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Il Disinformatico: Tesla (auto)

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2020/09/03

Un caso di ransomware finito bene offre lezioni utili per tutti

Sembra una storia da romanzo cybercriminale poco originale: un giovane hacker russo offre un milione di dollari a un dipendente di una grande azienda americana affinché installi nei computer dell’azienda un malware che gli permetta di rubare dati compromettenti con i quali ricattarla. 

Ma il dipendente rifiuta il milione di dollari e avvisa di nascosto l’FBI, che interviene prontamente, fa indossare una microspia al dipendente durante gli incontri con il criminale e poi lo arresta mentre sta cercando di fuggire. Tutto è bene quel che finisce bene.

Secondo i documenti pubblicati dal Dipartimento di Giustizia statunitense, però, a luglio scorso è andata proprio così, ed è emerso che l’azienda in questione è Tesla, specificamente la sua Gigafactory in Nevada, come confermato da Elon Musk in persona.

I dettagli appunto romanzeschi della vicenda sono stati raccontati bene da siti specializzati come Teslarati e Technology Review, per cui mi concentro sugli aspetti informatici della questione, perché offrono spunti e lezioni utili a qualunque azienda.

Prima di tutto, dai documenti legali risulta che il criminale, in combutta con altri, ha scelto con cura il proprio bersaglio all’interno dell’azienda, prendendo contatto con un dipendente che parlava russo, non era cittadino statunitense ed era in grado di acquisire informazioni tecniche dettagliate sull’infrastruttura informatica dell’azienda. La profilazione dei dipendenti e la ricognizione dell’organigramma aziendale, facilitata da siti di ricerca e offerta di lavoro come Monster e LinkedIn, fanno parte dei metodi classici del crimine informatico organizzato. E le forti difese informatiche aziendali sarebbero state scavalcate usando una talpa interna: è il cosiddetto insider threat. Le barriere informatiche servono a poco se c’è un dipendente infedele.

Il secondo aspetto importante è la tecnica di estorsione. Il criminale avrebbe fornito al dipendente di Tesla un apposito malware da introdurre nei sistemi informatici dell’azienda. Una volta introdotto, il criminale e i suoi soci avrebbero lanciato dall’esterno un attacco DDOS (distributed denial of service) contro l’azienda, per tenere impegnati gli addetti alla sicurezza informatica mentre il malware estraeva dati dai computer di Tesla. I criminali avrebbero poi ricattato l’azienda per vari milioni di dollari.

Avrete notato che manca qualcosa in questa tecnica: la cifratura dei dati da parte dei criminali. Di solito il ransomware classico entra nei computer dell’azienda bersaglio e blocca i dati aziendali con una password complicatissima, e i criminali chiedono soldi per dare password di sblocco. In questo caso, invece, i malviventi ritenevano di poter ricattare Tesla per il semplice fatto di aver acquisito una copia dei dati. Forse speravano di mettere le mani su segreti aziendali per i quali Tesla avrebbe pagato pur di non farli trapelare.

La lezione importante, quindi, è che oggi non basta più avere un backup offline dal quale ripristinare i dati di lavoro cifrati dall’attacco: bisogna anche fare in modo che i dati confidenziali o potenzialmente dannosi se divulgati non vengano mai raggiunti dai criminali. In uno scenario del genere, la prevenzione è tutto, e la pronta reazione dei dipendenti è un tassello fondamentale di questa prevenzione.

Per consentire questa reazione, gli esperti consigliano di predisporre in azienda un referente unico per la sicurezza informatica, raggiungibile immediatamente da tutto il personale per telefono o via mail.

È inoltre importante fare un inventario preciso dei propri dati e distinguere quelli che hanno semplicemente bisogno di essere ripristinabili in caso di attacco informatico (contabilità e archivio clienti/fornitori, per esempio) da quelli la cui fuga sarebbe un danno grave per l’azienda (segreti industriali, progetti, prototipi e contratti, per esempio).

Da parte mia consiglio anche di aggiungere una lauta ricompensa per chi è talmente leale da rinunciare a un milione di dollari e rischiare la propria incolumità incontrando criminali mentre indossa una microspia.


Fonti aggiuntive: Naked Security; ClearanceJobs.

 

2020/08/27

TESS e i Teslari a Riva del Garda: no, non è il nome della mia nuova band musicale

Sabato 5 settembre alle 14 ci sarà un raduno di utenti Tesla a Riva del Garda, organizzato da Teslari.it (info qui): se volete vedere da vicino i vari modelli di Tesla, saranno parcheggiati in Piazza Catena, appositamente aperta al parcheggio per l’occasione.

L’incontro è puramente amatoriale e non è sponsorizzato in alcun modo da Tesla: è semplicemente un’occasione per incontrarsi, a debita distanza, e spiegare un po’ come funzionano queste auto elettriche sulle quali circolano tanti miti e tante paure da smontare o ridimensionare. Ci sarò anch’io, con la mia TESS, se vi va.

---

Per chi vuole sapere il mio piano di viaggio elettrico:
  • partirò dal Maniero con il 95% di carica (è un esperimento, per non portare la batteria al 100% e per avere frenata rigenerativa subito invece di consumare i freni);
  • farò una tappa di ricarica al Supercharger di Affi (comodissimo, accanto all’uscita autostradale), dove dovrei arrivare con circa il 27% di carica residua dopo 207 km (inclusa una deviazione per prender su due persone), e pranzo per 45 minuti intanto che riporto l’auto all'88%;
  • farò i restanti 58 km fino a Riva del Garda, per poi parcheggiare e godermi la giornata;
  • Al ritorno, farò 58 km fino ad Affi per caricare dal 53% all’80% circa in una mezz'oretta e avere così autonomia sufficiente per arrivare al Maniero con il 10% circa di carica residua.

Questo è il piano suggerito da A Better Routeplanner, ottimizzato per il mio specifico modello di auto e con alcune tappe imposte da me (faccio il giro “lungo”, a est del Lago di Garda, perché quello ovest ha una strada lenta, stretta e piena di curve che vorrei evitare e perché a est trovo appunto la stazione di ricarica di Affi).

Scopriremo quanto è aderente alla realtà, ma come vedete i margini per gli imprevisti ci sono e lungo la strada ci sono parecchie altre colonnine rapide, di Tesla e di altri operatori, per cui possiamo essere molto flessibili e l’ansia da autonomia svanisce.


Se volete sapere com’è andata a finire, leggete qui tutta la storia.

2020/08/02

Patente sospesa per aver azionato i tergicristalli usando l’interfaccia touch della sua Tesla: un paio di chiarimenti

Ultimo aggiornamento: 2020/08/02 16:05.

Mi avete segnalato in molti questo articolo di Quattroruote che riferisce di una multa e di una sospensione della patente inflitte in Germania a un conducente di una Tesla Model 3 per aver usato lo schermo tattile dell’auto per regolare i tergicristalli, contribuendo alla sua uscita di strada, il 15 marzo 2019.

L’argomentazione del tribunale di Karlsruhe è che lo schermo dell’auto è da considerare “dispositivo elettronico” e quindi non va azionato dal conducente durante la guida, anche perché questo lo porta a distogliere troppo a lungo l’attenzione dalla guida, col risultato, in questo caso, di essere uscito di strada, rischiando di coinvolgere anche altre persone.

Chiaramente questo non è un problema esclusivo di Tesla, visto che sono sempre più numerose le automobili che usano un’interfaccia touch per i propri comandi, ma nel caso di Tesla quest’interfaccia tattile è molto più dominante che in altri veicoli: sulle auto di questa marca sono quasi scomparsi i pulsanti e le leve e moltissime funzioni vengono comandate passando dallo schermo (in particolare nel caso delle Model 3 e Model Y).

Da informatico e da possessore di una Tesla, questo è un problema di interfaccia utente molto interessante e che mi tocca da vicino: fino a che punto è giusto, e quando diventa pericoloso, accorpare i comandi di un’auto su uno schermo touch?

Per questo vorrei chiarire alcuni punti che vengono citati correttamente nell’articolo di Quattroruote ma vengono facilmente sorvolati da una sua lettura sommaria.

Prima di tutto, attenzione alla differenza fra azionare e regolare: non è vero che i tergicristalli possono essere azionati esclusivamente passando dall’interfaccia utente dello schermo. Tutte le Tesla hanno un pulsante fisico di azionamento manuale dei tergicristalli: si trova all’estremità una delle levette integrate nel piantone dello sterzo.

