Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2013/10/06
Dropbox e la cache da 40 gigabyte su disco
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “c.bocc*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Disco pieno. Su un MacBook Air, che ha un disco a stato solido da 128 GB, può capitare. Quello che non mi aspettavo è l'origine del riempimento: la cache di Dropbox, che aveva assunto la ragguardevole dimensione di 40 gigabyte. In una cartella nascosta, oltretutto, per cui non avrei mai scoperto la causa dell'intasamento se non avessi usato Disk Inventory (utility gratuita sostenuta dalle donazioni).
Una cache gigantesca del genere mi è capitata probabilmente perché ho un Dropbox da 100 gigabyte, che però non sono tutti occupati e non sono neanche tutti condivisi sull'Air, quindi magari a voi non capiterà mai. Ma vi segnalo comunque l'episodio, caso mai dovesse capitarvi o semplicemente se volete dare un'occhiata alle dimensioni della vostra cache Dropbox su un Mac: andate nel Finder e (con il menu Go) scegliete di andare alla cartella ~/Dropbox/.dropbox.cache. Visualizzatela, cancellatene il contenuto e sarete a posto, come descritto nell'help di Dropbox (solo in inglese).
Disco pieno. Su un MacBook Air, che ha un disco a stato solido da 128 GB, può capitare. Quello che non mi aspettavo è l'origine del riempimento: la cache di Dropbox, che aveva assunto la ragguardevole dimensione di 40 gigabyte. In una cartella nascosta, oltretutto, per cui non avrei mai scoperto la causa dell'intasamento se non avessi usato Disk Inventory (utility gratuita sostenuta dalle donazioni).
Una cache gigantesca del genere mi è capitata probabilmente perché ho un Dropbox da 100 gigabyte, che però non sono tutti occupati e non sono neanche tutti condivisi sull'Air, quindi magari a voi non capiterà mai. Ma vi segnalo comunque l'episodio, caso mai dovesse capitarvi o semplicemente se volete dare un'occhiata alle dimensioni della vostra cache Dropbox su un Mac: andate nel Finder e (con il menu Go) scegliete di andare alla cartella ~/Dropbox/.dropbox.cache. Visualizzatela, cancellatene il contenuto e sarete a posto, come descritto nell'help di Dropbox (solo in inglese).
2013/10/04
Rememberthe13th, la NASA ha un mega-annuncio per il 13 novembre o 6 ottobre? Non penso proprio
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “sporting3” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Mi sono arrivate parecchie segnalazioni di un sito, rememberthe13th.com, che annuncia che la NASA avrebbe “effettuato una scoperta storica che scuoterà l'intero pianeta”. L'annuncio era inizialmente previsto per il 13 novembre (donde il nome del sito) ma è stato anticipato al 6 ottobre, come potete leggere nello screenshot qui accanto.
Tutta la cosa puzza di patacca, o di marketing virale, lontano un miglio:
La cosa è piuttosto intrigante perché l'uso del logo NASA è vietato a chiunque non sia dipendente NASA o ai siti non-NASA (“These images may not be used by persons who are not NASA employees or on products (including Web pages) that are not NASA-sponsored”). Chi ha fatto questo sito, se non è stato autorizzato, potrebbe pentirsene.
Mi sono arrivate parecchie segnalazioni di un sito, rememberthe13th.com, che annuncia che la NASA avrebbe “effettuato una scoperta storica che scuoterà l'intero pianeta”. L'annuncio era inizialmente previsto per il 13 novembre (donde il nome del sito) ma è stato anticipato al 6 ottobre, come potete leggere nello screenshot qui accanto.
Tutta la cosa puzza di patacca, o di marketing virale, lontano un miglio:
- Il sito mostra il logo NASA, ma la NASA non usa domini .com; essendo un ente federale statunitense, usa il suffisso .gov;
- In questo momento, grazie alla monumentale idiozia di un branco di imbecilli che si credono politici ma sarebbero molto più a loro agio nella gabbia delle scimmie a tirarsi cacca, tutti i siti NASA sono offline;
- il dominio è stato registrato il primo ottobre scorso, e non a nome della NASA ma attraverso una società panamense;
- Stranamente, quando si copia e incolla il contenuto testuale del sito, si ottiene in coda questa stringa: - See more at: http://www.rememberthe13th.com/#sthash.LbS1soOb.dpuf, che decisamente non è nello stile NASA;
- C'è chi segnala che dopo aver affidato al sito un indirizzo di mail vi ha ricevuto dello spam.
