È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della
Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate
qui sul sito della RSI
(si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare
qui.
È la voce di Michelle Hunziker, che in un post vocale su Threads ha
brillantemente riassunto la reazione di molti all’arrivo anche in Europa
dell’ennesimo social network, legato a doppio filo a Instagram e agli altri
servizi di Meta. Threads, presentato come rivale e possibile sostituto di
Twitter (o X, come si chiama ora), sta suscitando curiosità, sfinimento e
disorientamento, e questi sentimenti hanno fatto passare in secondo piano una
sua novità ben più importante: la cosiddetta federazione, che rende
possibile partecipare a un social network senza dovervi per forza aprire un
account e installare un’app apposita, senza essere bombardati dalla pubblicità
o da post indesiderati e senza regalare dati personali. E Threads non è
l’unico servizio online che sta abbracciando questo nuovo corso di Internet,
in cui una volta tanto siamo noi utenti a ricevere benefici e semplificazioni.
Benvenuti alla puntata del 22 dicembre 2023 del Disinformatico, il
podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie
strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo, e proverò a raccontarvi
Threads e questa novità chiamata fediverso.
[SIGLA di apertura]
Miniguida a Threads
Il 14 dicembre scorso è stato reso ufficialmente disponibile anche in Europa
Threads, il nuovo social network di Meta [disponibile fuori UE da luglio 2023, come ho raccontato qui], visto da molti addetti ai lavori
come l’ammazza-Twitter. In effetti Threads somiglia molto al rivale: serve a
pubblicare aggiornamenti e fare conversazioni pubbliche con altri utenti,
principalmente sotto forma di testi lunghi fino a 500 caratteri accompagnati
da foto, registrazioni audio e video* e link, usando l’app per smartphone
oppure l’interfaccia Web di Threads.
* La dimensione massima di default delle foto è 1440 pixel, contro i 1080 di Instagram, e si può aumentare almeno fino a 4080 pixel andando in Impostazioni - Account - Qualità dei contenuti multimediali e scegliendo Carica contenuti multimediali nella qualità più elevata. Il limite di durata dell’audio è 30 secondi; quello dei video è 5 minuti.
Chi è già su Instagram può scaricare l’app di Threads e collegarla al proprio
account Instagram, senza doversi inventare e ricordare un nuovo nome utente o
una password aggiuntiva.
La schermata di Threads che propone di creare un profilo Threads associato al profilo Instagram.
Questo semplifica molto la creazione di un account
rispetto agli altri social network, e infatti le iscrizioni iniziali sono
state molto numerose. Prima del rilascio in Europa, il nuovo social network di
Meta contava già circa
100 milioni
di utenti attivi mensili, sia pure con un certodeclino dopo gli entusiasmi iniziali [stando a Quiver Quantitative, gli utenti totali sarebbero circa 160 milioni].
A differenza di Twitter e Instagram, Threads per ora non offre messaggi
diretti, ossia indirizzati a specifici utenti e non visibili agli
altri. Offre invece la possibilità estremamente utile di pubblicare link
cliccabili nei normali post, cosa che Instagram invece non consente. Inoltre i
testi dei post sono modificabili anche dopo la pubblicazione, cosa che Twitter
consente solo agli utenti paganti; però la modifica su Threads è possibile soltanto entro
i primi cinque minuti,
che di solito comunque è quanto basta per sistemare gli errori di scrittura più
frequenti.
Un’altra particolarità di Threads è il modo in cui usa gli hashtag. Se li
scrivete nella maniera normale, ossia digitando il simbolo di cancelletto (#)
davanti alla parola che volete usare come tag, il simbolo sparisce e tutto
quello che scrivete da quel punto in poi diventa un tag cliccabile, anche se
inserite degli spazi. Inoltre si può mettere un solo hashtag per ogni post. Un
po’ disorientante, per chi è abituato a riempire i propri post di hashtag e farli
diventare una selva puntuta di cancelletti.
C’è anche un’altra differenza importante rispetto a Instagram: Threads
funziona benissimo anche su computer, in una scheda del browser, e offre
praticamente le stesse funzioni presenti nell’app, a parte in alcuni casi i
post vocali, mentre la versione browser di Instagram è estremamente limitata
rispetto all’app. Visto che Threads è un social network basato principalmente
sul testo, è utile poterlo usare su un computer, che ha una tastiera adatta
per scrivere grandi quantità di parole.
