Sta circolando la diceria, riportata da moltissime testate giornalistiche, che Elon Musk avrebbe dichiarato che X (quello che
una volta si chiamava Twitter) diventerà a pagamento per tutti. Non è così.
Tutto nasce da una dichiarazione fatta da Musk durante un incontro pubblico
con Benjamin Netanyahu,
trasmesso in streaming su X, a 34 minuti e 45 secondi dall’inizio (ringrazio Andrea Bettini
per quest’indicazione). Netanyahu chiede a Musk se esiste un modo per frenare
gli“eserciti di bot” che diffondono e amplificano l’odio, in
modo che se c’è un hater perlomeno agisca solo con la propria voce
invece di trovarsela amplificata dai bot.
Musk risponde dicendo:
“This is actually a super tough problem. And really, I'd say the single
most important reason that
we're moving to having a small monthly payment for use of the X system
is, it's the only way I can think of to combat vast armies of bots. Because
a bot costs a fraction of a penny, call it a tenth of a penny. But if
somebody even has to pay a few dollars or something, some minor amount, the
effective cost of bots is very high. And then you also have to get a new
payment method every time you have a new bot. So that actually, the
constraint of how many different credit cards you can find, even on the dark
web or whatever. And then, so, prioritizing posts that are written by
basically X Premium subscribers. And
we're actually going to come out with a lower tier pricing. So we
want it to be just a small amount of money...”
In altre parole, non ha detto che tutti gli account diventeranno a
pagamento: ha detto solo che X si sta spostando verso l’adozione di un piccolo
pagamento mensile per l’uso del sistema X e che X intende presentare
un’opzione con un prezzo inferiore. “Spostarsi” non significa “obbligare”.
Sembra, insomma, che Musk stia soltanto proponendo di aggiungere un’iscrizione
più a buon mercato per incentivare l’uso di X a pagamento, che attualmente
langue intorno allo
0,3% di tutti gli
utenti. E da come ne parla, non sembra che questa proposta sia già stata
discussa o pianificata in dettaglio: sembra più un’idea partorita sul momento.
Musk ha dimostrato ampiamente in passato di ventilare scenari che poi non si
concretizzano.
Le Community notes, ossia il debunking interno di X coordinato
dagli utenti, definiscono “ingannevoli” i post che parlano di un
passaggio di X a un modello a pagamento per tutti, precisando che
“in una recente intervista con il primo ministro di Israele, Elon ha
dichiarato che [X] introdurrà "una fascia tariffaria ridotta" per i membri
premium. Non c’è stato alcun riferimento a far pagare tutti per usare X”
(“Misleading post. In a recent interview with the PM of Israel, Elon stated
they will introduce "lower tier pricing" for premium members. There was
absolutely no mention of charging everyone to use X.”).
Elon Musk is reportedly considering the idea of charging everyone to use
Twitter/X pic.twitter.com/LKGtGNiLVW
Va detto che quest’ipotetica strategia sarebbe efficace contro i bot solo se
fosse un
pay-to-post universale; per contro, un pay-to-read sarebbe un
suicidio. Per dirla in altre parole: “a pagamento per tutti” significherebbe che bisognerebbe pagare anche solo per leggere i post. Significherebbe pagare semplicemente per avere un account X che permetta di seguire specifici account. Questo sarebbe un colossale autogol commerciale, l'equivalente di un paywall intorno a X. Quindi, a meno che Elon Musk non abbia intenzioni autodistruttive per X, parlare di “a pagamento per tutti” non ha assolutamente senso.
La questione sarebbe differente se si trattasse di un ipotetico canone per poter postare (e/o mettere like, fare repost o commenti); ma a quel punto non sarebbe più un “per tutti”.
Ieri sera mi è arrivata la classica goccia che fa traboccare il vaso: come
preannunciato, Tweetdeck, l’interfaccia Web che rendeva usabile e utile Twitter, pardon X,
è stata chiusa agli utenti non paganti.
Da ieri, digitando tweetdeck.twitter.com si viene rediretti su
twitter.com/i/premium_sign_up, dove c’è l’invito ad abbonarsi a
Twitter/X a pagamento.
Senza Tweetdeck mi è impossibile monitorare le notizie su Twitter/X come ho
fatto per anni, trovando tantissime informazioni preziose che ho poi condiviso
con voi. L’interfaccia Web per gli utenti non paganti è inutilizzabile, con il
suo obbligo di refresh manuale, e il
limite
al numero di post che si può leggere è un disastro.
Tutto questo è aggirabile, lo so, ma a un certo punto gli ostacoli sono
talmente tanti che finisce la pazienza e si lascia perdere. Oltretutto
Mastodon sta crescendo bene e lì trovo moltissimi degli account che seguivo su
Twitter/X.
Potrei pagare l’abbonamento a Twitter/X e risolvere tutto, certo. Mi terrei un
pubblico piuttosto ampio (circa 416.000 follower), e le allerte antibufala e
gli avvisi di sicurezza arriverebbero a più gente (visto che Twitter/X, limita
la diffusione dei tweet degli utenti non paganti).
