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Il Disinformatico: telefonia

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2022/02/01

SMS Premium Challenge: riuscite a creare un sito che catturi il numero di telefonino e faccia mandare l’SMS di conferma di nascosto?

Ultimo aggiornamento: 2022/02/02 10:55. Ringrazio tutti i lettori e commentatori che hanno contribuito e stanno tuttora contribuendo ad ampliare questo articolo.

Per ora non posso rivelare i dettagli, ma ho una sfida per voi: creare un sito dimostrativo che imiti in modo innocuo i siti truffaldini che fanno abbonare con l’inganno gli utenti ai servizi SMS Premium. Il committente è disposto a pagare.

Premessa: cosa sono gli SMS Premium e perché sono il male

Gli SMS Premium sono degli SMS a costo fortemente maggiorato: costano vari euro/franchi a messaggio inviato o ricevuto (in Svizzera un singolo messaggio una tantum può costare fino a 100 CHF; per gli abbonamenti i singoli messaggi costano di solito 5 CHF). Fanno parte dei cosiddetti servizi a valore aggiunto. Il loro costo viene addebitato direttamente sulle bollette telefoniche. Esistono in quasi tutti i paesi del mondo. In Italia, per esempio, sono descritti qui da Vodafone.

In teoria questi SMS Premium dovrebbero servire a fornire informazioni a pagamento (oroscopi, previsioni meteo, notizie) o consentire il pagamento di servizi (biglietti di trasporto, parcheggi, suonerie o contenuti erotici) su richiesta degli utenti, ma in pratica moltissimi utenti lamentano di essersi trovati abbonati a questi servizi senza aver fatto alcuna richiesta. Se ne accorgono quando trovano sulla propria bolletta degli addebiti inattesi.

Sempre in teoria, abbonarsi a questi servizi richiede due invii di SMS: uno di richiesta del servizio e uno di conferma della richiesta. Sembrerebbe quindi impossibile iscriversi agli SMS premium senza accorgersene.

Eppure succede: è successo di recente con il malware Joker, un’app pubblicata anche sul Play Store di Google, che fingeva per esempio di essere un’app di sfondi di Squid Game ma in realtà, spiega Kaspersky, è “in grado di iscrivere di nascosto le proprie vittime ai servizi in abbonamento premium simulando il processo di abbonamento”. Punto Informatico scrive che Joker agisce “[s]imulando i tocchi e intercettando gli SMS”. Un altro esempio è la famiglia di app truffaldine per Android UltimaSMS descritta da Avast (2021): la vittima viene convinta a digitare il proprio numero di telefono e poi l’app provvede ad abbonarla. Su Android le app possono inviare SMS; su iPhone no. Le app possono anche cancellare le tracce della richiesta di abbonamento.

Wired.it si è occupata della questione per l’Italia nel 2016, descrivendo l’uso del DNS e della connessione cellulare come ingredienti essenziali delle attivazioni indesiderate. 

Inoltre c’è stata una condanna dell’AGCOM a TIM per non aver “adottato con la dovuta tempestività e esaustività misure idonee a prevenire l’attivazione dei servizi premium in assenza del previo consenso degli utenti né a impedirne l’addebito anche in casi di chiara incompatibilità del servizio con l’espressione del consenso”. L’attivazione era avvenuta anche su SIM che non erano inserite in telefonini ma erano “dedicate al controllo da remoto di particolari dispositivi (es. telesorveglianza, teleallarme) e/o prive di connessione dati” (PDF). Ad agosto 2021 l’AGCOM ha multato WindTre, Vodafone e TIM per attivazione dei servizi premium senza il consenso degli utenti (HWupgrade.it).

--- 

Adesso ho per le mani una serie di casi nei quali è quasi certo che sugli smartphone delle vittime non sono state installate app ostili. È possibile che le vittime abbiano semplicemente visitato dei siti che sarebbero riusciti a simulare le azioni degli utenti, carpendo il loro numero di telefonino e mandando automaticamente gli SMS di richiesta e/o di conferma di abbonamento.

Molte compagnie telefoniche rifiutano di rimborsare questi abbonamenti ottenuti con l’inganno argomentando che a) non è possibile che l’utente non si accorga della procedura in corso b) comunque loro sono solo intermediari che forniscono il servizio per conto terzi. E questa cosa va avanti da oltre dieci anni. È un problema di cui ho già scritto in varie occasioni.

Ci si può difendere preventivamente chiedendo al proprio operatore il blocco dei servizi SMS Premium; di solito basta un SMS apposito o una telefonata gratuita all’operatore. In Svizzera le istruzioni su come procedere sono pubblicate per esempio qui da Swisscom, qui da Salt e qui da Sunrise.

Si può inoltre risalire alla società che gestisce il servizio pagato tramite gli SMS Premium usando gli elenchi dei loro numeri brevi (qui su Swisscom; qui su Salt; qui su Sunrise).

Maggiori informazioni sono qui sul sito dell'Ufficio federale delle comunicazioni (UFCOM), che include il codice di comportamento di questi fornitori di servizi e precisa che la conferma di abbonamento può essere inviata dall’utente tramite SMS, MMS o WAP. 

Per l’Italia il codice di condotta è pubblicato qui da Vodafone e l’AGCOM a gennaio 2021 ha disposto che le nuove SIM abbiano bloccati per default i servizi SMS Premium (l’annuncio di Tim.it è qui). La stessa Autorità ha anche predisposto un servizio di conciliazione per le attivazioni non volute di servizi premium.

Insomma, gli utenti sono protetti, grazie alla possibilità di bloccare questi servizi (in Svizzera) o al blocco per default (in Italia) e all’obbligo di inviare un SMS di conferma (in entrambi i paesi). Il messaggio che arriva dagli operatori è molto chiaro: se gli utenti si trovano abbonati a questi servizi SMS Premium, è solo colpa loro.

È davvero così?

La sfida: fare un sito che dimostri un abbonamento fatto di nascosto

Non c’è dubbio che si possano creare app che abbonano di nascosto gli utenti. Ma è possibile creare un sito che faccia altrettanto, senza installare nulla sul telefonino?

Il sito dovrebbe:

  1. Prendere il controllo del telefonino della vittima in modo da fargli inviare un normale SMS contenente un testo preciso (per esempio “START INFO”) a un numero specifico.
  2. Restando aperto sullo smartphone della vittima, riconoscere l’SMS di richiesta di conferma che le arriva. Questo SMS può anche essere visibile e salvato.
  3. Mandare a un numero specifico un SMS che faccia da richiesta di conferma (di solito costituita semplicemente da un “SI”). Facoltativamente, questo SMS può essere cancellato.

Inoltre dovrebbe fare tutto questo, se possibile, senza mostrare nulla di significativo sullo schermo. 

Il sito, essendo dimostrativo, dovrà avere un nome e una grafica che ne indichi chiaramente la natura di pura dimostrazione giornalistica.

La demo da realizzare sarebbe questa:

  • il telefonino-vittima (uno smartphone sacrificabile con SIM altrettanto sacrificabile) visita il sito
  • manda un SMS al mio telefonino
  • il mio telefonino manda un SMS al telefonino-vittima (simulando la richiesta di conferma di un abbonamento
  • il telefonino-vittima risponde mandando un SMS con scritto “SI” al mio telefonino
  • il tutto riducendo al minimo possibile le azioni della vittima e la visibilità di quello che sta succedendo.

In alternativa o in aggiunta, sto cercando qualcuno del settore che mi possa raccontare in dettaglio le tecniche usate per ottenere questi abbonamenti fraudolenti. Offro la garanzia giuridica dell’anonimato giornalistico.

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Per il passo 1 forse ci si può appoggiare a funzioni come l’invio di SMS tramite link HTML: la vittima verrebbe quindi convinta a cliccare su un link. La sintassi è di questo tipo:

    <a href="sms:numero&body=messaggio">Testo visibile</a> 
  

Se servono degli spazi nel messaggio basta usare %20 al posto dello spazio. Invece di un testo visibile si può usare un’immagine. Qui trovate un generatore di pulsanti che mandano SMS.

Un’alternativa è usare le tecniche adoperate dai vari siti che invitano l’utente a digitare il proprio numero di telefonino con qualche scusa (facili da trovare, per il mercato svizzero, cercando diciture come Gib Deine Handynummer Ein oppure Gib Deine Handy-Nr. ein). Ne ho salvato un esempio qui su Archive.is; il JavaScript che (mi pare di capire) gestisce l’acquisizione e l’invio del numero di telefonino è qui.

