo, più importante per la nostra discussione, è la possibilità che un chip TPM possa impedire gli upgrade del processore. Una delle funzioni interessanti (o inquietanti) del TPM è che può legare una specifica configurazione hardware a una specifica macchina. Nel caso dei Mac, questo impedirebbe agli utenti di installare un nuovo processore.

L'articolo prosegue notando che ci sono altri modi per ottenere lo stesso impedimento, ma è interessante notare come il chip TPM si presti così agevolmente a questo tipo di manovra di controllo del mercato. Ci si trova, insomma, ad usare hardware intenzionalmente menomato per scopi commerciali, ed è per questo che molti considerano il Trusted Computing una trappola contraria alla libera concorrenza e ai diritti dei consumatori.

2006/04/09

Evidence of “Palladium”/TPM chips in shipping Intel Macs

This article is made possible by the kind donations of "sa.cri" and "afusco3".
The article has been updated since its initial posting.
Una versione italiana di questo articolo è disponibile qui.



The Mac TPM DRM logo has
been kindly donated by
Hale and is freely usable.
I've been quiet, until now, on the subject of Macs with Intel processors. For those of you who know my poorly concealed passion for Macs, that might sound odd. But there's a good reason, and it's called Palladium.

Actually, it's called Trusted Computing. The term Palladium is a leftover from a Microsoft project announced in 2002 and then awkwardly renamed Next-Generation Secure Computing Base, but it has stuck despite being incorrect.

The basic idea of Trusted Computing is hardware-based security, provided by means of a dedicated chip known as Trusted Platform Module (TPM). This is a highly controversial project, as I wrote four years ago (in Italian). It's being peddled as a security system that provides advantages to users (which is partly true), but it also entails the risk of paving the way for virtually unbreakable copy protection systems and ultimately to unprecedented forms of censorship and surveillance. The Electronic Frontier Foundation's analysis is merciless, although IBM's opposite view is also worth reading.

The EFF also raises a purely technical issue which applies to any hardware-based security solution: if security is handled by a chip, you have to trust that the chip doesn't contain implementation errors or, worse still, undocumented backdoors. Moreover, if security is handled by a chip which is soldered to the motherboard or even integrated within the main processor, there's no way to remove it, even for very legitimate purposes, such as replacing it with a new release if it turns out to be flawed.

With software-managed security, instead, you can easily change the software whenever you want. You can update it if it's found to be broken. You can choose the implementation that you trust, rather than the one chosen by your computer manufacturer. Better still, if you use open source software to ensure your security, you can check (or ask trusted experts to check) that it works exactly as specified, without flaws and backdoors. Not so with security on a chip.

More importantly, as far as I've been able to determine so far (and IBM's rebuttal is too vague), a computer fitted with a TPM chip and a TPM-compliant operating system can refuse to obey the commands of its owner and run only the programs and the operating systems approved by the computer's manufacturer and/or the OS maker. Remember Dave Bowman and HAL in 2001 ("I'm sorry, Dave, I'm afraid I can't do that")? Exactly. This is nasty stuff.

Trusted Computing technology is already integrated in many PCs, although up to now no operating system uses it for questionable (i.e., user-as-enemy) purposes. So far, it's been used mostly to encrypt user data. Even Windows Vista won't implement Trusted Computing fully. TC support is available (as an option) in Linux.

What's all this got to do with Macs? Well, while the presence of TPM chips on non-Apple machines is well-known and documented, it seems nobody wants to admit that the Intel Macs currently on sale (not the developer kits; the standard shipping Macs) also have a TPM chip. I have reliable evidence that an Infineon TPM chip is indeed present in at least some shipping Intel Macs. Moreover, Mac OS X for Intel is the first mainstream OS to use Trusted Computing to enforce OS copyright and licensing.

I contacted Apple Italy asking to confirm this: they said they'd get back to me. I'm still waiting. My original article, in Italian, was published on March 30, 2006.

