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2011/01/14
34 milioni di euro di risarcimento per pirateria: pagati dalle case discografiche
Questo articolo era stato
pubblicato
inizialmente sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove
attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a
disposizione per la consultazione. L'articolo è stato aggiornato dopo la
pubblicazione iniziale.
Capita abbastanza spesso di sentire notizie di processi o condanne a carico di utenti privati colti a piratare musica e film in quantità industriali, con costi e sanzioni di migliaia di franchi. Capita un po' meno di sentire che il risarcimento ammonti a 43 milioni di franchi e che gli imputati siano delle case discografiche. Sì, avete letto bene.
I nomi coinvolti sono notissimi: Universal, Warner, EMI e Sony BMG. Gli stessi che perseguono con tanta solerzia i privati cittadini che frequentano eMule e dintorni. Certo, una violazione delle leggi non ne giustifica un'altra, ma l'ironia e l'ipocrisia della vicenda fanno riflettere.
Nel 2008 un gruppo di musicisti, capeggiati dagli eredi del jazzista Chet Baker, ha avviato una class action nei tribunali canadesi contro le case discografiche citate. L'accusa era che queste società, con la complicità delle agenzie di gestione dei diritti, avevano venduto CD, soprattutto compilation, senza fissare le autorizzazioni di copyright e senza pagare i diritti, limitandosi a mettere gli artisti in una cosiddetta pending list, ossia una lista dei sospesi.
Solo che i sospesi sono rimasti, appunto, sospesi: il debito delle case discografiche si è accumulato sin dal 1988, arrivando a ben 300.000 brani solo in Canada, intanto che Sony BMG, EMI, Warner e Universal vendevano e incassavano. Ora le case discografiche hanno raggiunto un accordo per risarcire 45 milioni di dollari canadesi (circa 34 milioni di euro, 43 milioni di franchi) e per attivare un sistema di compensazione più efficace e veloce.
Le case discografiche si sono affrettate a precisare che “L'accordo è un compromesso sulle rivendicazioni contestate e non è un'ammissione di responsabilità o di torto da parte delle etichette discografiche”.
Fonti aggiuntive: Torrentfreak, Michael Geist, Ars Technica.
Capita abbastanza spesso di sentire notizie di processi o condanne a carico di utenti privati colti a piratare musica e film in quantità industriali, con costi e sanzioni di migliaia di franchi. Capita un po' meno di sentire che il risarcimento ammonti a 43 milioni di franchi e che gli imputati siano delle case discografiche. Sì, avete letto bene.
I nomi coinvolti sono notissimi: Universal, Warner, EMI e Sony BMG. Gli stessi che perseguono con tanta solerzia i privati cittadini che frequentano eMule e dintorni. Certo, una violazione delle leggi non ne giustifica un'altra, ma l'ironia e l'ipocrisia della vicenda fanno riflettere.
Nel 2008 un gruppo di musicisti, capeggiati dagli eredi del jazzista Chet Baker, ha avviato una class action nei tribunali canadesi contro le case discografiche citate. L'accusa era che queste società, con la complicità delle agenzie di gestione dei diritti, avevano venduto CD, soprattutto compilation, senza fissare le autorizzazioni di copyright e senza pagare i diritti, limitandosi a mettere gli artisti in una cosiddetta pending list, ossia una lista dei sospesi.
Solo che i sospesi sono rimasti, appunto, sospesi: il debito delle case discografiche si è accumulato sin dal 1988, arrivando a ben 300.000 brani solo in Canada, intanto che Sony BMG, EMI, Warner e Universal vendevano e incassavano. Ora le case discografiche hanno raggiunto un accordo per risarcire 45 milioni di dollari canadesi (circa 34 milioni di euro, 43 milioni di franchi) e per attivare un sistema di compensazione più efficace e veloce.
Le case discografiche si sono affrettate a precisare che “L'accordo è un compromesso sulle rivendicazioni contestate e non è un'ammissione di responsabilità o di torto da parte delle etichette discografiche”.
Fonti aggiuntive: Torrentfreak, Michael Geist, Ars Technica.
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