Come Instagram e gli altri servizi social di Meta, anche Threads è gratuito nella sua versione base: l’azienda vive di pubblicità e di profilazione degli
utenti, e quindi usare Threads comporta riversare negli archivi di Meta grandi
quantità di dati personali. In sostanza, adottare Threads al posto di Twitter
significa affidarsi comunque agli umori di un altro ultramiliardario, Mark
Zuckerberg al posto di Elon Musk, e questo oggi suona un po’ come saltare
dalla padella nella brace, visto il caosperdurante su Twitter, dove numerosi
personaggi impresentabili (come il complottista statunitense Alex Jones) sono
stati riammessi, Musk fa dichiarazioni e prende decisioni dirigenziali sempre
più bislacche e imbarazzanti, gli account di numerose testate giornalistiche
sono stati silenziati o si sono autosospesi, e
gli inserzionisti pubblicitari
hanno
dimezzato
i loro investimenti perché sono preoccupati per gli accostamenti dei loro
marchi a post di odio, discriminazione e antisemitismo promossi dallo stesso
Elon Musk.
John Oliver elenca i dettagli del caos di Twitter e delle dichiarazioni di Elon Musk.
E se Zuckerberg facesse la stessa cosa? In fin dei conti, ha già
dimostrato anche lui in passato di dare precedenza alla propria convenienza rispetto a
quella degli utenti.
Se aggiungiamo a tutto questo la fatica di costruire da capo su Threads la
rete di amicizie, contatti e account seguiti su Twitter o su altri social
network, è comprensibile che l’arrivo di questo nuovo social network sia stato
accolto con parecchie espressioni di sfinimento.
Ma nel caso di Threads c’è una differenza importantissima rispetto a tutti i
social network commerciali precedenti e a quelli nascenti che tentano di
prendere il posto di Twitter, come per esempio Bluesky. Questa differenza si
chiama interoperabilità, ed è potenzialmente una rivoluzione nel modo
in cui usiamo i social network e tutta Internet.
Threads entra nel fediverso
Da pochi giorni su Threads è possibile fare una cosa che finora sembrava
impensabile: scambiare messaggi con chi è su Threads
senza dover essere iscritti a Threads.
Siamo ormai abituati all’idea, e ci sembra assolutamente normale e
inevitabile, che per comunicare con chi usa WhatsApp ci si debba iscrivere a
WhatsApp, per parlare con chi sta su Telegram ci si debba iscrivere a
Telegram, per seguire e commentare su Instagram si debba aprire un account su
Instagram, e così via. Il risultato è che ci troviamo a dover gestire una
caterva di app social, tutte incompatibili tra loro, e abbiamo su ciascun
social network tanti contatti, che non possono parlarsi tra loro e sono
costretti a restare dove sono perché i loro
contatti sono su quel social network.
È come se nella telefonia mobile chi ha uno smartphone Samsung potesse
telefonare solo agli altri possessori di telefoni della stessa marca e non
potesse assolutamente comunicare con chi ha un iPhone oppure un operatore
telefonico differente. Una situazione che sarebbe demenziale per il
consumatore, ma vantaggiosissima per le aziende, perché nessun loro cliente
oserebbe mai cambiare marca o operatore e passare alla concorrenza, perché
perderebbe tutti i propri contatti.
Con Threads non è così. Threads, infatti, sta iniziando a usare lo standard
aperto di comunicazione denominato
ActivityPub. È uno standard, più propriamente un protocollo,che permette
ai social network di diventare compatibili tra loro, ossia
interoperabili,e anche di federarsi, ossia consentire lo scambio di messaggi,ed è infatti già usato da molti servizi online, come Pixelfed, Peertube
o Mastodon e, da pochi giorni, anche da Flipboard. L’universo dei servizi uniti dal questo protocollo comune si chiama
fediverso.
Flipboard annuncia il proprio ingresso nel fediverso.
