Sta circolando la diceria, riportata da moltissime testate giornalistiche, che Elon Musk avrebbe dichiarato che X (quello che
una volta si chiamava Twitter) diventerà a pagamento per tutti. Non è così.
Tutto nasce da una dichiarazione fatta da Musk durante un incontro pubblico
con Benjamin Netanyahu,
trasmesso in streaming su X, a 34 minuti e 45 secondi dall’inizio (ringrazio Andrea Bettini
per quest’indicazione). Netanyahu chiede a Musk se esiste un modo per frenare
gli“eserciti di bot” che diffondono e amplificano l’odio, in
modo che se c’è un hater perlomeno agisca solo con la propria voce
invece di trovarsela amplificata dai bot.
Musk risponde dicendo:
“This is actually a super tough problem. And really, I'd say the single
most important reason that
we're moving to having a small monthly payment for use of the X system
is, it's the only way I can think of to combat vast armies of bots. Because
a bot costs a fraction of a penny, call it a tenth of a penny. But if
somebody even has to pay a few dollars or something, some minor amount, the
effective cost of bots is very high. And then you also have to get a new
payment method every time you have a new bot. So that actually, the
constraint of how many different credit cards you can find, even on the dark
web or whatever. And then, so, prioritizing posts that are written by
basically X Premium subscribers. And
we're actually going to come out with a lower tier pricing. So we
want it to be just a small amount of money...”
In altre parole, non ha detto che tutti gli account diventeranno a
pagamento: ha detto solo che X si sta spostando verso l’adozione di un piccolo
pagamento mensile per l’uso del sistema X e che X intende presentare
un’opzione con un prezzo inferiore. “Spostarsi” non significa “obbligare”.
Sembra, insomma, che Musk stia soltanto proponendo di aggiungere un’iscrizione
più a buon mercato per incentivare l’uso di X a pagamento, che attualmente
langue intorno allo
0,3% di tutti gli
utenti. E da come ne parla, non sembra che questa proposta sia già stata
discussa o pianificata in dettaglio: sembra più un’idea partorita sul momento.
Musk ha dimostrato ampiamente in passato di ventilare scenari che poi non si
concretizzano.
Le Community notes, ossia il debunking interno di X coordinato
dagli utenti, definiscono “ingannevoli” i post che parlano di un
passaggio di X a un modello a pagamento per tutti, precisando che
“in una recente intervista con il primo ministro di Israele, Elon ha
dichiarato che [X] introdurrà "una fascia tariffaria ridotta" per i membri
premium. Non c’è stato alcun riferimento a far pagare tutti per usare X”
(“Misleading post. In a recent interview with the PM of Israel, Elon stated
they will introduce "lower tier pricing" for premium members. There was
absolutely no mention of charging everyone to use X.”).
Elon Musk is reportedly considering the idea of charging everyone to use
Twitter/X pic.twitter.com/LKGtGNiLVW
Va detto che quest’ipotetica strategia sarebbe efficace contro i bot solo se
fosse un
pay-to-post universale; per contro, un pay-to-read sarebbe un
suicidio. Per dirla in altre parole: “a pagamento per tutti” significherebbe che bisognerebbe pagare anche solo per leggere i post. Significherebbe pagare semplicemente per avere un account X che permetta di seguire specifici account. Questo sarebbe un colossale autogol commerciale, l'equivalente di un paywall intorno a X. Quindi, a meno che Elon Musk non abbia intenzioni autodistruttive per X, parlare di “a pagamento per tutti” non ha assolutamente senso.
La questione sarebbe differente se si trattasse di un ipotetico canone per poter postare (e/o mettere like, fare repost o commenti); ma a quel punto non sarebbe più un “per tutti”.
Questa sera su YouTube faremo quattro chiacchiere in diretta sul tema
Cosa ha in testa Elon Musk per lui e .... per noi?, da Twitter alla
mobilità elettrica passando per lo spazio e le altre attività di un
personaggio controverso.
La chiacchierata è organizzata da Tesla Owners Italia e verrà introdotta e
moderata dal presidente e fondatore, Luca Del Bo. Questi sono gli interventi previsti:
Paolo Attivissimo | Come distruggere Twitter
Livia Ponzio | Elon Musk e i controversi rapporti con la politica
Andrea Crocetti | Michelangelo, Einstein, Darwin, Musk: tutti figli di
Asperger
Carlo Bellati | I 4 punti vincenti dell'auto più venduta al mondo
Daniele Invernizzi | Un mondo senza batterie
Pierpaolo Zampini | È finita la love story con i sognatori di un mondo
migliore?