Ma mi fa ribrezzo l’idea di alimentare economicamente (e, nel mio piccolo, con
la mia presenza e i miei contenuti) questa progressiva, inesorabile
enshittification
di un servizio che una volta era così prezioso e utile ma che ormai è
diventato la piattaforma personale di propaganda di un Elon Musk sempre più
paranoico e dissociato dalla realtà, che è arrivato a bloccare anche i suoi
follower più leali (come
Fred Lambert) al minimo sentore di dissidenza intanto che proclama di essere un paladino
della libertà di espressione.
Riassumo qui le principali gocce dello stillicidio:
24 luglio: Twitter cambia nome e diventa semplicemente X. Il
rebranding è molto parziale, con un logo improvvisato e con
un’interfaccia piena di riferimenti al vecchio nome. Concetti e parole che
ormai fanno parte della storia di Internet, come tweetare, sono stati
gettati dalla finestra e non hanno un rimpiazzo: come si dirà mandare un
messaggio su X? "Xare"? (Gizmodo). Il cambio di nome non tiene conto delle regole dell’App Store di
Apple, che non consente nomi di app con meno di
due lettere, e quindi viene respinto da Apple; nei giorni successivi viene trovato un
accordo (Ars Technica). Il logo di Twitter viene smontato dalla facciata del quartier
generale dell’azienda a San Francisco, bloccando il traffico per i lavori
senza nessuna misura di sicurezza e senza aver notificato le autorità, che
interrompono lo smontaggio a metà. Sul tetto dell’edificio viene invece
montata in fretta e furia una gigantesca X iperluminosa, anche qui senza i
relativi permessi, e viene rimossa dopo le lamentele dei vicini abbagliati e
le preoccupazioni per la sua precarietà (Gizmodo;
Ars Technica).
26 luglio: X intima agli inserzionisti di spendere almeno 1000 dollari al
mese se vogliono mantenere il proprio status di “verificato” su X (Engadget).
26 luglio: l’Indonesia blocca X.com, il sito di Musk ora legato a Twitter/X,
perché il nome richiama i siti pornografici e viola le leggi locali contro
la pornografia e il gioco d’azzardo (Gizmodo).
26 luglio: Twitter toglie senza preavviso l’account @X all’utente che
l’aveva aperto nel 2007, Gene X Hwang (Engadget;
Ars Technica).
2 agosto: pagare per usare X è talmente impopolare che X rende possibile
nascondere il “bollino blu” che indica un utente pagante (Ars Technica). Tweetdeck diventa XPro (Engadget).
7 agosto: X toglie e prende per sé, senza preavviso, il nome di account
@music a chi lo aveva creato 16 anni fa e lo aveva fatto crescere
fino ad avere oltre 500.000 follower (Overclock3d).
15 agosto: X ha rallentato intenzionalmente e selettivamente di cinque
secondi il caricamento di alcuni siti di notizie e social network linkati
nei post su X. Sembra che si tratti dei siti che non vanno a genio a Musk:
per esempio Reuters, New York Times, Mastodon, Facebook, Threads e Bluesky.
In pratica X fa perdere tempo ai propri utenti pur di danneggiare i
concorrenti e i siti di notizie che criticano Musk. Se un sito è lento a
caricarsi, gli utenti facilmente smettono di aspettare e vanno altrove;
inoltre quando un sito si carica lentamente, Google ne abbassa il
ranking (Engadget;
Gizmodo; Hacker News).
Sono stati ripristinati su X gli account precedentemente bannati di numerosi
neonazisti, disinformatori seriali, antisemiti (esempio qui sotto),
antivaccinisti, misogini e omofobi (Washington Post), come Kanye West (BBC), o di persone che hanno diffuso immagini di abusi su bambini, come Dom
Lucre (Gizmodo;
BoingBoing). A luglio 2023, Twitter/X ha pagato oltre 20.000 dollari a Andrew
Tate, un influencer agli arresti domiciliari in Romania con l’accusa di
stupro, traffico di esseri umani e associazione a delinquere finalizzata
allo sfruttamento sessuale di donne. Il pagamento è legato alla nuova
formula di monetizzazione pubblicitaria di Twitter, che paga gli utenti
abbonati se i loro tweet sono popolari e veicolano pubblicità (BoingBoing). Intanto si accumulano gli studi che indicano che le parole di odio
su X sono in continuo aumento (Bloomberg
(paywall);
Ars Technica;
Gizmodo). Anche Elon Musk diffonde teorie complottiste sui vaccini tramite X
(BBC); quando il suo
post viene segnalato e corretto dagli utenti con una nota pubblica, Musk fa
rimuovere la nota (Gizmodo). A fine 2022, Musk aveva diffuso su Twitter accuse infondate di
pedofilia rivolte a Yoel Roth, ex direttore del trust and safety di
Twitter. Roth era stato costretto ad abbandonare di corsa la propria casa in
seguito alle minacce di morte scaturite da queste accuse (Gizmodo). Sempre a fine 2022, gli inserzionisti hanno scoperto che le loro
pubblicità comparivano accanto a tweet che promuovevano contenuti di abusi
su minori (Gizmodo;
Reuters via Business Insider); il fenomeno persiste anche a luglio 2023 (Engadget;
Media Matters).
Su oltre 9000 scienziati che hanno risposto alla richiesta della rivista
Nature, più della metà usa X meno di prima, il 7% ha smesso del tutto
e il 46% ha aperto account su altri social network (Andrea Bettini/Nature).