Sorry, folks, I'm a Mac enthusiast, but I'm not buying a Mac (hell, I'm not buying a toaster) if it's got a snooping security chip over which I'm allowed no control. And it seems I'm not alone, although I won't have to worry about removing tattoos. This abomination goes against the very concept of "personal computer". My computer is mine, dammit: it's not a playground I want to share with uncle Bill, the limousinati from Hollywood and the moguls of the music industry.

Rant over. Now let me explain.

The issue of TPM chips in Macs began with Apple's developer kits. When Apple announced its migration from PowerPC to Intel processors, it provided developers with a kit which included an Intel PC and Mac OS X compiled for Intel, long before Intel Macs were available in shops. These PCs unquestionably had a TPM chip, as shown for example by photos of the motherboard at OSX86Project.org. The chip was an Infineon like this one. The purpose of the TPM chip in these developer systems was to prevent ordinary, non-Apple PCs from running Mac OS X. The chip worked essentially like a built-in dongle.

That hardware-enforced DRM soon failed, but never mind: it was in a developer box. The real question, for me as a Mac buyer, was whether standard, non-developer Intel Macs also included a TPM chip. So I Googled high and low and surprisingly found that everybody was quite mum about the issue. There was lots of talk about TPM in developer kits, but once the production Macs were out, everyone cheered that they were so cool and they dual-booted Windows, but the TPM chip issue was essentially swept under the carpet. Mac fans (including me) don't like to hear bad news about their fetish.

All I found was an an Italian article claiming that the presence of the chip (also known as Fritz Chip) on shipping Macs was "extensively documented by developer sites and by the tech specs of some Apple distributors". But I was unable to find any of this "extensive documentation".

I did find several sites that dissected MacBook Pros, Intel Mac Minis and Core Duo iMacs, but there was no mention of the TPM chip. Apple's site doesn't mention TPM chips at all. I e-mailed Apple Italy, but got no answers after the initial "I'll get back to you on that".

There's no doubt that Mac OS X for Intels checks whether a TPM chip is present. Based on the evidence available up to now, this is done solely to make it harder to run Mac OS X on non-Apple computers.

That's a perfectly understandable reason, but the bigger picture is that once this chip is soldered inside the computer you're buying, there's really nothing to stop Apple from using it for other purposes in the future. Since Apple has substantial interests in the music market (iTunes, iPods), it might be tempted to use this chip as a key for essentially unbreakable DRM, with all the unpleasant consequences of copyright being enforced not according to the law applicable in your country, but according to the RIAA/MPAA's whims. Even for legitimate buyers of content. Think Pentium III unique IDs. Think Sony rootkits.

I found an article from Heise.de (in German) which seemed to confirm that the TPM chip was indeed present on shipping Intel Macs. Also, a photo from Kodawarisan seemed to show an Infineon chip:

kodawarisan_imac_tpm_on_right.jpg

Heise.de's article (translated thanks to r.pulito) has these interesting quotes:

The Japanese page Kodawarisan shows pictures of an iMac with Dual Core processor. According to these photos, this Apple computer still contains an Infineon TPM. The markings of the 28-pin IC next to the Intel South Bridge... are hard to read, but the Infineon logo is clearly recognizable...

...It's quite suprising that Apple makes no mention, in the iMac specs available so far, of the existence of this component... It is unclear whether the TPM is active by default and cannot be deactivated, as in the developer kits...

...It is also unclear how this component is intended to work. Up to now, it provided a sort of hardware dongle to prevent installation of Mac OS X on non-TPM motherboards. The fact that TPM can be used to support for imposing by default a DRM system is explicitly mentioned in the Trusted Computing Group FAQs.

The day after I published my first post on this issue in Italian, a technical source who prefers to remain anonymous sent me some high-resolution photographs of the motherboard of a shipping, non-developer-kit single-processor Intel iMac. The photos show an Infineon chip with the following code: SLB9635TT12 - G546K1V - 00ZA544257. The first row of the code matches the TPM chip on developer Macs. The full set of photos, with a wider field of view, is in my Flickr album.

tpm chip closeup.png

So yes, there is a TPM chip in at least some shipping Macs as well, not just in the developer kits. Mac users are now faced with some unpleasant choices, unless Apple changes its strategy and finds a less controversial way to restrict use of its excellent operating system.

