Sto rientrando da Roma e sono collegato via cellulare, ma vorrei cominciare a condivere l'esperienza totalmente irreale di trovarsi di fronte una persona che è nei libri di storia e che come tanti fra voi ammiro da una vita. Buzz Aldrin. Uno dei primi due uomini a camminare sulla Luna in una notte incredibile di quarant'anni fa.
Questa è Storia con la S maiuscola. Ci saranno altre missioni spaziali, ci saranno sbarchi su altri mondi, ma lui e Neil Armstrong resteranno per sempre i primi in tutta la storia dell'umanità ad aver fatto ciò che quell'umanità ha sognato per millenni. È come incontrare Colombo, Cook, Lewis e Clark. Con la differenza che Buzz Aldrin è qui, ora, fra noi, ed è decisamente loquace e desideroso di condividere non solo il suo passato ma anche il suo e nostro futuro. E noi, che siamo suoi contemporanei, abbiamo un'occasione che tutti coloro che verranno dopo di noi ci invidieranno. Per sempre.
Ed è per questo che vedo con infinita amarezza i giornalisti che alla fine della conferenza stampa precedente lasciano la sala e se ne vanno. Siamo davvero quattro gatti ad ascoltarlo. Eh, che diamine, è soltanto un astronauta che ha rischiato la vita per portarci un pezzo di Luna. Mica ha le tette rifatte. Mica si tromba qualcuno del Grande Fratello. E molti dei giornalisti che restano avrebbero fatto bene ad andarsene. Compresa quell'ingombrante oca che ha disturbato e interrotto per tutta la durata della conferenza stampa con i suoi commenti ad alta voce, protestando di non capire nulla. Più che una protesta, era una constatazione del suo stato naturale. Ma pazienza.
Non arrabbiatevi. La standing ovation che il pubblico tributerà a Buzz la sera dimostrerà ancora una volta lo scollamento patetico che c'è fra i giornalisti e le persone comuni.
Grazie a Nicola Colotti della RSI, che ha reso possibile l'avvio di quella che si rivelerà una missione impossibile nella bolgia umida e bollente della Roma dello starlet system, e grazie a Rodri e ad Andrea, che mi hanno accompagnato in questo viaggio e hanno ripreso e fotografato tutto, vedrete presto qui le dichiarazioni di Aldrin e la sua allegra spiegazione del piacere di mollare un cazzotto a un lunacomplottista.
Moonshot
OK, sono rientrato e ripartito per Genova per tenere un corso di computer assisted reporting. Butto giù questi appunti mentre sono in viaggio e cerco a fatica di rendermi conto che gli eventi che sto per raccontare sono realmente accaduti ieri. È totalmente irreale.
La conferenza stampa ospita Aldrin per promuovere il film per la TV Moonshot (in onda su History Channel il 13/7 alle 23 e il 20 su La7 in prima serata, sito ufficiale qui), che rievoca la storia prima missione di sbarco sulla Luna. È per questo che Aldrin è a una manifestazione di fiction: lo dico prima che le malelingue lunacomplottiste insinuino che si tratti di una "confessione" che gli sbarchi sulla Luna furono una messinscena.
Il film è carino, molto adatto a introdurre in 90 minuti i concetti di base dell'atmosfera di quarant'anni fa a un pubblico che li conosce distrattamente o non li conosce affatto.
La recitazione è buona, la ricostruzione dell'America dell'epoca è convincente, la fedeltà agli eventi è piacevole (con alcune chicche autentiche poco conosciute, che sicuramente molti penseranno siano licenze artistiche), ma il film accumula una catasta di errori e di blooper nella ricostruzione dei dettagli delle missioni lunari. Nulla che comprometta la storia, che resta avvincente comunque la si racconti, ma comunque un fastidio per chi conosce bene la vicenda.