Il 18 agosto Elon Musk sembra aver annunciato
che la funzione di blocco su X verrà eliminata. La questione è complicata ed
espressa vagamente: la approfondisco qui sotto.
Il 20 agosto un errore di gestione del dominio t.co usato da X come
abbreviatore di URL ha fatto scomparire foto e link inclusi nei post fatti
prima di dicembre 2014 (Guardian/TomCoates).
Il 21 agosto, PC Magazine ha pubblicato un
articolo
secondo il quale X richiederà agli utenti paganti di inviare un selfie fatto
inquadrando un documento di identità; i dati personali verranno gestiti da
una società israeliana, AU10TIX, che li custodirà per un massimo di 30
giorni. Molti dei dipendenti della società hanno legami con
l’intelligence israeliana (Aljazeera). Questa decisione sembra contraddire il
proposito
originale di Musk di
garantire
l’identità degli utenti tramite l’autenticazione fornita dall’uso di una
carta di credito per pagare l’abbonamento a X.
"Still about those disgusting Jews.... Sad
that no one talks about the 80 million victims of the second war, they are
probably "worse" than this Jewish vermin. May they burn in hell, phooey."
Twitter non era un paradiso neanche prima di Musk, ma adesso è diventato una
fogna impresentabile e inutilizzabile. Per cui a questo punto faccio una breve
comunicazione di servizio:
non scrivetemi pubblicamente su Twitter/X, non vi leggerò (vedrò solo i
messaggi diretti, ma con molto ritardo).
La finestra di Twitter che ho tenuto sempre aperta sul mio monitor per più di
un decennio non funziona più. Un paio di volte al giorno scorrerò i tweet
delle persone e delle organizzazioni che seguo, finché non scatterà il limite
dei tweet leggibili giornalieri. Pubblicherò ancora qualche tweet per
annunciare eventi e per segnalare notizie importanti o bufale, ma la mia
interazione con Twitter sarà sostanzialmente inesistente. Non elimino il mio
account per non buttare via sedici anni di messaggi e per non rendere
illeggibili le tante conversazioni belle e le (meno numerose) discussioni
accese alle quali ho partecipato. Ma per quel che mi riguarda, Twitter è
morto. Riposi in pace, se può.
Sono attivo, invece, su Mastodon, dove il mio account è
https://mastodon.uno/@ildisinformatico, leggibile da chiunque, gratis, senza limitazioni o filtri e senza
pubblicità ficcate in gola.
Ho circa 8600 follower, pochi rispetto ai 400.000 su X, ma è un inizio. Meglio
pochi ma buoni. E in effetti su Mastodon, almeno per ora, si respira un’aria
differente: gli hater sono quasi inesistenti, i contenuti sono di
altissimo livello e tutti possono editare i propri post senza dover pagare
abbonamenti a personaggi discutibili.
Prevengo l’inevitabile domanda: si può criticare Elon Musk e al tempo stesso
apprezzare Tesla e SpaceX per i loro meriti tecnici. Sono aziende separate
gestite in maniere separate, e a capo di SpaceX e Tesla ci sono persone
capaci. A capo di Twitter no. Certo, in teoria Musk potrebbe tentare di dare
direttive idiote o suicide anche a queste aziende, ma ci sono leggi
(specialmente a tutela dei consumatori, nel caso delle auto) che lo rendono
poco conveniente se non punibile. In ogni caso, sta diventando difficile, se
non imbarazzante, avere o pensare di avere una Tesla (ne ho una, di seconda
mano, e non ho intenzione di sbarazzarmene).
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Il blocco del Blocca
2023/08/20 18:20. Come accennavo sopra, Musk ha
annunciato il 18 agosto che la funzione di blocco verrà eliminata come
feature, salvo per i messaggi diretti (“Block is going to be deleted as a “feature”, except for DMs”). Le parole che ha usato sono piuttosto ambigue, ma sembrano voler dire che
non ci sarà più modo su X di bloccare spammer, hater, molestatori e postatori
di contenuti osceni o offensivi sotto i propri post. In altre parole, gli
utenti saranno obbligati a interagire con le persone peggiori
possibili.
Questa decisione, fra l’altro, secondo molte interpretazioni sarebbe contraria
alle
regole dell’App Store di Apple, che
prevedono
l’obbligo di una funzione che
“permetta di bloccare gli utenti molesti” (BBC). Idem per le
regole
del Play Store di Google. Secondo
altre interpretazioni, l’obbligo riguarderebbe la possibilità del sito di bloccare (bannare) un
utente, non il blocco di un utente da parte di un altro, e si cita a supporto
il caso di Slack facendo notare che Slack sta introducendo questo blocco solo
ora, pur essendo negli app store da un decennio.
Resterebbe la funzione Mute (Silenzia), che però silenzia un
hater o stalker o altro idiota soltanto per l’utente ma non impedisce al
suddetto idiota di vedere i follower di quell’utente e di molestarli o
perseguitarli o di intervenire in un thread e fare spamming o creare
scompiglio o disinformazione.
Le motivazioni e l’utilità di questa decisione di Elon Musk non sono chiare, e
conviene come al solito aspettare di vedere cosa verrà fatto in concreto, ma
l’idea di essere di nuovo presi di mira da tutte le persone odiose che abbiamo
bloccato per ottime ragioni in tutti questi anni su Twitter sembra un
ulteriore motivo per smettere di usare Twitter/X.