In sintesi, l’adozione dello standard ActivityPub permetterà di interagire con
gli utenti di Threads senza avere un account su Threads, usando
semplicemente la propria app social compatibile preferita per seguire e
commentare, e quindi senza dare dati personali e senza sorbirsi
pubblicità. Con l’interoperabilità tutti possono comunicare con tutti.
Uno dei primi account interoperabili in questo modo è quello di
Adam Mosseri, responsabile di Instagram, che può essere seguito da qualunque utente di
qualunque social network aderente allo standard ActivityPub. Mosseri ha
dichiarato,
ovviamente in una serie di post su Threads, che nel corso del 2024 tutti gli
account di questo social network potranno essere seguiti stando fuori da
Threads e usando qualunque app che aderisca allo standard, mentre chi sarà su
Threads potrà seguire anche chi ne sta fuori, per esempio su Mastodon, e potrà
comunicare in modo diretto e trasparente con tutti. Cosa ancora più
innovativa, un utente potrà abbandonare Threads e portare con sé altrove tutti
i propri follower.
Per esempio, io ho un account su Mastodon, che è uno dei social network che
aderiscono allo standard ActivityPub. Potrò seguire qualunque utente di Threads,
ma anche di Flipboard, Firefish, Pleroma, GoToSocial, Pixelfed, Lemmy,
PeerTube, Friendica o BookWyrm, standomene su Mastodon, usando la singola app
che preferisco, senza sorbirmi pubblicità e senza pagare per non vederla: mi
basterà aggiungere @threads.net dopo il nome dell’account Threads che
voglio seguire. Tutto qui.
[CLIP: Gandalf dal Signore degli Anelli: “un anello per domarli tutti, un
anello per trovarli, un anello per ghermirli e nell'oscurità
incatenarli” (colonna sonora musicale rimossa con Lalal.ai)]
Rischio fagocitazione?
Può sembrare tutto molto complicato, ma se ci pensate un momento noterete che
facciamo già tutti la stessa cosa con la mail senza batter ciglio: mandiamo
continuamente mail a gente che sta su server di posta diversi dal nostro.
Per esempio, chi ha una casella di mail su Gmail scambia messaggi con chi ce
l’ha su Hotmail o sul server di posta della propria azienda, e viceversa; quando vogliamo mandare una mail, scriviamo il nome dell’utente destinatario seguito
dal nome del server di posta di quel destinatario, che di solito è il nome del suo
sito. Per mandare una mail a me presso la RSI, per esempio, scrivete il mio
nome utente, che è paolo.attivissimo, seguito dal nome del server,
che è rsi.ch. Fra i due mettete una chiocciolina e il gioco è fatto.
La cosa vi sembra normalissima perché Internet è nata proprio per consentire agli utenti di qualunque dispositivo di comunicare tra loro: sono stati i
social network a erigere muri e recinti artificiali per impedire agli utenti
di andarsene o di comunicare con chi sta fuori.
In altre parole,
l’introduzione dell’interoperabilità su Threads significa che questi recinti
possono cadere e che non ci deve per forza essere un colosso unico, come Meta,
che diventa padrone e arbitro delle comunicazioni di miliardi di persone e
milioni di organizzazioni, testate e aziende. Tutti possono comunicare con
tutti, appunto, e possono farlo usando l’app che preferiscono, senza dover
sottoscrivere le regole di un gestore unico, accettare i suoi algoritmi, i
suoi account suggeriti da seguire, la sua moderazione arbitraria e la sua
profilazione commerciale. Per miliardi di persone online, questo è un
cambiamento enorme.
Threads sta entrando insomma nel fediverso, ma non tutti ne sono entusiasti.
Cento milioni di utenti che sbarcano di colpo nell’universo
dell’interoperabilità rischiano di sovraccaricare di traffico molti gestori di
servizi online abituati finora a numeri ben più modesti. E il traffico ha un
costo economico, che può diventare insostenibile per le isole più piccole
dell’arcipelago che costituisce il fediverso. Più che entrare nel
fediverso, Threads rischia di inglobarlo e fagocitarlo, travolgendo i gestori
alternativi con costi di traffico che Meta può sostenere con disinvoltura,
grazie agli introiti pubblicitari, ma che i gestori, spesso basati su donazioni
e volontariato, non possono sopportare.