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Per i passi 2 e 3 forse si può usare la funzione OTP Autofill, descritta in questo mio articolo. Alcune delle tecniche usate dalle società che erogano questi servizi sono descritte in questo Reddit al quale partecipa una persona che dice di aver lavorato nel settore in Italia.

Esistono vari sistemi. I più banali sono: porte usb di luoghi pubblici che mandano informazioni e reti wifi pubbliche che fanno altrettanto. Se ti trovi a casa in una rete sicura è invece molto probabile che tu abbia installato qualche app (a cui tu hai dato il consenso) che manda il tuo numero ad un servizio di adv. Quando capiti in uno di questi siti malevoli mentre stai sicuramente facendo qualche ricerca universitaria, ci sono vari script che abilitano il servizio simulando un tuo consenso attivo.

Se non ricordo male, il wifi dei freccia rossa (almeno 4 anni fa) ti chiedeva il numero di telefono per fare l'accesso. Ed ecco che hanno il tuo numero. Con le USB invece fidati che fanno quello che vogliono, soprattutto se hai Android...ti basta una superficiale googlata per trovare migliaia di attacchi, alcuni ancora validi dal 2010.

La maggior parte delle volte i servizi vengono attivati tramite script che prendono azioni al posto tuo, trojan vari che ti infettano il sistema o, nel peggiore dei casi ma fortunatamente più raro, semplicemente qualcuno con una lista di numeri inizia ad abbonarli in modo arbitrario. Purtroppo di programmazione capisco poco e niente, non so darti i dettagli tecnici. Posso dirti però che il metodo informatico usato diventa più complesso a seconda della regolamentazione. Se il paese prevede un flusso abbonamenti 1 click (vale a dire, è sufficiente che il cliente clicchi una volta per abbonarsi) allora è sufficiente uno script nella pagina che incrementi la sensibilità del pulsante o che simuli un'azione. Se invece vige il pin (per abbonarti devi scrivere una password che ti viene mandata al cellulare) allora per riuscirci devi per forza infettare il sistema o trovare un bug lato operatore da sfruttare. Questi 'bug' sono comunemente considerati lasciati volontariamente dagli operatori tra i miei colleghi.


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Per nascondere il tutto, segnalo due tecniche molto in voga qualche tempo fa fra i truffatori (e forse usate tuttora):

  • Indurre la vittima a toccare tante volte lo schermo in rapida successione, facendo poi comparire il pulsante di invio degli SMS a sorpresa (il pulsante può anche essere invisibile, per esempio dello stesso colore dello sfondo); questo di solito frega la vittima, che non fa in tempo ad accorgersi che è cambiata la schermata e quindi tocca il pulsante di invio.
  • Prendere il tocco dell’utente, fatto su una pagina del tutto innocente, e passarlo a una schermata sottostante che conteneva il pulsante di invio dell’SMS.

Se avete idee, consigli o suggerimenti, i commenti sono a vostra disposizione. Se siete in grado di creare un sito del genere, mandatemi i vostri preventivi via mail e li girerò al committente.

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o altri metodi.

2022/01/20

Hacker nel Far West

Ultimo aggiornamento: 2022/01/23 19:50. 

È una scena classica da western: l’eroe si accorge che sta per avvenire una rapina e corre a perdifiato per avvisare lo sceriffo, arrivando appena in tempo. Se invece vedeste un cowboy che corre semplicemente... fino al telefono più vicino restereste probabilmente spiazzati. 

Ma la realtà storica è questa: già nel 1890, quindi sul finire dell’era western comunemente intesa, negli Stati Uniti si potevano comperare i telefoni, e questi telefoni venivano “hackerati” dai cowboy per telefonare gratis nelle grandi pianure rurali.

Il problema non era procurarsi il telefono: lo si poteva ordinare per posta. Ma mancavano i cavi telefonici, che le compagnie come la Bell Telephone installavano soltanto nelle città. Tirare centinaia di chilometri di cavi per servire una manciata di persone non aveva nessuna convenienza economica.

Ma alcuni rancher intraprendenti si resero conto che in realtà i cavi c’erano già: bastava essere un pochino creativi. Le loro enormi proprietà erano infatti delimitate dal filo spinato, che è in sostanza un filo metallico in grado di condurre corrente e quindi anche di trasportare un segnale telefonico.

E di filo spinato ce n’era tanto. Nel periodo di picco, nel West ne veniva posato oltre un milione di chilometri ogni anno. Bastava attaccare un telefono alla recinzione e si poteva telefonare da un capo all’altro del filo, dato che i telefoni di quell’epoca erano autoalimentati da una batteria e generavano un segnale elettrico molto potente. Non serviva un centralino e non serviva un abbonamento. 

Si potevano anche fare chiamate collettive: anzi, quando qualcuno faceva una chiamata, squillavano tutti i telefoni presenti sul circuito. Ci si metteva d’accordo con una sequenza particolare di squilli per indicare la persona con la quale si voleva comunicare, ma era normale che rispondessero un po’ tutti. Le occasioni per parlare con qualcuno erano pochissime e quindi erano benvenute.

Questa strana storia di hacking nel Far West è documentata da storici come Rob MacDougall, della University of Western Ontario, in Canada, e raccontata da riviste come New Scientist (21/28 dicembre 2013) in tempi recenti e dalla Electrical Review del 1897, che segnala un ranch in California in cui “fra i vari accampamenti c’è una comunicazione telefonica tramite le recinzioni di filo spinato”. Il New England Journal of Agriculture, sempre nel 1897, cita due contadini del Kansas che vivevano a un miglio di distanza l’uno dall’altro e avevano collegato due telefoni al filo spinato per parlarsi.

In Texas, poi, c’era una recinzione, quello dell’XIT Ranch, che si estendeva per oltre 260 chilometri, e ai primi del Novecento “furono installati moltissimi telefoni nel ranch. Dove possibile, il filo superiore delle recinzioni veniva usato come linea telefonica, anche se la qualità del ‘servizio’ era atroce”, spiega il Texas Standard nel 2021. E non erano casi isolati: nel 1907 questi sistemi telefonici artigianali raccoglievano circa tre milioni di utenti, ossia mezzo milione in più di quelli della compagnia telefonica Bell. Trovate altre informazioni e dettagli in proposito su Atlas Obscura, How Stuff Works, Inc.

Queste reti telefoniche di filo spinato avevano però un limite: consentivano soltanto telefonate locali. Alla fine prevalsero le compagnie telefoniche, che offrivano chiamate interubane verso chiunque, anche se a pagamento, e oggi i cowboy comunicano le emergenze usando modernissimi telefoni satellitari, che prendono la linea anche dove non c’è il segnale radio della rete cellulare convenzionale.

Fonte: NBC News.

Storie dimenticate come questa, però, sono importanti per ricordare che non sempre è necessario ricorrere a tecnologie complicate, software e sistemi digitali per ottenere risultati sorprendenti. E se dovesse capitarvi di vedere un western in cui qualcuno telefona, non stupitevi e non gridate all’errore. La storia della tecnologia è piena di soluzioni alternative finite nell’oblio. Ogni tanto conviene ripassarle.

2021/02/05

Messaggi vocali e netiquette, parliamone

La crescente popolarità di social network solo audio come Clubhouse (e le funzioni analoghe in arrivo su Twitter) e dei messaggi vocali su WhatsApp e simili è un’occasione per riflettere sulle nuove forme di comunicazione e sui loro pregi e limiti. Sembra che la tendenza stia portando sempre più ad abbandonare la telefonata classica e anche il messaggio di testo in favore dei messaggi vocali.

Molti utenti trovano che usare un messaggio vocale invece di scrivere sia più veloce e renda più chiara l’intenzione e il tono di chi parla; inoltre è possibile produrli mentre si hanno le mani impegnate o quando manca la possibilità di concentrarsi su schermo o tastiera.

Ci sono poi tanti casi nei quali un messaggio vocale è l’unica via: analfabetismo, difficoltà a scrivere una lingua ma non a parlarla, dislessia, ipovisione o cecità, impossibilità fisica a scrivere. In questo senso i messaggi vocali sono estremamente utili e preziosi.

Ma attenzione agli abusi, soprattutto per lavoro. Molti mandano messaggi vocali semplicemente per pigrizia, senza considerare che mandare un messaggio vocale farcito di errori e di "uh.. eh...uhm..." e che non va al sodo, invece di scrivere, vuol dire che chi manda considera più importante il proprio tempo di quello di chi dovrà ascoltarselo. 

