Sta spopolando sui giornali italiani e nei social network l’indignazione per un questionario proposto in alcune scuole del Regno Unito e dedicato ai nuovi alunni. Fra le opzioni proposte nel questionario, la scelta fra “Italiano”, “Italiano (napoletano)”, “Italiano (siciliano)” e “Italiano (Altro)”.
C'è chi ha pensato che il questionario fosse un falso e chi l’ha interpretato come una schedatura di tipo etnico, con una discriminazione specifica nei confronti degli italiani. Addirittura è partita una nota dell’Ambasciata d’Italia a Londra ed è stato diffuso un commento pungente dell’ambasciatore italiano, Pasquale Terracciano, successivamente ammorbidito (ANSA) quando è diventato chiaro ( almeno per chi si è degnato di fare ricerca invece di fare titoloni acchiappaclic) che tutta la questione è una montatura basata su un errore elementare.
Infatti il questionario esiste veramente, ma riguarda la classificazione linguistica, non etnica. Non c’è nessun intento di discriminare fra italiani, siciliani e napoletani sulla base delle loro origini. Le scuole britanniche, in altre parole, chiedono semplicemente ai genitori degli alunni di indicare a quali aree linguistiche si sentono di appartenere o in quali lingue hanno competenza. Tutto qui.
Basta infatti cercare in Google le parole “Italian (Napoletan)” (che spiccano perché la grafia corretta è neapolitan) per trovare documenti amministrativi britannici (come questo o questo) che permettono di scoprire che si tratta dei cosiddetti Language code per il censimento linguistico.
Sono, fra l’altro, codici di classificazione completamente distinti dagli Ethnicity code del censimento britannico, che in effetti potrebbero essere controversi (anche se non si basano sugli antenati o sul colore della pelle ma sul senso di appartenenza culturale e sociale) ma nei quali comunque esiste un’unica categoria per gli italiani, ossia Italian, punto e basta.
Qualunque giornalista che avesse avuto la dignità di lavorare, invece di fare copiaincolla scansafatiche e seguire l’onda dell’indignazione collettiva e della polemica facile, avrebbe trovato in trenta secondi (il tempo di una ricerca su Google) quello che ho trovato io. Lo ha fatto, per esempio, Il Foglio a firma di Stefano Basilico, notando inoltre che queste classificazioni linguistiche risalgono almeno al 2006 e quindi non sono una novità introdotta dal referendum sulla Brexit. Anche Alberto Nardelli su Buzzfeed ha riassunto bene la vicenda.
La schermata mostrata all’inizio di questo articolo e tratta da Repubblica è ingannevole, perché mostra senza contesto due menu separati facendoli sembrare parte di un’unica domanda: il menu superiore (WOTH - Any other White...) mostra un Ethnicity code, mentre il menu sottostante mostra un Language code. Ma i due menu riguardano due domande separate.
Quindi non è vero quello che scrive l’ANSA quando afferma che “Sui moduli d'iscrizione messi online da alcune circoscrizioni scolastiche britanniche di Inghilterra e Galles c'era la distinzione tra "Italiani", "Italiani-Siciliani" e "Italiani-Napoletani". La traduzione corretta sarebbe semmai “distinzione tra "lingua italiana", "lingua italiana-sicula" e "lingua italiana-napoletana"”. Ma tradurre correttamente significherebbe dire addio alla polemica.
Per la stessa ragione non è vero quello che ha scritto il Giornale, a firma di Sergio Rame: “Il ministero dell'Istruzione inglese, ha infatti, inserito nel modulo di iscrizione alla scuola elementare l'obbligo di specificare se il bambino è di origine italiana, siciliana o napoletana.” No: non si tratta di origine ma di lingua.
Particolarmente infelice la scelta di parole di Fabio Cavalera, corrispondente a Londra del Corriere della Sera, che scrive: “C’è poco da ridere e da scherzare. A essere buoni siamo di fronte a una manifestazione di stupidità e ignoranza. A essere cattivi, invece, c’è da pensare di molto peggio. Fatto sta che in alcune scuole del Regno Unito, all’atto dell’iscrizione, occorre passare dalle forche caudine della classificazione etnica”. Ma i fatti documentano che la “stupidità e ignoranza” stanno probabilmente altrove.
Non c’è nessun intento discriminatorio di tipo etnico, insomma: anzi, semmai i siculi, napoletani potrebbero essere contenti del fatto che l’italiano siculo e napoletano vengono considerate (non a torto) lingue a tutti gli effetti. Fra l’altro, mi sembra che nessuno abbia notato che esiste nell’elenco britannico un codice linguistico di classificazione specifico anche per il sardo (Sardinian, SRD).