Il pulsante di azionamento (non regolazione) dei tergicristalli sulla levetta situata sul piantone dello sterzo di una Tesla Model 3. Fonte: TeslaTidbits Know.


Il comando dei tergicristalli della mia Model S.

Ma l’automobilista in Germania è stato sanzionato per aver cercato di regolare manualmente il funzionamento dei tergicristalli. Questa regolazione, nelle Model 3 e Y, è accessibile soltanto passando dai menu e sottomenu dell’interfaccia touch oppure tramite i comandi vocali (nelle Model S come la mia e nelle Model X, invece, il comando di regolazione è su una leva presente sul piantone; è uno dei motivi che mi ha indotto a preferire la S alla 3). Fra azionare e regolare c'è la stessa differenza, in termini di distrazione dalla guida, che c’è fra accendere l’autoradio e sintonizzare una stazione radio specifica o cercare una canzone specifica da una playlist.

Sulla Model 3, per regolare i tergicristalli si deve cliccare sul simbolo di tergicristalli in basso nella porzione di finestra dedicata ai dati essenziali dell'auto (velocità, luci accese, ecc), in modo da far comparire una finestrella con le velocità selezionabili, e poi selezionare una di queste velocità. In alternativa si preme il pulsante sulla leva di azionamento dei tergicristalli sul piantone: questo fa partire un colpo di tergicristalli e fa aprire sullo schermo direttamente la finestra di regolazione.


Va detto che le Tesla, come molte auto, hanno sensori di azionamento e regolazione in modo automatico dei tergicristalli: se il parabrezza si bagna di colpo, l’evento viene rilevato dal sensore di pioggia (o dalle telecamere, a seconda dei modelli) e si attivano i tergicristalli senza che il conducente debba togliere le mani dal volante. L'ho provato durante vari acquazzoni, entrando e uscendo da gallerie, e funziona egregiamente, per cui la necessità di regolazione manuale è molto rara (e per l’azionamento d’emergenza c’è appunto un pulsante fisico).

I comandi vocali di regolazione dei tergicristalli, invece, sono inaffidabili, soprattutto perché dipendono dalla connessione cellulare: la loro interpretazione, infatti, non avviene a bordo, ma sui server di Tesla. Quindi se non c’è campo, i comandi vocali non funzionano.

La questione più ampia sollevata da questo caso è se funzioni fondamentali come la velocità del tergicristalli vadano affidate a un sottomenu di uno schermo. Le luci di segnalazione d’emergenza (le “quattro frecce”, per intenderci) hanno un tasto specifico, anche su tutte le Tesla, perché questo è un requisito normativo. Ma dover passare dallo schermo e da menu e sottomenu per azionare, per esempio, la direzione della ventilazione (come nelle Model 3 e Y), è un invito a distogliere lo sguardo dalla strada, e lo è anche l’assortimento di schermi che sta dominando il design automobilistico.

L’interno di una Porsche Taycan elettrica, con un display da 16,8 pollici davanti al conducente, uno schermo da 10,9 pollici a destra del volante, uno schermo sulla consolle centrale e un quarto schermo per il passeggero. Fonte: Motor1.com.


Capisco che un’interfaccia puramente touch consente di ridurre i costi (niente pulsanti con relativi circuiti e diciture da predisporre in tutte le varie lingue) e di aggiungere facilmente funzioni nuove o migliorate, ma c’è una soglia di complessità d’uso oltre la quale quest’interfaccia diventa un pericolo.

Pensiamoci bene, e se abbiamo un’auto di questo genere, prendiamo l’abitudine di riportare lo sguardo sulla strada dopo ogni passo di accesso a menu e sottomenu sul display ed esercitiamoci, a macchina ferma, a memorizzare il percorso di accesso alle funzioni che ci possono servire più prontamente durante la guida. Una distrazione troppo lunga può essere fatale per noi e per gli altri.


Fonti aggiuntive: InsideEVs, Auto Motor und Sport. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

2020/07/20

Avventurette in auto elettrica: da Lugano a La Chaux-de-Fonds e ritorno (655 km)

Ultimo aggiornamento: 2020/07/23 14:30.

Oggi (20 luglio) parto con la Dama del Maniero e una delle nostre figlie per La Chaux-de-Fonds, dove ci fermeremo fino all’indomani. Ci andiamo in auto elettrica per la prima volta: è il debutto nei viaggi lunghi di Tess, la nostra Tesla Model S 70 di seconda mano. Se vi interessa seguirne lo svolgimento in diretta, proverò a trasmettere la nostra posizione e velocità in tempo reale tramite Glympse. Non occorre che installiate nulla, basta che clicchiate su questo link in qualunque browser:

http://glympse.com/!tess001

Non garantisco nulla e non potrò rispondere a segnalazioni di problemi o a commenti fino alla prima sosta o all’arrivo, visto che sarò impegnato con la guida; lancerò Glympse prima di partire.

Dal Maniero a Barbengo (Lugano) a La Chaux ci sono circa 320 km, quasi tutti autostradali, secondo Google Maps. Tess ha circa 330 km di autonomia a velocità autostradali, e in più ci sono da considerare le arrampicate fino al Gottardo (che sta a 1100 m) e poi fino a La Chaux (990 m), per cui chiaramente sarà necessaria qualche tappa per ricaricare. Serve quindi un pochino di pianificazione. Non tanta, visto che la strada e la destinazione sono ben servite da punti di ricarica e ho cavi e adattatori che mi consentono di caricare praticamente ovunque, ma è meglio non partire senza un piano di massima.

Il pianificatore online di Tesla mi propone (usando una Model X Standard Range, che è quella la cui autonomia più si avvicina a quella di Tess), se chiedo andata e ritorno, di fermarmi a caricare a Egerkingen per 60 minuti all’andata, in modo da poter arrivare a La Chaux, parcheggiare Tess ovunque per la notte e poi ripartire per il Maniero facendo una sola tappa di 30 minuti a Beckenried. Però questo è un piano che usa solo le colonnine rapide di Tesla (Supercharger) dislocate lungo il percorso (o nelle sue vicinanze) e non considera l’ipotesi di caricare lentamente una volta giunti a destinazione.

A Better Routeplanner (ABRP), che ho configurato specificamente per Tess, propone invece più dettagliatamente di:
  • partire da Barbengo con il 100% di carica, fare 253 km fino a Kriegstetten, arrivando con il 13% di carica e caricando per 28 minuti fino al 57%;
  • fare 71 km fino a La Chaux, arrivando con il 30%;
  • per il ritorno, fare tappa a Kriegstetten dopo 71 km, arrivando con il 12% e caricando per 19 minuti fino al 44%;
  • fare 100 km fino a Beckenried, arrivando con il 10% e caricando fino al 62% per 35 minuti;
  • fare 155 km per arrivare a Barbengo con il 10%.
ABRP considera le colonnine rapide di tutte le marche ma, come il pianificatore Tesla, non tiene conto della possibilità di ricarica all’arrivo.

Però a La Chaux, a due passi dal luogo dove soggiorneremo, sappiamo grazie a Internet che c’è una colonnina Tipo 2 di Vmotion, alla quale possiamo stare per un massimo di due ore per volta, caricando quindi circa 22 kWh (l’abbiamo trovata sull’app Chargemap). Costa 0,50 CHF/kWh, contro gli 0,30 CHF/kWh dei Supercharger Tesla. Abbiamo anche in programma una visita a un parco locale, accanto al quale c’è un’altra colonnina lenta (11 kW). La città è davvero ben fornita: ci sono anche altri sei punti di ricarica, anche senza limiti di tempo, ma sono tutti un po’ più lontani da dove intendiamo andare.

Potremmo quindi fare giusto una breve ricarica rapida all’andata, quando ci fermiamo comunque per una pausa per pipì, riposo mentale del conducente e spuntino, arrivare a destinazione e poi, grazie alle cariche “lente” locali ripartire con il “serbatoio” già mezzo pieno, facendo un breve rabbocco durante la pausa normale a metà strada. Questo sarà il nostro Piano A, per ridurre le soste durante il viaggio. Se il Piano A non sarà attuabile (per esempio perché le colonnine a destinazione sono già occupate o fuori servizio), arriveremo a destinazione e torneremo a casa lo stesso ma con un po’ di tempo di sosta in più.