2023/08/21 22:20. L’attore James Woods, un tempo sostenitore di
Musk, ha avuto un battibecco online (ovviamente su X) con Musk stesso, a
proposito della decisione di Musk di rimuovere la possibilità di bloccare un
utente. La discussione si è conclusa quando
Musk ha bloccato Woods. Quod erat demonstrandum.
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2023/08/23. Twitter/X ha subìto un “drastico calo” della sua popolarità negli app store e in altri sistemi di misura della findability (facilità di trovare qualcosa). Chi cerca il vecchio nome, che è ancora largamente in uso nei media e fra gli utenti, adesso trova pubblicità di concorrenti e spam pubblicitario. Cercare la lettera X, fra l’altro, è semplicemente impossibile. La follia di liquidare un marchio conosciutissimo ed esistente da quasi vent’anni è palese (BoingBoing).
Twitter/X intende inoltre “togliere i titoli e le informazioni descrittive dai link condivisi su questo servizio”. Un post su X mostrerà soltanto l’immagine associata alla notizia linkata (Fortune tramite BoingBoing).
Mark Zuckerberg ha annunciato che Threads ha superato il traguardo dei 100 milioni di iscritti, superando così anche il record storico di velocità di crescita di un servizio online (nel senso del tempo richiesto per arrivare a 100 milioni di utenti), che finora spettava a ChatGPT.
Twitter, invece, nei primi due giorni di disponibilità al pubblico di Threads ha perso il 5% di traffico rispetto agli stessi giorni della settimana precedente e l’11% rispetto a un anno fa.
La confusione regna sovrana su Twitter. Qualche giorno fa (4 luglio) avevo scritto che gli utenti erano stati costretti a passare alla nuova versione di Tweetdeck ed era sparita l’opzione di tornare alla versione vecchia (quella che funzionava bene e aveva più funzioni).
Sembra proprio che Elon Musk stia facendo tutto quello che può per affossare
definitivamente Twitter. Durante il fine settimana ha
annunciato
(via Twitter, ovviamente) una “azione drastica e immediata” per reagire a quelli che ha definito
“livelli ESTREMI di data scraping”. A suo dire, le aziende che si
occupano di intelligenza artificiale stavano facendo scansioni pesanti di tutti
i tweet pubblicati (data scraping) per alimentare i propri software, e
questo stava obbligando Twitter a mettere online ulteriori server per gestire
questo traffico, con i costi che ne conseguivano.
Nell’ambito di questa azione, l’1 luglio scorso ha
imposto
dei limiti temporanei di lettura a tutti gli utenti: 6000 post al giorno per
gli utenti “verificati”, 600 post per quelli non verificati e 300 post per
quelli non verificati e nuovi. Poco dopo ha
portato
questi limiti a 10.000, 1000 e 500. Il risultato è che da tre giorni, ormai, Twitter è
praticamente inservibile.
Impedire agli utenti di leggere più di tanto il proprio social network pare
una mossa suicida: è come vendere un giornale vietando però di leggerne più di
quattro pagine al giorno. Gli inserzionisti pubblicitari, ovviamente, ne
risentono, perché gli utenti che raggiungono il limite di tweet letti (cosa
che succede facilmente) non possono vedere nulla, quindi neanche le
pubblicità, e così Twitter diventa ancora meno interessante come spazio
pubblicitario (già non è appetibile per via del caos e dell’aumentato odio
online; le vendite di inserzioni sono
scese del 59%
rispetto a un anno fa). Il limite, oltretutto, impedisce anche agli utenti di
ricevere le notifiche dei servizi di emergenza e ai giornalisti di leggere le
notizie via Twitter.
Un autogol enorme, insomma.
Un altro effetto di questa decisione di Musk è che Google ha
rimosso il 52% dei link
a Twitter, da 471 milioni di URL a 227, visto che i contenuti sono diventati
inaccessibili. E se non sei su Google, non sei nessuno.
Inoltre ora per vedere un tweet o un profilo Twitter è necessario avere un
account Twitter e avervi fatto login. Prima i tweet erano visibili a tutti.
2023/07/05 16:15. Sembra che l’obbligo di login stia scomparendo, secondo varie segnalazioni (Engadget).
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Tutte queste limitazioni possono anche essere
viste come
l’ennesimo tentativo di Musk di convincere gli utenti a passare alla versione
a pagamento di Twitter. Infatti diecimila tweet al giorno (il limite per gli
utenti “verificati”, ossia paganti) sono un limite ragionevole; mille no.
C’è anche un’altra
ipotesi: la mossa
sarebbe dettata da problemi finanziari e tentativi di ridurre i costi. Sono
molte le bollette non pagate da Twitter per servizi erogatigli da vari
fornitori in tutto il mondo. Per esempio, sembra che Twitter abbia
rifiutato di
pagare la fattura per i servizi di Google Cloud e rinviato i pagamenti ad
Amazon Web Services, per poi
riprendere
i pagamenti a Google.