La cosa è piuttosto intrigante perché l'uso del logo NASA è vietato a chiunque non sia dipendente NASA o ai siti non-NASA (“These images may not be used by persons who are not NASA employees or on products (including Web pages) that are not NASA-sponsored”). Chi ha fatto questo sito, se non è stato autorizzato, potrebbe pentirsene.
Per ora è tutto quello che so. In teoria dopodomani si dovrebbe chiarire tutto, per cui a mio avviso non vale la pena spendere tempo in ulteriori indagini. Direi, soprattutto, di non preoccuparsi che ci possano essere annunci catastrofici dietro questo preavviso.
Aggiornamento (2013/10/05 00:20): Secondo AndroidMalwareDump, l'indirizzo IP (192.111.149.82) indica che si tratta di un sito dedicato alla raccolta di indirizzi di mail e profili sui social network, che verranno poi bombardati di spam. Dietro ci sarebbe Adixy.com, “un sito che permette di acquistare ‘mi piace’ e condivisioni”. Da evitare, insomma.
Aggiornamento (2013/10/05 00:20): Secondo AndroidMalwareDump, l'indirizzo IP (192.111.149.82) indica che si tratta di un sito dedicato alla raccolta di indirizzi di mail e profili sui social network, che verranno poi bombardati di spam. Dietro ci sarebbe Adixy.com, “un sito che permette di acquistare ‘mi piace’ e condivisioni”. Da evitare, insomma.
Antibufala: il lago Natron che pietrifica gli animali che lo toccano!
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 04/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Circola su Facebook
e sui blog
la notizia che in Tanzania c'è un lago in cui gli uccelli si
pietrificano. Si chiama lago
Natron ed è diventato improvvisamente oggetto di attenzione da
parte degli internauti per via di una serie di fotografie
impressionanti che ritraggono animali apparentemente pietrificati di
colpo nel mezzo di un movimento.
Le immagini, scattate dal fotografo Nick Brandt e
pubblicate in un libro,
sono però ingannevoli se non vengono accompagnate dalla spiegazione
(fornita da Brandt stesso ma ignorata da molti utenti di Internet) di
come sono state ottenute: non è vero, come hanno scritto in molti,
che il lago uccide e pietrifica di colpo qualunque animale che lo
tocchi.
Il lago Natron è certamente un luogo molto
particolare: uno specchio d'acqua profondo circa tre metri e
caratterizzato da una salinità elevatissima, da temperature
altrettanto estreme (anche 60°C) e dalla presenza di natron
(carbonato idrato di sodio). Queste particolarità rendono l'acqua
del lago tossica e caustica, ma non istantaneamente letale e
pietrificante come la mitica Gorgone.
Infatti il lago Natron è frequentatissimo dai
fenicotteri, che vi nidificano nelle vicinanze senza per questo
finire pietrificati, e nel lago stesso vivono alghe e pesci
estremofili. Anche loro si guardano bene dal farsi pietrificare.
Ma allora come stanno le cose? Il natron è un
potente antibatterico e disseccante: veniva usato dagli egizi per la
mummificazione dei cadaveri. E infatti gli animali “pietrificati”
in realtà sono morti per altre cause e sono finiti nel lago, dove le
sostanze naturali presenti li hanno in pratica preservati e
mummificati. Brandt li ha raccolti e messi in posa per fotografarli:
cosa impossibile se fossero davvero pietrificati. La spiegazione dei
fatti non toglie certo fascino a queste immagini magnificamente
spettrali.
Dieci anni di Martedì delle Pezze: il “Patch Tuesday”
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 4/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Martedì prossimo (8 ottobre) Microsoft rilascerà otto aggiornamenti di sicurezza, che riguardano Windows, Internet Explorer, .NET, Office, SharePoint e Silverlight. Almeno una di queste falle viene già sfruttata attivamente su Internet dai criminali informatici, per cui non è il caso di tentennare sull'aggiornamento.
Il rilascio degli aggiornamenti coinciderà con il decimo anniversario del cosiddetto “patch Tuesday”, letteralmente il “martedì delle pezze (o delle patch)”: questo è il nome che Microsoft usa per indicare il secondo martedì di ogni mese, che è il giorno scelto dall'azienda per rilasciare in blocco gli aggiornamenti di sicurezza che Microsoft ha preparato e accumulato nel corso del mese. Questa tecnica di rilascio fu introdotta a ottobre del 2003 per dare agli amministratori di sistema una data certa e regolare per la quale prepararsi agli aggiornamenti. Le eccezioni alla regola del secondo martedì vengono riservate soltanto per le vulnerabilità più gravi attivamente sfruttate per attacchi informatici.
