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Il Disinformatico: Twitterremoto

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2022/12/18

Twitterremoto, terza puntata: giornalisti bannati, Mastodon segnalato come malware, Musk litigioso, la burla di “John Mastodon” e altro ancora

Pubblicazione iniziale: 2022/12/18 19:55. Ultimo aggiornamento: 2022/12/22 09:30. Una versione più breve di questo articolo è disponibile nel podcast Il Disinformatico del 23 dicembre 2022.

Sto cercando di evitare di parlare troppo di Twitter e Elon Musk, ma gli ultimi sviluppi e dietrofront sono talmente assurdi e comici che mi tocca fare un aggiornamento ai riassunti che ho già pubblicato (uno, due). Come ho già detto, sospetto che fra qualche anno ci chiederemo se sia davvero successa tutta questa follia, per cui credo sia opportuno tenerne traccia adesso, finché è possibile.

Giornalisti bannati e poi (parzialmente) ripristinati

Cominciamo dal ban di Twitter a vari giornalisti di cui avevo già segnalato le prime avvisaglie: il 15 dicembre (le prime ore del 16 in Europa) almeno dieci giornalisti hanno scoperto che i propri account Twitter erano stati sospesi permanentemente, senza preavviso e senza dare alcuna motivazione. Questo è l’elenco stilato da Gizmodo:

  • Matt Binder (Mashable)
  • Drew Harwell (Washington Post)
  • Steve Herman (VOA News)
  • It’s Going Down News (Independent Site)
  • Micah Lee (The Intercept)
  • Ryan Mac (New York Times)
  • Mastadon (Social Media Site)
  • Keith Olbermann (formerly MSNBC)
  • Donie O’Sullivan (CNN)
  • Tony Webster (Minnesota Reformer)

A questi dieci si sono aggiunti Taylor Lorenz (Washington Post), che racconta la propria vicenda qui, Aaron Rupar e Linette Lopez.

Queste sospensioni hanno ricevuto la condanna delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e del ministero degli affari esteri tedesco, come riferisce la BBC aggiungendo che un portavoce di Twitter ha dichiarato che i ban sarebbero legati alla “condivisione in tempo reale di dati di localizzazione”, che è vietata dalle nuove Regole di Twitter anche quando queste informazioni sono pubbliche.

Se usate Twitter, insomma, teoricamente potreste trovarvi nei guai se postate una foto di un vostro amico mentre state mangiando insieme al ristorante e il tweet è geolocalizzato automaticamente, come capita spesso.

A giudicare da vari tweet di Elon Musk, i giornalisti sarebbero stati bannati per aver segnalato ai loro lettori l’esistenza di un account che era su Twitter e ora è su Mastodon e permette di sapere dove si trova il suo jet personale, cosa che secondo Musk avrebbe permesso a uno stalker di accostarsi a un’auto che trasportava almeno uno dei suoi figli a Los Angeles. La polizia della città, però, non ha trovato alcun nesso fra questo account e l’episodio di stalking contestato da Musk, che è avvenuto 23 ore dopo l’ultimo tweet di tracciamento da parte di @elonjet e a circa 40 chilometri di distanza dall’aeroporto.

Inoltre alcuni dei giornalisti bannati non avevano nemmeno menzionato questa vicenda (Lorenz, per esempio, si era limitata a chiedere a Musk un commento), e nessuno di loro aveva pubblicato informazioni sugli spostamenti in auto di Musk o della sua famiglia (Lorenz è stata accusata nel 2022 di aver condiviso un indirizzo di abitazione, via Twitter e in un articolo per il New York Times, ma di un’altra persona e in una vicenda legale completamente slegata da Musk e famiglia).

Alcuni di questi giornalisti hanno semplicemente citato l’account Twitter @elonjet, che pubblicava in tempo reale, usando dati pubblici, i voli del jet di Musk per segnalarne l’impatto ambientale ed è stato nel frattempo sospeso da Twitter il 13 dicembre.

Zoe Kleinman, technology editor per la BBC, ha riassunto la situazione come segue:

[...] Fondamentalmente, Elon Musk ha abbattuto e fatto precipitare in fiamme il suo tanto strombazzato impegno per la “libertà di parola”. Libertà di parola, purché la parola non lo faccia arrabbiare personalmente: questo sembra essere il messaggio.

Il 16 dicembre Elon Musk ha avviato un sondaggio fra gli utenti di Twitter chiedendo se gli account dei giornalisti andassero ripristinati subito o entro una settimana: ha vinto con il 58,7% l’opzione “subito”, e Musk ha dichiarato che avrebbe revocato immediatamente le sospensioni. 

Il 17 dicembre Twitter ha annunciato di aver iniziato a ripristinare alcuni account che erano stati sospesi perché riteneva che la sospensione permanente fosse una “azione sproporzionata per la violazione delle regole di Twitter”. Twitter non ha indicato quali fossero gli account in questione, ma alcuni degli account dei giornalisti che erano stati sospesi risultano ora parzialmente riattivati (CNN).

Ma il 21 dicembre molti dei giornalisti bannati hanno dichiarato che in realtà i loro account non sono stati affatto ripristinati: risultano visibili agli altri utenti, ma non possono più pubblicare nulla se prima non rimuovono i tweet che forniscono al pubblico l’informazione, giornalisticamente rilevante, che esiste un modo semplice per sapere dove si trovano i jet personali di Elon Musk e di molti altri miliardari e sapere quanto inquinano usando soltanto informazioni pubbliche.

Sì, i jet personali sono tracciabili usando solo dati pubblici. Anche quello di Musk

Elon Musk afferma che pubblicare i dati dei suoi voli è doxxing, ossia rivelazione di dati privati, e dichiara (16 dicembre) che il suo aereo “non è tracciabile senza usare dati non pubblici” (“My plane is actually not trackable without using non-public data”). Ma non è vero.

Un’indagine dettagliata di Open sui singoli ban ai giornalisti spiega infatti che i dati di volo in tempo reale degli aerei, compresi i jet privati, sono pubblici: vengono trasmessi via radio in chiaro da appositi localizzatori di bordo (Automatic Dependent Surveillance – Broadcast o ADS-B, obbligatorio nello spazio aereo USA) e sono pubblicamente accessibili da chiunque acquisti un semplice ricevitore.

Per consultarli, anche senza ricevitore, è sufficiente visitare un sito come Flightradar24 oppure ADSBExchange e sapere qual è l’identificativo del jet privato che interessa. Quello del jet di Musk è N628TS: un dato facilissimo da trovare con Google, per esempio su Superyachtfan.com, che cita appunto questo identificativo, che è dipinto a grandi lettere sull’aereo stesso. L’aereo è un Gulfstream G650ER del 2015, che vale 70 milioni di dollari.