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A titolo di confronto, a marzo 2019 abbiamo fatto lo stesso viaggio con una Opel Mokka a benzina. Siamo partiti da casa alle 9:57, abbiamo fatto pausa fisiologica e scelto i panini per pranzo a Härkingen alle 12:30, dopo 232 km, e siamo ripartiti 18 minuti dopo alle 12:48. Siamo arrivati a La Chaux alle 14:23, mettendoci in tutto 4 ore e 26 minuti per un percorso di 326,4 km alla media di 80,9 km/h. L’indomani siamo ripartiti alle 15:25, abbiamo fatto tappa qualche minuto per fare benzina e siamo arrivati al Maniero alle 19:10, dopo 3 ore e 45 minuti, percorrendo 324,7 km a 92,3 km/h di media. Abbiamo consumato in tutto 38 litri di benzina, al costo di 1,510 CHF/litro, per cui abbiamo speso in tutto 57,51 CHF per fare 651,1 km. Tutti i dati di consumo e percorrenza provengono dal computer di bordo della Mokka; non sono stime.

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2020/07/20: andata


13:35. Partenza dal Maniero. Ho caricato Tess un po’ per volta durante le notti precedenti (per approfittare della tariffa elettrica notturna ridotta) fino all’80% e poi l’ho caricata lentamente fino al 100%, finendo poco fa, appena prima di partire, per non stressare inutilmente la batteria (le batterie tendono a deteriorarsi leggermente se tenute cariche al 100% a lungo). Ho gestito tutte le operazioni di carica direttamente dal telefonino, senza andare in garage. Comodissimo.


16:47. Dopo tre ore e un quarto di guida, con molto traffico e tante code che ci hanno fatto perdere oltre tre quarti d’ora, ci fermiamo al Supercharger di Kriegstetten per 15 minuti di ricarica rapida (che raggiunge picchi di 90 kW). Tess ci ha pianificato la ricarica e ci ha condotto al Supercharger, che è in un bel paesino ma è dannatamente ben nascosto: è in una stradina a fondo chiuso ed è invisibile dalla strada, senza cartelli o altre indicazioni. Sembrava che stessimo entrando nel cortile di qualcuno, e invece abbiamo trovato un piazzale molto ampio con un numero abbondante di colonnine, come vedete qui sotto.


Per arrivare fin qui abbiamo percorso 257 km, andando sempre alla massima velocità consentita e tenendo l’aria condizionata a 24° per contrastare i 31° all’esterno (e il calore irraggiato dal tetto in vetro, che è bestiale e dovrò far isolare). Siamo arrivati al punto di ricarica con il 22% di batteria e Tess ci ha detto che sarebbe bastata una ricarica di 15 minuti per arrivare con buon margine a destinazione a La Chaux. Alle 17:02, dopo i 15 minuti di carica pianificati, la batteria era al 46% (ho caricato 16 kWh). Raggiungere il Supercharger ha richiesto una deviazione di circa 8 minuti all’andata e al ritorno, per cui la sosta di ricarica ci è costata in tutto mezz’ora.


18:15. Arriviamo a destinazione a La Chaux, dopo 333 km, avendo consumato 64,9 kWh (195 Wh/km). Abbiamo il 18% di batteria.



Come previsto, c'è una colonnina lenta a due passi da dove stiamo: mettiamo Tess sotto carica a 11 kW per due ore (il massimo tempo di sosta consentito; beh, abbiamo sforato di undici minuti per un contrattempo) e carichiamo 23,8 kWh, pagati senza problemi con la tessera Swisscharge che ho da tempo, intanto che ceniamo, smaltiamo un po’ di lavoro e ci facciamo un giro per la città. Certo che con colonnine ovunque così, il tempo di ricarica non pesa: arrivi, parcheggi, appoggi la tessera alla colonnina, attacchi il cavo e te ne vai. Fatto così, ci vuole meno tempo che a far benzina.



Siamo arrivati senza nessun problema tecnico: l’unico disagio è stato il traffico intensissimo, ma quello l’avremmo avuto anche con un’auto tradizionale.

Per il resto, Tess si è comportata benissimo e ho avuto occasione di usare estesamente il suo mantenimento di velocità adattivo (niente Autopilot, per ora): magnifico, ma va abbinato alla modalità “soft” per evitare accelerazioni brusche che consumano energia e fanno venire nausea a chi soffre di mal d’auto, ed è un po’ esitante e confuso quando rileva davanti a noi una moto (la riconosce, ma la “perde di vista” spesso e quindi cerca di accelerare per raggiungere l’auto successiva ma poi si riprende). In coda è un sollievo enorme: quando la coda riparte, l’auto riparte e si ferma da sola, seguendo quella che ci precede. Il mio piede è stato sempre a un passo dal freno, perché non si sa mai, ma è stato decisamente più rilassante. Francamente non sento l’esigenza di un mantenimento di corsia.

Insomma, un viaggio di media lunghezza è fattibile, e senza perdere granché di tempo in ricariche. Avremmo potuto ridurre il tempo di ricarica andando alle colonnine rapide di altri fornitori, che sono situate direttamente nei posti di ristoro sulle autostrade (mentre i Supercharger di Tesla sono vicino alle uscite delle autostrade), ma sono più care e all’andata volevamo sperimentare la capacità di Tess di pianificare le ricariche.

Ora abbiamo il 50% di carica; Tess passa la notte in un posto senza prese di ricarica, ma domani a pranzo faremo un altro rabbocco e ci lanceremo nel viaggio di ritorno. Vi terrò aggiornati: grazie, intanto, di aver seguito fin qui.

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2020/07/21: ritorno


14:00. Mentre ci gustavamo un ottimo pranzo all’aperto a La Chaux e facevamo alcune commissioni abbiamo lasciato Tess sotto carica per un paio d’ore a un’altra colonnina lenta vicinissima e abbiamo aggiunto 22 kWh, portando la carica al 77%, e poi ci siamo avviati verso il Maniero Digitale.

Stavolta non abbiamo pianificato il viaggio: abbiamo lasciato che Tess gestisse tutto. Tanto abbiamo notato all‘andata che tutti i punti di rifornimento e ristoro lungo l’autostrada sono dotati di colonnine di ricarica rapida (non di Tesla, ma di altri gestori che possiamo comunque usare grazie all’adattatore CCS che ho fatto installare su Tess di recente).

La Dama e io abbiamo improvvisato in cinque minuti una schermatura interna del tetto in vetro usando carta stagnola (o carta alu come la chiamano qui in Canton Ticino) e nastro adesivo di carta per pittori. Esteticamente discutibile, ma molto efficace: a differenza del viaggio di andata, non ho dovuto indossare cappellini e non mi si è cotta la testa.

L’elegantissima schermatura improvvisata del tettuccio, vista dal basso guardando indietro. Funziona anche contro le scie chimiche, i nodi di Hartmann e il 5G, e ci puoi pure avvolgere il formaggio. I due cosi bianchi sono i poggiatesta anteriori.


16:10. Con la complicità di qualche centinaio di metri di dislivello (in discesa) e di una temperatura esterna più mite, abbiamo consumato parecchio meno che all’andata: alle 16:10 siamo arrivati al Supercharger di Beckenried, vicinissimo all’autostrada e consigliato da Tess, dopo 165,5 km, con il 35% di carica, consumando 25,9 kWh (156 Wh/km). Avremmo potuto usare una delle colonnine di altre marche che abbiamo visto lungo la strada, ma sarebbero state più care (ai Supercharger pago 0,3 CHF/kWh).



Il tempo di una visita alla toilette, di un paio di mail urgenti e di un succo di frutta al bar/ristorante davanti al Supercharger e ci è arrivata la notifica di Tess: aveva già caricato al 70% e quindi aveva energia sufficiente per arrivare al Maniero con buon margine. La sosta di carica è durata mezz’ora, ma per colpa nostra, perché Tess era pronta prima che avessimo finito di bere.

Da lì abbiamo percorso altri 154 km, sempre alle massime velocità consentite, e siamo arrivati al Maniero alle 18:30, con il 26% di carica residua, dopo aver consumato 27,5 kWh per quest’ultima tratta. Vicino a casa ho apprezzato di nuovo il particolare piacere del cruise control adattivo durante le code in autostrada, che gestisce automaticamente le fermate e le ripartenze. Il consumo complessivo, da La Chaux al Maniero (322 km) è stato di 53,3 kWh (166 Wh/km).

In sintesi: il primo viaggio lungo è andato molto bene. L’auto è grossa e scomoda in città, ma capientissima e comoda per le lunghe tratte autostradali. Guidarla sulle strade di collina, ricche di curve in mezzo al verde, è stato un piacere inaspettato. Cosa più importante, sono arrivato a casa riposato grazie al silenzio e all’assenza di vibrazioni a bordo.