---
Un altro effetto di queste decisioni di Elon Musk è che
Tweetdeck, l’applicazione per power user di Twitter, ha sostanzialmente
smesso di funzionare (tutte le colonne diverse dalla Home
davano
solo un’icona di attesa di caricamento). La versione legacy è ora
irraggiungibile (il
trucchetto
che avevo descritto a febbraio 2023 non funziona più) e al suo posto viene
presentata la nuova versione, che è ufficiale ma è ancora etichettata “Anteprima” e va
sostanzialmente riconfigurata da capo, con una perdita di tempo inutile e
impostazioni demenziali.
Per esempio, la cosa che mi interessa di più, ossia i tweet degli account che
seguo, non c’è di default: bisogna aggiungere manualmente una colonna e
scegliere Cronologia principale, che è descritta come
Vedi prima i Tweet suggeriti, ma non è vero: non mostra i tweet
suggeriti dall’algoritmo (il “Per te” dell’app Twitter standard), ma mostra i
tweet degli account che ho deciso io di seguire. E comunque fra un mesetto
Tweetdeck sarà disponibile soltanto agli utenti paganti
(quelli che Twitter si ostina a chiamare “verificati” quando non lo sono).
Tweetdeck era una delle poche cose buone che rendeva sopportabile l’uso di
questa piattaforma; niente pubblicità, tutto ben visibile e facilmente
gestibile. Ora ho ancora meno motivi per passare tempo su Twitter. Se mi
scrivete lì, probabilmente non vi leggerò o lo farò con molto ritardo. Ci
vedremo su Mastodon o in questo blog. E forse, quando arriverà, anche su Threads (l’alternativa a Twitter di Meta, interoperabile con Mastodon).
2023/07/05 8:25. Secondo Independent.ie, Threads per ora non verrà lanciato nell’Unione Europea, ma solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Lo ha dichiarato un portavoce della Commissione per la Protezione dei dati irlandese. Threads importa dati da Instagram, e nell’UE Meta ha il divieto di riunire i dati personali provenienti da WhatsApp, Facebook e Instagram a scopi pubblicitari. Le norme sulla privacy britanniche e statunitensi, più deboli, invece consentono questa fusione di dati sanitari, finanziari, cronologie di navigazione, geolocalizzazione, acquisti, contatti e altre informazioni sensibili. Threads è anche nel Play Store di Google e ha un sito informativo/promozionale, Threads.net.
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Fra le tante novità di Twitter, segnalo inoltre che ad aprile scorso è stata
attivata
anche la funzione di
monetizzazione: un utente può pubblicare dei tweet che verranno mostrati soltanto agli
altri utenti che gli pagano un abbonamento. Per il primo anno tutti gli incassi vanno all’utente; dopo Twitter si prenderà una percentuale.
A maggio, invece, Twitter ha abbandonato il codice di autoregolamentazione
europeo sulla disinformazione. Ma le leggi europee rimangono valide, e se
Twitter non lotta contro la disinformazione, a partire dal 25 agosto, quando
entra in vigore la nuova normativa europea del settore, potrebbe essere
bloccato in UE (BoingBoing; BBC).
Elon Musk ha
annunciato
pochi giorni fa un nuovo cambiamento di Twitter molto controverso: gli account
che non hanno avuto alcuna attività per vari anni verranno eliminati e i loro
nomi torneranno a essere disponibili.
La “purga”, per citare il termine usato da
Musk (“We’re purging accounts that have had no activity at all for several years,
so you will probably see follower count drop”), è già in corso, e stando ad alcuni
tweet di
Elon Musk risalenti a dicembre 2022 potrebbe riguardare addirittura un miliardo e mezzo di
account che per anni non hanno pubblicato tweet e non hanno fatto login (“Twitter will soon start freeing the name space of 1.5 billion accounts”;
“These are obvious account deletions with no tweets & no log in for
years”).
Ma questa decisione comporta dei problemi tecnici e umani notevoli. Utenti
Twitter di spicco, come
John Carmack,
famosissimo sviluppatore di videogiochi fondamentali come
Wolfenstein 3D, Doom e Quake, hanno
chiesto
a Musk di ripensarci:
I may be reading this incorrectly, but if you are actually deleting inactive
accounts and all their historic tweets, I would STRONGLY urge you to
reconsider.
Letting people know how many “active” followers they
have is good information, but deleting the output of inactive accounts would
be terrible. I still see people liking ten year old tweets I made, but the
threads are already often fragmented with deleted or unavailable tweets. Don’t
make it worse!
Some may scoff at any allusion between Twitter and
ancient libraries, but while the burning of the library of Alexandria was a
tragedy, scrolls and books that were tossed in the trash just because nobody
wanted to keep them are kind of worse.
Save it all!
Eliminare gli account che sono inattivi da diversi anni significa infatti
cancellare interi pezzi di storia di Internet, rendendo illeggibili tante
conversazioni importanti fatte su Twitter negli anni scorsi. Significa anche
che gli account Twitter delle persone decedute verranno brutalmente
cancellati, privando i familiari del ricordo delle parole scritte e delle
immagini pubblicate da chi non c’è più. Rischiano di sparire anche tutti i contenuti pubblicati negli
account delle persone famose non più in vita, con milioni di follower (Chadwick Boseman, per esempio).
Il problema è delicato anche per le aziende che non esistono più e per le
tante persone famose ancora in vita che hanno smesso di usare Twitter negli
anni scorsi e non vi scrivono più nulla: stando a quello che ha dichiarato
Elon Musk, i loro account verrebbero eliminati e i loro nomi utente
tornerebbero disponibili, con un evidentissimo rischio di furto di identità e di creazione
di equivoci e di impostori molto credibili.