C’è una diffusa diceria secondo la quale sarebbe impossibile tracciare il jet personale di Musk senza usare dati riservati perché Musk avrebbe usato un’opzione di mascheramento dell’identificativo, il cosiddetto PIA (Privacy ICAO Address, spiegato benissimo qui), ossia un identificativo temporaneo che cambia ogni 20 giorni lavorativi. La diceria è sbagliata, come hanno spiegato Aric Toler di Bellingcat, Olivier Tesquet e Veronica Irwin di Protocol. L’identificativo ICAO dell’aereo di Elon Musk è citato pubblicamente nel database della Federal Aviation Administration, su FlightAware e nei dati di Flightradar24: è A835AF.

Immettendo questi dati in ADSBexchange si ottiene l’attuale localizzazione del jet di Musk: per esempio, il 18 dicembre 2022 ho provato personalmente a ottenerla ed è risultato che era in Qatar.

E in effetti quel giorno Elon Musk era lì:

Ho segnalato quel tweet come violazione delle nuove Regole di Twitter, che vietano la condivisione di informazioni di localizzazione in tempo reale anche se queste informazioni sono reperibili altrove pubblicamente, come avevo già raccontato la settimana scorsa. Ma la segnalazione è stata respinta.

Secondo le stime di @elonjet, il volo di Musk dalla California al Qatar con ritorno in Texas ha consumato 65 mila litri di carburante e ha prodotto 163 tonnellate di emissioni di CO2, ossia l’equivalente di 35 anni di emissioni di un’automobile a carburante.

Mastodon segnalato falsamente da Twitter come malware, poi non più

Il 16 dicembre Twitter ha iniziato a impedire agli utenti di condividere qualunque link che portasse al social network alternativo Mastodon, indicando falsamente che si trattava di un link “potenzialmente dannoso”.

Ci ho provato anch’io, linkando semplicemente il sito del server originale di Mastodon, ossia Mastodon.social, e il tweet in effetti è stato respinto con il messaggio “Qualcosa è andato storto, ma non preoccuparti. Riproviamo” e “La richiesta non può essere completata poiché Twitter o un suo partner ha identificato questo link come potenzialmente dannoso. Per saperne di più, visita il nostro Centro assistenza.”


Twitter ha anche bloccato l’inclusione di qualunque link a Mastodon nelle informazioni dei profili, con un avviso ingannevole che affermava che era “considerato pericoloso (malware)”:

Nei giorni successivi questi blocchi sono stati revocati dopo le proteste degli utenti, per cui ora è di nuovo possibile pubblicare tweet che contengono link a Mastodon e includere questo tipo di link anche nella propria bio su Twitter.

Divieto di link ad altri social, poi ritirato

Il 18 dicembre l’account ufficiale @TwitterSupport ha annunciato che sarebbero stati rimossi “gli account creati solo allo scopo di promuovere altre piattaforme social e il contenuto contenente link o nomi utente per le seguenti piattaforme: Facebook, Instagram, Mastodon, Truth Social, Tribel, Nostr e Post.”

We recognize that many of our users are active on other social media platforms. However, we will no longer allow free promotion of certain social media platforms on Twitter. Specifically, we will remove accounts created solely for the purpose of promoting other social platforms and content that contains links or usernames for the following platforms: Facebook, Instagram, Mastodon, Truth Social, Tribel, Nostr and Post. We still allow cross-posting content from any social media platform. Posting links or usernames to social media platforms not listed above are also not in violation of this policy.

Il nuovo regolamento in merito (pubblicato qui) ha causato la reazione di molti utenti influenti di Twitter che si sono trovati sospesi dal social network di Elon Musk, ma poche ore dopo è stato rimosso e sono stati rimossi anche i tweet che lo annunciavano (una copia permanente di questo regolamento molto effimero è archiviata qui; i tweet di annuncio sono archiviati qui). Se questo regolamento fosse stato introdotto definitivamente, sarebbe stato probabilmente in violazione del Digital Markets Act europeo, che regolamenta i comportamenti dei social network, con sanzioni pesantissime.

Successivamente l’account ufficiale @TwitterSafety ha avviato un sondaggio, che si è concluso con l’87% di contrari al divieto di linkare altri social network.

Paradossalmente, Twitter pratica attualmente e da tempo quello stesso comportamento che avrebbe voluto vietare in casa propria: infatti ha degli account puramente autopromozionali su Instagram e su Facebook.

www.instagram.com/twitter/
www.facebook.com/TwitterInc

Il battibecco pubblico con i giornalisti, le accuse false di Musk

Il 16 dicembre Elon Musk si è inoltre unito a un dibattito online tenutosi su Twitter, usando la funzione Twitter Spaces che consente conversazioni vocali di gruppo, e ha detto che i giornalisti stavano condividendo il suo indirizzo. Quando gli hanno fatto notare che non era vero, e che lui stava usando lo stesso metodo di blocco dei link che aveva trovato così inaccettabile quando era stato usato per la vicenda del laptop di Hunter Biden, Elon Musk se ne è andato senza rispondere ad altre domande.

Riporto qui sotto la trascrizione del suo breve intervento.

Musk: Well, as I'm sure everyone who's been doxxed would agree, showing real-time information about somebody's location is inappropriate. And I think everyone would not like that to be done to them. And there's not going to be any distinction in the future between simple journalists and regular people.
Everyone is going to be treated the same—no special treatment.
You doxx, you get suspended. End of story. And ban evasion or trying to be clever about it, like "Oh, I posted a link - to the real-time information," that's obviously something trying to evade the meaning, that's no different from actually showing real-time information.

Katie Notopoulos: When you're saying, 'posting a link to it,' I mean, some of the people like Drew and Ryan Mac from The New York Times, who were banned, they were reporting on it in the course of pretty normal journalistic endeavors. You consider that like a tricky attempted ban evasion?

Musk: You show the link to the real-time information – ban evasion, obviously.

Katie Notopoulos: Drew, I don't think you were posting the real-time information, right?

Drew Harwell: You're suggesting that we're sharing your address, which is not true. I never posted your address.

Musk: You posted a link to the address.

Drew Harwell: In the course of reporting about ElonJet, we posted links to ElonJet, which are now banned on Twitter. Twitter also marks even the Instagram and Mastodon accounts of ElonJet as harmful.
We have to acknowledge, using the exact same link-blocking technique that you have criticized as part of the Hunter Biden-New York Post story in 2020.
So what is different here?

Musk: It's not more acceptable for you than it is for me. It's the same thing.

Drew Harwell: So it's unacceptable what you're doing?