Leggere è di solito molto più veloce che ascoltare. E non sempre è possibile ascoltare un vocale, per esempio nei luoghi affollati o rumorosi, senza privacy, o nei quali si deve mantenere il silenzio e non disturbare gli altri. Inoltre non è possibile fare ricerche all’interno dei messaggi vocali per ritrovare un’informazione.

Considerate quindi l’opportunità di usare la funzione di trascrizione della voce, invece di un messaggio vocale, ovviamente ricontrollando che cosa ha capito il telefonino prima di inviarlo, per evitare malintesi. Oppure semplicemente rinviate l’invio di un messaggio fino al momento in cui potete fermarvi a scriverlo e comporlo in modo efficace e comprensibile. 

So che oggi può sembrare un’eresia, ma ricordate che potreste anche molto semplicemente telefonare

Il messaggio vocale, insomma, fa risparmiare tempo a chi lo manda ma lo fa spendere a chi lo riceve. E se qualcuno si offende e si giustifica dicendo che i vocali si possono ascoltare mentre si fa altro e invece i messaggi di testo richiedono di fermarsi a leggerli, suggerisco questa risposta: “In altre parole, mi stai dicendo che le cose che faccio sono così stupide e facili che posso farle anche mentre ascolto messaggi. Secondariamente, mi stai dicendo che i tuoi messaggi sono così poco importanti che posso ascoltarli mentre sto facendo altro.”

2020/12/16

Perché Samsung toglie la radio FM dai propri telefonini? C’entra una legge italiana

Ultimo aggiornamento: 2021/01/04 12:30.

Numerosi lettori mi stanno segnalando che l’aggiornamento software dei loro telefonini Samsung parla di “nuove funzioni” ma in realtà ne toglie una intanto che aggiunge quelle nuove. Disabilita la radio FM.

La schermata dice “Ti informiamo che scegliendo di installare il presente aggiornamento, rimuoverai la funzione Radio FM dal tuo smartphone. Il presente aggiornamento viene rilasciato in ragione dell’entrata in vigore della legge n. 205/2017.”

Le ulteriori informazioni fornite rimandano a questa pagina del sito Samsung (copia permanente), che si riferisce al Samsung Galaxy A50, parla della Build A505FNXXU5BTL3 di Android 10 rilasciata il 9 dicembre 2020 e dice “Please be informed that if you decide to install this software update, you will remove the Radio FM feature from your smartphone. This software update is released in consideration of the Italian Law n. 205/2017.”

Il fenomeno, insomma, è legato a un provvedimento italiano. Questa legge 205/2017, a quanto risulta dai forum Samsung, obbliga i fabbricanti (di qualunque marca) a disabilitare il ricevitore FM integrato nei suoi dispositivi venduti in Italia. Le ragioni piuttosto bizzarre sono spiegate (per così dire) qui su Qds.it: si tratterebbe dell’articolo 1, comma 1044 di questa legge, che recità così:

Al fine di favorire l’innovazione tecnologica, a decorrere dal 1º giugno 2019 gli apparecchi atti alla ricezione della radiodiffusione sonora venduti dalle aziende produttrici ai distributori di apparecchiature elettroniche al dettaglio sul territorio nazionale integrano almeno un’interfaccia che consenta all’utente di ricevere i servizi della radio digitale. Per le medesime finalità, a decorrere dal 1º gennaio 2020 gli apparecchi atti alla ricezione della radiodiffusione sonora venduti ai consumatori nel territorio nazionale integrano almeno un’interfaccia che consenta all’utente di ricevere i servizi della radio digitale.

Se vi state chiedendo perché un comma che aggiunge la funzione di radio digitale finisca in pratica per disabilitare la funzione di radio FM, non siete i soli. Se qualcuno sa spiegare bene questa cosa, i commenti sono a sua disposizione. 

La spiegazione prevalente, per ora, è che la legge italiana obblighi chiunque produca un ricevitore radio (o un dispositivo che includa un ricevitore radio) a dotarlo della possibilità di ricevere le radio digitali (DAB). Siccome questa dotazione costerebbe troppo, i produttori preferiscono modificare gli smartphone in modo che non includano più la funzione di ricevitore radio e apportano questa modifica tramite un aggiornamento del software.

Il 18 dicembre Wired.it ha pubblicato un articolo sulla questione: 

“Dal prossimo 1° gennaio 2021, tutti gli smartphone dotati di radio Fm che sono stati venduti finora in Italia dovranno spegnere il servizio per rispettare l’entrata ufficiale in vigore della legge n. 205/2017 e la successiva integrazione del decreto Sblocca Cantieri [...] Tutti gli altri smartphone con radio fm integrata non rispetteranno le richieste e dovranno dunque spegnere il servizio rispettando la scadenza del 1 gennaio 2021.” 

Questo conferma la tesi che la legge italiana vieta gli smartphone che abbiano soltanto la radio FM e non includano anche la radio DAB+. Un classico esempio di legge che vorrebbe promuovere l’innovazione ma finisce per menomare gli apparecchi esistenti togliendo loro una funzione.

Per ascoltare le radio tramite lo smartphone occorrerà quindi usare app apposite che si collegano a Internet, consumando traffico dati, invece di captare il segnale radio FM gratuitamente.

La situazione svizzera prevede il passaggio dalla trasmissione analogica (FM) a quella digitale (DAB+) nel 2022-23, secondo l’Ufficio Federale delle Comunicazioni (UFCOM) citato da Tio.ch.

2020/07/02

5G: come eliminare il 90% delle emissioni, spiegato da un esperto

L’associazione svizzera di e-commerce Netcommsuisse ha intervistato ieri Pascal Grieder, ingegnere e CEO dell’operatore telefonico svizzero Salt Mobile, e io ho avuto il piacere di assistere e partecipare all’incontro trasmesso in streaming.

Qui sotto (se viene concesso l’embedding) o a questo link trovate l’intervista integrale (in inglese), ricca di spunti e di informazioni concrete sullo stato della comunicazione cablata (particolarmente in fibra ottica) e mobile in Svizzera e in altri paesi, ma vorrei sottolineare il passaggio in cui Grieder spiega con poche parole perfettamente piazzate che esiste un modo, basato esclusivamente su principi di fisica indiscussi, noti da oltre un secolo e non di parte, per eliminare con un semplice gesto il 90% delle emissioni cellulari del 5G, per tutti coloro che si dichiarano anti-5G: non usare il telefonino.


Da 20:00 in avanti, Grieder dice:

"Il 5G, come il 4G, il 3G e il 2G, è una tecnologia [di comunicazione] mobile ben consolidata. Dire che il 5G è dannoso è come dire che Windows 11 è cancerogeno. Parlando in termini di fisica, [il 5G] è un aggiornamento incrementale; non c’è nessuna differenza fondamentale tra il 5G e il 4G. Se le critiche mosse al 5G fossero valide, allora dovremmo disattivare tutte le reti mobili, perché quelle critiche varrebbero anche per il 4G e il 3G. Dal punto di vista fisico o medico, non c’è nessuna grande differenza tra 5G e 4G.

Detto questo, abbiamo oltre un miliardo di utenti in tutto il mondo che usano le reti mobili da vent’anni. Non c’è nessuna prova che questo causi danni sistematici alla salute. Dopo un miliardo di utenti in vent’anni, personalmente credo che se ci fosse un problema, ormai lo sapremmo. Abbiamo dati a sufficienza.”

Grieder nota che ovviamente lui verrà visto come di parte, ma la fisica non lo è:

“È molto semplice. Se guardi le radiazioni, a cui siamo esposti tu, io, tutti, oltre il 90% proviene dal tuo telefonino. Oltre il 90% delle radiazioni alle quali sei esposto proviene dal tuo telefonino. Quindi se sei preoccupato a proposito delle radiazioni del 5G, non comprare un telefonino 5G, disattiva il 5G sul tuo telefonino 5G, e avrai risolto il 90% del problema.”

Infatti anche per il 5G, come per qualunque radiazione elettromagnetica, vale la legge dell’inverso del quadrato: in altre parole, se raddoppi la distanza dalla sorgente l’intensità diventa quattro volte minore; se tieni il telefonino a un centimetro dall’orecchio e poi lo sposti a un metro, l’energia che ti arriva all’orecchio è diecimila volte inferiore. Quindi la fonte principale di emissioni per ciascuno di noi è il nostro telefonino, perché è così vicino.

Le antenne cellulari sono più potenti, ma molto più lontane, così come un lampione è più potente di una torcia, ma se mi metto la torcia vicino agli occhi mi abbaglia più del lampione lontano.

Credit: Wikipedia.