La morale della storia è che sì, i viaggi lunghi in auto elettrica sono fattibili e piacevoli, a patto di fare un investimento importante a lungo termine e di organizzarsi un po’. Non ho pretese di salvare il mondo; può darsi che non fare rumore e non emettere gas di scarico dia una mano anche a questo, ma lasciamo stare: se è così, è un piacevole effetto collaterale. Quello che è certo è che ci divertiamo un mondo.


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Questo è un consuntivo dei consumi, costi e dei tempi di ricarica indicati dal computer di bordo per fare questi 655 chilometri:

  • Andata (Maniero-La Chaux): 333 km, 64,9 kWh, 195 Wh/km.
  • Ritorno (La Chaux-Maniero): 322 km, 53,3 kWh, 166 Wh/km.
  • Costi: 51,57 CHF totali. Il “pieno”di circa 70 kWh fatto a casa, di notte, mi è costato poco meno di 12 CHF tasse comprese; la carica rapida al Supercharger di Kriegstetten (16 kWh) è costata 4,80 CHF; la prima carica lenta a La Chaux è costata 14,44 CHF; la seconda carica lenta a La Chaux è costata 13,53 CHF; la carica rapida al Supercharger di Beckenried (23 kWh) è costata 6,90 CHF (e ci è avanzato un 26% di carica per altri viaggi).
  • Tempi dedicati alla ricarica in viaggio: mezz’ora all’andata e mezz’ora al ritorno, incorporate nelle pause di ristoro che avremmo fatto comunque.
  • Tempi dedicati alla ricarica sul posto: 4 ore, durante le quali abbiamo semplicemente parcheggiato l’auto vicino a dove volevamo andare.

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2020/07/19

Avventurette in auto elettrica: primi conticini sui costi di viaggio, domani il primo viaggio lungo

Ieri ho speso 7 euro di energia per fare 256 km in autostrada (Lugano-Pavia-Lugano) con TESS, la mia Tesla Model S 70 usata. Viamichelin mi dice che col diesel ne avrei spesi quasi 24 (più del triplo). Vi quadra? Ho provato a porre la stessa domanda su Twitter e pare di sì. Qui sotto trovate i dati in dettaglio.

Screenshot dal display dell’auto (Trip A è la riga di riferimento):



Ho caricato comodamente TESS di notte in garage, attaccandola alla mia presa domestica, e abbiamo viaggiato in cinque adulti, con l’aria condizionata accesa e fissata su 24°C. Ho sempre mantenuto la velocità appena sotto i limiti di velocità, ossia 120 km/h in autostrada in Svizzera, 130 km/h in Italia e 90 km/h sulla tangenziale di Milano, consumando 46,4 kWh per una media di 181 Wh/km. In teoria, quindi, la batteria da 70 kWh di TESS potrebbe consentirmi circa 386 km in queste condizioni di guida, ma sarebbe un caso estremo e sconsigliabile per non stressare la batteria. Io prudenzialmente stimo 330 km di autonomia pratica, sufficienti per quasi tutti i miei viaggi attuali.

Per chi vuole fare i conticini precisi, il punto di partenza è stato Barbengo (appena fuori Lugano) e il punto di arrivo è stato Travacò Siccomario, dove abitano i miei genitori. Tempo speso in ricariche durante il viaggio: zero. Siamo partiti con TESS carica all’89% e siamo tornati con l’8% di carica residua.

Il costo dell’energia (di provenienza idroelettrica) include IVA, quota di canone e tasse varie del mio fornitore svizzero (AIL).

Il prezzo d’acquisto della Tesla è stato di 35.000 euro (37.300 CHF): è un esemplare usato, con su 80.000 km e con 4 anni di garanzia residua su motore e batteria.

Le emissioni di CO2 sono state, ovviamente, zero.

Per Viamichelin.it ho invece scelto una familiare e ho immesso il prezzo medio del gasolio in Italia indicato oggi da Prezzibenzina.it. Ho scelto quello italiano per facilitare i lettori italiani nel confronto. Se avessi scelto quello svizzero non sarebbe cambiato molto, visto che è leggermente più caro: attualmente è a 1,49 CHF (1,39 euro) al litro.



Notate i 46,3 kg di emissioni di CO2, assenti nell’auto elettrica.

Sembrano insomma grosso modo confermate le mie stime di risparmio sull’energia: con l’auto elettrica spendo un terzo di quello che spendevo prima in carburante.

Domani (lunedì) farò il primo viaggio lungo (nel senso di “oltre l’autonomia di andata e ritorno”) con Tess, per andare a La Chaux-de-Fonds e ritorno: 652 km in tutto, quindi con tappe di ricarica obbligatorie. Ho già un piano A e un piano B, ma è tutto da verificare all’atto pratico. Segnalerò in questo blog come seguire l‘avventuretta in diretta via Glympse, se vi interessa.


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2020/07/09

Avventurette in auto elettrica: quando non vai in officina ma l’officina viene da te

Ultimo aggiornamento: 2020/08/12.

Il mio primo mese completamente senza auto a pistoni è stato assolutamente normale: soltanto 1300 chilometri complessivi, a causa della pandemia che ha ridotto moltissimo gli spostamenti di lavoro. Circa 400 li ho percorsi localmente, con ELSA (la piccola Peugeot iOn usata che ho da due anni), e gli altri 900 li ho fatti con TESS (la Tesla Model S 70 di seconda mano acquistata un mese fa).

Nessuna ansia da autonomia; vado e torno, ricaricando sempre sulla mia presa in garage, perché nessuno dei miei spostamenti supera l’autonomia del veicolo fra andata e ritorno. I benzinai, che già frequentavo poco prima, stanno diventando un ricordo confuso, quasi irreale. Mi sa che dovrò fare un video in stile Alberto Angela per spiegare alle giovanissime generazioni che cos’era un “distributore di carburante” e perché esisteva in passato questa bizzarra abitudine di andare periodicamente a un luogo che erogava sostanze infiammabili e cancerogene, che ci veniva chiesto di maneggiare personalmente senza protezioni e che dovevamo pagare a carissimo prezzo per poi buttar via come calore il 70% del loro contenuto energetico. E per questa roba tossica combattevamo persino delle guerre. Sarà come spiegare che una volta Berlino era divisa in due da un muro e ti sparavano se cercavi di valicarlo: crederanno che li stiamo prendendo in giro.

Ovviamente questa situazione implica che la Dama del Maniero ed io non stiamo facendo avventurette elettriche nel senso abituale. Abbiamo in programma i primi viaggi oltre l’autonomia di TESS per la fine di questo mese, e sarà mia premura raccontarveli, ma nel frattempo ho da presentarvi un’avventuretta, come dire, a chilometri zero: come si fa l’upgrade di una Tesla. Upgrade dell’hardware, intendo. Senza andare in officina.

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Come probabilmente sapete, TESS è un esemplare del 2016. Ha un connettore di ricarica Tipo 2 che le permette di caricare lentamente (a 11 kW) in corrente alternata a qualunque colonnina Tipo 2 e di caricare rapidamente (a 70 kW) in corrente continua presso i Supercharger della rete Tesla. Questo connettore sta nascosto dietro uno sportellino nel fanale posteriore sinistro.



TESS in carica gratuita a 11 kW all’IKEA vicino al Maniero (colonnina Tipo 2, cavo mio). Prometto che la prossima volta parcheggerò meglio.

Le Model 3 europee, invece, vengono fornite di serie con il connettore CCS Combo 2, che è quello che si sta diffondendo maggiormente in Europa per la ricarica rapida (per esempio tramite Enel-X o Ionity).

Un connettore CCS su una Tesla Model 3 (fonte: Driving Electric).

Benvenuti nella giungla dei connettori per le auto elettriche: una delle croci di chiunque si avvicini a questo mondo. Oltre a quello Tesla, al Tipo 2 e al CCS, ce ne sono anche altri, ovviamente incompatibili (per esempio il Tipo 1 o il CHAdeMO, che ho su ELSA, giusto per citarne un paio), perché avere uno standard unico sin da subito pareva troppo intelligente.

Avrete notato che il connettore CCS ha la forma di un connettore Tipo 2 con due grossi contatti in più, e in effetti il CCS funziona sia per la ricarica rapida in corrente continua (usando anche i due contatti aggiuntivi), sia per la ricarica lenta in corrente alternata (usando solo i contatti della parte superiore). Questo significa che un singolo connettore copre due degli standard più diffusi in Europa e che una Tesla Model 3 può ricaricarsi rapidamente usando sia le colonnine CCS, sia quelle Tesla.