Alcuni di questi gestori hanno già alzato barriere di silenziamento preventivo contro
Threads; altri si preparano allo tsunami di nuovi utenti, spammer e postatori
compulsivi di “buongiornissimo caffè” con video di gattini da dieci megabyte
l’uno. Il bello del fediverso è che ogni gestore, ogni istanza per
usare il termine tecnico,può scegliere la propria strategia in base
alle proprie risorse tecniche ed economiche
senza che ne facciano le spese i suoi utenti.
Ma se Meta rischia di essere il proverbiale elefante nella cristalleria,
allora non conviene semplicemente usare tutti Threads e lasciar perdere
Mastodon e tutti gli altri? Non è così semplice. In Europa, Meta potrebbe
entrare in conflitto con le norme contro il cosiddetto
self-preferencing, ossia il trattamento preferenziale che una piattaforma offre a un proprio
prodotto o servizio a scapito di quelli dei concorrenti [esempio su Agendadigitale.eu]. Threads, in altre
parole, ha ricevuto una spinta molto speciale dal fatto di essere legato a
Instagram. Mastodon e tutti gli altri servizi del fediverso non hanno questo
rischio di conflitto.
Sia come sia, oltre a Threads ci sono
tanti altri servizi online
che stanno annunciando l’adozione dello standard ActivityPub o l’hanno già adottato, e
il 2024 potrebbe essere l’anno in cui fediverso non è più la parola di
moda del momento ma diventa un’industria concreta e una trasformazione dalla
quale, una volta tanto, abbiamo benefici anche noi utenti.
Mark Zuckerberg ha annunciato che Threads ha superato il traguardo dei 100 milioni di iscritti, superando così anche il record storico di velocità di crescita di un servizio online (nel senso del tempo richiesto per arrivare a 100 milioni di utenti), che finora spettava a ChatGPT.
Twitter, invece, nei primi due giorni di disponibilità al pubblico di Threads ha perso il 5% di traffico rispetto agli stessi giorni della settimana precedente e l’11% rispetto a un anno fa.
Sembra proprio che Elon Musk stia facendo tutto quello che può per affossare
definitivamente Twitter. Durante il fine settimana ha
annunciato
(via Twitter, ovviamente) una “azione drastica e immediata” per reagire a quelli che ha definito
“livelli ESTREMI di data scraping”. A suo dire, le aziende che si
occupano di intelligenza artificiale stavano facendo scansioni pesanti di tutti
i tweet pubblicati (data scraping) per alimentare i propri software, e
questo stava obbligando Twitter a mettere online ulteriori server per gestire
questo traffico, con i costi che ne conseguivano.
Nell’ambito di questa azione, l’1 luglio scorso ha
imposto
dei limiti temporanei di lettura a tutti gli utenti: 6000 post al giorno per
gli utenti “verificati”, 600 post per quelli non verificati e 300 post per
quelli non verificati e nuovi. Poco dopo ha
portato
questi limiti a 10.000, 1000 e 500. Il risultato è che da tre giorni, ormai, Twitter è
praticamente inservibile.
Impedire agli utenti di leggere più di tanto il proprio social network pare
una mossa suicida: è come vendere un giornale vietando però di leggerne più di
quattro pagine al giorno. Gli inserzionisti pubblicitari, ovviamente, ne
risentono, perché gli utenti che raggiungono il limite di tweet letti (cosa
che succede facilmente) non possono vedere nulla, quindi neanche le
pubblicità, e così Twitter diventa ancora meno interessante come spazio
pubblicitario (già non è appetibile per via del caos e dell’aumentato odio
online; le vendite di inserzioni sono
scese del 59%
rispetto a un anno fa). Il limite, oltretutto, impedisce anche agli utenti di
ricevere le notifiche dei servizi di emergenza e ai giornalisti di leggere le
notizie via Twitter.
Un autogol enorme, insomma.
Un altro effetto di questa decisione di Musk è che Google ha
rimosso il 52% dei link
a Twitter, da 471 milioni di URL a 227, visto che i contenuti sono diventati
inaccessibili. E se non sei su Google, non sei nessuno.