Sempre per la stessa legge fisica, spiega ancora Grieder,

“le radiazioni emesse dal vostro telefonino sono più intense se le antenne sono più lontane. Quindi tutte le persone che bloccano l’installazione di nuove antenne perché hanno paura delle radiazioni finiranno probabilmente per essere esposte a una maggiore quantità di radiazioni, perché continuano a usare il telefonino e il telefonino deve emettere più radiazioni per poter raggiungere l’antenna, che è più lontana. Se impedisci la posa di nuove antenne, crei in realtà più radiazioni”.

E infine: fermare il 5G

“significa che useremo di più il 4G, che è meno efficiente, in termini di energia, del 5G. Il 4G emette più radiazioni per trasmettere un gigabyte di dati rispetto al 5G.”

Questi sono i fatti. Mi piacerebbe sapere quanti dei sostenitori delle teorie anti-5G sono al corrente di questi dati elementari, che non sono in discussione e che conosciamo dai tempi di Keplero, ossia dal 1604, anno della prima formulazione della legge dell’inverso del quadrato. No, non c’erano i telefonini nel Seicento, ma c’era la luce, e la luce è una radiazione, esattamente come le onde radio, e segue le stesse leggi.

In altre parole, gli anti-5G sono in ritardo sulla realtà di quattrocento anni.

2020/02/15

5G, stop ufficiale in Svizzera? No

Il Financial Times ha pubblicato un articolo secondo il cui titolo la Svizzera avrebbe sospeso l’attivazione della rete cellulare 5G a causa di preoccupazioni per la salute (Switzerland halts rollout of 5G over health concerns). Si tratterebbe, dice il testo, di una “moratoria a tempo indeterminato”.

L’articolo cita una lettera inviata dall’Ufficio Federale per l’Ambiente svizzero (BAFU) ai governi cantonali a fine gennaio, che avrebbe causato la sospensione. La lettera non è linkata nell’articolo, ma dovrebbe essere questa (ringrazio @samirguidi per averla trovata).

In realtà la lettera non parla di una sospensione totale dell’attivazione del 5G, ma riguarda soltanto un aspetto specifico del 5G, ossia la tecnica del beamforming.

Il beamforming è un metodo per ridurre l’energia emessa dalle antenne della rete, concentrandola nella direzione in cui si trova in quel momento l’utente. In altre parole, invece di disseminare onde radio in tutte le direzioni, comprese quelle in cui non c’è nessuno che ha bisogno del segnale, come si fa adesso, il beamforming permette di fornire segnale solo dove serve realmente, adattandosi in tempo reale alla situazione e quindi riducendo l’esposizione per chi non usa il telefonino.

La lettera spiega che non c’è sufficiente chiarezza tecnica sul metodo di calcolo dell’esposizione alle onde radio che verrebbe prodotta dal beamforming e che serve più tempo per ottenerla e quindi sapere se anche in modalità beamforming il 5G rimane, anche nel caso peggiore, sotto i severi limiti imposti dalla normativa (ORNI). In attesa di questi chiarimenti, l’uso del beamforming non viene autorizzato, ma la rete 5G può continuare a funzionare in maniera tradizionale.

Questo è chiarito sia da questo articolo di Ictjournal.ch, sia dal testo dell’articolo del Financial Times, che non menziona il beamforming ma lo descrive indirettamente (“New 5G communications technology means individuals are exposed to more concentrated beams of non-ionising radiation, but for shorter periods. Bafu must determine which legal standards to apply to this.”). È solo il titolo che è ingannevole.


Ringrazio @MrcLucien per aver reperito l’articolo di Ictjournal. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

2019/09/05

5G, ne parliamo stasera a Carabbia (Lugano)

Questa sera alle 20 sarò a Carabbia, alla ex Casa Comunale in Piazza Balmelli, per parlare delle reti cellulari 5G e delle preoccupazioni che le riguardano. Con me ci sarà Andrea Galeazzi, rappresentante dell’operatore telefonico Swisscom.

L’incontro è organizzato dalla Commissione di quartiere di Carabbia in collaborazione con l’Ufficio quartieri della Città di Lugano.

L’ingresso è libero.

2019/05/28

5G, miti da smontare e paure pilotate

La propaganda di Russia Today.
Questo articolo è il testo, leggermente ampliato, del mio podcast settimanale La Rete in tre minuti su @RadioInblu, in onda ogni martedì alle 9:03 e alle 17:03. Ultimo aggiornamento: 2019/05/29 12:45.

Siete preoccupati per il 5G, la nuova tecnologia cellulare di cui si parla tanto? Non c’è nessun motivo concreto per esserlo: i dati accumulati nel corso di decenni e gli stessi principi fisici di base che consentono alle radio e alle televisioni di funzionare dicono che il 5G non è diverso dalla tecnologia cellulare attuale in termini di esposizione a campi elettromagnetici. Anzi, in molti casi il 5G riduce questa esposizione perché usa meno energia e (in alcuni casi) adotta frequenze che penetrano molto meno nel corpo rispetto alla telefonia mobile attuale.

Eppure, stando agli allarmi che circolano su Internet ma anche su alcune testate giornalistiche, il 5G sarebbe colpevole di ogni sorta di pericolo: obbligherebbe ad abbattere gli alberi e causerebbe varie malattie, avendo il solo scopo di dare un vantaggio economico a un piccolo gruppo di ultraricchi e di multinazionali. È nata un’industria vera e propria, molto redditizia, di dispositivi e indumenti atti a proteggere dai suoi presunti effetti: si va dai cappellini alle mutande.

Ma soprattutto in questi allarmi viene usata la parola “radiazioni”, che crea un equivoco fondamentale, associando nella mente di molti la telefonia cellulare alla radioattività. Le radiazioni emesse dalle sostanze radioattive, però, non c’entrano nulla con i segnali radio emanati da qualunque apparecchio trasmittente, dal telecomando della TV allo smartphone. Anche la luce solare, per esempio, è una radiazione, ma non per questo è consigliabile bandirla.

C’è chi invoca il principio di prudenza, sostenendo che prima di introdurre una nuova tecnologia si dovrebbe fare una sperimentazione accurata. Ma in realtà il 5G non è una tecnologia nuova: è in sostanza una versione aggiornata e più efficiente di tecnologie che già usiamo da tempo (in particolare usa la matematica dei codici polari per trasmettere dati più efficientemente). Applicare il principio di prudenza in questo caso sarebbe come boicottare il salumiere perché ha cambiato affettatrice e pretendere che dimostri che quella nuova non è nociva per il prosciutto.

Un altro equivoco frequente intorno al 5G è la credenza che siccome è più veloce, allora debba essere più potente e quindi più pericoloso. In realtà il 5G utilizza meglio le risorse: invece di diffondere in tutte le direzioni, concentra attivamente il segnale dove serve in un dato momento, e oltre a una matematica più efficiente usa frequenze di trasmissione più alte, che per loro natura permettono di far passare più dati usando la stessa potenza o, viceversa, di usare meno potenza per far transitare la stessa quantità di dati (più precisamente, la potenza necessaria dipende anche dal rumore, oltre che dalla banda disponibile).

Sembra inoltre che la paura del 5G, lungi dall’essere un fenomeno spontaneo, sia accuratamente alimentata da chi fa disinformazione per mestiere e per tornaconto: il New York Times ha tracciato la campagna anti-5G di RT America (che è il nuovo nome della filiale americana del canale Russia Today, organo di propaganda del governo russo): fuori dalla Russia, diffonde allarmi catastrofici di sedicenti “esperti”; in Russia, invece, le onde millimetriche (usate in alcuni paesi per il 5G) vengono addirittura consigliate come terapia e il 5G viene incoraggiato dall’ambasciatore russo Alexander Yakovenko. Lo scopo della campagna russa sarebbe ostacolare l’introduzione del 5G (e i relativi miglioramenti di efficienza, con nuove opportunità di lavoro e commercio) nei paesi concorrenti, in modo da trarne un vantaggio strategico.

L’attenzione intorno al 5G è comunque utile, perché spinge a informarsi su alcuni aspetti poco noti di queste tecnologie, per esempio consultando app, come ElectroSmart per Android, che permettono di usare lo smartphone come misuratore di campi elettromagnetici.

Si scopre così che la fonte più intensa spesso non è l’antenna di telefonia mobile, ma (oltre al proprio telefonino) il Wi-Fi domestico o il Bluetooth del televisore smart o degli auricolari senza fili che ci mettiamo direttamente dentro le orecchie, vicinissimi al cervello. E si scopre anche che la distanza dalle fonti conta tantissimo: se cambia da un centimetro a un metro, l’intensità scende di diecimila volte. Se dormite con lo smartphone acceso sul comodino, fateci un pensiero.