Sette anni fa, nel 2016,
provai
a chiedere il “bollino blu” di utente verificato a Twitter: inviai una foto
della mia patente di guida, citai qualche sito che poteva confermare la mia
identità e scrissi le motivazioni per le quali avevo chiesto il bollino. Quattro
giorni dopo mi arrivò gratuitamente la conferma di accettazione, e da allora il
mio account Twitter ha avuto il bollino di verifica. A partire dal primo aprile,
a quanto pare, non l’avrà più.
Twitter ha infatti
annunciato
il 23 marzo scorso che dal primo di aprile inizierà la rimozione dei bollini
di autenticazione vecchio stile; per mantenere il bollino ci si può iscrivere
a pagamento a Twitter Blue (circa 8 dollari al mese,
disponibile
in tutto il mondo dalla stessa data) oppure, se si fa parte di
un’organizzazione, ci si può
rivolgere al servizio per le
“organizzazioni verificate”, che però al momento non risulta ancora
operativo e
costerebbe
1000 dollari al mese per l’organizzazione più 50 dollari al mese per ogni
affiliato, con
verifica automatica
di qualunque account personale affiliato a un’organizzazione verificata.
Il bollino blu di Twitter Blue non verifica più nulla ma indica semplicemente
che l’utente ha pagato l’abbonamento (e
sembra
che Twitter stia lavorando a un’opzione che consente di non mostrare il nuovo
bollino, forse per evitare derisioni e polemiche). Qualunque spammer, troll o
truffatore può aprire un account “bollinato” usando il mio nome e cognome;
spetterebbe a me accorgermene e segnalare ogni volta a Twitter l’impostore.
Il nuovo sistema non offre insomma nessuna garanzia di autenticazione e quindi
è totalmente inutile per chi mi legge. Di conseguenza, lascerò che Twitter mi
tolga il bollino, anche perché voglio vedere che cosa succede a un account che
viene “degradato”.
Secondo
Elon Musk, boss di Twitter, i tweet degli account non paganti verranno resi meno
visibili;
“i Tweet degli utenti verificati verranno mostrati per primi”,
dice
Twitter Blue,
parlando
anche di “piazzamento prioritizzato nelle conversazioni”.
Sto usando molto poco il mio account Twitter (sono passato da qualche
centinaio di tweet a settimana a poche decine); mi limito ad annunciare i miei
nuovi articoli o gli eventi di interesse generale.
Continuerò a mantenere il mio account, anche se “sbollinato”, perché comunque
leggo molto le notizie diffuse via Twitter da giornali e fonti specialistiche
che postano soltanto lì e soprattutto perché eliminare l’account farebbe
sparire da Internet tutti i tweet che ho scritto, rendendo incomprensibili le
tante conversazioni che ho avuto dal 2007, quando ho aperto l’account. Potrei anche trasformare il mio account in un account “professionale”, che non costa nulla, ma i suoi vantaggi sono molto modesti e per ora non voglio modificare il mio account normale: vediamo prima cosa succederà con la mia spunta blu.
Fra l‘altro, secondo le stime di SensorTower citate da
TechCrunch
tutta questa confusa vicenda dei bollini blu avrebbe fruttato ben poco a
Twitter: circa 11 milioni di dollari in tutto, che sono una goccia nel mare di
debiti nel quale si trova l’azienda. Queste stime indicano che ci sono oltre
385.000 iscritti a Twitter Blue in tutto il mondo (246.000 di questi sono in
USA).
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2023/03/28 8:30 Elon Musk ha tweetato che a partire dal 15 aprile solo gli account “verificati” potranno comparire nella sezione “Per te” di Twitter che consiglia account da seguire o leggere, e che le votazioni dei sondaggi richiederanno account “verificati”. La giustificazione, dice, è che questo “è l'unico modo realistico per gestire la presa di controllo da parte degli sciami di bot di intelligenza artificiale avanzata”. In originale: “Starting April 15th, only verified accounts will be eligible to be in For You recommendations. The [sic] is the only realistic way to address advanced AI bot swarms taking over. It is otherwise a hopeless losing battle. Voting in polls will require verification for same reason.”