Musk: No.
You doxx, you get suspended.
End of story. That's it.

Circa mezz’ora dopo, l’intero servizio Twitter Spaces è stato disabilitato. È poi tornato online nei giorni successivi.

Musk litiga pubblicamente anche con gli esperti di marketing e di informatica e li insulta

In una discussione su Twitter Spaces fra esperti di marketing pubblicitario, Musk li ha interrotti affermando che stavano dicendo stupidaggini quando in realtà stavano parlando delle basi di come funziona la pubblicità nei social:

In una conversazione, sempre su Twitter Spaces, con ex ingegneri informatici di Twitter, quando uno di loro gli ha chiesto di descrivere tecnicamente cosa non andasse bene dell’attuale software del social, Musk ha tagliato corto e gli ha dato del “jackass”, ossia dell’ignorante.

Il sondaggio di Musk se stare a capo di Twitter o no

Il 19 dicembre Elon Musk ha tweetato un sondaggio, indetto da lui stesso, per chiedere se restare a capo di Twitter o no, aggiungendo che avrebbe rispettato l’esito del sondaggio. "Vox populi, vox dei", diceva. Il risultato finale, con circa 17 milioni di account partecipanti, è stato che il 57,4% è a favore della sua rinuncia alla carica.

Dopo due giorni di sostanziale silenzio, Musk ha annunciato il 21 dicembre che si dimetterà dal ruolo di CEO non appena troverà “qualcuno abbastanza incosciente da accettare l’incarico” e che resterà a capo dei reparti software e server (“I will resign as CEO as soon as I find someone foolish enough to take the job! After that, I will just run the software & servers teams.”).

---

A Twitter, insomma, regna ancora la confusione e non c’è un piano organico di ristrutturazione: le decisioni vengono prese sull’impulso del momento, senza valutarne le conseguenze.

La burla di “John Mastodon”

E per finire, se vi state chiedendo perché si parla tanto online del signor John Mastodon ed è così popolare l’hashtag #JohnMastodon, tutto nasce da un errore di un giornalista, Isaac Schorr, che il 16 dicembre ha scritto su Mediaite.com un articolo sulla vicenda Twitter (copia d'archivio qui) nel quale voleva parlare dell’account Twitter @joinmastodon, che era stato bandito, ma ha invece scritto John Mastodon, descrivendolo come “il fondatore di una società concorrente nei social media che prende il nome da lui” (“the platform removed John Mastodon, the founder of a competing social media company named after himself”).

Ed è così che è nato un mito, con memi, biografie inventate e fotografie dell’inesistente signor John Mastodon generate con l’intelligenza artificiale.


Fonti aggiuntive: BBC; Ars Technica; Gizmodo.

2022/12/16

Twitterremoto, seconda puntata: bollini, account a termine, filonazisti ripristinati, giornalisti bannati e altro ancora

Questo articolo fa parte del testo del podcast Il Disinformatico di venerdì 16 dicembre. Pubblicazione iniziale: 2022/12/16 1:57. Ultimo aggiornamento: 2022/12/16 19:35.

La vicenda di Twitter si fa sempre più complicata e si arricchisce di aspetti umani oltre che tecnici. Ho riepilogato la fase iniziale della cronaca del caos e le tecniche di autodifesa corrispondenti nella puntata del Disinformatico del 18 novembre scorso, ma nelle quattro settimane che ormai ci separano da quella data sono successe talmente tante cose intorno a Twitter e Elon Musk, il suo nuovo proprietario e amministratore unico, che è opportuno fare un nuovo riassunto della situazione.

Prima di tutto, alcune raccomandazioni tecniche. Se avete un account su Twitter e state pensando di chiuderlo ed eliminarlo, non fatelo. Eliminare un account Twitter significa infatti che qualcun altro potrà usare il vostro stesso nome di account in futuro, causando confusione e magari spacciandosi per voi (Twitter Help; Chron; PCWorld). Se state pensando invece di renderlo privato o protetto, tenete presente che se lo fate diventeranno pubblicamente inaccessibili anche tutti i vostri tweet precedenti.

Al momento, la strategia più prudente è semplicemente smettere di usare l’account, silenziare le notifiche, e mettere nelle informazioni del profilo e in un ultimo tweet un annuncio che avvisi che l’account è fermo e non verrà monitorato e che dia le coordinate di come comunicare con voi altrove. È quello che ho fatto anch’io, e sembra funzionare.

Intanto sono finalmente arrivati, dopo il disastro iniziale dei falsi account aziendali e alcuni rinvii, i bollini colorati, quelli che dovrebbero classificare e verificare gli account su Twitter, e alcuni di questi bollini sono disponibili anche in Europa.

Il bollino color oro indica un account che è “verificato poiché si tratta di un’azienda ufficiale” (come per esempio @Repubblica); ma il bollino blu continua a indicare sia un “account verificato secondo i criteri precedenti” che “[p]otrebbe essere o non essere notorio” (una definizione a metà fra Schrödinger e Shakespeare) sia un account che “è verificato in quanto è abbonato a Twitter Blue” e quindi ha semplicemente pagato otto dollari al mese (o undici se ha pagato tramite Apple).

Ci dovrebbe essere anche un bollino grigio per le istituzioni, ma non si è ancora visto, e la “verifica” avviene semplicemente tramite il numero di telefono, quindi ha un valore molto limitato. La confusione, insomma, persiste.

E c’è anche un altro elemento di confusione: in teoria chi ha il bollino blu e cambia il proprio nome nell’account dovrebbe perderlo fino a che Twitter non lo verifica di nuovo, ma io ho cambiato il mio nome su Twitter, dove ho un account con il bollino blu “vecchia maniera”, e non è successo nulla. Questa è una buona notizia per chi vuole inserire nel proprio nome su Twitter le proprie coordinate su altri social, per esempio.

Prima...
...e dopo.
Il bollino è rimasto e nessuno mi ha chiesto niente.

Un altro cambiamento tecnico su Twitter è la scomparsa di un’informazione utile per gli utenti, come nota il collega David Puente, ossia l’indicazione dell’app o del dispositivo usato per scrivere uno specifico tweet. Sapere se un tweet era stato scritto usando uno smartphone oppure un’app pubblicitaria permetteva di capire più facilmente se si trattasse di un tweet autentico, scritto da un essere umano, o se si trattasse di un messaggio automatico generato da un bot. Ora questa indicazione non è più immediatamente disponibile.