Inoltre ora per vedere un tweet o un profilo Twitter è necessario avere un
account Twitter e avervi fatto login. Prima i tweet erano visibili a tutti.
2023/07/05 16:15. Sembra che l’obbligo di login stia scomparendo, secondo varie segnalazioni (Engadget).
---
Tutte queste limitazioni possono anche essere
viste come
l’ennesimo tentativo di Musk di convincere gli utenti a passare alla versione
a pagamento di Twitter. Infatti diecimila tweet al giorno (il limite per gli
utenti “verificati”, ossia paganti) sono un limite ragionevole; mille no.
C’è anche un’altra
ipotesi: la mossa
sarebbe dettata da problemi finanziari e tentativi di ridurre i costi. Sono
molte le bollette non pagate da Twitter per servizi erogatigli da vari
fornitori in tutto il mondo. Per esempio, sembra che Twitter abbia
rifiutato di
pagare la fattura per i servizi di Google Cloud e rinviato i pagamenti ad
Amazon Web Services, per poi
riprendere
i pagamenti a Google.
---
Un altro effetto di queste decisioni di Elon Musk è che
Tweetdeck, l’applicazione per power user di Twitter, ha sostanzialmente
smesso di funzionare (tutte le colonne diverse dalla Home
davano
solo un’icona di attesa di caricamento). La versione legacy è ora
irraggiungibile (il
trucchetto
che avevo descritto a febbraio 2023 non funziona più) e al suo posto viene
presentata la nuova versione, che è ufficiale ma è ancora etichettata “Anteprima” e va
sostanzialmente riconfigurata da capo, con una perdita di tempo inutile e
impostazioni demenziali.
Per esempio, la cosa che mi interessa di più, ossia i tweet degli account che
seguo, non c’è di default: bisogna aggiungere manualmente una colonna e
scegliere Cronologia principale, che è descritta come
Vedi prima i Tweet suggeriti, ma non è vero: non mostra i tweet
suggeriti dall’algoritmo (il “Per te” dell’app Twitter standard), ma mostra i
tweet degli account che ho deciso io di seguire. E comunque fra un mesetto
Tweetdeck sarà disponibile soltanto agli utenti paganti
(quelli che Twitter si ostina a chiamare “verificati” quando non lo sono).
Tweetdeck era una delle poche cose buone che rendeva sopportabile l’uso di
questa piattaforma; niente pubblicità, tutto ben visibile e facilmente
gestibile. Ora ho ancora meno motivi per passare tempo su Twitter. Se mi
scrivete lì, probabilmente non vi leggerò o lo farò con molto ritardo. Ci
vedremo su Mastodon o in questo blog. E forse, quando arriverà, anche su Threads (l’alternativa a Twitter di Meta, interoperabile con Mastodon).
2023/07/05 8:25. Secondo Independent.ie, Threads per ora non verrà lanciato nell’Unione Europea, ma solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Lo ha dichiarato un portavoce della Commissione per la Protezione dei dati irlandese. Threads importa dati da Instagram, e nell’UE Meta ha il divieto di riunire i dati personali provenienti da WhatsApp, Facebook e Instagram a scopi pubblicitari. Le norme sulla privacy britanniche e statunitensi, più deboli, invece consentono questa fusione di dati sanitari, finanziari, cronologie di navigazione, geolocalizzazione, acquisti, contatti e altre informazioni sensibili. Threads è anche nel Play Store di Google e ha un sito informativo/promozionale, Threads.net.
---
Fra le tante novità di Twitter, segnalo inoltre che ad aprile scorso è stata
attivata
anche la funzione di
monetizzazione: un utente può pubblicare dei tweet che verranno mostrati soltanto agli
altri utenti che gli pagano un abbonamento. Per il primo anno tutti gli incassi vanno all’utente; dopo Twitter si prenderà una percentuale.
A maggio, invece, Twitter ha abbandonato il codice di autoregolamentazione
europeo sulla disinformazione. Ma le leggi europee rimangono valide, e se
Twitter non lotta contro la disinformazione, a partire dal 25 agosto, quando
entra in vigore la nuova normativa europea del settore, potrebbe essere
bloccato in UE (BoingBoing; BBC).