È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della
Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo
trovate presso
www.rsi.ch/ildisinformatico
(link diretto) e qui sotto.
Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite
feed RSS,
iTunes,
Google Podcasts
e
Spotify.
Buon ascolto, e se vi interessano il testo integrale e i link alle fonti di
questa puntata, sono qui sotto.
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[CLIP: Audio di Pong]
Questi suoni sintetici, secchi e semplici, sono inconfondibili per chiunque
abbia qualche anno sulle spalle e si ricordi il debutto dei primi giochi
elettronici: sono quelli di Pong, il mitico ping-pong elettronico, che
in questi giorni compie ben cinquant’anni. Oggi, invece, siamo alle prese con
l’intelligenza artificiale e con le sue sorprese continue, mentre dall’Asia
arriva una storia di ransomware decisamente bizzarra, in cui i
criminali informatici si rifiutano di attaccare una compagnia aerea con
una giustificazione molto insolita.
Sono questi gli argomenti della puntata del 9 dicembre 2022 del
Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato
alle notizie dal mondo dell’informatica. Benvenuti. Io sono, come al solito,
Paolo Attivissimo.
[CLIP: Sigla di apertura]
50 anni di Pong, ma con sorpresa
Alla fine di novembre del 1972, cinquant’anni fa, fu rilasciato uno dei
videogiochi più famosi di sempre: Pong. La sua storia merita di essere
raccontata in una maniera adatta al mezzo secolo di informatica che ci separa
dai quei timidi primi passi nell’intrattenimento digitale. Ascoltatela con
attenzione.
Pong è stato uno dei primi videogiochi mai realizzati ed è diventato
rapidamente un successo commerciale negli anni '70. Fu ideato e sviluppato da
Atari, una delle più grandi società di videogiochi dell'epoca. Nolan Bushnell
è stato il fondatore di Atari e quindi uno dei principali sviluppatori di
Pong. Bushnell fu anche il principale promotore di Pong, che fu pubblicizzato
con successo attraverso manifesti e pubblicità televisive.
Pong era un semplice gioco basato sulla racchetta e sulla pallina, in cui i
giocatori dovevano spostare le proprie racchette per colpire la pallina e
impedire all'avversario di segnare un punto. Nonostante la sua semplicità,
Pong divenne presto un fenomeno di massa, con milioni di persone che giocavano
nei bar, nei locali e nelle sale giochi di tutto il mondo.
Bushnell ebbe l'idea di creare un videogioco basato sulla racchetta e sulla
pallina dopo aver giocato a un gioco simile su una macchina da bar. Bushnell e
il suo team di sviluppatori lavorarono per mesi per creare il prototipo di
Pong, che fu poi testato in alcuni locali per valutarne l'appeal. Dopo aver
apportato alcune modifiche, Pong fu finalmente lanciato sul mercato e divenne
un successo commerciale senza precedenti.
Pong fu anche il primo videogioco a essere distribuito per console per il
mercato domestico, aprendo la strada a un'intera generazione di giochi per la
televisione. Con il suo successo, ha segnato l'inizio dell'era dei videogiochi
e ha contribuito a creare un mercato che oggi è valutato in miliardi di
dollari.
Anche se Pong è stato superato dalla tecnologia moderna e dai giochi più
complessi di oggi, rimane un pezzo importante della storia dei videogiochi e
continua a essere apprezzato da molti appassionati di tutte le età.
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Vi è sembrata una descrizione un po’ fiacca, ripetitiva e priva di dettagli?
Beh, considerate però che è stata scritta
in pochi secondi e senza alcuna fatica da parte mia: infatti l’ha
generata interamente un software di intelligenza artificiale. Adesso capite
perché vi ho chiesto di ascoltarla con attenzione. Se non ve l’avessi detto,
ve ne sareste accorti?
Mi affretto a dire che da qui in poi, invece, il testo di questo podcast è
opera mia. Almeno quasi tutto.
Il software in questione si chiama ChatGPT ed è stato presentato pochi
giorni fa, causando ilarità e al tempo stesso preoccupazione in chiunque
scriva testi per lavoro. Ilarità perché è anche capace di
spiegare la fisica quantistica in rima nello stile di Snoop Dogg, e preoccupazione perché se un software riesce a generare in qualche istante
un testo passabile come quello che avete sentito, a cosa servono scrittori e
giornalisti? E come faranno i docenti a capire se i loro studenti hanno
davvero scritto il testo della loro ricerca o del loro tema ma hanno una prosa
asciutta e poco talento oppure se lo sono invece fatto generare pigramente da
un software?
[Nota: esistono dei
rilevatori
di output per GPT-2 che funzionano per ora anche con ChatGPT come strumenti
antiplagio e antifrode, ma bisogna saperli installare e usare]
Potete provare ChatGPT gratuitamente: è sufficiente creare un account presso
chat.openai.com
e mettersi pazientemente in fila, perché sono moltissimi gli utenti che lo
stanno provando e magari anche già usando per lavoro. Se avete fretta, c’è
anche una versione a pagamento, che si chiama
Playground.