C’è anche una nota tecnica che riguarda gli account inattivi: Elon Musk ha dichiarato che verranno eliminati dopo un certo periodo di inattività, che non ha quantificato. Questo è importante per tutti gli account che appartenevano a familiari deceduti, per esempio, o per le aziende o le testate giornalistiche che non esistono più: se gli eredi non li tengono attivi, tutti i tweet di queste organizzazioni e delle persone care scompariranno, lasciando buchi nei ricordi di famiglia e anche nei siti che li hanno condivisi. A differenza di Facebook, infatti, su Twitter non esiste l’opzione di nominare un curatore degli account delle persone scomparse o di rendere permanente un account facendolo diventare commemorativo.

E a proposito di inattività, Elon Musk ha annunciato che rimetterà a disposizione del pubblico i nomi degli account cancellati o inattivi da tempo, che sono circa un miliardo e mezzo. Ma questa è una pessima idea dal punto di vista tecnico, perché gli addetti ai lavori sanno benissimo che in questo modo qualunque vecchio link a questi account punterà ai nuovi proprietari, che ne potranno abusare come avviene già adesso per i nomi dei siti Internet che non vengono rinnovati, per cui un nome di sito che prima portava a un’azienda o a un’istituzione governativa ora porta ai contenuti di uno spammer, di un truffatore, di un rivenditore di pornografia o di fake news.

Un’altra scelta tecnica molto particolare di Twitter è quella di etichettare automaticamente come “sensibile”, ossia pericoloso, qualunque tweet che contenga un link alla piattaforma quasi-rivale Mastodon, almeno secondo le osservazioni di alcuni ricercatori.

Credit: @alienogentile.

Se siete ancora su Twitter e citate notizie pubblicate su Mastodon, potreste trovarvi segnalati, e anche l’account Twitter di Mastodon, cioè @joinmastodon, risulta sospeso senza alcuna giustificazione ufficiale [ma forse ce n’è una non ufficiale], con buona pace delle dichiarazioni di libertà di espressione fatte da Elon Musk.

[L’esperto di sicurezza informatica Graham Cluley segnala che persino indicare un link a Mastodon nelle proprie informazioni di profilo su Twitter viene respinto, con tanto di avviso ingannevole che dice che il link è considerato malware.]

Poi c’è un’altra bizzarria che ha colpito in particolare gli utenti dell’Ucraina: se hanno protetto i propri account Twitter contro i furti usando l’autenticazione a due fattori tramite codice di sicurezza ricevuto via SMS, non possono più accedere ai propri account. Secondo le prime analisi, si tratta del risultato infelice di un tentativo malamente pianificato di eliminare lo spam: invece di bloccare i singoli spammer, Twitter avrebbe bloccato intere reti telefoniche di specifici paesi dai quali proveniva molto spam. Ne pagano le conseguenze gli utenti onesti di molte reti cellulari in Russia, Indonesia, India e Malesia; quindi se conoscete qualcuno da quelle parti che non riesce più ad accedere al proprio account, la colpa è probabilmente di Twitter.

Va detto che ci sono anche alcuni progressi molto positivi: gli addetti ai lavori segnalano che gli hashtag più diffusi per la disseminazione di immagini di abusi sessuali su minori sono stati sostanzialmente eliminati dal social network e Twitter ha aggiunto l’opzione di segnalare specificamente questo tipo di contenuto, che rappresentava un problema serissimo rimasto irrisolto per anni [e sono state anche introdotte altre migliorie al sistema di rilevamento automatico e rimozione di questi contenuti]. Inoltre l’11 dicembre il servizio anti-fake news di Twitter gestito da volontari, denominato Community Notes, è diventato disponibile in tutto il mondo anziché solo negli Stati Uniti, per cui ora tutti gli utenti di Twitter possono vedere le annotazioni di questo servizio direttamente sotto i tweet che fanno informazione scorretta.

Ma dal punto di vista tecnico, insomma, per Twitter e i suoi utenti si prospettano tempi difficili e confusi, con regole e impostazioni soggette a cambi continui e arbitrari.

Gli sconvolgimenti di Twitter, però, non solo soltanto tecnici.

---

Anche se non avete un account Twitter, le vicende sempre più bizzarre di questo social network sono sicuramente interessanti dal punto di vista umano e ci toccano tutti, direttamente o indirettamente, perché Twitter è una delle piattaforme più influenti al mondo per la diffusione in tempo reale di notizie ed è usatissimo da giornalisti, tecnici e politici per informare e informarsi, e quindi qualunque cambiamento lo riguardi ha ripercussioni sociali anche per chi non lo usa.

Elon Musk ha usato Twitter per fare una raccomandazione di voto nelle elezioni statunitensi; ha invitato i suoi oltre cento milioni di follower a seguire il movimento complottista insurrezionista QAnon; ha riammesso Donald Trump, che era stato bandito da Twitter dopo i suoi tweet di aizzamento della folla che poi ha assalito il Campidoglio statunitense il 6 gennaio scorso, e ha tolto il ban anche ad alcune migliaia di figure della disinformazione e dell’odio, soprattutto apertamente neonaziste e razziste, ma anche complottiste di QAnon e spammer: personaggi come Andrew Anglin, bandito sin dal 2013, fondatore del sito neonazista Daily Stormer, aperto sostenitore della pulizia etnica, negazionista dell’Olocausto e artefice di campagne di persecuzione fisica di ebrei (RollingStone).

Lo sviluppatore Travis Brown sta compilando un elenco giornaliero dei riammessi, che permette di valutare i tipi di account che erano inaccettabili per la gestione precedente di Twitter e che ora vengono considerati ammissibili [un altro elenco è pubblicato da Media Matters]. Si tratta di una decisione di “amnistia” generale presa direttamente da Elon Musk e basata su un “sondaggio” fatto fra i suoi follower.

Un esempio particolarmente emblematico di queste riammissioni controverse è quello del rapper Kanye West, riammesso su Twitter e ribannato subito dopo per aver postato ai suoi 32 milioni di follower una svastica inserita in una stella di Davide e dopo aver condiviso dei messaggi personali scambiati fra lui e Elon Musk. Giusto per levare ogni dubbio sulle sue opinioni, West ha dichiarato pubblicamente e testualmente, durante l’Alex Jones Show, che lui ama i nazisti e specificamente Hitler, che secondo West avrebbe addirittura inventato le autostrade e i microfoni. Parole sue, trascritte da Gizmodo:

“But this guy that invented highways, invented the very microphone that I use as a musician [...] every human being has something of value that they brought to the table. Especially Hitler!”

“I don’t like the word ‘evil’ next to Nazis. I love Jewish people, but I also love Nazis.”

“I do love Hitler. I do love the Zionists.”