Ma come fanno gli altri modelli di Tesla, che non hanno i contatti aggiuntivi?

Le Model S e X prodotte dopo il primo maggio 2019 sono dotate di serie di un adattatore esterno e di un componente interno, che consentono di usare il loro connettore per la ricarica rapida sulle colonnine che usano lo standard CCS Combo 2. Ma TESS è del 2016, e quindi non ha questi componenti: niente carica rapida alle colonnine non Tesla. La rete di colonnine di Tesla è piuttosto capillare, ma mi potrebbe capitare di trovarmi in un posto in cui c’è una colonnina rapida CCS e non c’è quella di Tesla.

Per fortuna Tesla offre un retrofit, ossia un aggiornamento hardware interno che costa 570 CHF, incluso il costo dell’adattatore esterno CCS Combo 2 (che costa 194 CHF se acquistato separatamente), come spiegato qui sul sito Tesla. Il manuale di questo adattatore esterno è qui. Installare questo retrofit mi darebbe molta più flessibilità di pianificazione nei viaggi lunghi: ho quindi deciso di farmelo installare, tenendo conto oltretutto del fatto che ho già l’adattatore esterno, che mi è stato dato insieme all’auto al momento dell’acquisto.

L’adattatore da CCS a Tipo 2.


Le differenze operative di Tesla rispetto alle altre case automobilistiche si sono fatte notare subito: il sito Tesla dice che non si deve chiamare l’officina ma si deve usare l’app per prenotare l’aggiornamento. Cosa che ho fatto: ho lanciato l’app Tesla, sono andato in Assistenza, ho scelto Accessori e poi Upgrade e installazioni e ho specificato che vorrei far installare il retrofit CCS.

In base alla mia localizzazione, l’app mi ha proposto come prima opzione il servizio di assistenza mobile a domicilio, proponendomi l’8 luglio, e come seconda opzione un intervento a Milano Linate il 10 luglio, con vari orari a mia scelta. Ho scelto la prima: per interventi come questi, con Tesla c’è infatti la possibilità di far venire l’officina a casa invece di dover portare l’auto all’officina.

L’app mi ha detto “a breve inizieremo a verificare i dati” e ha indicato che i passi successivi sono il preventivo, la riparazione e (ovviamente) il pagamento.

Mi è poi arrivata una mail (in tedesco) di conferma dell’appuntamento fra le 8:30 e le 10:30 al mio indirizzo, con la precisazione che si sarebbe trattato di (traduco) “servizio mobile senza contatto (senza contatto interpersonale)” e la richiesta di “parcheggiare il veicolo in un luogo accessibile. Sarete avvisati non appena il vostro tecnico mobile arriverà sul posto e inizierà a lavorare. Se desiderate parlare con il nostro team di assistenza, vi preghiamo di notare che ci teniamo a distanza, oltre alle altre misure di protezione consigliate per limitare il rischio di infezione.”

Una telefonata da parte di Tesla (in italiano) mi ha ribadito che l’intervento sarebbe costato 570 CHF, e questo nonostante il fatto che io avessi già l’adattatore (consegnatomi bizzarramente insieme all’auto al momento del ritiro). Ho confermato che accettavo questo importo.

Ma poi è arrivato il preventivo, naturalmente tramite l’app:




Zero. Ovviamente ho approvato il preventivo :-)

L’8 luglio (ieri) ho parcheggiato l’auto nel parcheggio della residenza dove abito e ho aspettato l’arrivo del Tesla Ranger (sì, si chiama proprio così) intanto che TESS scaricava automaticamente l’aggiornamento software che serviva per renderla compatibile con l’imminente aggiornamento hardware. Trovarsi a “scaricare i driver” per un’auto è davvero insolito.




Il Ranger è arrivato su una Model S convertita in officina mobile. Questa è l’unica foto che ho fatto, perché mi ha chiesto di non riprendere i lavori, come se fossimo in officina. Non ha avuto nessuna obiezione, però, a lasciarmi assistere e scambiare due chiacchiere. Ho cercato di memorizzare la procedura per potervela descrivere: eventuali errori o omissioni sono solo colpa mia.



L’installazione del retrofit ha richiesto la rimozione della seduta del sedile posteriore, che ha esposto la gabbia metallica tubolare che regge la seduta e i suoi sensori di peso. L’immagine qui sotto è tratta da questo video di Steven Peeters.

Gli scatolini bianchi sono i sensori di peso dei passeggeri. I cavi arancioni sono quelli di alimentazione ad alta tensione. I componenti scatolari metallici sono parti del caricatore della batteria e del suo sistema di gestione, ma non so altro.


Il Ranger ha agito anche sotto il cofano di TESS, presumo staccando completamente l’alimentazione, compresa la batteria a 12 V tradizionale.

Sotto i sedili posteriori ha installato una scatoletta di plastica bianca, che probabilmente contiene un circuito stampato e dei componenti elettronici: a differenza di quello che si vede nel video di Peeters, non l’ha agganciata al telaio, ma l’ha serrata tramite i due bulloni che fissano il componente scatolare metallico più grande che sta sotto il sedile centrale.

Da questa scatoletta esce un cavetto molto sottile, che va verso il lato sinistro e si collega mediante due connettori ai grossi componenti che stanno sotto la seduta. Non so di preciso cosa siano questi componenti, anche se dalla loro forma e posizione, e dal fatto che vi fanno capo dei cavi arancioni davvero massicci, è chiaro che fanno parte del sistema di carica e di gestione della batteria. Posso solo aggiungere che su TESS sono disposti molto più simmetricamente e ordinatamente rispetto ai video di teardown che ho trovato online.

Dopo aver ricollegato l’alimentazione a TESS, il Ranger ha collegato il suo computer alla presa tecnica situata sotto e dietro il tablet centrale, ha fatto alcune operazioni tramite il suo computer, ed è partita l’installazione di un aggiornamento software, che è durata almeno venti minuti. Poi TESS è tornata pronta per l’uso. Fine del lavoro. Il Ranger mi ha chiesto se volevo pagare subito per l’installazione, e gli ho fatto notare che l’app mi diceva che il preventivo era zero, così ha delegato la questione all’ufficio centrale di Tesla. Poco dopo è ripartito.

Sono andato a una colonnina CCS vicina al Maniero (quella della rete GOFAST) a provare la carica, e tutto ha funzionato correttamente. TESS carica sul CCS grosso modo alla stessa velocità alla quale carica ai Supercharger (al 30% di carica, un breve picco iniziale a 66 kW e poi una carica continua a circa 55 kW).

I primi secondi di carica sono a 66 kW, ma poi si scende rapidamente.

Spina CCS inserita nell’adattatore, a sua volta inserito nella presa di TESS.

Ora posso caricare rapidamente anche qui (costa molto più di una carica su una colonnina Tesla, ma in emergenza so che ne ho una vicinissima a casa).


Mi è poi arrivata la fattura, sempre tramite l’app di Tesla, e l'importo è zero ed è pure segnato come pagato. Pare che io sia uno dei pochi fortunati, perché nei forum degli utenti Tesla gli altri dicono di aver pagato. Forse mi è successo perché l‘auto è ancora in garanzia, oppure perché le nuove installazioni di colonnine Tesla ultrarapide, le V3, a quanto pare (Autocar; Electrive) montano soltanto il connettore CCS (quelle attuali montano entrambi i connettori, quello Tesla/Tipo 2 e il CCS).

Ma io preferisco pensare che far parte del Nuovo Ordine Mondiale abbia i suoi privilegi.


2020/07/15


È stato bello finché è durato: Tesla mi ha contattato scusandosi per il disguido di fatturazione e mi ha inviato una nuova fattura per 570 CHF tutto compreso, che ho pagato.

Colgo l’occasione per pubblicare la descrizione della fattura:

Retrofit Charging System ECU And Harness

KIT,RETROFIT,PLCRLY,MDLS,PRE-REFRESH(1489302-00-B) 1.0
A-PILLAR UPPER STANDOFF, FOAM NEOPRENE (1020856-00-A) 1.0
SEAT BACK GROMMET, LARGE(1016824-00-A)
RETROFIT, CCS COMBO II, MS(1516761-00-A)


2020/08/12


Il prezzo del retrofit è stato ridotto oggi a 300 CHF incluso l’adattatore CCS Combo 2.