Va ricordato che “verificato”, nel lessico di Twitter e Elon Musk, significa semplicemente “pagante”. Twitter non fa alcuna verifica delle identità degli utenti ma si limita ad appoggiarsi agli (eventuali) controlli di identità effettuati dai gestori dei sistemi di pagamento.
Si sta man mano concretizzando un Twitter diviso in caste: da una parte gli utenti paganti, dall’altra gli utenti gratuiti, che saranno meno visibili e non potranno partecipare ai sondaggi. Ricordo però che qualche mese fa, a novembre 2022, Elon Musk aveva dichiarato che secondo lui il “sistema di nobili e plebei” dei bollini blu era “una stronzata” (in originale: “Twitter’s current lords & peasants system for who has or doesn’t have a blue checkmark is bullshit.”). A quanto pare, dividere gli utenti in “nobili e plebei” non è più “una stronzata” quando la divisione la decide Musk.
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2023/04/09 9:30. Ho ancora il bollino blu. Proseguo questa storia in questo articolo.
C’è un tipo di spam particolare che sta diventando più frequente: i
video fraudolenti su YouTube. Video che vengono addirittura consigliati da
YouTube ai suoi utenti.
Si tratta di video che sembrano pubblicati da aziende molto conosciute ma sono
in realtà creati da truffatori che prendono immagini, nomi e marchi di queste
aziende e riconfezionano il tutto in modo che lo spettatore creda di assistere
a una nuova comunicazione aziendale, per esempio l’annuncio di un nuovo
prodotto, mentre in realtà gli viene proposto del materiale video vecchio al
quale viene aggiunto un link che porta alla truffa vera e propria.
La cosa assurda, appunto, è che questi video finiscono fra quelli consigliati
allo spettatore da YouTube perché rispecchiano i suoi interessi.
Per esempio, nei video che mi vengono consigliati da YouTube mi è comparso
l’avviso di un video in diretta il cui titolo parlava di SpaceX, la società
spaziale di Elon Musk, e annunciava un aggiornamento da parte di Musk stesso
sul lancio del razzo gigante Falcon Heavy, un argomento che effettivamente mi interessa. L’account che presentava il video
aveva il marchio di Tesla, altra azienda di Musk, e si faceva chiamare
Tesla Academy.
Adesso sapete quali sono i miei interessi, almeno quelli che YouTube crede che siano i miei interessi.
Facendo scorrere il video, però, mi sono accorto che non era affatto una diretta, ma era una replica di una presentazione fatta da Elon Musk tempo fa, ed è comparso in sovrimpressione un codice QR insieme all’immagine di un tweet di Elon Musk che diceva “La tua vita cambierà entro pochi minuti se scansionerai il codice QR. Non è uno scherzo.”
Inoltre nei commenti erano stati fissati alcuni messaggi che parlavano di un grande giveaway, ossia di una distribuzione di regali da parte di Musk. Addirittura veniva proposto di raddoppiare le proprie criptovalute nel giro di “3-5 minuti” se si scansionava il codice QR mostrato nel video o si seguiva un link, citato nei commenti, per partecipare a questa elargizione.
Cliccando sul link o seguendo il codice QR si veniva portati a un sito contenente un annuncio, con tanto di logo di SpaceX e ritratto di Elon Musk, che spiegava i dettagli della partecipazione. Per raddoppiare le proprie criptovalute era sufficiente inviarle al sito.
Ovviamente si trattava di una trappola: se avessi abboccato, avrei mandato dei soldi non a SpaceX o a Elon Musk ma a degli sconosciuti, che sicuramente avrebbero fatto qualunque cosa tranne rimandarmene il doppio. Ho quindi segnalato a YouTube che si trattava di spam, usando l’apposita funzione e scegliendo la sezione “Spam o ingannevole” e poi “Truffe o frodi”, e infine ho descritto le ragioni della segnalazione.
YouTube ha rimosso il video poco dopo, a dimostrazione che segnalare questi truffatori funziona, ma resta un problema di fondo: YouTube non ha fatto prevenzione e ha accettato che venisse creato un utente il cui nome era un marchio registrato e la cui icona era anch’essa un marchio registrato, e ha inserito questo video truffaldino fra i consigliati, dandogli evidenza e visibilità, senza controllare se provenisse davvero dall’account dell’azienda titolare dei marchi.
