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Sta circolando da giorni in Internet un appello riguardante la vicenda delle italiane Simona Pari e Simona Torretta, rapite a Bagdad insieme all'iracheno Raad Abdul Aziz e all'irachena Manhaz Bassan il 7 settembre scorso mentre lavoravano a Bagdad per l'organizzazione non governativa "Un ponte per" e rilasciate il 29 settembre.
Secondo l'appello, le due Simona avrebbero percepito uno stipendio di 8000 euro l'una per insegnare
"la raccolta differenziata ai bambini iracheni". Lo stipendio sarebbe stato pagato dai
"nostri cretini governativi che finanziano ste associazioni". Si cita come fonte il Corriere della Sera, senza però indicare date o articoli specifici, e viene tirato in ballo anche l'ex presidente della Repubblica Cossiga, al quale si fa dire
"ma non è che si sono rapite da sole?".
L'appello contiene numerose altre accuse, ma la principale è quella del superstipendio.
La fonte più remota nel tempo che ho trovato è un blog del 6 ottobre 2004, che cita l'appello e lo descrive come un testo ricevuto da altra fonte:
http://comgas.clarence.com/permalink/167517.html
Le prime segnalazioni al Servizio Antibufala risalgono al 7 ottobre 2004, data alla quale risalgono anche le prime tracce dell'appello nei newsgroup, secondo Google Groups. L'appello compare infatti nel newsgroup
it-alt.politica.lega-nord, a firma di un certo "Axell", che però afferma in un messaggio successivo dello stesso newsgroup di non essere l'autore dell'appello.
C'è un problema di fondo in quest'indagine: procurarsi informazioni obiettive su un caso così controverso, che ha suscitato un fortissimo clamore politico nella stampa italiana, è estremamente difficile. I giornali italiani si sono schierati tutti così esageratamente da una parte o dall'altra che si sono resi sostanzialmente inaffidabili.
Le fonti di stampa sono utilizzabili soltanto come fonte di dettagli non contestati, come per esempio le date di rapimento e di rilascio, o di informazioni "neutre" rispetto alla loro ideologia o addirittura contrarie ad essa, secondo il
"Principio di Belzebù" (se un religioso mi dice che ha visto Belzebù, è una conferma "debole", perché avvalora le sue tesi; se me lo dice un ateo, è una conferma forte, perché contraria alle sue idee). Ho considerato più affidabili le agenzie di stampa e le fonti non italiane, in quanto probabilmente più distaccate.
Di conseguenza,
questa non è un'indagine chiusa, ma un sunto preliminare. Il vostro aiuto, con segnalazioni di informazioni tratte da fonti che rispettino il Principio di Belzebù, sarà prezioso per completare il quadro.
Nel frattempo, classifico l'appello come
ad alto rischio di bufala diffamatoria, e quindi
da non diffondere, per una ragione di fondo: si tratta di un messaggio
anonimo, privo di fonti e pieno di accuse non documentate. Ha senso diffonderlo senza chiedersi se per caso, vista la sua origine, si tratti di disinformazione?
Siete disposti a sottoscrivere, tramite il vostro inoltro, una diceria di cui non avete alcuna conferma e di cui non si conosce l'autore?
L'anonimo estensore dell'appello ha lanciato il sasso e nascosto la mano senza fornire alcuna conferma. In queste condizioni, diffondere un'accusa del genere prima di averne conferme è irresponsabile. Occorrono prove, e chi ha scritto l'appello si è guardato bene dal darne.
Ci sono anche altre ragioni per dubitare seriamente dell'appello. L'organizzazione "Un ponte per..." ha pubblicato
una smentita di alcune delle accuse, in particolare quelle riguardanti il presunto "stipendio" da 8.000 euro attribuito alle due ragazze.
Secondo "Un ponte per...", lo stipendio reale ammontava a
"in soldoni circa 1500 euro netti al mese comprensivi tredicesima e fine rapporto". Anche aggiungendo assicurazione, vitto, trasporti e quant'altro, da 1500 a 8000 euro il passo è molto lungo (dire "da tre a sedici milioni di lire" rende forse più chiaro il divario). Il bilancio di "Un ponte per..." è pubblicamente consultabile via Internet.
Inoltre lo stipendio non proverrebbe dal governo italiano, come afferma invece l'appello. Infatti ci sono le dichiarazioni in tal senso di "Un ponte per...", che parla di "finanziamenti pubblici" soltanto nel senso di finanziamenti provenienti da organizzazioni europee e da enti locali italiani, e c'è un articolo de Il Tempo secondo il quale il governo italiano avrebbe erogato un unico finanziamento estremamente modesto (circa 15.000 euro) a "Un ponte per...":
http://guide.supereva.it/alleanza_nazionale/interventi/2004/10/178634.shtml
In un caso come questo, il bufalatore ha il coltello dalla parte del manico: a lui costa pochissima fatica partorire nell'anonimato una sventagliata di accuse, mentre chi indaga deve affannarsi a trovare conferme o smentite documentate per ciascuna delle affermazioni. Dato che le mie risorse sono limitate e ci sono molte altre indagini in coda, c'è un limite al tempo che posso dedicare a ciascuna delle accuse fatte dall'anonimo accusatore.
In realtà l'onere della prova spetta a chi ha scritto questo messaggio d'accusa, che però probabilmente non si farà avanti con prove di ciò che ha incautamente diffuso in Rete.
L'indagine antibufala è ancora aperta ed è a vostra disposizione, con maggiori dettagli e link alle fonti,
su Attivissimo.net.