Per esempio, le fotocamere Hasselblad usate sono sbagliate (e quella lunare è nera invece che argento, un colore essenziale per il controllo termico); i due astronauti conficcano l'asta della bandiera sulla Luna a martellate (falso); ci sono le stelle nelle inquadrature lunari (non sarebbero state visibili col chiarore della Luna); l'interruttore rotto per errore è quello sbagliato (non era sul pannello comandi frontale, ma su quello laterale di Aldrin); le riprese d'epoca del decollo dalla Luna non appartengono all'Apollo 11, ma a un volo successivo. Errori che si potevano evitare senza aggravi di spesa.
I sottotitoli l'altro, inanellano vari errori, dalla "pozza di sangue" (pool of blood) che diventa inspiegabilmente "pozza di vomito", alla misteriosa "velocità di cabina" (che presumo si misuri in gigabyte di watt). Molta della terminologia tecnica è irrimediabilmente sbagliata. Speriamo che gli svarioni siano stati corretti in sede di doppiaggio.
Il tutto è però compensato da una sceneggiatura vivace e da alcune chicche, come il tributo a 2001: odissea nello spazio con la scena di Aldrin che recupera un pennarello fluttuante, la rapidissima immagine d'epoca di Isaac Asimov che commenta la missione dagli Champs-Élysées, la rievocazione del guasto al computer durante l'allunaggio e soprattutto la presentazione al grande pubblico delle immagini restaurate e rimasterizzate in alta definizione della pellicola 16mm che riprese lo sbarco, delle riprese della missione Gemini 12 (il volo precedente di Aldrin) e di altro materiale girato all'epoca. Roba che la Rai, giusto per non fare nomi, ha sempre trasmesso in versioni impastate, sgranate e riversate col telecinema dell'oratorio, come verrà dimostrato involontariamente nella presentazione del materiale sull'Apollo 11 di Rai Teche prima della proiezione serale di Moonshot.
Ma Buzz Aldrin (foto qui accanto di Rodri Van Click) molto signorilmente prende le distanze dalla ricostruzione di Moonshot per quanto riguarda le dinamiche emotive dei personaggi. Gli eventi sono grosso modo esatti, ma i rapporti fra lui e Neil Armstrong ed episodi come le pressioni di suo padre sulla Nasa sono fantasia, dice.
Semmai, aggiunge, il film è valido per rispondere a una delle domande tormentone che lo perseguitano da quarant'anni: il classico "che cosa ha provato quando...?" Senza mezzi termini, Aldrin dice che non c'è modo di spiegare che cosa ha provato a chi non conosce bene il lavoro, la preparazione, gli studi, i sacrifici che ci furono dietro quella missione.
Ma i giornalisti, nella sessione di domande, ignorano disinvoltamente queste parole e debuttano con "Dottor Aldrin, che cosa ha provato quando...?" e variazioni sul tema.
Aldrin (al centro) con Daniel Lapaine, uno degli attori del film (a
sinistra) e il produttore esecutivo Richard Dale (a destra subito dopo Buzz).
Io sono la testa coi capelli disboscati nell'angolo a destra e il sorriso così largo che arriva alla nuca.
Averlo davanti a me, a pochi metri, non mi sembra vero: no, in realtà non mi sembra possibile. Confesso che mi sono sentito come un bambino che scopre che Babbo Natale esiste davvero in carne e ossa ed è pure simpatico (e, ciliegina sulla torta, è anche un geek). Rodri e Andrea, implacabili, fotografano la mia espressione rapita. Non riesco a spiccicare parola, anche perché le domande che ho a badilate (anche grazie ai vostri suggerimenti) mi sembrano tutte inadatte in questo contesto nazionalpopolare. Le tengo per l'intervista faccia a faccia e mi godo il momento.
Aldrin è qui per promuovere anche la sua biografia aggiornata, Magnificent Desolation, non ancora disponibile in italiano. Il libro racconta sia le sue esperienze nello spazio, sia gli anni difficili che seguirono. Ma si vede perché i colleghi lo chiamano Dottor Rendezvous: non ama parlare dei propri sentimenti e preferisce parlare della sua visione delle prossime tappe dell'esplorazione spaziale.