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2020/07/01

Due chiacchiere sulle auto elettriche con Tesla Owners Italia


L’11 giugno scorso ho partecipato a una chiacchierata in streaming video con Tesla Owners Italia per parlare della situazione attuale della mobilità elettrica, del noleggio a lungo termine e delle varie soluzioni di acquisto. Inevitabilmente ho parlato anche della mia esperienza di acquisto di auto elettriche di seconda mano, in particolare la Tesla Model S che ho da un mesetto. A 15:00 parlo dell’incidente di una Tesla a Taiwan, che si è scontrata contro un camion coricato e messo di traverso sulla strada senza che la guida assistita rilevasse l’ostacolo (e, a quanto pare, senza che il conducente notasse il camion di traverso); a 16:43 c’è un aggiornamento da parte di Luca Del Bo: l’Autopilot era attivo e il conducente ha voluto vedere se l’auto sarebbe intervenuta o no. Buona visione.

2020/06/21

Avventurette in auto elettrica: il primo viaggio “lungo” con TESS, la mia Tesla usata

Ultimo aggiornamento: 2020/07/09 14:45.

TESS fa un biberonaggio a Melide.



2020/06/19. Prosegue la mia cauta esplorazione di TESS, la Tesla Model S usata che ho acquistato un paio di settimane fa. Nei giorni scorsi ho risolto le magagnine che ho descritto in questo articolo: senza dover andare in officina mi è stata ripristinata la connettività cellulare integrata nell’auto, per cui TESS ora è permanentemente connessa a Internet, e quindi monitorabile e gestibile a distanza, ovunque ci sia una rete cellulare. Il servizio è gratuito e include anche il roaming dati all’estero.

Tre tacche di connettività cellulare, yay.

La lentezza di carica della batteria rilevata durante le prime cariche rapide ai Supercharger sembra essere dovuta al fatto che le ho iniziate quando la batteria era già parecchio carica: quando è quasi completamente scarica la carica è molto più rapida, anche se comunque rimane lontana dai 120 kW pubblicizzati, che sono un classico “fino a” di marketing, perlomeno su un modello di quattro anni fa. Nel caso peggiore, comunque, un “pieno” (poco meno di 70 kWh) mi dovrebbe richiedere un’oretta circa al Supercharger, secondo i calcoli. Vedremo.

Nel frattempo ho imparato concretamente una lezione teorica che con la mia prima auto elettrica (Peugeot iOn da 16 kWh) era praticamente impercettibile: in termini di tempo, conviene moltissimo fare il cosiddetto “biberonaggio”, ossia fare sessioni di carica rapida brevi ma intense, che sono possibili soltanto quando la batteria è poco carica (una batteria è come un bicchiere di vino: è facile da riempire rapidamente quando è quasi vuoto, ma verso la fine va colmato versando piano piano).

È sbagliato fare il “pieno” tradizionale per strada alle colonnine rapide, come viene istintivo per chi viene dal mondo delle auto a carburante: richiede molto più tempo, anche se ci si ferma all’80%, che è il limite consigliato per la carica abituale (il 100% va raggiunto solo se necessario e solo se si scarica la batteria subito dopo). Con ELSA, la piccola iOn, il “pieno” (di una batteria quattro volte più piccola di quella di TESS) richiedeva comunque solo venti minuti, per cui non si notava alcuna differenza.

Conviene insomma partire da casa con la batteria carica all’80% o più e fermarsi se necessario per una breve carica rapida quando la batteria è intorno al 10-20%, ma senza fare il “pieno”, riportandola invece al 40-50%, in modo da fare altri 150-200 chilometri, ripetendo la procedura fino all’arrivo a destinazione. In altre parole, si fa una piccola pausa ogni due ore circa, che è quello che conviene fare comunque a qualunque automobilista per avere attenzione costante e non affaticarsi.

Nel frattempo ho ampliato il mio assortimento di accessori di ricarica, procurandomi un cavo Tipo 2-Tipo 2 da 32A, che mi consente di caricare anche alle colonnine Tipo 2 prive di cavo (come quelle di Ikea o di Enel-X a 11 kW), e ho programmato per domani la destinazione del mio primo viaggio elettrico lungo con TESS: Lugano-Pavia (Travacò Siccomario, dove abitano i miei)-Lugano, possibilmente senza tappe di ricarica. Ce la farò? Secondo Google Maps sono 249 chilometri fra andata e ritorno: una batteria carica al 100% alla partenza dovrebbe darmi margine sufficiente per farli a velocità autostradali. L’indovinometro (calcolatore di bordo) di TESS mi dice di sì, ma mi fido poco. Ho un Piano B e un Piano C: un Supercharger a Dorno e uno a Melegnano, entrambi un po’ fuori strada, e colonnine lente lungo tutto il percorso.

Partiremo alle 9:45 da Lugano.


2020/06/20 8:00. Mi accorgo che la ricarica lentissima (2 kW) che ho avviato ieri sera in garage per portare la batteria quasi al 100% si è interrotta spontaneamente durante la notte. Non è normale, ma comunque risolvo semplicemente riavviando la carica dall’app sul telefonino.

Sono queste le cose che rendono indispensabile un’app efficace per le auto elettriche: senza app avrei scoperto la mancata carica solo al momento di partire. Con TESS, invece, mi basta un tap sul telefonino mentre sono ancora in pigiama.

Se avessimo acquistato la Opel Ampera-e che la Dama e io avevamo scelto inizialmente (e che ci è piaciuta tantissimo e sarebbe stata l’auto perfetta per le nostre esigenze, meno mastodontica e complessa di TESS), l’app di gestione ci avrebbe abbandonato a dicembre, con la chiusura del servizio OnStar, come ho raccontato qui, e questo intoppo sarebbe stato disastroso per l’usabilità dell’auto.

Morale della storia: assicuratevi di avere connettività cellulare in garage, oppure installatevi un ripetitore Wi-Fi in modo che l’auto sia sempre connessa, e non comperate un’auto elettrica che non abbia un’app funzionante che consenta almeno il monitoraggio dello stato di carica. Specifico “funzionante” perché alcuni utenti di altre marche non-Tesla mi dicono che le loro app non sono affidabili.


9:45. TESS è carica al 98%; partiamo con il navigatore che ci dice che secondo lui arriveremo a destinazione con il 59% di carica residua, più che sufficiente per il viaggio di ritorno, e che dovremmo tornare al Maniero Digitale con il 15% di carica.



Andando alle massime velocità consentite o poco meno, con cinque persone a bordo e tenendo accesa l’aria condizionata, arriviamo a destinazione dopo 118 km e un’ora e 40 minuti (a causa del traffico e dei lavori in corso in vari punti), consumando 20,9 kWh e avendo un consumo medio di 177 Wh/km. Tutte queste informazioni vengono fornite e visualizzate dall’enorme tablet verticale al centro del cruscotto.



L’indovinometro di TESS è stato molto prudente e siamo arrivati in realtà con il 64% di carica residua, come indicato sul secondo display dell’auto, che mostra molto comodamente a sinistra un riassunto delle istruzioni di navigazione ogni volta che si imposta una destinazione sul tablet centrale.



Mentre pranziamo in un ristorante in compagnia di mio figlio Simone e della sua compagna, che non vedo da mesi, TESS è al sole, e la temperatura dell’abitacolo raggiunge in fretta livelli poco gradevoli. L’app mi indica 38°C dopo pochi minuti di sosta.


Visto che ho un po’ di carica extra rispetto alle previsioni, decido di mettere alla prova un’altra funzione comodissima delle auto elettriche gestibili da remoto: standomene al tavolo al ristorante, accendo l’aria condizionata di bordo per raffrescare l’abitacolo poco prima di concludere il pranzo. Non avendo gas di scarico, posso farlo senza problemi. Il risultato è notevole, e lo apprezziamo tutti moltissimo quando saliamo in auto, però mi costa il 7% di carica della batteria.

[2020/07/09 14:45. Quel 7% è colpa mia. Non sapevo ancora che il condizionatore di bordo ci mette meno di cinque minuti a raffrescare l’abitacolo e quindi l’ho atttivato con anticipo decisamente eccessivo]


Anche se l’aria all’interno dell’auto è fresca, il tetto interamente vetrato è caldissimo e quindi irraggia calore verso l’interno: lo sento che mi scalda la testa mentre guido. Mi sa che dovremo procurarci un apposito parasole. La vista panoramica del cielo è uno spettacolo per i passeggeri e offre più spazio sopra la testa rispetto a un tetto normale, ma quel vetro scotta.

Facciamo varie tappe per visitare i miei genitori, che non vedevo da metà gennaio scorso, e degli amici, e poi ci dirigiamo verso il Maniero, sempre alle massime velocità autostradali consentite o poco meno, in cinque a bordo e con l’aria condizionata attiva. La silenziosità di marcia è molto rilassante e consente di ascoltare musica e conversare senza dover alzare la voce. L’auto non ruggisce: fruscia, anche quando accelera per immettersi in autostrada o per lasciarsi dietro lo Sfanalatore Ambizioso di turno.