Fonti aggiuntive: Sciences et avenir, Open, Wired, Ars Technica, Swisscom, The Register.

2019/05/27

Paura del 5G? Facciamo chiarezza stasera a Manno

In Rete circolano messaggi di preoccupazione e allarmismo per il 5G, la tecnologia cellulare di prossima introduzione, e in molti paesi, Svizzera compresa, c’è chi chiede moratorie e maggiore chiarezza sulle installazioni delle apposite antenne.

Se volete conoscere i fatti per farvi un’opinione razionale, questa sera alle 20:30 a Manno (Canton Ticino), presso la Sala Aragonite, modererò un incontro pubblico informativo: per chi è su Facebook, i dettagli sono qui.

I relatori saranno:

  • Dr. med. Luciano Wannesson, Viceprimario dell’istituto di oncologia medica all'EOC (Ente Ospedaliero Cantonale);
  • Angelo Consoli, dell’Istituto sistemi informativi e networking della SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana);
  • Samantha Bourgoin, Deputata in Gran Consiglio per i Verdi del Ticino.

L’entrata è libera e a fine serata ci sarà un rinfresco insieme alla possibilità di scoprire e sperimentare come si misurano i campi elettromagnetici con strumenti alla portata di tutte le tasche.

2019/02/05

Falla di FaceTime permetteva di ascoltare attraverso gli iPhone, iPad e Mac altrui

Ultimo aggiornamento: 2019/02/08 21:30.

Per settimane, qualunque dispositivo Apple recente, dagli iPhone agli iPad ai computer Mac, poteva essere trasformato in una perfetta “cimice” per ascoltare di nascosto le conversazioni altrui e anche spiare tramite la telecamerina incorporata. Era sufficiente usare in maniera particolare (ma non troppo complicata) FaceTime, l’app di videochat di Apple, chiamando la persona da spiare. Anche se la persona non rispondeva alla chiamata, il suo dispositivo apriva il microfono e attivava la telecamera.

Una falla imbarazzante, risolta provvisoriamente da Apple in maniera drastica, ossia bloccando il servizio FaceTime in attesa di realizzare e distribuire un aggiornamento correttivo.

La schermata di stato dei sistemi e servizi Apple, consultabile qui.


L’imbarazzo è stato acuito dal fatto che Apple sta puntando molto, in termini di immagine aziendale, sulla sua attenzione alla sicurezza e alla privacy, e dal dettaglio non trascurabile che il difetto non è stato scoperto dai suoi esperti di controllo qualità ma da un ragazzo quattordicenne, Grant Thompson, a metà gennaio scorso.

Grant stava giocando a Fortnite e stava attivando una chat di gruppo con FaceTime quando si è accorto che poteva sentire anche le voci degli amici che non avevano ancora risposto all’invito a partecipare alla chat.

Come se non bastasse, Apple non ha risposto alle ripetute segnalazioni del problema fatte dalla madre del ragazzo ed ha reagito solo alcuni giorni dopo che la falla è stata rivelata pubblicamente.

L’azienda si è scusata e ha promesso di distribuire un aggiornamento di sicurezza entro questa settimana. Se avete un iPhone o un iPad, quindi, ogni tanto andate nelle Impostazioni e cercate la voce Generali e poi Aggiornamento software per vedere se l’aggiornamento è disponibile. Se avete un Mac, usate l’app dell’App Store e cliccate sulla sezione Aggiornamenti oppure andate nelle Preferenze di Sistema.

Imbarazzi a parte, però, la falla aveva una limitazione importante: lasciava sul dispositivo della vittima una chiara indicazione dell’identità dello spione o ficcanaso. Era quindi poco sfruttabile da intrusi professionisti o governativi, che preferiscono non lasciare tracce, ma era una pacchia per stalker ossessivi e partner gelosi che non avevano problemi a far sapere di stare origliando le proprie vittime. Vittime che spesso non sapevano come impedire questa persecuzione.

Incidenti come questo sono un promemoria molto chiaro del fatto che circoliamo tenendo in tasca, in ufficio e sul comodino un microfono che può essere attivato a distanza ed è gestito da un software molto complesso che a volte non funziona esattamente come vorrebbero i suoi creatori e utenti.

Le raccomandazioni apparentemente paranoiche degli esperti di sicurezza e privacy, che invitano a spegnere i telefonini o lasciarli fuori dalla stanza per qualunque conversazione o attività privata, sono insomma giustificate. Lo sa bene Larry Williams, un avvocato di Houston, che ha fatto causa ad Apple sostenendo che la falla di FaceTime ha consentito a qualcuno di origliare durante una delicatissima deposizione giurata di un suo cliente. Pensateci la prossima volta che andate dal medico o dal vostro avvocato o vi trovate in altre situazioni nelle quali fate confessioni molto personali.


2019/02/08 21:30


Apple ha rilasciato MacOS 10.14.3 e iOS 12.1.4, che risolvono questa falla.


Fonti aggiuntive: Graham Cluley, New York Times, The Inquirer, New York Times, CNet.

2018/07/20

I telefonini fanno male alla memoria?

Ultimo aggiornamento: 2018/07/20 15:40. 

Uno studio dell’Istituto tropicale e di sanità pubblica svizzero effettuato su 700 giovani in Svizzera e pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives ha attirato molta attenzione nei media perché sembra portare prove della tesi che campi elettromagnetici ad alta frequenza dei telefoni mobili possono avere effetti nefasti sullo sviluppo della memoria in alcune zone del cervello (rsi.ch; Ticinonews; La Regione; Blick).

Sul sito della rivista, però, l’articolo non c’è. Così ho contattato la rivista, che mi ha dato un link di anteprima all’articolo (in fondo alla pagina), che uscirà ufficialmente lunedì 23 luglio (il link sarà questo; una bozza è qui). Si intitola A prospective cohort study of adolescents’ memory performance and individual brain dose of microwave radiation from wireless communication ed è legato a uno studio precedente dello stesso gruppo pubblicato nel 2015 (Memory performance, wireless communication and exposure to radiofrequency electromagnetic fields: a prospective cohort study in adolescents, DOI: 10.1016/j.envint.2015.09.025).

Leggendo la pagina di presentazione risulta che i dati sono ancora assolutamente preliminari e non certi: “i risultati dello studio possono essere stati influenzati dalla pubertà, che ha effetto sia sull’uso del telefonino sia sullo stato cognitivo e comportamentale del partecipante”.

In ogni caso, per scrupolo di sicurezza i ricercatori consigliano di minimizzare il rischio “usando cuffiette o il vivavoce durante le chiamate, in particolare quando la qualità della rete è bassa e il telefonino lavora alla massima potenza”.

2017/04/05

“Perché mai dovrebbero rubarmi o clonarmi il profilo Facebook?” Per esempio per questa truffa

L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2017/04/26 21:05. 

Quando faccio raccomandazioni di sicurezza su come proteggere gli account sui social network, una delle obiezioni più frequenti che sento è “Ma perché mai qualcuno dovrebbe tentare di rubarmi il profilo Facebook o di clonarmelo? Io non sono nessuno.” E a quel punto scatta l’apatia.

Una risposta molto chiara a questa domanda arriva in queste ore da una truffa che sta facendo parecchie vittime in Svizzera e particolarmente nel Canton Ticino, dove abito, e che toglie dalla bolletta o dal credito telefonico 100 franchi (poco meno di cento euro).

La truffa inizia così: l’utente preso di mira riceve su Facebook (via Messenger), da un amico o un’amica, una richiesta apparentemente innocua, del tipo “Mi mandi il tuo numero di telefono? Serve per un concorso”.

Quando la vittima risponde dando il numero, l’amico ringrazia mandando alla vittima informazioni sul concorso, che si svolge via SMS, e chiedendo di mandargli il codice a quattro cifre che la vittima riceverà per questo concorso. La vittima segue l’invito dell’amico e subito dopo si vede sottrarre i soldi dal conto telefonico. Come è possibile?

Sulla base del resoconto pubblicato da Tio.ch, la dinamica della truffa dovrebbe essere la seguente.

1. Prima di tutto, l’amico è in realtà un impostore: un criminale che ha rubato l’account all’amico vero o gliel’ha clonato (creandone una copia con lo stesso nome e la stessa foto di profilo) e si spaccia per lui, conquistando così la fiducia della vittima.

2. Il truffatore chiede alla vittima il numero di telefono per immetterlo nel servizio di pagamento Sunrise Pay dell’operatore Sunrise, che consente di fare acquisti (per esempio di codici iTunes) addebitandoli sul conto telefonico del numero immesso.