In my opinion, using a non-removable security chip is evidence that Apple and the many other TPM-embracing manufacturers plan to secure the computer against the user. With a soldered chip, content (the OS today, movies and music tomorrow) is tied to the computer, not to the user. This makes it hell to migrate DRM-locked stuff from one computer to another. What happens if/when the computer fails?

A much more user-friendly and user-trustable approach would be to implement a removable chip or smart card. A mobile phone's SIM card comes to mind: it's standard, extremely compact, cheap, carries a unique ID tied to a well-established authentication infrastructure, and it's designed to be transferred easily from one device to another. If your beloved MacBook Pro broke, you'd simply remove the SIM and plug it into another Mac, restore all your stuff, and you'd be all set, just like you are now when your mobile phone kicks the bucket. Try doing that with a chip soldered to the motherboard. Not socketed. Soldered.

Am I worrying too much? Maybe. Or maybe I'm recognizing an eerily familiar pattern. Previous incidents have shown the music/movie industry's willingness to disregard user rights, and even user security. A TPM chip gradually making its way into all PCs (not just Macs) is an excellent opportunity for further abuse. And opportunities of this kind are seldom wasted.


Update (2006/05/18)


A Slashdot discussion links to a Trustedcomputing.org document describing the Infineon chip shown above. It most definitely is a TPM chip, which "provides computer manufacturers with a proven secure operating system inside the TPM... automatically checks system integrity, and can authenticate the platform to third parties if authorized by the primary user". It is easy to imagine scenarios in which the "primary user", aka you and me, will have no choice but authorize such authentication. Your papers, please.

The same discussion notes that booting a recent Linux kernel on an Intel Mac will detect the TPM chip.


Update (2006/12/03)


According to this article by Amit Singh, newly shipped Macs are no longer reporting the presence of a TPM chip. More specifically, says Singh, Mac OS X gives an empty reply to the command ioreg | grep TPM on recently shipped Macs; Singh does not specify whether he's actually disassembled an Intel Mac to see if the TPM chip is physically there or not.

An informal poll among my readers (in Italian) seems to confirm that this behavior occurs on at least some Intel Macs, although some readers are reporting that their newly purchased Macs are still reporting the presence of the TPM chip. Mysteriouser and mysteriouser. The removal of Trusted Computing from Macs would be excellent news for consumers, so I'm rather cautious about accepting it as true.

Moreover, if the TPM chip was added to Intel Macs to prevent OS X from running on non-Apple machines and the chip is now no longer present, does this mean that OS X no longer requires a TPM chip to run? That would be a remarkable development. It would also mean that some versions of OS X for Intel don't check for TPM and some do.

As usual, Apple is silent on this issue.

2006/03/30

Il mistero del chip “Palladium” nei Mac Intel: c’è o non c’è? Arrivano le risposte

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "sa.cri" e "afusco3".
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
An English version of this article is available here.



Logo Mac TPM DRM donato da
Hale e liberamente utilizzabile.
Sono stato praticamente zitto, finora, sui nuovi Mac con processore Intel. Può sembrare un silenzio strano, vista la mia nota e malcelata passione per i Mac, ma la ragione c'è, e si chiama Palladium.

A dire il vero si chiama in un altro modo: Trusted Computing. Il nome Palladium è un residuo di un progetto Microsoft del 2002, poi goffamente ribattezzato Next-Generation Secure Computing Base, ma è rimasto in voga anche se improprio.