[CLIP delle parole di West]

Sempre Musk ha usato il suo nuovo potere su Twitter per inviare a 119 milioni di follower un tweet che mostra una falsa schermata della CNN, nella quale sembrava che Don Lemon, uno dei conduttori del canale televisivo, stesse dando la notizia che “Musk potrebbe mettere a repentaglio la libertà di espressione su Twitter dando alla gente la possibilità di esprimersi liberamente”. L’intento era presumibilmente umoristico, ma usare il vero logo della CNN e l’immagine di un vero conduttore della rete televisiva ha rischiato di creare equivoci, e infatti persino Community Notes, il servizio di fact-checking di Twitter, ha segnalato che il tweet del CEO di Twitter viola le regole di Twitter.

Insomma, non è il tipo di ambiente che entusiasma gli inserzionisti pubblicitari, dai quali Twitter attualmente dipende. A fine ottobre Kanye West era stato mollato da sponsor come Adidas, Balenciaga, Foot Locker, JP Morgan Chase, Gap e altri. Ritrovarselo su Twitter, anche solo brevemente, manda un messaggio che per chiunque investa in pubblicità e comunicazione è semplicemente inaccettabile. Secondo il Wall Street Journal, a novembre il traffico pubblicitario su Twitter è calato dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Elon Musk ha cercato di rassicurare gli inserzionisti pubblicando grafici che sembrano indicare un calo della visibilità dei discorsi d’odio, ma il 12 dicembre tre membri del Trust and Safety Council, l’organo interno di Twitter che vigila sulla sicurezza degli utenti e garantisce la fiducia in questo social network, si sono dimessi e hanno pubblicato una lettera nella quale dicono invece che i contenuti di odio contro le persone di colore e gli omosessuali sono aumentati enormemente da quando Elon Musk ha preso le redini di Twitter e parlano di un social network “governato tramite diktat”. Per tutta risposta, Musk ha abolito l’organo interno di vigilanza il giorno stesso.

Non sono solo gli inserzionisti ad essere inquieti: anche Elton John (un milione e centomila follower) ha annunciato il 9 dicembre di aver “deciso di non usare più Twitter a causa del recente cambio di politica che consentirà alla disinformazione di prosperare senza controllo”. Come lui, hanno già sospeso l’uso di Twitter la modella Gigi Hadid, la scrittrice Shonda Rhimes (1,9 milioni di follower) e l’ex chitarrista dei White Stripes Jack White, segnala Reuters.

Le ragioni di questa inquietudine diffusa si concentrano principalmente sul boss assoluto di Twitter, perché oltre ad aver intenzionalmente riammesso personaggi a dir poco impresentabili, Musk ha pubblicato tweet nei quali ha incitato a processare Anthony Fauci, l’immunologo ex consigliere medico della Casa Bianca che ha avuto un ruolo di primo piano nella lotta alla pandemia da Covid-19 negli Stati Uniti. Musk non ha specificato le ragioni di questa richiesta, ma molti suoi fan l’hanno colta come un invito a perseguitare Fauci ed è partita su Twitter una campagna di odio contro l’immunologo, sua moglie e i suoi figli. Va ricordato che Musk, nel 2020, aveva tweetato che “il panico da coronavirus è stupido” e che la pandemia negli Stati Uniti sarebbe stata “vicina allo zero” entro aprile di quell’anno.

Musk si è poi scagliato pubblicamente anche contro l’ex direttore della sicurezza e della fiducia di Twitter, Yoel Roth, che si era dimesso a novembre. Il boss di Twitter infatti ha iniziato a pubblicare una serie di documenti interni del social network, i cosiddetti Twitter files, che a suo dire scoperchierebbero una vasta cospirazione politica dei dirigenti di Twitter per favorire i democratici statunitensi. In questa cospirazione ci sarebbe coinvolto anche Roth, che Musk ha accusato pubblicamente (ovviamente su Twitter) di essere favorevole alla pedofilia presentando come presunta prova un estratto della tesi di Roth tolto dal suo contesto e travisato. Come risultato, a Yoel Roth sono arrivate minacce così gravi da costringerlo ad abbandonare la propria abitazione.

Gli attacchi personali di Elon Musk hanno preso di mira anche gli account Twitter che pubblicavano gli spostamenti dei jet privati appartenenti a miliardari russi e a Musk stesso, attingendo a dati pubblicamente disponibili per legge. Il CEO di Twitter aveva dichiarato il 7 novembre scorso che il suo impegno per la libertà di espressione era talmente grande che non avrebbe bandito @elonjet, l’account con mezzo milione di follower che tracciava il suo jet personale, “anche se costituisce un rischio personale diretto”. Ma quest’impegno civile di Elon Musk è durato poco più di un mese, perché il 13 dicembre l’account @elonjet è stato sospeso per violazione delle Regole di Twitter, che sono state aggiornate (copia permanente) per vietare – guarda caso – la condivisione di informazioni di localizzazione in tempo reale anche se queste informazioni sono reperibili altrove pubblicamente.

live location information, including information shared on Twitter directly or links to 3rd-party URL(s) of travel routes, actual physical location, or other identifying information that would reveal a person’s location, regardless if this information is publicly available;

[Questa regola è una follia per qualunque giornalista, perché formulata così significa che se un giornalista annuncia in diretta o fa un livetweet di un’apparizione pubblica di qualcuno, rischia di trovarsi l’account sospeso. Qualunque diretta rischia di essere in violazione. Immaginate un cronista alla Casa Bianca che tweeta “il Presidente degli Stati Uniti sta entrando ora in sala stampa” e si trova sospeso.]

Musk, inoltre, ha dichiarato di aver avviato un’azione legale contro Jack Sweeney, lo studente ventenne residente in Florida che ha creato questi account di monitoraggio con lo scopo di rendere più visibile l’impatto ambientale dei jet privati, e mentre preparo questo podcast arrivano continue segnalazioni di account di giornalisti sospesi da Twitter [Donie O’Sullivan della CNN, Drew Harwell del Washington Post, Ryan Mac del New York Times e altri ancora], a quanto pare per aver citato la vicenda @Elonjet [poco dopo la chiusura del podcast è arrivato l’annuncio della Commissione UE della possibilità di sanzioni per queste sospensioni arbitrarie della libertà di stampa]. Eppure ad aprile scorso Elon Musk aveva tweetato che sperava che anche i suoi critici peggiori sarebbero rimasti su Twitter, “perché libertà di espressione significa questo” (“I hope that even my worst critics remain on Twitter, because that is what free speech means”).

Molti utenti di Twitter non hanno apprezzato questi voltafaccia e lo hanno fatto sapere a Elon Musk senza troppi giri di parole, ricordandogli tutte le sue promesse di libertà di espressione “nei limiti di legge” poi disattese quando riguardano direttamente lui, come già successo per gli account Twitter che per parodia avevano adottato in massa il suo nome qualche tempo fa.