Twitter non ha pubblicato dettagli tecnici su come e in quanto tempo verrà
effettuata questa eliminazione di massa: se si scrive all’indirizzo di mail
riservato alla stampa, ossia press@twitter.com, da
marzo scorso
si ottiene come unica risposta automatica l’emoji dell’escremento. Cosa di cui Musk sembra andare orgoglioso, visto che ha annunciato l’introduzione di questo
comportamento a marzo scorso con un apposito
tweet
(“press@twitter.com now auto responds with💩”).
Tutto quello che si sa, per ora, è che Musk ha
dichiarato
che “gli account verranno archiviati”, ma non si sa come verrà fatta
questa archiviazione, se i tweet archiviati saranno consultabili e quali
saranno gli effetti sui tweet incorporati o embeddati nelle pagine Web
per citarli.
Musk ha inoltre
aggiunto
che “è importante liberare i nomi utente abbandonati” (gli
handle
o username sono i nomi utente, ossia quelli che iniziano con il simbolo
della chiocciolina, e non vanno confusi con i display name). Si sa
anche che pochi giorni fa sono cambiate in sordina le
Norme sugli account inattivi
di Twitter:
prima
dicevano che era necessario fare almeno un login ogni sei mesi, ma adesso
dicono che bisogna “effettuare l'accesso almeno ogni 30 giorni”.
C’è insomma poca chiarezza, e la questione diventa particolarmente urgente per
i tanti casi in cui una persona è deceduta senza lasciare le credenziali di
accesso dell’account ai propri eredi, che quindi non possono neanche
effettuare un accesso periodico per tenere attivo quell’account in modo
fittizio e sottrarlo alla purga. Twitter per ora non ha annunciato nessuna opzione per
trasformare un account facendolo diventare commemorativo, come si fa da tempo
per esempio su
Facebook.
Se volete salvare dall’eliminazione un account Twitter inattivo, conviene che vi
muoviate in fretta. Se avete i codici di accesso all’account, potete
scaricarne una copia completa seguendo le
istruzioni
pubblicate sul sito di Twitter. Potete poi
caricare
questa copia su Archive.org oppure passare da
Tweetarchivist.com o
Tinysubversions.com
per renderla pubblicamente consultabile.
Se invece non avete la password di un account, potete usare dei servizi a
pagamento, come
Twtdata, per scaricare
una copia di tutti i tweet pubblici di un utente, oppure immettere
twitter.com/nomeutente nella casella Wayback Machine di
Archive.org. Questo vi permetterà di sfogliare le copie archiviate automaticamente dei tweet pubblici
di quell’utente. Non è un rimedio perfetto, ma è meglio di niente.
La campagna social “Open to Meraviglia” del Ministero del Turismo italiano, che già nel titolo rigurgita
una mostruosità linguistica, è chiaramente gestita da gente che ha qualche
difficoltà con i social e la pianificazione. Eppure la gente in questione è il
Gruppo Armando Testa, che si definisce
“il più grande gruppo italiano di comunicazione del mondo”, affiancato
da Almaviva, che si dichiara
“leader nell’Intelligenza Artificiale (AI), nell’analisi del linguaggio
naturale e nei servizi Big Data”.
I disastri che sono emersi man mano in questa campagna sono talmente tanti che
ho dovuto dividere questo articolo in capitoli per raccontare per bene una delle
figuracce più epiche nella storia della comunicazione digitale.
Capitolo 1. Il nick Venereitalia23 non registrato nei social
Sul sito del Gruppo Armando Testa, linkato sopra, viene detto che la
campagna digitale
“vivrà nel profilo Instagram venereitalia23, nel sito Italia.it e nelle
altre piattaforme social”.
Nel video promozionale creato per il Ministero del Turismo italiano si vede
ripetutamente che la Venere botticelliana animata digitalmente ha come account
social
Venereitalia23. E questo nome di account viene anche citato direttamente dalla voce di “Venere” nel video:
“su Instagram, Linkedin e tutti i social sarò Venereitalia23” (https://www.youtube.com/watch?v=EOw57LXR-_M).
Il 26 aprile il video è stato reso privato, ma nel frattempo ne ho scaricato una copia e ripubblico qui sotto gli screenshot pertinenti.
Beh, non sarà Venereitalia23 su proprio tutti i social. Infatti i coordinatori della campagna,
sbadatelli, si sono dimenticati di registrare il nome Venereitalia23 su
Twitter, YouTube e Facebook prima di avviare la campagna, come si dovrebbe invece fare per un’ovvia misura standard di brand protection. Lo ha fatto al posto loro qualcun altro.
Già con questo scivolone il divertimento è assicurato. Ma non è tutto.
Capitolo 2. Il nome di dominio “dimenticato”
A quanto risulta al momento, sembra che gli organizzatori della campagna si
siano dimenticati anche di registrarsi il nome di dominio italiano dello
slogan, ossia
Opentomeraviglia.it.
Secondo i dati pubblicamente consultabili di Whois, questo nome di dominio
risulta intestato attualmente a tale Filippo Giustini ed è attualmente un
redirect che porta alla società Marketing Toys in provincia di Firenze,
alla quale vanno i miei complimenti per la
“fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione” (cit.;
grazie a
@i_poteri_forti
per la segnalazione del redirect).