3. Il servizio Sunrise Pay è protetto da un PIN di quattro cifre, che viene inviato al numero immesso, che in questo caso è quello della vittima.

4. La vittima manda questo PIN al truffatore, credendo che si tratti di un amico e senza rendersi conto che è un codice di sicurezza: pensa che sia un codice per partecipare a un concorso.

5. Il truffatore immette il PIN nella schermata di acquisto, dalla quale riceve i codici iTunes, che fa pagare alla vittima.

6. Il truffatore incassa rivendendo online i codici iTunes.


Come difendersi


Per prima cosa, non date a nessuno, ma proprio a nessuno, qualunque PIN ricevuto tramite questo servizio o qualunque altro.

In secondo luogo, attivate il blocco di questa funzione Sunrise Pay usando queste istruzioni fornite dall’operatore telefonico. Notate che la funzione di acquisto è abilitata automaticamente per tutti gli utenti di Sunrise: spetta a voi scoprire che esiste, scoprire che è abilitata, e decidere di disabilitarla.

Terzo, se dall’account di un vostro amico arrivano improvvisamente messaggi molto sgrammaticati, insospettitevi: probabilmente l’account è stato rubato o clonato da un impostore che non parla correntemente la lingua del vostro amico.

Per finire, attivate la verifica in due passaggi sui vostri account nei social network, in modo da rendere più difficile rubarveli grazie a password ovvie o usate per più di un sito e rendete privato l’elenco dei vostri amici in modo che un clonatore non possa sapere a chi mandare i messaggi-esca: in Facebook, andate alla vostra Lista amici, cliccate su Visualizza tutti gli amici, cliccate sulla matitina accanto a Trova amici, scegliete Modifica privacy e impostate a Solo io tutte e tre le voci che compaiono. È consigliabile farlo da un computer; si può fare anche su un tablet o smartphone, ma in questo caso bisogna usare il browser, non l’app di Facebook, per accedere alla Lista amici.

Stando sempre alle schermate pubblicate da Tio.ch, la truffa funziona particolarmente bene in Canton Ticino perché il PIN arriva sul telefonino della vittima all’interno di un messaggio in tedesco, lingua nazionale che non tutti i ticinesi masticano disinvoltamente, per cui l’avvertenza “nicht an Dritte weitergeben” (non inoltrare a terzi) che accompagna il PIN non viene capita. La stessa sorte d’incomprensione linguistica tocca anche al messaggio successivo di ringraziamento per l’acquisto effettuato.


Risarcimento e rintracciamento dei truffatori


Se siete stati colpiti da questa truffa, le vostre probabilità di risarcimento sono molto modeste, perché dando a terzi il PIN non avete rispettato le istruzioni di sicurezza fornite da Sunrise. Tuttavia vale la pena di segnalare all’operatore telefonico il problema, se non altro per informarlo della diffusione della truffa e magari incoraggiarlo a mandare avvisi chiari anche in italiano. Prendete questa truffa come un buon incentivo a imparare il tedesco.

Secondo questa pagina di Sunrise, il limite di acquisto mensile è pari a 100 franchi, per cui non dovrebbe essere possibile subire addebiti superiori a questo importo con una singola transazione fraudolenta.

I truffatori sono difficili da rintracciare: Sunrise probabilmente ha solo il loro indirizzo IP (facilmente falsificabile) e poco altro. Forse potrebbe informare Apple segnalandole che i codici iTunes sono stati ottenuti in modo fraudolento, ma bisognerebbe vedere se Sunrise ha modo di conoscere i dettagli di una transazione o se Apple, per sicurezza, glieli nasconde.


Morale della favola


Adesso dovrebbe essere chiaro che qualunque account social può essere preso di mira dai ladri d’identità: non importa di chi è o cosa contiene o non contiene. Proteggetevi.


2017/04/26


Ho ricevuto una segnalazione direttamente da una vittima di questa truffa. La riassumo qui sotto, omettendo i dati personali:

È stato falsificato l’account di una mia amica su facebook. Il truffatore, fingendosi la mia amica e utilizzando il suo account, mi ha chiesto il mio numero di telefono cellulare (Sunrise business) per un concorso, dicendomiche mi sarebbe arrivato un SMS con un numero da darle per questo concorso. Quando è arrivato l'sms con il numero gliel'ho dato, accorgendomi dopo che era un account falso e che quel numero era il PIN per certificare ed accedere ad un pagamento online (Sunrise Pay). Così diceva l'SMS in lingua straniera.

La vittima mi ha detto di aver chiamato Sunrise ma di non aver avuto alcun aiuto concreto:

Immediatamente Dopo l’accaduto ho chiamato Sunrise business chiedendo come fare per bloccare un'ipotetica transazione avvenuta con il mio account Sunrise, e loro dopo 30 minuti di chiamata mi hanno ripetuto di non poter fare nulla e al limite di poter controllare l’indomani se ci fossero state chiamate o messaggi “strani” effettuati col mio numero. Ho chiesto insistentemente se ci fosse un protocollo che permettesse di agire subito e bloccare un ipotetica transazione, e dopo lunghe attese e incertezza da parte della signorina del cal center mi è stato detto che “non sapevano come aiutarmi”.

2017/01/20

Attenzione a Meitu, app un po’ troppo spiona

Si dice spesso in informatica che se un servizio ti viene offerto gratis e lo usi, non sei il cliente: sei il prodotto in vendita. Un esempio perfetto di questa regola è Meitu, una popolare app per iOS e Android che permette di ritoccare in stile anime i selfie.

Meglio starne alla larga: gli esperti di sicurezza l’hanno esaminata e hanno scoperto che quest’app, che in teoria avrebbe bisogno solo di accedere alla fotocamera e alle foto, in realtà raccoglie la localizzazione GPS, il nome dell’operatore telefonico, la connessione Wi-Fi, l’identificativo della carta SIM, lo stato “craccato” o meno del dispositivo e altri dati personali che consentono di tracciare l’utente durante la navigazione in Rete. Questi dati vengono poi inviati ai server del creatore cinese dell’app.

Secondo il ricercatore Jonathan Zdziarski, Meitu è “un’accozzaglia raffazzonata di vari pacchetti di analisi e di marketing e tracciamento pubblicitario, con qualcosa di carino che induca le persone a usarla”. Molte app gratuite guadagnano raccogliendo informazioni personali che poi rivendono a società di marketing: è ormai una norma, perché pur di avere qualche like e retweet molti utenti sono disposti a chiudere un occhio, o entrambi, sulle questioni di sicurezza.

Questa purtroppo è una tendenza alla quale ci stiamo abituando nonostante gli ammonimenti degli addetti ai lavori, come quelli di Wired, The Register e TechCrunch per Meitu. Il risultato è, per esempio, che gli anni passano, l’app ficcanaso viene dimenticata ma rimane installata e raccoglie silenziosamente dati anche quando si entra nel mondo del lavoro e quindi sul telefonino risiedono informazioni sensibili come gli spostamenti di lavoro che permettono di tracciare le attività e i rapporti di un’azienda.

2017/01/16

Antibufala: i numeri italiani succhiasoldi a La Vita in Diretta “autenticati” dalla Polizia

Ho scritto per la Bufalopedia un’indagine antibufala sull’allarme riguardante dei numeri con il prefisso di Milano che causerebbero addebiti alla risposta. Anche David Puente se ne è occupato qui.

In sintesi: bufala non autenticata dalla Polizia nonostante le apparenze, non diffondetela.

2017/01/05

Allarme per messaggi-truffa su WhatsApp

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Mi stanno arrivando numerose segnalazioni di un allarme che circola su WhatsApp con un testo di questo genere:

* Urgente molto urgente ... *

Si prega di passare a tutti !!!

Non rispondere ai seguenti numeri:
+375602605281,
+37127913091
+37178565072
+56322553736
+37052529259
+255901130460
o qualsiasi numero che inizi con il:
+375, +371, +381, +255 ecc. ecc.
Non dovete rispondere. Se rispondete dovete riagganciare subito. Non dovete assolutamente richiamare. Potrebbero copiare l'elenco dei vostri contatti in 3 secondi.
Se avete dati sensibili come quelli del conto banca o i
dati della carta di credito sul telefono, possono copiarli.
Chiamano da paesi stranieri..
+375 È dalla Bielorussia.
+371 È il codice per Lativa.
+381 Serbia
+ 563- Valparaiso
+ 370- Vilnius
+ 255- Tanzania
Inoltre, non bisogna assolutamente premere
# 90 o # 09
sul vostro cellulare se  chiesto da qualsiasi chiamante.
Si tratta di un nuovo trucco per accedere alla scheda SIM, effettuare chiamate a vostre spese e f potrebbero farvi incorrere in problemi con la giustizia.
Inoltrare questo messaggio a tutti gli amici, fermiamoli.