Questa promozione da parte di YouTube di un video di truffatori è quindi molto pericolosa, perché conferisce credibilità al tentativo di frode. Se incontrate altri video di questo genere, segnalateli a YouTube, e avvisate i vostri conoscenti di questo fenomeno: non ci si può fidare ciecamente dei video consigliati da YouTube.
Grosso modo dalla mattina (ora italiana) del 24 dicembre Twitter ha attivato
l’indicazione del numero di visualizzazioni di un tweet. Su Twitter Web e
nell’app, ma non su Tweetdeck, sotto alcuni tweet compare un numero accanto
all’icona delle statistiche.
Questa indicazione, però, non è sempre presente; quando manca, cliccando
sull’icona delle statistiche (quella più a sinistra) compare l’avviso
“I dati relativi alle visualizzazioni di questo Tweet non sono
disponibili”
accompagnato da un pulsante Cestina che è molto ingannevole, visto che
non cestina nulla ma semplicemente chiude l’avviso.
Non sembra essere un filtro sul numero minimo di visualizzazioni, visto che ho
notato tweet che indicavano anche una singola visualizzazione; forse è solo un
ritardo nella propagazione del dato.
Resta da capire che cosa intende Twitter per “visualizzazione”. Un tweet che
viene letto semplicemente facendo scorrere la cronologia verrà contato, oppure
è necessario cliccarvi sopra? Inoltre
sembra
che mettere un like (normalmente segno che il tweet è stato letto) non
faccia aumentare il contatore.
Questa nuova funzione potrebbe essere un autogol, perché rischia di rivelare
che in realtà i tweet non vengono visti da tutti i follower e molti tweet non
vengono letti praticamente da nessuno.
Sto facendo un test con
questo tweet: quanti dei miei 420.964 follower attuali lo vedranno realmente? Finora
(12.30), dopo tre ore circa, lo hanno “visualizzato” circa 17.200 account;
dopo cinque ore (14.50), circa 29.000; dopo otto ore (17:50), circa 43.800; dopo due giorni e mezzo (1:40 del 26/12), circa 93.000.
È emersa una contraddizione: il
numero di “visualizzazioni” indicato nel tweet è completamente differente da
quello che viene indicato cliccando sull’icona delle statistiche, come
mostrato qui sotto: alle 14.55 di oggi, il tweet diceva 29.362, ma le statistiche dicevano 7.463. Ho segnalato il problema a @TwitterSupport. I due conteggi sono risultati sostanzialmente allineati dopo due giorni e mezzo (93.317 nel tweet, 92.398 nelle statistiche).
Il 24 dicembre Elon Musk ha tweetato che verrà aggiunta l’opzione di disattivare l’indicazione delle visualizzazioni (“We’ll tidy up the esthetics & add a setting to turn it off, but I think almost everyone will grow to like it”).
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Gli utenti paganti di Twitter hanno ora un piazzamento prioritario nelle
conversazioni e possono caricare video lunghi fino a 60 minuti, secondo un
aggiornamento della
pagina informativa
del servizio Twitter Blue (“Prioritized rankings in conversations: This feature prioritizes your
replies on Tweets that you interact with. Longer video upload: Share more
content with your followers. Twitter Blue subscribers can upload videos up
to ~60 minutes long up to 2GB file size (1080p) (web only)”) (copia permanente).
C’è anche un progetto pilota chiamato
Twitter Blue for Business, che aggiunge un bollino color oro agli account professionali o aziendali
ufficiali.
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Intanto
Reuters ha segnalato il 23 dicembre che nei giorni precedenti Twitter aveva
“rimosso una funzione che promuoveva i numeri telefonici di prevenzione del
suicidio e altre risorse di sicurezza agli utenti che cercavano alcuni tipi
di contenuto”. Questa rimozione, secondo Reuters, sarebbe avvenuta per ordine di Elon Musk.
Ella Irwin,
head of trust and safety di Twitter, ha dichiarato a Reuters che si
trattava di una rimozione temporanea e che la funzione, denominata
#ThereIsHelp, sarebbe tornata online la settimana successiva. Ma Musk ha contraddetto Irwin tweetando il 24 dicembre che la notizia era falsa (“False, it is still there”), e aggiungendo che la funzione non era mai stata sospesa e che Twitter non previene il suicidio (“1. The message is actually still up. This is fake news. 2. Twitter doesn’t prevent suicide.”). Il giorno stesso (24 dicembre) la funzione è tornata online.
Maggiori dettagli su questa confusione sono su Ars Technica.