C'è un momento, però, in cui si emoziona non poco, ossia quando rievoca le ragioni della scelta che fece la NASA di far uscire per primo dal modulo lunare, e far entrare per sempre nei libri di storia, Neil Armstrong al posto suo. Non sembra condividere le ragioni ufficiali e ufficiose della scelta: ufficialmente il modulo lunare era talmente stretto che l'apertura del portello verso il lato di Aldrin ostacolava la sua uscita per primo, mentre ufficiosamente Armstrong fu scelto perché emotivamente più stabile e capace di sopportare l'immensa pressione psicologica che lo avrebbe atteso al ritorno e per il resto della sua vita e perché era un civile.
In effetti, visto il decennio d'alcolismo e depressione che visse Aldrin, la scelta può parere saggia: ma considerato che Armstrong non rilascia interviste da anni, non ne vuole sapere di rievocare ancora quella missione ed appare rarissimamente in pubblico, è abbastanza ironico che ora sia Buzz Aldrin, l'eterno secondo, a essere the face of space: l'uomo che rappresenta quel viaggio storico, secondo la felice espressione coniata in questo articolo della BBC che racconta i tentativi di capire l'enigma della riservatezza di Armstrong: quella che i lunacomplottisti pateticamente interpretano come la sua vergogna per aver mentito al mondo.
Sono arrivato a Genova. Proseguo il racconto appena posso. Intanto eccovi i video della conferenza stampa, man mano che trovo il tempo di pubblicarli.
Prima parte:
Seconda parte:
Terza parte:
Quarta parte: qui inizia il caos, perché vengono raccolte tutte le domande e poi nessuno si ricorda quali erano.
Quinta parte: Aldrin racconta i retroscena del cazzotto al lunacomplottista Bart Sibrel.
Ecco una trascrizione spiccia delle parole di Buzz in questa parte della conferenza stampa: se trovate errori, segnalatemeli.
This was not the first time that I had encountered this individual [Bart Sibrel]. He passed himself off during a book promotion signing as somebody who wanted my response to a film that he was gonna show me that began to question different aspects of the mission. And I knew that he had his television camera going, just as you do here, to get my reaction to any little thing that is not pleasing, or not out of... not in the ordinary response. And I got very angry and we cancelled his participation. And he has all that in his archives of how one does that.
Now, I was asked to participate in an interview with an Asian foreign television personality that we had met under social conditions, very friendly, and I went through that interview, again with people saying that they were familiar with the radiation effects of Hiroshima and how the skin began to fall off people's face. And since that didn't happen to us when we went through the Van Allen radiation belts, obviously we didn't go to the Moon.
Well, now, you know, that's kind of absurd, that's a little further out than Ali G [risate del pubblico] and his humorous statements about walking on the Sun [ride]. Well, obviously you go to the Sun at night if you are worried about the heat! But to confront this person again and to realize that he's got his camera going and he's continually bombarding in an insulting way, calling me a liar and a cheat... I don't take that lightly. I don't care how big he is, but I know that this is in the public, and at an opportune time -- he's a big guy -- when he wasn't looking I... in a split second I gave way to my impulse [risate e applausi] and I let him have it.
And I didn't think that he was going to respond in a brawl, and I didn't think about the consequences of he... bringing suit against me for assault. So it cost us some attorney's fees to do that. But my stock in the appreciation of my contemporary astronauts went sky high as a result of doing something like that. And it's a split-second decision and you just have to take the consequences of however it pays out.
I didn't know anything about this Ali G, funny-dressed guy, that came knocking at the door when he came in, but I knew he had his camera going and he seemed to enjoy a lot of spoof and I felt, well, I'll try and go along with it the best I can, thinking that he's a professional and I'm not.
But I think that was a reaction that I felt very good about, 'cause I got a lot of ... He [Ali G] didn't bring me to the smacking point, that was obvious, and there was no real reason because he was not insulting, he was trying to be spoofy about it.