L'idea di base del Trusted Computing è la sicurezza ottenuta via hardware, tramite un chip apposito, denominato Trusted Platform Module (TPM). È un progetto molto controverso, come scrissi già quattro anni fa. Spacciato per sistema di sicurezza vantaggioso per gli utenti (cosa in parte vera), rischia di spalancare la porta a sistemi anticopia inviolabili e a forme di censura e sorveglianza senza precedenti. L'analisi della Electronic Frontier Foundation è inesorabile e impietosa; vale la pena di leggere, però, anche la smentita di IBM.

La EFF solleva un dubbio fondamentale che vale per qualsiasi soluzione di sicurezza basata sull'hardware: se la sicurezza è gestita dal chip, dobbiamo fidarci che il chip non contenga errori di implementazione o, peggio ancora, canali di accesso non documentati. E se ci sono, non sono rimovibili: il chip è saldato alla motherboard. Se la sicurezza è gestita dal software, posso scegliere io il software da usare (invece di essere obbligato a usare quello scelto dal produttore dell'hardware) e posso cambiare il software quando voglio. Se poi uso software open source per garantire la mia sicurezza, posso controllare (o far controllare) che funzioni esattamente come specificato, senza errori e senza trappole.

Stando a quanto mi risulta fin qui (e la smentita di IBM è un po' troppo vaga per essere categorica), un computer dotato di chip TPM è un computer che può rifiutarsi di ubbidire agli ordini del proprio padrone ed eseguire soltanto i programmi e i sistemi operativi approvati dal produttore del computer sulla base di chissà quali accordi o ricatti commerciali, in perfetto stile HAL di 2001: Odissea nello spazio. Brutto affare.

Sono parecchi i PC che già integrano questa tecnologia, anche se per il momento nessun sistema operativo la usa per scopi discutibili. Finora è stata usata per cifrare i dati dell'utente e poco più, e anche Windows Vista non la implementerà più di tanto. Linux la offre come opzione.

Che c'entra tutto questo discorso di chip con Apple? Semplice: nessuno vuole dire se i Mac Intel in vendita hanno o no il chip TPM, ma a me risulta che almeno alcuni ce l'abbiano. E io non compro un Mac (anzi, non compro neppure un tostapane) se ha dentro un chip spione di cui non ho il controllo. Un abominio del genere è la negazione assoluta del termine personal computer. Il computer è mio, dannazione: non è in condominio con zio Bill, i limousinati di Hollywood e i boss della musica.

C'è un precedente importante: quando Apple ha annunciato la migrazione da processori PowerPC a processori Intel, ha messo a disposizione degli sviluppatori dei PC con processore Intel e con Mac OS X compilato per questo processore, molto prima che fossero disponibili al pubblico i Mac Intel di serie. Questi PC per sviluppatori avevano sicuramente un chip TPM. Presso OSX86Project.org ci sono le foto del chip TPM sulla motherboard di questi Mac "fuoriserie". È un Infineon come questo.

Lo scopo del chip TPM nelle macchine per gli sviluppatori era evitare che Mac OS X Intel venisse installato su PC non-Apple. La cosa non ha funzionato molto, ma questa è un'altra storia. Quello che conta è se i Mac di produzione hanno o no questo contestatissimo chip.

Ho Googlato in lungo e in largo, ma ho trovato pochissime informazioni. C'è un articolo di Punto Informatico che sostiene che la presenza del chip (detto anche Fritz Chip) è

ampiamente documentata sia dai siti di alcuni sviluppatori che dalle schede descrittive di alcuni distributori Apple

ma io non ho trovato né gli uni né le altre. Ho trovato vari siti che dissezionano MacBook Pro, Mac Mini Intel e iMac Core Duo, ma non si vede traccia del chip. Il sito Apple tace a proposito di chip TPM nei nuovi Mac. Apple stessa, contattata da me, non risponde.