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L’informatico e hacker George Hotz (aka Geohot), assunto a Twitter da
Musk il 18 novembre scorso, si è dimesso il 22 dicembre (ANSA). Hotz è noto non solo per essere stato fra i primi a fare il
jailbreak degli iPhone (2007) ma anche per aver fondato Comma.ai,
un’azienda dedicata al software per la guida autonoma. Ha tweetato “[...] Appreciate the opportunity, but didn’t think there was any real impact I could make there [...]” (“apprezzo l’opportunità, ma non credo che ci fosse alcun impatto reale che io potessi produrre lì”).
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I giornalisti i cui account Twitter erano stati bloccati (sospesi) la
settimana scorsa lo sono tuttora, nonostante le dichiarazioni di riammissione
di Elon Musk, perché si rifiutano di accettare la richiesta, inviata
privatamente da Twitter, di eliminare alcuni tweet riguardanti l’account
@ElonJet, quello che pubblica i voli del jet privato di Musk. Lo
segnala il
Washington Post.
Si rifiutano perché considerano che accettare la richiesta di eliminazione
costituirebbe una falsa ammissione di torto e una resa alle imposizioni
arbitrarie di Musk.
“Non ho intenzione di cancellare un tweet che conteneva informazioni basate
sui fatti e non violava le regole di nessuno”
ha dichiarato Drew Harwell del Washington Post, uno dei giornalisti
bloccati, al quale Twitter ha chiesto di rimuovere un tweet che segnalava la
sospensione dell’account di Mastodon da parte di Twitter perché segnalava
l’esistenza dell’account Mastodon di @ElonJet.
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Mastodon si starebbe avvicinando ai nove milioni di utenti, secondo
Mastodon Users.
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Il gestore di un’istanza Mastodon italiana, Mastodon Uno, getta luce sui
propri
costi di gestione: 1150
euro al mese per gestire oltre 60.000 persone di cui oltre 20.000 attive tutti
i giorni (2 eurocent al mese a testa, insomma). Anche
Fosstodon fa
altrettanto (2100 dollari/mese). Entrambi dipendono dalle donazioni degli
utenti (io ho già contribuito).
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L’account che traccia il jet di Musk è tornato su Twitter in una nuova veste:
l’originale (@ElonJet) è ancora bloccato, ma il suo gestore, Jack
Sweeney, ha attivato
@ElonJetNextDay, che fa lo
stesso tracciamento ma pubblica i dati con ventiquattro ore di ritardo in modo
da adeguarsi alle nuove regole di Twitter, che permettono la condivisione di
informazioni di localizzazione pubblicamente disponibili se è trascorso un
lasso di tempo ragionevole.
Pubblicazione iniziale: 2022/12/18 19:55. Ultimo aggiornamento: 2022/12/22
09:30. Una versione più breve di questo articolo è disponibile nel podcast Il Disinformatico del 23 dicembre 2022.
Sto cercando di evitare di parlare troppo di Twitter e Elon Musk, ma gli
ultimi sviluppi e dietrofront sono talmente assurdi e comici che mi tocca fare
un aggiornamento ai riassunti che ho già pubblicato (uno,
due). Come ho già detto, sospetto che fra qualche anno ci chiederemo se sia
davvero successa tutta questa follia, per cui credo sia opportuno tenerne
traccia adesso, finché è possibile.
Giornalisti bannati e poi (parzialmente) ripristinati
Cominciamo dal ban di Twitter a vari giornalisti di cui avevo già
segnalato
le prime avvisaglie: il 15 dicembre (le prime ore del 16 in Europa) almeno
dieci giornalisti hanno scoperto che i propri account Twitter erano stati
sospesi permanentemente, senza preavviso e senza dare alcuna motivazione.
Questo è l’elenco stilato da
Gizmodo:
Matt Binder (Mashable)
Drew Harwell (Washington Post)
Steve Herman (VOA News)
It’s Going Down News (Independent Site)
Micah Lee (The Intercept)
Ryan Mac (New York Times)
Mastadon (Social Media Site)
Keith Olbermann (formerly MSNBC)
Donie O’Sullivan (CNN)
Tony Webster (Minnesota Reformer)
A questi dieci si sono aggiunti Taylor Lorenz (Washington Post), che
racconta la propria vicenda
qui, Aaron Rupar e Linette Lopez.