Il suo funzionamento pratico è molto semplice; la complessità è tutta
dietro le quinte. Come per i
generatori di immagini che ho descritto in altre puntate di questo podcast,
tutto parte da una breve frase, denominata in gergo prompt, che
l’utente immette per dare istruzioni al software. Il bello di ChatGPT è che a
differenza di molti software analoghi anche recenti, questo genera testi
anche in italiano. È sufficiente che il prompt sia in italiano o, in generale, nella lingua
nella quale volete ottenere il testo generato.
Per fargli generare quel blando riassunto della storia di Pong (che
effettivamente compie cinquant’anni in questi giorni) gli ho semplicemente
chiesto
“Scrivimi la storia del videogioco Pong nello stile di un giornalista”
e poi
“Raccontami in dettaglio quale ruolo ebbe Nolan Bushnell nella creazione
del videogioco Pong”. Il resto, ossia la struttura delle frasi e i riferimenti ad Atari, lo ha
generato ChatGPT, direttamente in italiano. Io ho solo tolto qualche
ripetizione.
[Date un‘occhiata allo spettacolare esempio di fuffa di marketing creato da Matteo Flora, nel tweet qui sotto:]
ChatGPT è comunque ottimizzato per la lingua inglese, ed è in questa lingua
che fornisce i risultati più strepitosi, generando riassunti, convertendo i
titoli di film in emoji, generando poesie, filastrocche e recensioni di
ristoranti, scrivendo
trame di sitcom e racconti erotici, traducendo da una lingua a un’altra e da un linguaggio di programmazione a
un altro, chiacchierando in maniera naturale ricordandosi anche le frasi
precedenti della conversazione e fornendo
molte altre funzioni
che fino a pochi anni fa sarebbero state considerate impossibili per un
software.
Per ora i testi generati da ChatGPT sono ancora riconoscibili da un lettore
attento, e se state pensando di usarlo per scuola o per lavoro tenete presente
che spesso si
inventa
dettagli inesistenti ma apparentemente plausibili [come nella descrizione di Pong, che contiene parecchi dettagli completamente falsi]. Ma questo software, e
l’intero settore della generazione di contenuti tramite intelligenza
artificiale, si sta evolvendo a velocità impressionante, tanto che il sito
Stack Overflow, punto di riferimento per risolvere qualunque problema di
programmazione, ha temporaneamente
bandito
le “soluzioni” generate da ChatGPT, perché sono troppo facili da generare e
sono spessissimo sbagliate ma a prima vista molto credibili. Riconoscerle
richiede un occhio esperto, e quindi i moderatori sono stati sopraffatti
dall’ondata di soluzioni fasulle prodotte da ChatGPT.
Artisti, traduttori e autori di testi si sentono comprensibilmente minacciati
e temono di restare senza lavoro, soppiantati da computer veloci e
instancabili che producono a bassissimo costo materiale blando e superficiale
ma comunque accettabile per molte situazioni anche professionali.
Perché
pagare un illustratore per una copertina di un libro, quando c’è Midjourney
che la genera in un minuto e costa qualche centesimo? Perché pagare un
cronista per descrivere una partita, quando c’è un software capace di farlo
usando anche i cliché tipici del settore?
Ma il problema rischia di essere ben più grande. Con questi software, generare
milioni di articoli falsi ma sufficientemente credibili da ingannare il
lettore non esperto, ossia fabbricare fake news, costa incredibilmente
poco. È la realtà stessa che rischia di essere annacquata fino a
scomparire.
Se vi state chiedendo se questo scenario si possa evitare, per esempio tramite
una riqualificazione del giornalismo, non siete i soli. Una
risposta
arriva dal tecnologo Dominic Ligot:
“man mano che i social media e l’intelligenza artificiale continuano a
evolversi e diventano più prevalenti, il giornalismo dovrà adattarsi e
cambiare per restare efficace e continuare ad avere importanza. Uno dei modi
principali nei quali dovrà cambiare è l’inclusione di nuove tecnologie e
nuove piattaforme nelle sue pratiche e nei suoi processi. Per esempio, i giornalisti dovranno imparare come usare gli strumenti dell’intelligenza
artificiale e dei social media per identificare e verificare le fonti, per
analizzare e interpretare grandi quantità di dati, e per produrre contenuti
interessanti e coinvolgenti su misura per le preferenze ed esigenze del
pubblico online.”
Parole convincenti, vero? Ma non sono di Dominic Ligot: lui le ha
semplicemente fornite al pubblico. Avete indovinato: le ha fatte generare da
ChatGPT.
Fonti aggiuntive:
Ars Technica, BBC,
The Verge, Cnet,
AI4business.it.
50 anni di Pong (stavolta sul serio)
[Credit per l’immagine:
Wikipedia/Chris Rand]
Lasciando da parte i riassuntini annacquati generati dall’intelligenza
artificiale, sono effettivamente passati 50 anni dal 29 novembre 1972, quando
la neonata azienda statunitense Atari Inc. presentò negli Stati Uniti il
videogioco Pong.