Oltre al “patch Tuesday” esiste anche l'“exploit Wednesday”, ossia (traducendo un po' liberamente) il “mercoledì dello sfruttamento del mancato rattoppo”: i criminali informatici analizzano infatti gli aggiornamenti, li confrontano con le versioni precedenti del software e osservano le differenze. Questo permette loro di scoprire i punti vulnerabili dei vari software e di creare attacchi che li prendono di mira, contando sul fatto che molti utenti sono pigri o riluttanti ad installare gli aggiornamenti (oppure non possono farlo a causa di politiche aziendali) e quindi restano vulnerabili. Non rendete la vita facile ai criminali digitali: aggiornate sempre e subito il vostro software.
Martedì prossimo (8 ottobre) Microsoft rilascerà otto aggiornamenti di sicurezza, che riguardano Windows, Internet Explorer, .NET, Office, SharePoint e Silverlight. Almeno una di queste falle viene già sfruttata attivamente su Internet dai criminali informatici, per cui non è il caso di tentennare sull'aggiornamento.
Il rilascio degli aggiornamenti coinciderà con il decimo anniversario del cosiddetto “patch Tuesday”, letteralmente il “martedì delle pezze (o delle patch)”: questo è il nome che Microsoft usa per indicare il secondo martedì di ogni mese, che è il giorno scelto dall'azienda per rilasciare in blocco gli aggiornamenti di sicurezza che Microsoft ha preparato e accumulato nel corso del mese. Questa tecnica di rilascio fu introdotta a ottobre del 2003 per dare agli amministratori di sistema una data certa e regolare per la quale prepararsi agli aggiornamenti. Le eccezioni alla regola del secondo martedì vengono riservate soltanto per le vulnerabilità più gravi attivamente sfruttate per attacchi informatici.
Oltre al “patch Tuesday” esiste anche l'“exploit Wednesday”, ossia (traducendo un po' liberamente) il “mercoledì dello sfruttamento del mancato rattoppo”: i criminali informatici analizzano infatti gli aggiornamenti, li confrontano con le versioni precedenti del software e osservano le differenze. Questo permette loro di scoprire i punti vulnerabili dei vari software e di creare attacchi che li prendono di mira, contando sul fatto che molti utenti sono pigri o riluttanti ad installare gli aggiornamenti (oppure non possono farlo a causa di politiche aziendali) e quindi restano vulnerabili. Non rendete la vita facile ai criminali digitali: aggiornate sempre e subito il vostro software.
Adobe, sottratte password e carte di credito di quasi 3 milioni di clienti
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 04/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Se usate Flash o Acrobat o una delle tante
tecnologie marchiate Adobe onnipresenti nei computer e dei
dispositivi digital di oggi, per esempio tramite i servizi Creative
Cloud, tenetevi forte. Adobe Systems Inc. è stata violata da intrusi
informatici che hanno sottratto il codice sorgente di molti dei suoi
prodotti e quasi tre milioni di password e coordinate di carte di
credito (nomi, numeri e date di scadenza) dei suoi clienti.
Gli annunci formali di queste violazioni sono
stati pubblicati da Adobe qui
e qui:
in sintesi, sono sicuramente coinvolti Acrobat e ColdFusion, prodotti
molto importanti dell'azienda, e i dati delle carte di credito rubati
erano cifrati, per cui i ladri devono riuscire a decifrarli prima di
poterli eventualmente sfruttare.
Adobe, a titolo precauzionale, reimposterà le
password degli utenti coinvolti per evitare che i ladri possano usare
le password rubate e avviserà via mail chi è stato colpito
dall'attacco (attenzione, quindi, alle mail false che si spacceranno
sicuramente per avvisi di Adobe ma in realtà servono a rubarvi le
credenziali).
La sottrazione del codice sorgente dei prodotti
Adobe potrebbe facilitare la ricerca di falle da parte dei
malfattori, ma al momento non risulta nessun attacco basato su questa
fuga di dati, che è iniziata a metà settembre. Nel frattempo ha
preannunciato
un aggiornamento di sicurezza critico per Reader e Acrobat XI su
Windows che verrà distribuito l'8 ottobre.
Twitter va in Borsa e rivela i propri numeri
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 04/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Twitter ha pubblicato poche ore fa i dettagli
del proprio piano di quotazione in Borsa, rendendo pubbliche molte
informazioni sulle proprie attività e dimensioni che prima erano
riservate e stimate soltanto indirettamente dagli esperti.