Queste sospensioni hanno ricevuto la condanna delle Nazioni Unite, dell’Unione
Europea e del ministero degli affari esteri tedesco, come riferisce la
BBC
aggiungendo che un portavoce di Twitter ha dichiarato che i
ban sarebbero legati alla
“condivisione in tempo reale di dati di localizzazione”, che è vietata
dalle nuove
Regole di Twitter
anche quando queste informazioni sono pubbliche.
Se usate Twitter, insomma, teoricamente potreste trovarvi nei guai se postate
una foto di un vostro amico mentre state mangiando insieme al ristorante e il
tweet è geolocalizzato automaticamente, come capita spesso.
A giudicare da vari tweet di Elon Musk, i giornalisti sarebbero stati bannati
per aver segnalato ai loro lettori l’esistenza di un account che era su
Twitter e ora è su Mastodon e permette di sapere dove si trova il suo jet
personale, cosa che secondo Musk avrebbe permesso a uno stalker di
accostarsi a un’auto che trasportava almeno uno dei suoi figli a Los Angeles.
La polizia della città, però,
non ha trovato alcun nesso
fra questo account e l’episodio di stalking contestato da Musk, che è
avvenuto 23 ore dopo l’ultimo tweet di tracciamento da parte di
@elonjet e a circa 40 chilometri di distanza dall’aeroporto.
Inoltre alcuni dei giornalisti bannati non avevano nemmeno menzionato questa
vicenda (Lorenz, per esempio, si era limitata a chiedere a Musk un commento),
e nessuno di loro aveva pubblicato informazioni sugli spostamenti in auto di
Musk o della sua famiglia (Lorenz è stata
accusata
nel 2022 di aver condiviso un indirizzo di abitazione, via Twitter e in un
articolo
per il New York Times, ma di un’altra persona e in una
vicenda legale
completamente slegata da Musk e famiglia).
Alcuni di questi giornalisti hanno semplicemente citato l’account
Twitter @elonjet, che pubblicava in tempo reale, usando dati pubblici,
i voli del jet di Musk per segnalarne l’impatto ambientale ed è stato nel
frattempo sospeso da Twitter il 13 dicembre.
Zoe Kleinman, technology editor per la BBC, ha
riassunto la
situazione come segue:
[...] Fondamentalmente, Elon Musk ha abbattuto e fatto precipitare in fiamme
il suo tanto strombazzato impegno per la “libertà di parola”. Libertà di
parola, purché la parola non lo faccia arrabbiare personalmente: questo sembra
essere il messaggio.
Il 16 dicembre Elon Musk ha avviato un
sondaggio
fra gli utenti di Twitter chiedendo se gli account dei giornalisti andassero
ripristinati subito o entro una settimana: ha vinto con il 58,7% l’opzione
“subito”, e Musk ha
dichiarato
che avrebbe revocato immediatamente le sospensioni.
Il 17 dicembre Twitter ha
annunciato
di aver iniziato a ripristinare alcuni account che erano stati sospesi perché
riteneva che la sospensione permanente fosse una
“azione sproporzionata per la violazione delle regole di Twitter”.
Twitter non ha indicato quali fossero gli account in questione, ma alcuni
degli account dei giornalisti che erano stati sospesi risultano ora
parzialmente
riattivati
(CNN).
Ma il 21 dicembre molti dei giornalisti bannati hanno
dichiarato
che in realtà i loro account non sono stati affatto ripristinati: risultano
visibili agli altri utenti, ma non possono più pubblicare nulla se prima non
rimuovono i tweet che forniscono al pubblico l’informazione,
giornalisticamente rilevante, che esiste un modo semplice per sapere dove si
trovano i jet personali di Elon Musk e di molti altri miliardari e sapere
quanto inquinano usando soltanto informazioni pubbliche.
Sì, i jet personali sono tracciabili usando solo dati pubblici. Anche quello
di Musk
Elon Musk afferma che pubblicare i dati dei suoi voli è doxxing, ossia
rivelazione di dati privati, e
dichiara
(16 dicembre) che il suo aereo
“non è tracciabile senza usare dati non pubblici” (“My plane is actually not trackable without using non-public data”). Ma non è vero.
Un’indagine dettagliata di Open
sui singoli ban ai giornalisti spiega infatti che i dati di volo in
tempo reale degli aerei, compresi i jet privati, sono pubblici: vengono
trasmessi via radio in chiaro da appositi localizzatori di bordo (Automatic Dependent Surveillance – Broadcast
o ADS-B, obbligatorio nello spazio aereo USA) e sono pubblicamente
accessibili da chiunque acquisti un semplice ricevitore.