Uno schermo rigorosamente in bianco e nero, due “racchette” disegnate sotto
forma di semplici rettangoli che si potevano muovere solo lateralmente, una
“pallina” che era in realtà un quadratino bianco, e degli effetti sonori
elementari oggi fanno sorridere, ma all’epoca erano assolutamente
rivoluzionari, specialmente nelle sale giochi affollate di apparecchi
completamente elettromeccanici. Questa era elettronica, era il futuro.
Pong, però, non fu creato da Atari in senso stretto. Il primo ping-pong
elettronico fu offerto dalla console di gioco Odyssey della Magnavox, sempre
nel 1972; i due fondatori di Atari, Nolan Bushnell e Ted Dabney, imitarono il
gioco della Magnavox creandone una versione per le sale giochi.
Un’idea
assolutamente vincente: nel giro di due anni Atari vendette più di 8000 esemplari, che furono una
miniera d’oro: il loro guasto più frequente era dovuto al fatto che il
contenitore delle monete necessarie per giocare era strapieno.
Atari offrì una versione domestica di Pong solo nel 1975. Nel frattempo
Magnavox aveva fatto causa ad Atari per aver copiato la sua idea, ma Atari
raggiunse un accordo economico con l’azienda, diventando licenziataria del
ping-pong elettronico originale.
Una chicca per nostalgici: se vi sembra di ricordare che Pong avesse un
difetto, per cui la racchetta non arrivava fino all’angolo superiore dell’area
di gioco ed era quindi impossibile fermare la pallina se finiva in quella
zona, ricordate bene. Non eravate voi a sbagliare il movimento della
racchetta.
Però non si trattava un guasto del singolo apparecchio: erano tutti così,
e lo erano intenzionalmente. Il progettista di Pong, Allan Alcorn, aveva
infatti scelto un circuito di controllo delle racchette che aveva un difetto
intrinseco, e invece di perdere tempo cercando un modo di compensarlo lo
lasciò nel gioco per renderlo più difficile e per limitare la durata delle
partite.
Fonti: Britannica,
Wikipedia.
Criminali dediti al ransomware si rifiutano di attaccare una compagnia aerea:
è troppo insicura
[Credit per lo screenshot:
DataBreaches.net]
L’esperto di sicurezza informatica Graham Cluley
segnala
una storia davvero insolita negli annali degli attacchi informatici di
ransomware, quelli basati sul furto o blocco dei dati di un’azienda e
sulla richiesta di denaro per non divulgarli o per sbloccarli.
A metà novembre 2022 la banda informatica nota come Daixin Team ha attaccato
la compagnia aerea malese
Air Asia, sottraendo i dati
personali di cinque milioni di passeggeri e di tutti i dipendenti.
Per dimostrare di aver realmente compiuto il furto, i criminali hanno inviato
al sito
DataBreaches.net
e alla compagnia aerea un campione dei dati: nomi, date di nascita, indirizzi,
data di assunzione, domanda di recupero account, risposta alla domanda di
recupero e altro ancora.
Secondo quanto riferiscono i criminali attraverso un portavoce (perché sì, le
bande criminali informatiche oggi sono talmente organizzate da avere anche dei
portavoce), Air Asia è entrata in trattativa, ma sembra che alla fine non
abbia pagato alcun riscatto.
Tuttavia lo stesso portavoce della banda ha dichiarato che Daixin Team ha
cifrato i dati sui computer della compagnia e ne ha cancellato anche le copie
di backup, però si rifiuta di attaccare più a fondo Air Asia a causa della
“organizzazione caotica della rete” e della
“assenza di qualunque standard” che ha
“causato l’irritazione del gruppo e il completo rifiuto di ripetere l’attacco”. Dicono proprio
così.
Il portavoce dei criminali ha aggiunto che
“la rete interna era configurata senza alcuna regola e quindi funzionava
malissimo”
e che “la protezione della rete era molto, molto debole”. È
probabilmente la prima volta che si parla di un attacco informatico sventato
dalla troppa insicurezza della vittima.
È già umiliante per una compagnia aerea farsi rubare i dati dei clienti;
sentire che i ladri sono talmente disgustati dalle carenze di sicurezza del
bersaglio da rifiutarsi di attaccarlo ancora è lo schiaffo finale.
Air Asia non ha rilasciato dichiarazioni. E prima che pensiate che Daixin Team
sia un gruppo di ladri di buon cuore, va detto che la banda ha dichiarato che
intende comunque disseminare i dati dei passeggeri e dei dipendenti e
pubblicare informazioni sulle vulnerabilità della rete informatica di Air
Asia. Il suo rifiuto di attaccare più a fondo è probabilmente legato, molto
più pragmaticamente, al rischio di toccare infrastrutture informatiche
critiche come sistemi radar o di controllo del traffico aereo e causare
incidenti aerei con conseguenze potenzialmente fatali che mobiliterebbero le
risorse di polizia molto più di quanto lo faccia un tentativo di estorsione
informatica.
In ogni caso, è improbabile che questa cautela dei criminali sia consolatoria
o rassicurante per i passeggeri passati, presenti o futuri della compagnia
aerea. E contare sulla pena o compassione dei ladri non è una strategia
difensiva da imitare.