La regola sempre valida è che una notizia senza fonte non è una notizia: è un pettegolezzo. Per cui non va inoltrata se non ci sono conferme. E in questo caso non ce ne sono. No, il fatto che l’avete ricevuta dal vostro amico, che è uno intelligente e ha un lavoro importante, non è una garanzia, a meno che non sia un esperto di telefonia.

L’allarme puzza di bufala. Vediamo le sue singole affermazioni:

“Potrebbero copiare l'elenco dei vostri contatti in 3 secondi.” Molto improbabile. Non viene specificato il tipo di telefonino (Android? iPhone?) o la versione di Android/iOS che sarebbe vulnerabile.


“+375 È dalla Bielorussia. +371 È il codice per Lativa. +381 Serbia. + 563- Valparaiso. + 370- Vilnius. + 255- Tanzania”. Che cosè la Lativa? Il prefisso +371 è quello della Lettonia, che in inglese si dice Latvia. Quindi questo appello è una pessima traduzione di un originale inglese.

Con questo indizio basta fare una ricerca in Google per trovare un sito antibufala, Hoax-Slayer, che ha un’indagine su un allarme simile, pubblicata nel 2012 e aggiornata nel 2015. Quest’indagine indica che si tratta di un falso allarme. È comunque corretto il consiglio di non richiamare questi numeri, ma è una regola generale: se fate una chiamata internazionale, verso qualunque numero (non solo questi), probabilmente pagherete la chiamata e la pagherete anche un bel po’. Il sistema telefonico funziona così, non c’è niente di speciale.


“non bisogna assolutamente premere # 90 o # 09”. Questa parte della panzana gira almeno da dieci anni, come raccontavo qui, ed è una bufala che risale addirittura al 2001, secondo F-Secure.


“Inoltrare questo messaggio a tutti gli amici, fermiamoli.” No. Non inoltrate questa bufala: fermatela.

2016/12/23

Cose informatiche da non fare in volo: far credere di avere un Samsung Galaxy Note 7 “incendiario”

Credit: PhoneArena.
L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2016/12/27 13:25.

 Il 20 dicembre scorso il volo 358 della Virgin America da San Francisco a Boston è stato il teatro di un problema di telefonia mobile piuttosto insolito. Un passeggero, Lucas Wojciechowski, stava cercando il Wi-Fi di bordo con il proprio computer quando si è accorto che a bordo c’era, oltre al Wi-Fi standard, un’altra rete senza fili di nome Samsung Galaxy Note7_1097.

Un nome che mette i brividi, visto che il Samsung Galaxy Note 7 è stato vietato a bordo degli aerei di linea statunitensi dal Dipartimento dei Trasporti per via della sua spiacevole tendenza a prendere fuoco spontaneamente. E se c’è una cosa che non piace né ai piloti né ai passeggeri, è un incendio a bordo, come già accaduto per colpa di questo dispositivo elettronico difettoso.

Lucas ha dapprima segnalato su Twitter la propria scoperta e poi, sempre su Twitter, ha raccontato il seguito.

Dopo circa un’ora di volo, l’equipaggio ha fatto un annuncio ai passeggeri, chiedendo che l’eventuale possessore del telefonino incendiario si facesse riconoscere. Silenzio inquieto in cabina passeggeri.

Un quarto d’ora dopo, l’equipaggio ha minacciato di accendere le luci (erano le 23 locali) e di perquisire tutti i bagagli in cabina fino a trovare lo smartphone sospetto. Ancora silenzio.

Dopo un’altra quindicina di minuti è intervenuto personalmente il comandante, avvisando che se il proprietario del telefonino non si fosse fatto avanti sarebbe stato necessario far atterrare anticipatamente l’aereo e farlo perquisire, causando disagi a tutti. Trovarsi nel cuore della notte in un aeroporto inatteso dopo un’emergenza (in Wyoming, secondo The Register), ha spiegato il comandante, sarebbe stato “terribile. Non c’è aperto nulla nel terminal. Nulla.”

Queste parole, dettate dal protocollo della compagnia aerea per la gestione dei telefonini a rischio d’incendio, hanno finalmente convinto i passeggeri a collaborare, ed è emerso con sorpresa che non c’era a bordo nessun Samsung Galaxy Note 7: semplicemente, uno dei passeggeri aveva attivato la funzione hotspot Wi-Fi del proprio telefonino e le aveva assegnato il nome Samsung Galaxy Note7_1097. Non si sa bene se si sia trattato di un nome scelto automaticamente dal telefonino o se sia stata invece una scelta intenzionale del proprietario.

L’episodio si è concluso felicemente, senza atterraggi d’emergenza, ma ha portato alla luce il fatto che anche il nome di un Wi-Fi oggi è sufficiente a rischiare un’emergenza di un aereo di linea. Quindi se prendete un aereo, gestite responsabilmente il vostro smartphone. Tenetelo spento, se non vi serve, e controllate anche che la funzione hotspot Wi-Fi non si attivi con qualche nome che possa creare inquietudini.

Fate come me: usate come nome NSA oppure CIA.

2016/01/08

Antibufala: scoperto in Austria un telefonino di 800 anni fa!

Gira su Internet una foto, quella mostrata qui accanto, che raffigura una tavoletta di argilla molto particolare trovata in uno scavo archeologico in Austria: somiglia dannatamente a un telefonino, solo che ha 800 anni.

Siamo noi che interpretiamo erroneamente con occhi moderni un oggetto antico? O è davvero un oggetto odierno lasciato nel passato da un viaggiatore nel tempo o una conferma di un contatto alieno, come sostiene per esempio il sito Mysterious Universe?

Il sito cita subito gli alieni Anunnaki del pianeta Nibiru, ma stranamente dimentica di considerare l’ipotesi più semplice: che si tratti di una burla moderna. Infatti il sito antibufala Snopes ha fatto quello che dovrebbe fare qualunque sito d’indagine seria, ossia cercare l’immagine in Google prima di lanciarsi in teorie più o meno fantasiose.

Facendo questa ricerca emerge che il “telefonino” di argilla raffigura effettivamente un telefono cellulare odierno, ma non perché arriva da un altro pianeta o da un viaggiatore nel tempo: semplicemente è una scultura creata a gennaio 2012 dagli scultori tedeschi Karin e Karl Weingärtner, dell’Art Replik Studio, che l’avevano poi intitolata BabyloNokia.

Guarda caso, la versione della foto pubblicata da Mysterious Universe taglia il titolo e la scritta che riporta il nome del sito degli scultori, www.art-replik.com. Nessun mistero, insomma, ma solo tanta malizia attiraclic.

2015/11/13

Recensione: Nexus 5X, l’Android secondo Google

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2015/12/16 3:40.

Nota: ho acquistato il telefonino di tasca mia e non ricevo compensi da Google o altri sponsor commerciali per questa recensione.


Di recente ho scritto del problema della scarsa sicurezza di Android derivante dal fatto che per moltissimi telefonini i produttori non rilasciano aggiornamenti del sistema operativo e ho segnalato che una soluzione a questo problema è procurarsi un Nexus, il telefonino Android gestito e aggiornato direttamente da Google. Così ne ho comprato uno, un Nexus 5x, che è appena uscito, e lo sto mettendo alla prova. Queste sono le mie prime impressioni d’uso: i dettagli tecnici delle prestazioni e delle specifiche li lascio agli esperti.

Il telefonino, che ho ordinato online direttamente da Google a 499 franchi (circa 460 euro) e mi è arrivato a casa con il corriere due giorni fa, è leggero e sottile, ma un po’ grande per i miei gusti (e meno male che ho scelto il modello “piccolo” della famiglia Nexus); difficilmente sta nella tasca dei pantaloni senza rovinarli o rovinarsi. Mi sa che mi procurerò una “cornetta” Bluetooth e terrò il telefono prevalentemente nella borsa insieme al laptop.

Il connettore USB Type-C ha il pregio di essere reversibile (a differenza dei precedenti, non ha importanza come lo orientate) ma ha anche il difetto di richiedere un adattatore apposito per collegarsi alle porte USB normali (il cavo dell’alimentatore fornito nella confezione del Nexus 5x ha un connettore USB Type-C a entrambi i capi). Devo quindi portare con me almeno due alimentatori e cavetti: uno per tutti i dispositivi micro-USB e uno solo per il Nexus.