Per consultarli, anche senza ricevitore, è sufficiente visitare un sito come
Flightradar24 oppure
ADSBExchange e sapere qual è
l’identificativo del jet privato che interessa. Quello del jet di Musk è
N628TS: un dato facilissimo da trovare con Google, per esempio su
Superyachtfan.com, che cita appunto questo identificativo, che è dipinto a grandi lettere
sull’aereo stesso. L’aereo è un Gulfstream G650ER del 2015, che vale 70
milioni di dollari.
C’è una diffusa diceria secondo la quale sarebbe impossibile tracciare il jet
personale di Musk senza usare dati riservati perché Musk avrebbe usato
un’opzione di mascheramento dell’identificativo, il cosiddetto
PIA (Privacy ICAO Address, spiegato benissimo
qui), ossia un identificativo temporaneo che cambia ogni 20 giorni lavorativi.
La diceria è sbagliata, come hanno
spiegato
Aric Toler di Bellingcat,
Olivier Tesquet
e
Veronica Irwin
di Protocol. L’identificativo ICAO dell’aereo di Elon Musk è
citato
pubblicamente nel
database della Federal Aviation Administration, su
FlightAware
e nei
dati di Flightradar24: è A835AF.
Immettendo questi dati in ADSBexchange si ottiene l’attuale localizzazione del
jet di Musk: per esempio, il 18 dicembre 2022 ho provato personalmente a
ottenerla ed è risultato che era in Qatar.
Ho segnalato quel tweet come violazione delle nuove
Regole di Twitter, che vietano la condivisione di informazioni di localizzazione in tempo
reale
anche se queste informazioni sono reperibili altrove pubblicamente,
come avevo già raccontato la settimana scorsa. Ma la segnalazione è stata
respinta.
Secondo le stime di @elonjet, il volo di Musk dalla California al Qatar
con ritorno in Texas ha consumato 65 mila litri di carburante e ha prodotto
163 tonnellate di emissioni di CO2, ossia l’equivalente
di 35 anni di emissioni di un’automobile a carburante.
Mastodon segnalato falsamente da Twitter come malware, poi non più
Il 16 dicembre Twitter ha
iniziato a impedire
agli utenti di condividere qualunque link che portasse al social network
alternativo Mastodon, indicando falsamente che si trattava di un link
“potenzialmente dannoso”.
Ci ho provato anch’io, linkando semplicemente il sito del server originale di
Mastodon, ossia Mastodon.social, e il tweet in effetti è stato respinto con il
messaggio “Qualcosa è andato storto, ma non preoccuparti. Riproviamo” e
“La richiesta non può essere completata poiché Twitter o un suo partner ha
identificato questo link come potenzialmente dannoso. Per saperne di più,
visita il nostro Centro assistenza.”
Twitter ha anche bloccato l’inclusione di qualunque link a Mastodon nelle
informazioni dei profili, con un avviso ingannevole che affermava che era
“considerato pericoloso (malware)”:
Nei giorni successivi questi blocchi sono stati revocati dopo le proteste
degli utenti, per cui ora è di nuovo possibile pubblicare tweet che contengono
link a Mastodon e includere questo tipo di link anche nella propria bio su
Twitter.
Divieto di link ad altri social, poi ritirato
Il 18 dicembre l’account ufficiale
@TwitterSupport
ha annunciato che sarebbero stati rimossi
“gli account creati solo allo scopo di promuovere altre piattaforme social
e il contenuto contenente link o nomi utente per le seguenti piattaforme:
Facebook, Instagram, Mastodon, Truth Social, Tribel, Nostr e Post.”
We recognize that many of our users are active on other social media
platforms. However, we will no longer allow free promotion of certain social
media platforms on Twitter. Specifically, we will remove accounts created
solely for the purpose of promoting other social platforms and content that
contains links or usernames for the following platforms: Facebook, Instagram,
Mastodon, Truth Social, Tribel, Nostr and Post. We still allow cross-posting
content from any social media platform. Posting links or usernames to social
media platforms not listed above are also not in violation of this policy.