Questo è un indicatore di un metodo di lavoro poco professionale, perché
WhatsApp normalmente applica una compressione fortissima alle immagini
scambiate e quindi è un pessimo metodo per inviare immagini destinate alla
pubblicazione su un sito. Nel frattempo, i nomi dei file sul sito del
Ministero sono stati cambiati.
Ma rispetto a un altro fatto bizzarro che è stato rilevato, tutto questo è
quasi trascurabile.
Capitolo 4. Le immagini dell’Italia girate in Slovenia
Successivamente è emerso che
alcune delle immagini che dovrebbero raffigurare le bellezze dell’Italia
sono in realtà state girate fuori Italia, in Slovenia, e sono riprese stock, secondo quanto segnala Selvaggia
Lucarelli (https://twitter.com/stanzaselvaggia/status/1650020739779555328).
Selvaggia Lucarelli su Twitter ha anche pubblicato il link al video stock su
Artgrid, consentendo a tutti di confrontare le immagini dello spot con quelle
di Artgrid e della cantina Čotar. Gli spezzoni video stock di Artgrid sono
intitolati Wine Tasting with Friends (https://artgrid.io/story/26708/wine-tasting-with-friends
; https://cotar.si/).
Nelle anteprime di questi spezzoni se ne notano alcune che mostrano
esattamente la stessa ambientazione, la stessa inquadratura e le stesse
persone presenti nel video a 27 secondi dall’inizio.
La pagina delle anteprime degli spezzoni video su Artgrid. Notate l’ultima
riga in basso.
Dettagli dell’anteprima centrale dell’ultima riga.
Fotogramma del video ufficiale a 27 secondi dall’inizio.
I lettori mi segnalano che Triesteprima.it ha confermato la localizzazione
slovena delle riprese:
“La scena della cantina in cui brinda un gruppo di amici è stata infatti
girata da Cotar a Gorjansko, a pochi chilometri da Trieste. Non solo, come
rivelato dal produttore e regista triestino dell'agenzia creativa Terroir
Films, Massimiliano Milic, che ha reso pubblica la gaffe del Ministero, la
clip è stata presa da Artgrid, un archivo stock, ed è firmata da Hans Peter
Scheep. "Me ne sono accorto perché, scorrendo le immagini del filmato, ho
visto persone che conosco. Inoltre ho riconosciuto sia la corte che
l'etichetta di Cotar", spiega Milic.”
(https://www.triesteprima.it/cronaca/open-to-meraviglia-spot-slovenia-.html).
Capitolo 5. La città di Brindisi diventa Toast, Camerino diventa Garderobe e
Sutera diventa Homosexuell
La farsa non finisce qui. Sempre Lucarelli
segnala
che il sito ufficiale della campagna Open to Meraviglia, ossia
Italia.it, ospita traduzioni in tedesco nelle quali
sono stati tradotti letteralmente i nomi delle località, per cui
Brindisi è diventata Toast, Fermo è diventa Stillstand, Prato è
diventata Rasen, Cento è diventata Hundert, Scalea è diventata
Treppe, e Camerino è diventata Garderobe, e così via.
Screenshot della pagina dedicata a Garderobe (Camerino) su Italia.it.
Le traduzioni, se così si possono chiamare, sono opera della società Almawave,
che il 9 febbraio 2023 se ne era vantata in un comunicato stampa con queste parole fatidiche (ho
aggiunto io il grassetto):
Almawave S.p.A, società del Gruppo Almaviva, quotata sul mercato Euronext
Growth Milan (Ticker: AIW), leader nell’Intelligenza Artificiale (AI),
nell’analisi del linguaggio naturale e nei servizi Big Data, si è aggiudicata
la gara indetta dal Ministero del Turismo relativa alla fornitura di
tecnologie di machine translation (traduzione automatica), basate
sull’Intelligenza Artificiale.
Il contratto, della durata di tre anni, permetterà la traduzione multilingua
dei contenuti del sito ufficiale del turismo italiano www.italia.it.
Grazie alle tecnologie di AI e ai modelli di machine translation del Gruppo
Almawave, opportunamente addestrati e integrati con servizi professionali
per garantirne la massima qualità, il Ministero del Turismo potrà disporre di un servizio di traduzione
automatizzata di tutte le notizie e informazioni che saranno pubblicate sul
portale. Le lingue abilitate saranno l’inglese, lo spagnolo, il francese, il
tedesco e il portoghese.
Lucarelli non ha pubblicato i link alle pagine specifiche, ma li aggiungo io
qui sotto, insieme ad altre località trovate dai lettori, fra le quali spicca
un assolutamente epico Homosexuell come traduzione di “massima qualità”
del nome della località sicula Sutera (grazie
Adriano; grazie
La Regione Ticino).
Ho incluso anche i link alle copie permanenti di queste perle e ho
riordinato il tutto in ordine alfabetico tedesco:
Fortunatamente, Lecco,
Troia e Bellano non
figurano tra le traduzioni letterali in tedesco.