Durante il viaggio uso intensamente il cruise control adattivo, che mantiene la distanza dal veicolo che ci precede: si rivela ottimamente fluido e molto meno aggressivo e strattonante di altri sistemi analoghi che ho provato su altre Tesla (anche quello della Hyundai Kona che ho provato di recente era altrettanto fluido). Quando siamo fermi in coda, invece, è un po’ brusco e produce una certa nausea da movimento. Preferisco usare il creep mode (l’auto avanza lentamente se rilascio il pedale del freno, “all’americana”) e gestire le code manualmente.

Non ho usato l’Autopilot: detto molto sinceramente, non mi fido di un sistema basato sul riconoscimento ottico delle strisce della segnaletica orizzontale e non trovo particolarmente utile un mantenitore di corsia che mi obbliga a tenere le mani sul volante e a farne sentire la presenza con micromovimenti ogni tot secondi.

Non è tutto rose e fiori: i comandi del cruise control sono piuttosto illogici. L’auto legge i cartelli stradali, e quindi quando attivo il cruise control nella maniera teoricamente normale (e indicata nel manuale originale dell’auto), ossia tirando la leva del cruise control verso di me per dire a TESS “mantieni la velocità corrente”, l’auto accelera fino a raggiungere la velocità indicata dall’ultimo cartello che ha letto; se stiamo andando a una velocità superiore a quella indicata dall’ultimo cartello che TESS ha letto (magari per errore), l’auto rallenta piuttosto bruscamente. Rallentare di colpo in autostrada senza un motivo apparente è una Pessima Idea.

Ma TESS è un’auto del 2016 che è stata aggiornata con il software del 2020, per cui bisogna fare riferimento al manuale attuale delle Model S, non a quello del 2016: cosa che ho fatto, scoprendo che il comportamento della leva del cruise control è cambiato. Adesso, se voglio che TESS mantenga la velocità corrente devo abbassare la leva momentaneamente, a meno che io stia viaggiando a una velocità superiore a quella che TESS si ricorda dall’ultima volta che ho attivato il cruise control: in questo caso devo alzare la leva. O almeno così mi risulta dalle prove che ho fatto, in condizioni di sicurezza, nei giorni scorsi e dal comportamento del cruise control durante il viaggio di oggi. Se è davvero così e non ho capito male qualcosa, è demenziale.

Un’altra magagna è il navigatore di bordo, che insiste a non volerci far percorrere le autostrade per motivi incomprensibili (l’opzione “evita le autostrade” è disabilitata, ho ricontrollato). Da un commento ricevuto da una utente Tesla dopo la pubblicazione iniziale di quest’articolo, sembra che questo comportamento sia dovuto al fatto che ho chiesto al navigatore di calcolare il viaggio di andata e ritorno e il suo calcolo ha indicato che viaggiando a velocità autostradali avrei avuto un margine di batteria a suo avviso insufficiente.

Inoltre la sua interfaccia con vista dall’alto, invece che in prospettiva come quella del più scalcinato dei navigatori esterni, non è chiara e non piace per nulla alla Dama, che ha da sempre il compito di occuparsi della navigazione durante i nosti viaggi, grazie anche al suo inquietante senso dell’orientamento (io, invece, mi perdo persino nelle case degli amici). Proverò A Better Route Planner nella finestra del browser web di TESS, anche se probabilmente sarà lento (sulle Tesla più recenti, che hanno un processore più potente per i display, sembra funzionare molto bene).

Ulteriore problema inatteso: il Telepass. Teoricamente va collocato nel punto indicato dal mio dito nella foto qui sotto:

Prevengo la domanda: l’auto era ferma e parcheggiata a lato strada.

Lo abbiamo appoggiato lì per passare il casello autostradale, ma non ha funzionato. Ci siamo trovati bloccati nel varco, con la barra abbassata. Piano B: ho aperto di corsa il tettuccio apribile e la Dama ha alzato il Telepass facendo passare il braccio dall’apertura del tettuccio (anche per far capire a chi pazientemente ci stava dietro che non eravamo svizzeri imbranati senza Telepass). Il Telepass ha emesso un flebile pigolìo e la barra si è alzata. Abbiamo ripetuto il rituale per tutto il viaggio. Mi sa che il Telepass è scarico e va cambiato. Ovviamente questo problema non è colpa di TESS. Avevo avuto lo stesso problema durante il mio primo viaggio lungo con una Tesla (non mia), da Lugano a Roma e ritorno nel 2015, raccontato qui.

Inoltre la guida folle di un paio di imbecilli che hanno invaso la nostra corsia e ci hanno tagliato la strada ci ha permesso di verificare che i sensori ultrasonici laterali e la frenata automatica d’emergenza funzionano e hanno riflessi infinitamente più veloci dei miei.


20:50. Rientriamo al Maniero senza aver dovuto ricaricare o ricorrere ad alcun Piano B o C, dopo 261 km complessivi, con un consumo totale di 48,9 kWh, pari a 187 Wh/km, e con il 13% di batteria residua. L’indovinometro ha indovinato bene, nonostante l’uso inatteso del raffrescamento dell’auto sotto il sole, senza il quale saremmo tornati a casa con un abbondante 20% di carica rimanente.



Questo significa che in teoria TESS dovrebbe poter fare, con un “pieno” al 100% (70 kWh), circa 370 chilometri a velocità autostradali, ossia un po’ più di quello che avevo preventivato, se non uso funzioni energivore come il raffrescamento da fermo. Niente male, per una batteria che ha già fatto quasi 80.000 chilometri.

Tempo speso in ricariche durante il viaggio: zero. Arrivati al Maniero, ho parcheggiato TESS, l’ho collegata alla presa elettrica, e sono andato via. Si ricaricherà durante la notte.

Sul fronte dei costi di “carburante”, quei 48,9 kWh consumati mi sono costati meno di 8 CHF (7,52 €): o meglio, questo è quello che avrei speso per fare 261 km se avessi caricato a casa di notte (ho una fascia a costo ridotto dalle 22 alle 6). In realtà in parte li ho caricati gratis durante il test delle colonnine all’Ikea di Grancia, a pochissima distanza dal Maniero, quindi ho speso un pochino meno di quella cifra. Lascio a voi fare i conti di quanto sarebbe costato un viaggio del genere con qualunque altra grande berlina di classe equivalente o anche con un’auto di fascia media.

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Lo so, non è un granché come avventuretta: conducenti idioti a parte, il viaggio è stato di tutto riposo. È così che dovrebbero essere normalmente i viaggi in auto elettrica. Ma questo era il primo esperimento, per verificare che l’auto funzionasse correttamente e non ci fossero problemi di autonomia ridotta dall’invecchiamento della batteria. Per tornare ad avere avventure dovrò esplorare le funzioni più avanzate (il riconoscimento vocale promette scenette esilaranti) e osare viaggi più lunghi e articolati. Non temete: ci saranno.


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2020/06/15

Avventurette in auto elettrica: Tesla Model S, prime prove tecniche e magagnine

Ultimo aggiornamento: 2020/06/24 22:20.


Come ho raccontato nelle puntate precedenti (una, due, tre), il 3 giugno ho acquistato TESS, una Tesla Model S 70 di seconda mano del 2016, prendendola online direttamente da Tesla, spendendo poco meno di 35.000 euro (37.300 CHF). Sto ora cominciando a testarla con cautela, usando comunque ELSA, la mia piccola Peugeot iOn elettrica con nove anni di vita, per quasi tutti gli spostamenti cittadini e locali. La Tesla ha manifestato qualche magagna che andrà sistemata.

Cominciamo con le cose positive: l’auto è piacevole, scattante, silenziosa e comoda. Con oltre 300 km di autonomia a velocità autostradali, l’ansia di restare senza carica semplicemente non esiste per tutti i viaggi normali che devo fare. La capienza del doppio bagagliaio è spettacolare. Sono 895 litri in tutto, con i sedili posteriori alzati: 745 litri in quello posteriore, più 150 litri in quello anteriore (sì, la Model S ha due bagagliai). Se abbatto i sedili posteriori, diventano 1645 dietro più 150 davanti, per un totale di 1795 litri.

Qui vedete mio figlio Liam in quello anteriore (foto pubblicata con il suo permesso), che è quello piccolo:

Sì, ho lasciato visibile la targa. Mi va bene così perché è una targa scelta apposta e ispirata a Star Trek.