È invece ragionevolmente certo che il sistema operativo dei nuovi Mac cerca il chip. Ci sono infatti delle parti di Mac OS X Intel che vanno a interrogare l'eventuale chip TPM. Lo scopo, per ora, sembra essere semplicemente impedire che Mac OS X Intel giri anche su computer non-Apple, ma nulla impedisce che domani il chip venga usato per altre cose. Visti gli interessi di Apple verso la musica (iTunes), non sarebbe implausibile, per esempio, usare il chip come sistema di gestione del DRM (anticopia), con tutto quello che ne consegue in fatto di restrizioni all'uso imposte non secondo legge, ma secondo i ghiribizzi della RIAA/MPAA.

C'è però un articolo in tedesco di Heise.de che sembra confermare la presenza del chip malefico e darne anche l'ubicazione. Io ho guardato le foto citate dal link di Heise.de (che fra l'altro avevo già trovato via Google), ma non vedo traccia del chip. Però Heise.de ha un'ottima reputazione, e non scriverebbe che c'è un "logo riconoscibile della Infineon" senza motivo. Forse prima erano disponibili foto a maggiore risoluzione.

È un'informazione importante per capire se è ancora opportuno acquistare e consigliare Apple o se è meglio mettere le mani di corsa sui Mac PowerPC prima che spariscano dal mercato.


Aggiornamento (2006/03/30)


Fab segnala nei commenti (grazie!) una foto che forse mostra il chip: la pubblico qui sotto. È poco leggibile, e mi pare che le scritte non coincidano con quelle mostrate dalle foto ufficiali del chip (che vedete all'inizio di questo articolo) e dalla foto del Mac per sviluppatori, ma è un possibile indizio. Questa sembra essere la foto sulla quale Heise.de ha basato il suo articolo.

kodawarisan_imac_tpm_on_right.jpg

È arrivata anche la traduzione dell'intero articolo di Heise.de (grazie a r.pulito), nella quale ho lasciato i link salienti e fatto qualche adattamento per chiarezza:

I primi sistemi dotati di processori Intel Pentium-4, venduti da Apple dalla metà del 2005 come Developer Transition Kits (DTK) a sviluppatori membri della Apple Developer Connection (ADC) (e ora scambiati con iMac nell'ambito del DTK Exchange Program), disponevano di un Trusted Platform Module (TPM), di Infineon, saldato sulla mainboard Intel.

La pagina giapponese Kodwarisan mostra delle foto di un iMac con processore Dual Core. Secondo queste foto, questo computer Apple conterrebbe ancora un TPM di Infineon. Purtroppo la marchiatura dell'integrato a 28 pin vicino al South Bridge di Intel (82801GBM, anche ICH7-M) è scarsamente leggibile, però il logo Infineon è chiaramente riconoscibile e si tratterebbe, con grande probabilità, del componente SLB 9635 TT 1.2 compatibile con il TCG-TPM-1.2.

È abbastanza sorprendente che Apple non dichiari nulla, nelle specifiche iMac fin qui disponibili, riguardo all'esistenza di questo componente [SLB 9635 TT 1.2, NdT], che si scontra con una forte critica dell'iniziativa TCPA/TCG* riguardante il "Trusted Computing". Non è ancora chiaro se il TPM sia attivo di default e non disattivabile, come nei modelli per gli sviluppatori.

Non è chiaro neppure come debba essere utilizzato questo componente. Finora la sua semplice presenza forniva una specie di dongle [chiave] hardware-Dongle, che doveva impedire l'installazione di Mac OS X su motherboard prive di TPM. Un TPM continuamente attivo senza un'esplicita procedura di attivazione "Taking Ownership" sarebbe ancora una volta incompatibile con le linee guida delle "Best Practices and Principles" del TCG; tuttavia Apple non è membro di questo gruppo. E il fatto che il TPM possa essere utilizzato come ausilio per imporre di default un sistema di Digital Rights Management è menzionato esplicitamente nelle FAQ del TCG.

Le foto di Kodwarisan rivelano chiaramente, tra l'altro, l'utilizzo del chipset i945GM e non della sue varianti i945PM o i945GT. Non è chiaro perché Apple miri alla versione dei chipset un po' più cara ed allo stesso tempo installi un chip grafico PCIe separato. Diversamente dai chipset desktop, per i chipset laptop entrambe le versioni dell'i945 appartengono allo Stable Image Platform Program.