Il “social network” (più propriamente
piattaforma di microblogging) dichiara alle autorità statunitensi di
avere circa 218 milioni di utenti attivi mensili (49 negli USA, 169
nel resto del mondo) e di gestire oltre mezzo miliardo di tweet al
giorno.
Twitter guadagna circa due dollari per ogni
visualizzazione della sua “timeline” (flusso di messaggi)
negli Stati Uniti e 30 centesimi nel resto del mondo. Sembra tanto,
ma Twitter è comunque andato in perdita per quasi 80 milioni di
dollari nel 2012 su un fatturato di circa 317 milioni. Chi ci
guadagna di certo sono i suoi boss: l'attuale CEO Richard Costolo,
per esempio, ha incassato 11,5 milioni di dollari.
Un altro dato interessante è la ripartizione dei
ricavi: Twitter vive principalmente vendendo spazi pubblicitari (e
anche tweet, account e “trend” sponsorizzati promozionali), con
incassi di circa 221 milioni di dollari nel 2013, ma si mantiene
anche grazie al “data licensing” (32 milioni), ossia la vendita
dei dati che noi utenti vi immettiamo: i nostri gradimenti, i nostri
pareri, le nostre idee, la nostra geolocalizzazione e i dati dei
nostri contatti. Come in ogni servizio gratuito della Rete, non siamo
il cliente: siamo il prodotto in vendita.
Flutter comanda il computer senza toccarlo
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 04/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Comandare il computer con i gesti, senza toccarlo,
sembra una cosa da film di fantascienza, ma oggi potete provare
quest'ebbrezza non solo con alcuni televisori ma anche con il vostro
computer grazie a Flutter:
un'applicazione che usa la webcam di un PC Windows o di un computer
con Mac OS X per riconoscere i gesti e usarli per comandare le altre
applicazioni.
Volete mettere in pausa un video o una canzone?
Mettete la mano davanti alla webcam, nel gesto tipico di "stop".
Cambiare video, andare in avanti veloce, passare al brano successivo
oppure mandare avanti una presentazione senza toccare il computer?
Chiudete la mano a pugno, con il pollice in fuori e rivolto verso
destra. Il pollice verso sinistra produce gli effetti contrari.
Flutter (per
Mac OS X qui; per
Windows qui) funziona con applicazioni come VLC, iTunes, Keynote
e, con un'estensione
per Google Chrome, anche con Youtube e altri servizi Web. È
decisamente divertente, oltre che spettacolare, usare
quest'applicazione che sfrutta un riconoscimento molto sofisticato
delle immagini e fa a meno di qualunque accessorio (richiesto per
esempio da altri apparecchi di riconoscimento gestuale come Leap
Motion). Flutter è piaciuto talmente tanto che pochi
giorni fa è stato acquisito
da Google. Ne vedremo delle belle.
2013/10/03
Cosmonauti perduti, il libro che fa chiarezza uscirà il 14/10
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Il libro di Luca Boschini sui cosmonauti perduti, che avevo letto in anteprima e preannunciato qualche mese fa con un concorso per crearne la copertina, uscirà il 14 ottobre prossimo. Se siete fra i partecipanti al concorso, contattate Luca o me per essere inclusi nella galleria di copertine che verrà pubblicata online.
Luca, l'autore, mi ha segnalato che il titolo definitivo sarà Il mistero dei cosmonauti perduti (sottotitolo Leggende, bugie e segreti della cosmonautica sovietica). Il libro avrà 472 pagine e sarà disponibile sia su carta a 14.90€ sia come e-book (a 4.99€). Sarà venduto sia sul sito del CICAP che nelle principali librerie online.
La presentazione formale del libro si terrà dopodomani, sabato 5 ottobre, a Torino alle 16, presso la biblioteca civica Villa Amoretti in Corso Orbassano 200. L'evento è aperto al pubblico e ad ingresso libero ed è organizzato dal CICAP Piemonte in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi. I dettagli sono qui (link aggiornato).
Il libro di Luca Boschini sui cosmonauti perduti, che avevo letto in anteprima e preannunciato qualche mese fa con un concorso per crearne la copertina, uscirà il 14 ottobre prossimo. Se siete fra i partecipanti al concorso, contattate Luca o me per essere inclusi nella galleria di copertine che verrà pubblicata online.