Non chiedetemi perché non c’è un codice linguistico per il pavese, il bolognese, il palermitano o il casalpusterlenghese: non scelgo io le classificazioni linguistiche usate dal governo britannico e francamente la cosa è del tutto secondaria rispetto alla questione principale, ossia che non si tratta di discriminazione etnica o sociale ma solo di classificazione linguistica, giusta o sbagliata che sia (in proposito c’è un ottimo articolo di Licia Corbolante su Terminologiaetc.it). Se poi volete continuare lo stesso a indignarvi sul fatto che nel Regno Unito non c’è una classificazione per il vostro dialetto o lingua locale, fate pure: vuol dire che non avete problemi più importanti nella vita e quindi sono contento per voi. Ma i fatti sono questi.
Aggiungo che non c’è nessuna discriminazione specifica per l’Italia, come sostiene invece ANSA (“Una inopinata distinzione etnico-linguistica riservata ai bambini provenienti dalla Penisola”): anche altri paesi europei sono stati suddivisi in aree linguistiche. Per esempio, l’indignato docente italiano Michele La Motta, citato per esempio dal Mattino e da altri giornali perché “[v]uole sapere dai suoi amici spagnoli se anche loro sono stati divisi tra galleghi, baschi e catalani”, troverà appunto che nei Language code ci sono appunto Galician/Galego, Catalan e Basque/Euskara.
Bufale un tanto al chilo ha notato altri esempi di suddivisione linguistica: “I berberi hanno 4 scelte, gli arabi 7, chi viene dal Bengali 3, i cinesi 6 e così via. Si tratta di dialetti o variazioni della lingua base, dialetti che sono così diffusi da necessitare una casella a parte”.
Purtroppo su queste cose si scivola per la pulsione a pubblicare pezzi "pop" che portino clic.
Poi mi dicono che sono troppo cattivo quando definisco certi giornalisti e certe redazioni puttane del clic. Ecco, adesso l’avete nero su bianco.
2016/10/13 11:55: modifiche e scuse britanniche. ANSA ha annunciato che “Il ministero dell'Istruzione britannico ha modificato i codici che, in alcune scuole del Regno Unito, classificavano linguisticamente gli studenti italiani in "italo-napoletani o "italo-siciliani". Lo ha annunciato il governo di Londra in una nota diffusa dall'ambasciata britannica a Roma. "Da oggi - si precisa nella nota - tutti gli allievi di madrelingua italiana saranno classificati sotto un unico codice".” ANSA aggiunge che “il Foreign Office si era scusato per i moduli scolastici britannici che distinguevano l'origine etnico-linguistica di napoletani e siciliani da quella degli altri italiani.”
Inizialmente non trovavo riscontri, ma successivamente un lettore, Antonio L.N. (che ringrazio), mi ha segnalato questo post sulla pagina Facebook dell’Ambasciata Britannica a Roma:
Un portavoce del governo britannico ha dichiarato:
“Il governo britannico acquisisce informazioni linguistiche come parte del censimento scolastico per assicurarsi che gli studenti di madrelingua diversa dall’inglese possano ricevere la migliore istruzione possibile nel Regno Unito.
Ci è stata segnalata la presenza di uno storico errore amministrativo nei codici linguistici in uso fin dal 2006.
Anche se tale errore non ha avuto alcun impatto sull’istruzione ricevuta dagli alunni italiani nel regno Unito, il governo britannico esprime il proprio rammarico per l’accaduto e per le offese da questo eventualmente arrecate. Il ministero dell’Istruzione britannico ha modificato i codici in questione e da oggi tutti gli allievi di madrelingua italiana saranno classificati sotto un unico codice”.
A UK government spokesman said:
“The UK government collects language information as part of the school census to ensure children whose first language in not English still have the best possible education in Britain.
“We have been made aware of an historic administrative error in the language codes in use since 2006.
“While this error has had no material impact on the education received by any Italian pupil in the UK, the UK government is clear that this should never have happened and we regret if any offence was caused. The Department for Education has corrected these codes and from today all Italian speakers will be classified under one code.”
Questa comunicazione ribadisce il concetto che si trattava di codici linguistici e non etnici o di altro genere. Francamente non capisco perché ci si debba scusare per una questione puramente linguistica, ma queste parole del governo britannico non sono necessariamente un’ammissione di colpa: parlare di “rammarico” e di “offese... eventualmente arrecate” mi sembra più che altro un gesto di cortesia per chiudere la polemica. Se siete mai stati nel Regno Unito, sapete benissimo che un sorry non si nega mai, neanche quando si ha ragione.
Fonti (in senso negativo, archiviate su Archive.is per non regalare clic): Il Giornale, Il Gazzettino, Il Messaggero, La Stampa, Corriere della Sera, Repubblica.
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