And I think that the movie Space Cowboys, by my friend Clint Eastwood -- everybody knew right up front that this was kind of a spoof of old people doing really risky, bodacious things and they didn't take it very seriously. But the younger generation doesn't know what to make of a lot of things that begin to get passed off as fantasy and they expect much more than we could possibly deliver out of our really hard work, hard sought-for objectives in the space program. And it's pretty hard to satisfy people, and it's also pretty hard to counter senses of overemphasized interpersonal conflicts that never existed really in my estimation.
Sesta parte: battibecchi con i giornalisti che pretendono con tono prepotente una risposta alla loro domandina prediletta, senza rendersi conto che magari Aldrin è troppo signore per dire loro che la domanda è cretina o insulsa e quindi l'ha sorvolata con discrezione.
Questa parte è comunque interessante, perché Aldrin gira le domande per parlare del suo parere molto negativo sugli attuali progetti Ares della NASA che dovrebbero rimpiazzare lo Shuttle e tornare sulla Luna e propone progetti meno faraonici e più arditi: Marte e gli asteroidi, usando i veicoli esistenti. Soprattutto traspare la sua visione positiva: "We're trying to create an optimistic world that thinks of what we can do, not what we can't do!" (5:55).
Settima e ultima parte: Aldrin conferma che non ritiene che ci sia vita su altri pianeti e che chi crede ai visitatori alieni è un ingenuo. È molto contrariato a proposito del modo in cui Moonshot e gli altri film sul tema rappresentano la loro missione e gli eventi interpersonali. Dice che l'unico resoconto fedele è quello che lui stesso scrive nel suo libro Magnificent Desolation e che molti degli scontri di personalità narrati da altri sono pura fantasia giornalistica per imbellettare la narrazione.
Soprattutto si scalda a proposito della questione di chi dovesse essere il primo a uscire dal modulo lunare e porre piede sulla Luna. Qui sotto trovate la trascrizione di quello che dice in proposito (3:20).
My father did never picket the White House! You gotta be kidding! If he felt that angry about a stamp [presumibilmente il francobollo mostrato qui accanto, descritto qui] that didn't say "Armstrong and Aldrin"... It said "First man on the moon". Right? Well, there were two people on the moon. Not one. OK? Should I just say "Wonderful! One man went to the moon, that's wonderful, let's celebrate all of that, let's have a stamp for that"?
Was it Lewis or was it Clark who did something first? We landed that spacecraft as a team. We landed that... That was the most important thing to do. I'd been outside the spacecraft before: the first really successful spacewalk, in Gemini 12! But it was not the symbolic pleasure of the American people and of the media to have a junior person go outside first, even though that was always the way it was done in spacewalks, even in Apollo 9, the commander was inside and the lunar module pilot went outside through the hatch and came back in through the other spacecraft [nell'Apollo 9, il comandante James McDivitt restò a bordo e il pilota del modulo lunare Russell Schweickart effettuò una passeggiata spaziale vera e propria, mentre il pilota del modulo di comando David Scott si limitò a sporgersi dal portello]. Nobody thinks about those things if... if there's a little juicier controversy that can be fanned by somebody trying to point out the pros and cons of the decision one way or another, which clearly had not been made.
There were timelines that clearly had the lunar module pilot going out first. Do you know that? There were! And there were people who somehow didn't want to make a decision. We call it a "hot potato": nobody wants to touch the hot potato. And our training is delaying, so we need to get a decision. And I wanted to get a decision on that.
La conferenza stampa termina poco dopo. Ho finalmente incontrato uno dei primi due uomini a mettere piede su un altro corpo celeste. Non ce ne saranno mai altri. Mai. E oggi pomeriggio avrò una decina di minuti di faccia a faccia con lui per parlare di una delle più belle imprese dell'umanità. Mi concedo qualche momento di esaltazione insieme agli amici.
E con questo delirio finale termina la prima parte del racconto. La seconda parte riguarderà l'intervista vera e propria a Buzz Aldrin.
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