Luca, l'autore, mi ha segnalato che il titolo definitivo sarà Il mistero dei cosmonauti perduti (sottotitolo Leggende, bugie e segreti della cosmonautica sovietica). Il libro avrà 472 pagine e sarà disponibile sia su carta a 14.90€ sia come e-book (a 4.99€). Sarà venduto sia sul sito del CICAP che nelle principali librerie online.
La presentazione formale del libro si terrà dopodomani, sabato 5 ottobre, a Torino alle 16, presso la biblioteca civica Villa Amoretti in Corso Orbassano 200. L'evento è aperto al pubblico e ad ingresso libero ed è organizzato dal CICAP Piemonte in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi. I dettagli sono qui (link aggiornato).
2013/10/01
Torna l’auto ad aria, stavolta in Sardegna. Grande assente: l’auto ad aria
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “lorenza1”.
Ricordate Eolo/AirPod, l'auto ad aria? Se ne parla sempre come se fosse imminente. Dal 2001. La storia di questo veicolo è costellata di promesse e di fallimenti, non solo tecnici ma anche economici. Nel 2002 doveva essere costruita a Rieti: non è successo. Nel 2008 l'indiana Tata ha annunciato un accordo per la ricerca e la produzione, con vendite previste entro un anno: non s'è visto nulla. Nel 2009 Guy Negre, il progettista dell'auto, ha annunciato che il veicolo sarebbe stato in vendita nel Regno Unito entro tre anni: il 2012 è arrivato ed è passato senza che la promessa venisse mantenuta.
Adesso si parla dell'apertura imminente, entro la prossima estate, di uno stabilimento in Sardegna, nell’area industriale tra Ottana e Bolotana. La Nuova Sardegna ne parla in questo articolo, citando Pier Paolo Pisano, “responsabile della comunicazione di AirMobility, la società cagliaritana che da circa due anni ha contatti con Nègre per produrre la vettura”.
Pisano promette entro “dicembre, massimo gennaio 2014” la prima distribuzione dell'auto, costruita nello stabilimento francese della Mdi a Carros e annuncia che “a dicembre uscirà per il solo mercato indiano con un modello ad aria compressa, modificando un'auto che ha già in catalogo ma è a benzina”. Poi offre una descrizione dettagliata del “modello seriale” di fabbrica che “costituirà la base di future nano-fabbriche ‘clonate’ in tutto il mondo, secondo un modello economico simile al franchising”. Ma forse, prima di parlare di modelli economici e di clonazioni di nano-fabbriche, bisognerebbe avere un prodotto da fabbricare. Ed è qui il problema.
La Nuova Sardegna raccoglie le mie perplessità, basate su quelle dei tecnici, che sono le solite: la fisica indica che l'efficienza promessa avrebbe del prodigioso. Ma senza entrare in disquisizioni di fisica, c'è un fatto imbarazzante di fondo: a quanto mi risulta nessuno ha mai portato in giro una vettura ad aria compressa realizzata da Guy Negre per una prova estesa e indipendente, in condizioni realistiche, ed è riuscito a confermare l'autonomia e le prestazioni promesse. L'auto ad aria, per ora, è priva di qualunque riscontro.
Non è questione di malafede o di scetticismo ad oltranza. Si tratta semplicemente di chiedere quel che si chiede sempre di fronte a chi fa affermazioni straordinarie: dimostrate quello che dite, e ne saremo contenti insieme a voi. Fatecela provare. Ma fino a quel momento, visti i precedenti ampiamente documentati e visto che ci sono di mezzo soldi pubblici e privati e posti di lavoro, il dubbio è decisamente sensato. Tutto il resto è cortina fumogena. O forse, visto l'argomento, è aria fresca.
Ricordate Eolo/AirPod, l'auto ad aria? Se ne parla sempre come se fosse imminente. Dal 2001. La storia di questo veicolo è costellata di promesse e di fallimenti, non solo tecnici ma anche economici. Nel 2002 doveva essere costruita a Rieti: non è successo. Nel 2008 l'indiana Tata ha annunciato un accordo per la ricerca e la produzione, con vendite previste entro un anno: non s'è visto nulla. Nel 2009 Guy Negre, il progettista dell'auto, ha annunciato che il veicolo sarebbe stato in vendita nel Regno Unito entro tre anni: il 2012 è arrivato ed è passato senza che la promessa venisse mantenuta.