La giustificazione per il cambiamento delle regole e l’azione legale, secondo Musk, è che il 13 dicembre a Los Angeles uno stalker ha bloccato l’auto che trasportava uno dei suoi figli ed è salito sul cofano. Un episodio grave e preoccupante, ma Jack Sweeney, quello di @elonjet, non ha mai postato informazioni sugli spostamenti in auto di Musk e famiglia; ha pubblicato solo le informazioni sulle partenze e gli arrivi del suo jet personale, con o senza Musk a bordo, e l’episodio descritto da Musk non è avvenuto nei pressi di un aeroporto. Il nesso fra i due eventi, insomma, è decisamente labile.

Una ulteriore conferma della regola, non scritta ma che si sta man mano delineando, secondo la quale su Twitter la libertà di espressione è sacrosanta, ma soltanto fino a quando non crea fastidio a Elon Musk, arriva da quello che è successo quando il CEO di Twitter è apparso a sorpresa al popolare Dave Chappelle Show a San Francisco, il 12 dicembre, ed è stato fischiato per vari minuti da buona parte delle diciottomila persone presenti, tanto che la sua apparizione è stata interrotta dopo qualche battuta di estremo disagio.

[CLIP del Dave Chappelle Show]

Twitter ha iniziato subito a bloccare molti degli account degli utenti che condividevano il video della figuraccia di Elon Musk. Ma la viralità della ripresa, fatta oltretutto clandestinamente, ha avuto il sopravvento.

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Fra riammissioni di impresentabili, cacce alle streghe, continui cambiamenti arbitrari delle regole e purghe di giornalisti, sembra insomma che Twitter stia diventando, per Elon Musk, la lezione d’informatica più costosa della storia. Ha speso 44 miliardi di dollari (non tutti suoi) per scoprire l’ovvio, ossia che moderare un forum o un social network è un lavoraccio. Non è un processo automatizzabile e schematizzabile: non è un’automobile elettrica o un razzo spaziale, che deve rendere conto soltanto alle rigide leggi della fisica. Moderare richiede la capacità di gestire sfumature, di comprendere culture e punti di vista differenti, di investire tempo e risorse umane, di accettare che le regole assolute e semplici non funzionano e che gli esseri umani non sono molecole di un gas perfetto: possono essere dispettosi, vendicativi e violenti verso i propri simili, ed è per questo che esistono le regole sociali, le leggi e i tribunali, pieni di complicazioni e imperfezioni.

E la conclusione di questa lezione fantastiliardaria è che se il moderatore non sa moderare, se dimostra di essere incostante, impulsivo e arbitrario, gli utenti se ne andranno altrove. Twitter, come tutti i social network, esiste solo finché ha utenti. Il valore di Twitter non sta nei suoi algoritmi o nella sua architettura software e hardware: sta nelle persone che creano i suoi contenuti. Sta nel piacere di interagire, sia pure brevemente, con persone altrimenti irraggiungibili. Senza utenti interessanti, che creino contenuti che attirino altri utenti, un social network inevitabilmente si spegne; se gli utenti interessanti se ne vanno, o addirittura vengono cacciati via, e rimangono solo neonazisti, suprematisti, spammer, terrapiattisti e hater di ogni genere, alla fine resta solo un inutile, costosissimo guscio che si svuota sempre più in fretta. È sempre stato così, fin dai tempi dei newsgroup, per chi se li ricorda, e non c’è motivo di pensare che stavolta le cose andranno diversamente.

Anche perché va ricordato che c’è una parte del piano di Musk che non è ancora stata realizzata e che rischia di diventare la scintilla che innesca l’esodo: per ripagare l’enorme cifra investita, il CEO di Twitter intende far pagare agli utenti quei famosi otto dollari al mese. Per indurli a pagare, ha deciso che i tweet di chi si rifiuta verranno resi praticamente invisibili, sommersi da quelli degli utenti paganti. Quanti utenti saranno disposti a restare e pagare per il privilegio di essere letti su Twitter, quando possono avere questo privilegio gratuitamente su tutti gli altri social network? 

[Una ricerca di Travis Brown indica che su un campione di 18 milioni di account, da lunedì scorso ci sono state 2215 iscrizioni nuove a Twitter Blue. I dati non sono confermati indipendentemente]

2022/11/12

Twitterremoto, prima puntata: il caos dei bollini, uffici chiusi, licenziamenti di massa

Pubblicazione iniziale: 2022/11/12 18:54. Ultimo aggiornamento: 2022/12/22 10:10. L’articolo è stato estesamente aggiornato e modificato per tenere conto degli eventi ed è disponibile anche in versione podcast audio. L’immagine qui accanto è di origine ignota.

Elon Musk è diventato il nuovo proprietario di Twitter il 27 ottobre scorso, dopo una sofferta trattativa iniziata ad aprile, e da allora in questo social network regna il caos. La vicenda sta diventando talmente intricata e assurda che credo sia utile riassumere gli eventi principali avvenuti fin qui, anche perché alcuni sono talmente incredibili che fra qualche anno probabilmente ci chiederemo se sono accaduti realmente.

[Prevengo subito una domanda ricorrente: no, al momento non ho intenzione di lasciare Twitter e/o migrare a Mastodon. Non ho tempo di studiare Mastodon a fondo e credo che non abbia ancora una massa critica e una facilità d’uso sufficienti.]

Il 4 novembre Musk ha licenziato circa metà dei 7500 dipendenti di Twitter.

Il giorno successivo, 5 novembre, è stata attivata una nuova versione di Twitter Blue, il servizio a pagamento di Twitter, disponibile soltanto a chi risiede negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, in Nuova Zelanda e nel Regno Unito. Fra le sue varie funzioni, il nuovo Twitter Blue consente agli utenti di questi paesi di acquistare per 8 dollari al mese un “bollino blu” che compare accanto al loro nome.

Il problema è che questo bollino blu somiglia in tutto e per tutto al bollino che per anni ha contraddistinto gli utenti che si erano autenticati, dando a Twitter prova della propria identità e notorietà. Quel bollino che permetteva a tutti gli utenti di essere certi di leggere gli account reali di politici, celebrità e testate giornalistiche e non qualche loro impostore.

Questa novità, voluta espressamente da Elon Musk nonostante gli avvisi di pericolo dei suoi addetti alla sicurezza, è stata vista immediatamente come un errore tecnico colossale, e non è difficile capire perché. Immaginate che il governo decida che da domani il vostro passaporto non è più un documento che attesta con certezza chi siete, ma è un libretto che chiunque può comperare per otto dollari mettendoci il nome che gli pare. Compreso il vostro. Non occorre essere geni per prevedere che scoppierebbe il caos e le truffe dilagherebbero. E infatti è esattamente quello che è successo su Twitter.