Aggiornamento (2006/04/01)


Ho ricevuto ieri, da una fonte che desidera restare anonima, le foto di una motherboard di un iMac 1.83 monoprocessore. Le foto mostrano un chip Infineon con la seguente sigla: SLB9635TT12 - G546K1V - 00ZA544257. Questo potrebbe essere il chip TPM: come notato dai commenti, la prima riga della sigla è identica al chip TPM Infineon che era presente sui Mac Intel per gli sviluppatori. Ho a disposizione anche foto più panoramiche della motherboard: la serie completa è su Flickr. Se qualcuno riesce a identificare ulteriormente il chip in base a questa sigla (Google non rivela nulla), lo scriva nei commenti.

tpm chip closeup.png


Appurato oltre il ragionevole dubbio che c'è un chip TPM nei nuovi Mac, resta da decidere che fare:
  • Comperare un Mac Power PC prima che sparisca dal mercato, sapendo che comunque passeranno ancora almeno due-tre anni prima che la migrazione sia completata e tutto il software sia disponibile in Universal Binary?
  • Ingoiare il rospo e sperare che Apple usi il chip soltanto come sistema anticopia per evitare che Mac OS X venga installato su macchine non-Apple?
  • Mollare tutto e rifugiarsi in Linux, magari una distribuzione su misura per macchine Apple Intel nella quale non ci sia il software di chiamata al chip TPM, e spegnere via BIOS/EFI il chip TPM?
  • Cercare PC non-Apple senza chip TPM e metterci Linux? E come si fa a scoprire quali PC non hanno chip TPM separati o (peggio ancora) integrati nel processore?

È senz'altro un problema da approfondire, magari insieme all'ottimo lavoro anti-Trusted Computing di Alessandro Bottoni.


Aggiornamento (2006/04/09)


Finalmente qualcuno comincia a sollevare la questione. Ne parla The Inquirer, che punta a RealTechnews.com, che a sua volta punta a una traduzione in inglese del mio articolo.


Aggiornamento (2006/12/03)


Sembra che Apple stia facendo dietrofront. Secondo un articolo di Amit Singh, i Mac Intel più recenti sarebbero privi di chip TPM. Per essere più precisi, il Mac OS X installato su alcuni Mac Intel acquistati di recente non fornisce dati in risposta al comando ioreg | grep TPM (che invece risponde con una stringa nei Mac Intel dotati del chip). Non è chiaro se Singh abbia effettivamente smontato un Mac per verificare che il chip sia fisicamente assente.

Un sondaggio informale fra i miei lettori, pubblicato nei commenti di un mio articolo di approfondimento, sembra indicare che non tutti i Mac nuovi rispondono al comando come se fossero privi del chip. Siccome l'eliminazione del Trusted Computing dai Mac sarebbe un'ottima notizia per i consumatori, è opportuna la massima cautela prima di darla per buona.

L'assenza del chip TPM, inoltre, porrebbe un dubbio ulteriore: se il chip era stato introdotto per impedire l'installazione di Mac OS X su computer non-Apple e ora il chip non c'è, vuol dire che Mac OS X è (almeno tecnicamente, se non legalmente) installabile facilmente anche su computer non-Apple? Sarebbe una novità davvero interessante.

2005/03/22

Slashdot | Major PC Makers Adopt Trusted Computing Schema

Slashdot | Major PC Makers Adopt Trusted Computing Schema: "News.com story regarding so-called trusted computing, and its adoption by the major PC manufacturers. From the article: 'The three largest computer makers--Dell, Hewlett-Packard and IBM--have started selling desktops and notebooks with so-called trusted computing hardware, which allows security-sensitive applications to lock down data to a specific PC.' Interestingly, while Microsoft is said to be behind the idea support won't be forthcoming for trusted computing until they release Longhorn next year, making this a hardware-vendor lead initiative."

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