Adesso si parla dell'apertura imminente, entro la prossima estate, di uno stabilimento in Sardegna, nell’area industriale tra Ottana e Bolotana. La Nuova Sardegna ne parla in questo articolo, citando Pier Paolo Pisano, “responsabile della comunicazione di AirMobility, la società cagliaritana che da circa due anni ha contatti con Nègre per produrre la vettura”.
Pisano promette entro “dicembre, massimo gennaio 2014” la prima distribuzione dell'auto, costruita nello stabilimento francese della Mdi a Carros e annuncia che “a dicembre uscirà per il solo mercato indiano con un modello ad aria compressa, modificando un'auto che ha già in catalogo ma è a benzina”. Poi offre una descrizione dettagliata del “modello seriale” di fabbrica che “costituirà la base di future nano-fabbriche ‘clonate’ in tutto il mondo, secondo un modello economico simile al franchising”. Ma forse, prima di parlare di modelli economici e di clonazioni di nano-fabbriche, bisognerebbe avere un prodotto da fabbricare. Ed è qui il problema.
La Nuova Sardegna raccoglie le mie perplessità, basate su quelle dei tecnici, che sono le solite: la fisica indica che l'efficienza promessa avrebbe del prodigioso. Ma senza entrare in disquisizioni di fisica, c'è un fatto imbarazzante di fondo: a quanto mi risulta nessuno ha mai portato in giro una vettura ad aria compressa realizzata da Guy Negre per una prova estesa e indipendente, in condizioni realistiche, ed è riuscito a confermare l'autonomia e le prestazioni promesse. L'auto ad aria, per ora, è priva di qualunque riscontro.
Non è questione di malafede o di scetticismo ad oltranza. Si tratta semplicemente di chiedere quel che si chiede sempre di fronte a chi fa affermazioni straordinarie: dimostrate quello che dite, e ne saremo contenti insieme a voi. Fatecela provare. Ma fino a quel momento, visti i precedenti ampiamente documentati e visto che ci sono di mezzo soldi pubblici e privati e posti di lavoro, il dubbio è decisamente sensato. Tutto il resto è cortina fumogena. O forse, visto l'argomento, è aria fresca.
Facebook: boom di utili, lieve calo fra i giovanissimi
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 01/11/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Facebook ha
pubblicato da poco i resoconti
finanziari per il terzo trimestre del 2013. Nel corso di una
conferenza
stampa telefonica sono stati presentati numerosi dati sul modo in
cui gli utenti frequentano il social network: per esempio, quasi la
metà degli utenti (il 48%) vi accede esclusivamente dal telefonino.
Dai dispositivi mobili arriva anche la metà degli introiti
pubblicitari di Facebook (49%, in aumento dal 41% del trimestre
precedente). In altre parole, il social network è riuscito a gestire
positivamente la sfida della transizione dall'Internet fissa a quella
mobile.
I ricavi
complessivi di Facebook hanno superato le previsioni degli analisti:
2,02 miliardi di dollari nell'ultimo trimestre, pari al 60% in più
rispetto a un anno fa, con un utile di 425 milioni di dollari che va
confrontato con la perdita di 59 milioni nello stesso trimestre del
2012. In termini monetari, insomma, Facebook gode di ottima salute.
Anche il
numero degli utenti continua a crescere: il numero complessivo degli
utenti attivi mensili è 1,19 miliardi (il 17% dell'intera
popolazione del mondo), di cui 874 sono su dispositivi mobili; gli
utenti giornalieri complessivi sono 728 milioni (il 25% in più
rispetto a un anno fa) e di questi circa mezzo miliardo consulta
Facebook quotidianamente tramite smartphone.
In questo
quadro generale roseo s'innesta l'ammissione che l'uso quotidiano da
parte degli utenti più giovani è in diminuzione. Voci in questo
senso circolano da tempo, ma è la prima volta che Facebook ammette
un calo (Zuckerberg aveva detto a luglio che queste voci erano
“semplicemente
non vere”).
Tuttavia i
resoconti di Facebook precisano che l'uso complessivo del social
network fra i teenager statunitensi è stabile rispetto al trimestre
precedente e che c'è stata una diminuzione (non quantificata)
specificamente fra i teenager più giovani, per i quali però “i
dati autodichiarati sull'età sono inattendibili”:
in altre parole, il social network sa benissimo che i giovanissimi
mentono sulla propria età e per questo anzi ha “sviluppato
altri metodi analitici per stimare l'utilizzo in base all'età”.
Traduzione: anche se mentite sulla vostra età, Facebook sa quanti
anni avete realmente, ed è decisamente presto per annunciare che i
giovani stanno mollando Facebook in massa.
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