La funzione Easy entry è un sogno da nerd di fantascienza. Vi ricordate le Aquile di Spazio 1999? Quelle astronavi che avevano i sedili di pilotaggio scorrevoli? Succede lo stesso qui. Ogni conducente ha un profilo utente personalizzabile per vari parametri, compresa la posizione del sedile e del volante; quando slaccio la cintura di sicurezza, il sedile scorre indietro e il volante si sposta per facilitarmi l’uscita. E su un’auto bassa come questa, uno spilungone come me la differenza la sente. Ma soprattutto, confesso che ogni volta che salgo a bordo mi sembra di essere Alan Carter :-)

Altre piccole gratificazioni da nerd informatico: la connessione permanente a Internet della Tesla mi permette di monitorarla mentre è in garage. Ho un’automobile sulla mia rete locale.

Puro nerd porn :-)


L’auto in realtà non è mai “spenta”: è solo in standby, in attesa di ricevere comandi. Gli aggiornamenti software funzionano egregiamente e ne ho già fatto uno.




Gestire l’auto tramite i comandi vocali è efficace: permette di tenere le mani sul volante e il riconoscimento funziona bene (però va detto che ho scelto l’inglese come interfaccia per evitare problemi con il riconoscimento in altre lingue, che ha un database minore).

L’interfaccia utente tramite il grande tablet centrale è un po' complessa e labirintica, ma si impara in fretta. Anche l’integrazione con l’app sul telefonino è robusta e permette di preraffrescare o preriscaldare l’abitacolo, chiudere o aprire l’auto a distanza e (cosa essenziale in un’elettrica) monitorare lo stato di avanzamento della sessione di ricarica mentre si è lontani dall’auto, per esempio al ristorante. Ma qui sta il problema.


Niente connettività cellulare; difficoltà di assistenza


La prima magagna è che la connettività cellulare non funziona. La Tesla integra una SIM con connessione dati permanente (roaming pagato da Tesla), ma la SIM non si collega alla rete cellulare. Ho già provato a fare reboot senza ottenere miglioramenti. Sì, ho un’auto alla quale capita spesso di dover fare reboot, e la cosa è surreale. E ci sono almeno cinque modi diversi per farlo.

Vorrei segnalare la questione a Tesla, ma le segnalazioni di guasto si fanno solo online tramite l’app o l’auto. Si preme il tasto di riconoscimento vocale, si dice “bug report”, si descrive il problema: ci pensa l’auto a mandare all’assistenza Tesla la telemetria, gli screenshot, il log e lo stato del veicolo via Internet. Non si parla con un essere umano. Sarà eventualmente una persona di Tesla a chiamare, se il problema non è risolvibile tramite assistenza remota. Infatti stamattina, poco prima della pubblicazione iniziale di questo articolo, ho ricevuto una chiamata da Tesla (filiale di Cham), in italiano, che mi ha comunicato che il problema è in fase di esame tramite diagnosi remota. I vantaggi delle auto connesse ci sono.

Già, ma il riconoscimento vocale funziona solo se l’auto si connette, e la SIM per la connessione non funziona. Esco dal vicolo cieco attivando un hotspot sul telefonino e collegando l’auto a Internet via Wi-Fi. Invio il bug report. Sull’app mi arriva la prenotazione per l’intervento di assistenza, che però si sposta di data in continuazione e poi sparisce, contornata da una sequenza di mail, tutte in tedesco (non sembra esserci modo di averle in italiano o inglese) e piuttosto contraddittorie. Boh. Non è un buon segno.

Di fatto, la Tesla non si connette, salvo quando uso l’hotspot, e quindi non carica le mappe nel navigatore, non calcola i percorsi con le tappe di ricarica e non è monitorabile o comandabile a distanza quando la parcheggio, se non lascio un hotspot cellulare a bordo. Posso ancora usare l’auto, quindi non è un problema critico, ma è pur sempre una magagna che non ci dovrebbe essere.

[2020/06/19 17:30: Magagna risolta. La connettività cellulare si è riattivata dopo un intervento da remoto fatto dall’assistenza tecnica di Tesla.]


La carica rapida non è mica tanto rapida


Il primo esperimento di carica rapida è una delusione: le colonnine Supercharger di Tesla caricano fino a 120 kW (in alcuni casi anche oltre), ma TESS non raggiunge questo livello nemmeno lontanamente. Al Supercharger di Melide, con l’auto carica al 45%, non ha superato i 41 kW.


Certo, sono sempre 200 km di autonomia in un’oretta di carica, ma non è quello che ci si aspetta leggendo le informazioni pubblicate da Tesla.

È possibile che il software di gestione della batteria di TESS stia limitando la carica rapida per proteggere la batteria e farla durare più a lungo, o che il Supercharger sia limitato temporaneamente (anche se non ci sono altre auto sotto carica); un commentatore dice che la sua S 75 caricava al massimo a 94 kW quando era quasi scarica ed era normale. Da investigare.

[2020/06/19 17:30: Tesla mi ha contattato a voce chiedendo data, ora e risultati dei vari tentativi di carica, e ha detto che studierà la situazione per capire se si tratta di un’anomalia o se è la normale variabilità della gestione della batteria]

Inoltre l’adattatore CCS fornito da Tesla, che in teoria mi consentirebbe di caricare TESS anche alle colonnine CCS, non funziona. Ho provato sullo stesso Supercharger (che, come quasi tutti, è dotato sia di connettore “vecchio” Tipo 2 adattato per la carica rapida in corrente continua, sia di connettore CCS) e la ricarica non parte. Ora resta da capire se l’adattatore è stato fornito per errore, come extra, senza però aver fatto le modifiche hardware necessarie all’interno dell’auto (esiste una conversione apposita, disponibile anche come retrofit, per le Tesla Model S e X, che hanno il connettore Tipo 2, mentre le Model 3 e Y escono già di fabbrica con il connettore Tipo 2/CCS e relativo hardware di gestione). Oppure i Supercharger riconoscono che TESS è dotata di connettore Tipo 2 e quindi si rifiutano di passare attraverso l’adattatore. Devo provare su una colonnina non-Tesla (aggiornamento: ho provato e non va neanche lì). Altra magagnina, comunque.

[2020/06/19 17:30: Tesla sta indagando per capire come mai mi è stato dato l’adattatore e per verificare se a TESS è stato installato o no il retrofit per il supporto del CCS]

Riprovo al Supercharger di Monte Ceneri qualche giorno dopo, facendo anche il preriscaldamento della batteria (che parte automaticamente se si imposta come destinazione un Supercharger). Avviando la ricarica con la batteria al 35%, TESS non supera i 60 kW.



Va un po’ meglio qualche giorno dopo, sempre a Melide: arrivo con il 19% e la carica va a 80 kW, per poi calare a 63 kW intorno al 43%. Ho comunque aggiunto 17 kWh, ossia circa 90 km, in 15 minuti.



Secondo le informazioni trovate dai commentatori e pubblicate su A Better Route Planner, a maggio 2019 la batteria BT70 (quella di TESS) ha ricevuto un aggiornamento software che ne ha ridotto leggermente la curva di carica: quella attuale è quella verde.



Per contro, la carica lentissima in corrente alternata, quella che si fa normalmente di notte a casa, funziona senza problemi: il caricatore 220V fornito fa il suo dovere e l‘auto consente di abbassare l’amperaggio da 10A fino a 5A, per cui l’assorbimento è accettabile anche su un impianto dotato di contatore standard italiano da 3 kW. Ovviamente la velocità di ricarica è ridottissima di conseguenza (l’equivalente di circa 6 km di autonomia per ogni ora di carica, se si va a 5A), ma nel giro di una notte comunque si mette su qualche decina di chilometri di autonomia riducendo al minimo lo stress sulla batteria e sul contatore (a casa non ho problemi, posso caricare fino a 11 kW).




Anche la carica in corrente alternata alle colonnine Tipo 2 di altri fornitori funziona regolarmente: l’auto carica a 11 kW.





Insomma, c’è del lavoro di debug importante da fare. Chi si avvicina al mondo dell’auto elettrica deve sapere che non è tutto rose e fiori, neppure quando si sceglie una Tesla.

Sabato 20 giugno farò il primo viaggio lungo: Lugano-Pavia-Lugano, da fare senza tappe di ricarica. Sulla carta non è un problema, ma non voglio sorprese. Sto facendo la carica lentissima (1 kW) per prova. Vi terrò aggiornati.


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