Nelle ore successive alla diffusione della notizia di questi disastri
linguistici, che hanno tutti i segni di una tipica traduzione fatta da un
software di intelligenza artificiale usato senza la minima revisione da parte
di una persona linguisticamente competente, dal sito Italia.it è scomparsa
completamente l’opzione di scelta della lingua tedesca e le pagine sono
diventate inaccessibili. Ma Internet non dimentica e le copie d’archivio
persistono.
Prima...
... e dopo.
Adriano Pedrana
ha salvato su Archive.org l’elenco completo dei link ora rimossi:
Nella versione inglese, invece, spiccano errori madornali come
italian e italians scritto in minuscolo. In inglese tutti i
sostantivi e aggettivi riferiti alle lingue e ai popoli vanno in maiuscolo: è
una nozione da scuola media. Si scrive, per esempio,
Do you speak English? Are you French? (https://www.italia.it/en;
https://www.italia.it/en/open-to-meraviglia).
Capitolo 6. Gli errori nel testo
Bufale un tanto al chilo nota che è sbagliata l’affermazione fatta nel video, ossia che l’Italia sia “lo 0,5% della superficie terrestre”. Il valore reale è meno della metà, ossia lo 0,2%.
Ultimo aggiornamento: 2023/04/16 23:10. Le puntate precedenti di questa cronologia sono qui: prima,
seconda,
terza,
quarta, quinta.
Il ricercatore Travis Brown ha pubblicato un elenco aggiornato degli account Twitter che finora hanno perso la spunta blu “legacy” di autenticazione e non hanno chiesto quella a pagamento (che, ricordo, non autentica nulla). Sono 1402 account su un totale di circa 408.000. La Grande Purga,
dice Elon Musk, dovrebbe concludersi il 20 aprile, ma per farlo dovrà procedere molto più speditamente.
Come
preannunciato
dall’azienda il 2 febbraio scorso, Twitter sta disattivando l’accesso gratuito
alla sua API e lo sta facendo diventare a pagamento. Di conseguenza, molti
servizi informativi di Twitter chiuderanno o stanno già chiudendo.
La API (Application Programming Interface) è, semplificando, un
linguaggio comune che permette ai programmi di parlarsi tra loro. Consente per
esempio di creare programmi che mandino automaticamente istruzioni a Twitter
per pubblicare un post o rispondere con dei dati a un tweet. Moltissimi
servizi amatoriali e accademici usano questa tecnica per diffondere le proprie
informazioni. Si va dal frivolo (una foto di opossum ogni ora, presso
@PossumEveryHour)
all’essenziale (gli avvisi meteo, gli allarmi per gli tsunami di
@nws_ntwc).
NWS offices across the U.S. are posting messages saying they can no longer use Twitter to provide all weather warnings in real-time pic.twitter.com/t0Lba7Se9x
Tantissimi account di comunicazione scientifica e accademica in generale, di
arte, di poesia, di assistenza ai disabili, di allerta sismica dovranno
sospendere le pubblicazioni perché non possono permettersi di pagare o hanno
restrizioni legali che impediscono di farlo:
Slate
ha pubblicato un elenco molto ampio di questi servizi, la cui scomparsa è
“una tragedia che sicuramente farà diminuire il valore di Twitter per tante
persone”.
Tutto dipende dalle decisioni di Twitter, che vengono prese caso per caso e
piuttosto arbitrariamente, a quanto pare, e vengono cambiate solo su protesta:
un allarme tsunami governativo statunitense, per esempio, si è visto
riattivare
l’accesso all’API dopo che ha
denunciato pubblicamente
il blocco del servizio da parte di Twitter.
Non è andata altrettanto bene, invece, a
DSCOVR:EPIC, che pubblicava
varie volte al giorno le bellissime immagini della Terra vista da lontano
grazie alle telecamere della sonda DSCOVR. Il suo accesso all’API di Twitter è
stato annullato il 15 aprile per una “violazione” imprecisata. L’account è ora operativo su Mastodon
qui.
[aggiornamento 23:10: l’accesso all’API è stato ripristinato].
Ancora una volta, Elon Musk sembra non capire che l'essenza del valore di Twitter sta negli utenti e nei loro contenuti. Se fa di tutto per farli scappare invece di agevolarli, Twitter diventerà un guscio vuoto.
La gestione di Twitter sotto Elon Musk sta inanellando una serie di idiozie informatiche davvero straordinarie. L’ultima perla è che da poche ore tutti gli account realmente autenticati (quelli con la spunta blu “vecchia”, ottenibile soltanto mandando un documento d’identità) sono indistinguibili da quelli che hanno semplicemente pagato 8 dollari.
Entrambi, infatti, hanno lo stesso bollino blu. E cliccando sul bollino adesso compare una dicitura in inglese che dice che l’account potrebbe essere autenticato oppure pagante, ma non specifica quale sia il caso effettivo.
Questo è quello che compariva prima cliccando sul bollino di un account autenticato:
E questo è quello che si ottiene nello stesso account adesso:
La dicitura è stata poi tradotta da Twitter anche in italiano: “Questo account è verificato in quanto è abbonato a Twitter Blue o poiché è stato verificato secondo i criteri precedenti”.
Ovviamente questa scelta scellerata facilita enormemente gli impostori e i truffatori. Non fidatevi di nessun account su Twitter senza averlo controllato accuratamente. Se volete sapere come controllarlo, leggete le istruzioni in questo mio articolo che riassume la nuova puntata del Twitterremoto.