Nella confezione non è prevista la cuffia: non che sia un problema, visto che ne ho una collezione intera proveniente dagli altri telefonini e comunque so che molti utenti preferiscono procurarsene una separatamente.

Manca la possibilità di inserire una scheda micro-SD per espandere la memoria o per trasferire rapidamente grandi quantità di dati (foto o filmati), che è una delle caratteristiche che mi ha sempre fatto preferire i dispositivi Android rispetto agli iCosi: il Nexus 5x è disponibile in versioni da 16 e 32 giga, ma bisogna scegliere quella che si vuole al momento dell’acquisto.

Anche la batteria non è rimovibile: lo so, è una tendenza diffusa che snellisce i telefonini, ma rimpiango i tempi in cui potevo cambiare batteria al volo invece di dovermi portare un’ingombrante e inefficiente batteria esterna (che oltretutto nega quasi tutti i vantaggi di leggerezza e compattezza dell’integrazione della batteria).

La configurazione del telefono è molto semplice: dando i dati del mio account Google eredita app, posta e altre impostazioni. Il sensore d’impronta, situato sul retro del telefonino, funziona bene e mi permette di avere un PIN di sblocco d’emergenza bello lungo e poco sbirciabile.

Android 6.0 (Marshmallow) cambia molti dettagli dell’interfaccia e può risultare un po’ disorientante per chi arriva da versioni meno recenti (io ho usato finora un Samsung S3), ma ci si abitua in fretta, anche se bisogna Googlare per scoprire, per esempio, che l’accesso veloce alle impostazioni non è più una scrollata dal bordo superiore dello schermo ma è una doppia scrollata (oppure usando due dita, come mi è stato segnalato nei commenti).

Interessante la funzione che tiene attivi acceleromtro e giroscopio usando un coprocessore separato: quando prendo in mano il telefono, si illumina il suo display e mi mostra l’ora. Comodissimo per chi usa il cellulare come sveglia.

Il pregio principale di uno smartphone come questo è che non contiene fuffa. Non ci sono tutte le stupide e inutili app promozionali o “personalizzazioni” ficcate dai produttori o dai rivenditori, spesso impossibili da disinstallare e ficcanaso. C’è un Android liscio, pulito, veloce e senza orpelli, con aggiornamenti di sicurezza forniti prontamente e direttamente da Google (tant’è vero che mi sono arrivati subito gli aggiornamenti di novembre). Potrei prendere un telefonino di marca, rootarlo e installare una CyanogenMod, oppure prendere un Wileyfox con CyanogenMod preinstallata, ma ho poco tempo e il Wileyfox non ha il sensore d’impronta, che trovo discutibile per situazioni di elevata sicurezza ma è dannatamente pratico in condizioni normali.

Oggi è il battesimo del fuoco del mio Nexus 5x: sono in viaggio per Losanna per andare a sentire Buzz Aldrin e Alexei Leonov e questo articolo vi arriva grazie al tethering Bluetooth col quale ho collegato il mio laptop alla rete cellulare. Vi racconterò nei prossimi giorni com’è andata.


2015/12/16


Dopo un mese di utilizzo tutto sommato mi trovo bene; l'app della fotocamera si è piantata un po’ troppo spesso proprio quando volevo fare foto, ma i recenti aggiornamenti delle app sembrano aver risolto il problema.

Soprattutto funzionano gli aggiornamenti di sicurezza: poco fa è arrivata sul Nexus la notifica della disponibilità di Marshmallow versione 6.0.1. Questo aggiornamento è stato rilasciato da Google una settimana fa. Non male come tempi di distribuzione degli aggiornamenti.

2014/08/03

Antibufala: attenti ai salassi in bolletta per chiamate ricevute

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “picchiopier*”.
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2014/08/26.

Davvero in Italia c'è una truffa telefonica che causa addebiti a chi semplicemente riceve una chiamata? Così sembrerebbe stando al Giornale, sul quale c'è un articolo (segnalatomi da un lettore, Daniele P.) a firma di Sergio Rame che s'intitola Non rispondete al telefono: ecco come vi rubano il credito.

L'articolo inizia con queste frasi:

“Le telefonate arrivano da un numero normale. Non certo di quelli che iniziano col prefisso 899 e che mettono subito in guardia perché chiaramente a pagamento. Come riporta il Secolo XIX, la trappola arriva da un numero "geografico", cioè da un abbonato fisico: 0824052. Si tratta di un'utenza di Benevento anche se non risulta operativo. Eppure basta una risposta perché il credito inizi a scalare.”

Il titolo e l'ultima frase sono fortemente ingannevoli: fanno sembrare che basti rispondere alla chiamata per trovarsi degli addebiti. In realtà l'addebito truffaldino scatta solo se si richiama il numero.

Questa differenza fondamentale è chiarita dal testo dell'articolo del Secolo XIX (a firma di Marco Menduni) citato dal Giornale, che ha comunque un titolo altrettanto ingannevole: Allarme telefonini: dici «pronto» e sei truffato. Niente affatto: per essere truffati non basta dire “pronto” quando squilla il telefonino, bisogna richiamare il numero che ci ha chiamato.

Soluzione semplice: se vedete chi vi hanno chiamato da un numero che non riconoscete e non avete in rubrica, non richiamate quel numero. Se siete giornalisti o titolisti, invece, ripassate la differenza fra rispondere e richiamare.


Aggiornamento (2014/08/26): Un articolo altrettanto ingannevole è uscito il 4 agosto 2014 sul Messaggero.

2014/06/20

La strana storia del videotelefono che compie... cinquant’anni?

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Avreste mai detto che il primo videotelefono risale al 1964? Bill Hammack di Engineerguy.com propone un bel video che ripercorre la storia bizzarra della videochiamata che oggi diamo assolutamente per scontata nei nostri smartphone e computer.

Il Bell PicturePhone, nella foto qui accanto, debuttò nel 1964 (e si vede dal design) alla World Fair, collegando New York con Disneyland: doveva essere una rivoluzione della comunicazione, ma fu un flop che costò all'azienda produttrice mezzo miliardo di dollari.

Tecnicamente era geniale: riusciva a trasmettere sulle normali linee telefoniche in rame (non c'era in giro l'ADSL o la fibra ottica, allora) un'immagine video in bianco e nero insieme all'audio della chiamata. Non c'erano schermi piatti, per cui usava un piccolo tubo catodico televisivo. A partire dalla versione del 1970, quella messa in vendita al pubblico, aveva già incorporata una videocamera CCD per riprendere gli interlocutori (il CCD era stato inventato l'anno precedente). La Bell installò cabine per le videochiamate in vari luoghi pubblici di grande traffico negli Stati Uniti per promuovere il servizio. Si aspettava che entro il 2000 avrebbe avuto una dozzina di milioni di abbonati al videotelefono.

Ma le cose andarono malissimo. La Bell chiedeva circa 160 dollari di allora (mille di oggi) di canone mensile e le chiamate costavano 20 dollari al minuto (circa 150 di oggi). E così nel 1964 c'erano in tutti gli Stati Uniti solo una settantina di utenti; sei anni dopo non ce n'era più neanche uno. Nel 1978 la Bell ritirò il prodotto dal mercato dopo aver speso circa 500 milioni di dollari in ricerca. Nessuno voleva videochiamare, specialmente non a questi prezzi.

Alla Bell non erano stupidi: i prezzi furono imposti dalle norme antimonopolio dell'epoca, che le impedirono di immettere il PicturePhone sul mercato offrendolo sottocosto per stimolarne la diffusione, come si fa spesso con le tecnologie innovative. Peccato, perché il videotelefono doveva essere il primo di una serie di servizi telematici che sarebbero stati veicolati tramite la rete telefonica, rendendo economicamente conveniente la modernizzazione dell'infrastruttura per offrire servizi in banda larga.

In altre parole, c'era chi concepiva e costruiva Skype e Internet già negli anni Sessanta. È per questo che chi ha qualche anno sulle spalle si lamenta che il futuro non è più quello di una volta.


Aggiornamenti


È disponibile il video della prima chiamata commerciale del PicturePhone, effettuata a Pittsburgh nel 1970. Sulla genesi del CCD e sul suo uso nel PicturePhone, segnalo The Invention and Early Histoy of the CCD (disponibile anche qui), che mostra il vidicon usato inizialmente per poi sostituirlo con i primi CCD. Ho aggiornato l'articolo per chiarire che la versione del 1964 non usava ancora il CCD.


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