Numerosi spammer, truffatori e semplici burloni hanno immediatamente cominciato a creare account Twitter a nome di persone e aziende famose e hanno ottenuto il bollino blu che agli occhi dell’utente medio li faceva sembrare autenticati.

Una delle persone maggiormente prese di mira è stata proprio Elon Musk: moltissimi utenti hanno cambiato il proprio nome online assumendo il suo, per rendere evidente quanto fosse assurdo, pericoloso e ridicolo questo cambiamento radicale voluto dal nuovo CEO di Twitter. Musk, che fino a quel momento si era dichiarato in favore della libertà di espressione assoluta, ha subito corretto il tiro quando quella libertà è stata usata per sbeffeggiarlo.

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Il 9 novembre Twitter ha reagito al caos attivando ad alcuni utenti una spunta grigia, accompagnata dalla parola Official, per indicare gli account realmente autenticati e distinguerli da quelli paganti. Ma il giorno stesso ha disattivato questa funzione, creando ulteriore confusione.

Il voltafaccia repentino è ben documentato anche da due tweet consecutivi di @TwitterSupport: “We’re not currently putting an “Official” label on accounts but we are aggressively going after impersonation and deception.” (9 novembre). Due giorni dopo (11 novembre): “To combat impersonation, we’ve added an “Official” label to some accounts.”

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Le inevitabili e ovvie conseguenze di questa scelta scellerata di mettere in vendita a otto dollari quello che fino all’altroieri era un forte indicatore di autenticità sono state ben peggiori di una presa in giro collettiva.

Il 10 novembre qualcuno infatti ha creato un falso account usando il nome e il logo della casa farmaceutica Eli Lilly, ha pagato gli otto dollari per avere il bollino blu che tutti ancora considerano sinonimo di autenticazione, e poi ha usato quel falso account per annunciare che l’insulina sarebbe diventata gratuita (“We are excited to announce insulin is free now”).

L’annuncio dell’impostore è rimasto online per più di sei ore, ottenendo milioni di visualizzazioni. Le azioni della casa farmaceutica sono precipitate, portando con loro anche quelle di Novo Nordisk e Sanofi, visto che queste tre società forniscono il 100% dell’insulina usata negli Stati Uniti e il 90% di quella usata nel mondo [fonte: Investor's Business Daily]. Eli Lilly ha poi recuperato in Borsa, ma il giorno successivo ha sospeso tutti i propri investimenti pubblicitari in Twitter e tutte le sue comunicazioni aziendali in tutto il mondo sul social network di Elon Musk.

Insomma, con otto dollari qualcuno è riuscito a far perdere a Twitter un inserzionista che ne vale milioni. Colpa anche del fatto che Twitter, con metà del personale licenziato, non ha rimosso per ore l’account fasullo, nonostante le chiamate frenetiche dei rappresentanti della casa farmaceutica. E Eli Lilly non è l’unica grande azienda ad aver messo in pausa i propri investimenti pubblicitari su Twitter: nei giorni precedenti lo avevano già fatto Ford, General Motors, Pfizer e Audi, giusto per fare qualche nome [fonte: Wall Street Journal].

Sempre il 10 novembre è comparso un account con il bollino blu e con il nome e il logo della Pepsi, che ha scritto “Coke is better”. Questo tweet è rimasto online per 18 ore prima di essere sospeso.

Un altro falso account con bollino blu, nome e logo di Tesla ha annunciato diecimila auto a sostegno dei militari ucraini perché “le nostre auto sono gli ordigni esplosivi più sofisticati sul mercato” e poi ha postato altre crudelissime satire su di Tesla.

Qualcuno ha anche creato l’account @ChiquitaBrands, lo ha fatto “verificare” pagando otto dollari e lo ha usato per impersonare la famosa marca di banane, pubblicando messaggi satirici del tipo “Abbiamo appena rovesciato il governo brasiliano”.

Un account apparentemente “verificato” ha finto di essere la Lockheed Martin e ha annunciato la sospensione di “tutte le forniture di armi all’Arabia Saudita, a Israele e agli Stati Uniti fino a quando ci sarà un’ulteriore inchiesta sui loro trascorsi di abusi dei diritti umani”. Chi l’ha creato è riuscito a farsi approvare e bollinare da Twitter un account che si chiamava @LockheedMartini. Dubito che sia quello il nome sulla carta di credito usata per pagare gli otto dollari.

Poi c’è Nintendo, che si è vista comparire un account Twitter “verificato” a suo nome, con l’immagine di Mario che mostra il dito medio, e altri tweet scurrili. Ovviamente gli utenti hanno inviato proteste al vero account Twitter di Nintendo.

Non sono mancati neanche gli account “verificati” che sembravano appartenere a persone famose, dagli sportivi agli ex presidenti degli Stati Uniti. Un account “verificato” a nome di George W. Bush ha scrittoMi manca ammazzare gli iracheni”; un altro a nome di Tony Blair gli ha risposto che manca sinceramente anche a lui. E quello che sembrava essere l’account Twitter di Donald Trump, con tanto di bollino, ha dichiarato “Gente, ho perso”.


La lista potrebbe continuare a lungo, con Rockstar Games, Roblox, British Petroleum e tanti altri esempi. Tutto dimostra che in questo momento Twitter non fa il benché minimo controllo preliminare di identità prima di concedere quello che insiste a chiamare esplicitamente un bollino di verifica. Un disastro, insomma.

Gli account falsi alla fine sono stati sospesi, ma sono rimasti online a lungo. Il rischio di confusione e disinformazione e il danno d’immagine ai marchi sono assolutamente evidenti. Uno dei valori fondamentali per qualunque inserzionista, ossia la brand safety, la tutela del marchio, è stato fatto a pezzi e buttato nel cassonetto dell’immondizia dalla scelta di mettere in vendita i bollini.

Omnicom Media Group, una delle più importanti agenzie pubblicitarie, che gestisce marchi come McDonald’s, Apple e Pepsi, sta raccomandando ai propri clienti di sospendere gli investimenti pubblicitari su Twitter [fonte: The Verge]. Il bollino in vendita senza alcuna verifica di identità è infatti inaccettabile per i marchi. È invece una grande attrattiva per gli hater, che lo stanno comprando per aumentare la propria visibilità.

Il 10 novembre è arrivata anche la notizia delle dimissioni di alcuni dei dirigenti chiave di Twitter, dovute al fatto che le modifiche ordinate in fretta e furia da Musk devono sottostare a un riesame di sicurezza, che però non è possibile fare alla velocità con la quale si stanno susseguendo i cambiamenti. Hanno lasciato Twitter:

  • Yoel Roth, responsabile per la fiducia e sicurezza (Global Head of Trust and Safety), che aveva l’incarico di proteggere Twitter da manipolazioni, amplificazioni artificiali di tweet, spam e account falsi, e di garantire l’integrità del social network durante le elezioni;
  • Lea Kissner, responsabile in capo per la sicurezza informatica (CISO);
  • Damien Kieran, responsabile in capo per la privacy (Chief privacy officer);
  • e Marianne Fogarty, responsabile primaria per la conformità alle normative ( Chief compliance officer). 

Lo stesso giorno Elon Musk ha dichiarato che ci sono troppi bollini blu originali che sono “corrotti” e che quindi secondo lui non ci sarebbe altra scelta che eliminarli nei prossimi mesi (“Far too many corrupt legacy Blue “verification” checkmarks exist, so no choice but to remove legacy Blue in coming months”). E quando un utente ha obiettato che però il vecchio sistema aiutava molto a prevenire le truffe, Musk gli ha risposto laconicamente “$8”.

L’11 novembre:

  • Elon Musk ha risposto a voce per circa un’ora alle domande dei dipendenti di Twitter. The Verge ha pubblicato una trascrizione integrale delle sue dichiarazioni.
  • Twitter ha sospeso completamente la possibilità di acquistare il bollino blu almeno fino al 29 novembre, secondo un tweet di Elon Musk.
  • Twitter ha iniziato a riattivare la spunta grigia di autenticazione, ma solo per account di grandissima notorietà e istituzionali, come la BBC (CNN e Rai hanno ricevuto la spunta intorno al 15 novembre; alla stessa data, la RSI non ce l’ha ancora).

Nei giorni successivi è successo davvero di tutto.

Il 12 novembre Elon Musk ha tweetato un’affermazione falsa a proposito della potenza di Twitter e il suo post è stato etichettato come falso da Birdwatch, il servizio anti-fake news di Twitter.

[Fra l’altro, il 12 novembre ho partecipato al servizio del Telegiornale della RSI che descrive il caos delle spunte blu: lo trovate qui sotto]

Il 13 novembre Musk è stato criticato pubblicamente da alcuni suoi dipendenti di Twitter, su questioni strettamente informatiche, e ha reagito licenziandoli in tronco, con buona pace delle sue promesse di difesa della libertà di parola. Nei giorni successivi il numero di dipendenti contestatori e dimissionari è cresciuto e tuttora continua a crescere [Punto informatico; The Verge].

Sempre il 13 novembre il CEO di Twitter ha litigato online con un senatore degli Stati Uniti, Edward Markey, perché un giornalista del Washington Post (paywall) aveva sfruttato le nuove regole di Twitter per creare un falso account verificato a nome del senatore, e quando il senatore ha chiesto spiegazioni a Musk su come fosse stato possibile, il proprietario di Twitter gli ha risposto pubblicamente “Forse perché il tuo vero account sembra una parodia?” invece di affrontare il problema. Forse Musk non ha considerato che il senatore Markey è membro influente di comitati governativi che riguardano le telecomunicazioni e lo spazio [CNBC; Axios].

La telenovela continua, con dipendenti appena licenziati ai quali Twitter chiede di tornare in azienda, annunci di Elon Musk che paventano la bancarotta del social network e minacce dello stesso Musk di licenziare chiunque non sia disposto a dedicare i prossimi mesi a lavorare giorno e notte al suo “Twitter 2.0”.

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2022/11/18 9:45. Intorno alle 7 italiane di stamattina [dopo la chiusura del podcast], la BBC ha segnalato che Twitter ha chiuso temporaneamente tutti gli uffici fino a lunedì 21 novembre. Non è stata comunicata alcuna motivazione per la chiusura. Intanto la BBC e Il Post segnalano che molti dipendenti stanno dando le dimissioni dopo la richiesta di Elon Musk di impegnarsi formalmente a lavorare “per tante ore ad alta intensità” oppure essere licenziati.

Per tutta risposta, Musk ha tweetato che “la gente migliore sta restando, per cui non sono super preoccupato” (“The best people are staying, so I'm not super worried”) e un meme di una tomba sulla quale c’è il logo di Twitter.

Intanto è diventato popolarissimo (oltre 270.000 like) un tweet nel quale una persona, Alex Cohen, dice di essere il gestore degli accessi agli uffici di Twitter e di essere fra i licenziati. Prosegue dicendo di essere stato chiamato personalmente da Elon Musk per tornare a ridare accesso alla sede centrale dell’azienda perché erano rimasti chiusi fuori.

Il tweet ha effettivamente ricevuto i ringraziamenti di Musk (non di un impostore), ma si tratta di umorismo non dichiarato: Alex Cohen nel proprio profilo scrive “Mostly parody account” e Birdwatch, il servizio anti-fake news di Twitter, nota che “this is a joke” notando che lo stesso account pochi giorni fa aveva dichiarato di essere stato licenzato da un’altra azienda.

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Nel frattempo sembra essere crollata una delle tesi principali di Elon Musk, ossia che gli spammer sarebbero stati dissuasi perché il pagamento del bollino (senza il quale sarebbero stati relegati tra i plebei sostanzialmente invisibili) avrebbe richiesto il sacrificio di una carta di credito che sarebbe stata subito bandita. Come si è visto, ci sono moltissimi utenti più che disposti a questo sacrificio (fatto magari anche con una carta prepagata usa e getta) in cambio di un graffiante marameo a un politico o di un danno economico miliardario a un’azienda potente e detestata.

[C’è anche un dettaglio tecnico interessante da verificare: sembra che sarà possibile attivare Twitter Blue gratis, rendendo quindi trascurabile il costo per gli spammer e vanificando la giustificazione di Musk per l’introduzione del costo mensile. Il trucco consisterebbe nell’attivare Twitter Blue usando i pagamenti in-app di Apple e nel chiedere subito dopo il rimborso. Il bollino blu resterebbe attivo comunque per 30 giorni. Ora non è possibile verificare questa segnalazione, ma sarà interessante farlo quando Twitter Blue tornerà disponibile.]

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2022/11/19 6:20. Elon Musk ha lanciato un paio d’ore fa un sondaggio per chiedere ai suoi 116 milioni di follower se ripristinare l’account dell’ex presidente Donald Trump, aggiungendo “Vox Populi, Vox Dei”. Finora, con circa 5,4 milioni di voti, prevale il sì.


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