Il nuovo regolamento in merito (pubblicato
qui) ha
causato
la
reazione
di molti utenti influenti di Twitter che si sono trovati sospesi dal social
network di Elon Musk, ma poche ore dopo è stato rimosso e sono stati rimossi
anche i tweet che lo annunciavano (una copia permanente di questo regolamento
molto effimero è
archiviata qui; i tweet di annuncio sono
archiviati qui). Se questo regolamento fosse stato introdotto definitivamente, sarebbe
stato probabilmente in violazione del
Digital Markets Act
europeo, che regolamenta i comportamenti dei social network, con sanzioni
pesantissime.
Successivamente l’account ufficiale @TwitterSafety ha avviato un
sondaggio, che si è concluso con l’87% di contrari al divieto di linkare altri social
network.
Should we have a policy preventing the creation of or use of existing
accounts for the main purpose of advertising other social media platforms?
Paradossalmente, Twitter pratica attualmente e da tempo quello stesso
comportamento che avrebbe voluto vietare in casa propria: infatti ha degli
account puramente autopromozionali su
Instagram e su
Facebook.
www.instagram.com/twitter/
www.facebook.com/TwitterInc
Il battibecco pubblico con i giornalisti, le accuse false di Musk
Il 16 dicembre Elon Musk si è inoltre unito a un dibattito online tenutosi su
Twitter, usando la funzione
Twitter Spaces
che consente conversazioni vocali di gruppo, e ha detto che i giornalisti
stavano condividendo il suo indirizzo. Quando gli hanno fatto notare che non
era vero, e che lui stava usando lo stesso metodo di blocco dei link che aveva
trovato così inaccettabile quando era stato
usato per la vicenda del laptop di Hunter Biden, Elon Musk se ne è andato senza rispondere ad altre domande.
Riporto qui sotto la
trascrizione
del suo breve intervento.
Musk: Well, as I'm sure everyone who's been doxxed would agree, showing
real-time information about somebody's location is inappropriate. And I think
everyone would not like that to be done to them. And there's not going to be
any distinction in the future between simple journalists and regular people.
Everyone is going to be treated the same—no special treatment.
You doxx, you get suspended. End of story. And ban evasion or trying to be
clever about it, like "Oh, I posted a link - to the real-time information,"
that's obviously something trying to evade the meaning, that's no different
from actually showing real-time information.
Katie Notopoulos: When you're saying, 'posting a link to it,' I mean, some of
the people like Drew and Ryan Mac from The New York Times, who were banned,
they were reporting on it in the course of pretty normal journalistic
endeavors. You consider that like a tricky attempted ban evasion?
Musk: You show the link to the real-time information – ban evasion,
obviously.
Katie Notopoulos: Drew, I don't think you were posting the real-time
information, right?
Drew Harwell: You're suggesting that we're sharing your address, which is not
true. I never posted your address.
Musk: You posted a link to the address.
Drew Harwell: In the course of reporting about ElonJet, we posted links to
ElonJet, which are now banned on Twitter. Twitter also marks even the
Instagram and Mastodon accounts of ElonJet as harmful.
We have to acknowledge, using the exact same link-blocking technique that you
have criticized as part of the Hunter Biden-New York Post story in 2020.
So what is different here?
Musk: It's not more acceptable for you than it is for me. It's the same
thing.
Drew Harwell: So it's unacceptable what you're doing?
Musk: No.
You doxx, you get suspended.
End of story. That's it.
Circa mezz’ora dopo,
l’intero servizio
Twitter Spaces
è stato
disabilitato. È poi tornato online nei giorni successivi.
Musk litiga pubblicamente anche con gli esperti di marketing e di informatica
e li insulta
In una discussione su Twitter Spaces fra esperti di marketing pubblicitario,
Musk li ha interrotti affermando che stavano dicendo stupidaggini quando in realtà stavano parlando delle basi di come funziona la pubblicità nei social:
man who recently bought website for $44 billion dollars infuriated to hear
the basics of online advertising accurately explained
pic.twitter.com/SkYzIXAy11
In una conversazione, sempre su Twitter Spaces, con ex ingegneri informatici
di Twitter, quando uno di loro gli ha chiesto di descrivere tecnicamente cosa
non andasse bene dell’attuale software del social, Musk ha tagliato corto e
gli ha dato del “jackass”, ossia dell’ignorante.
How it started: Ex-Twitter engineer asks Elon about new features to
which Elon replied “to have high velocity features, there needs to be a
total rewrite of the stack”
Elon Musk claims to be an engineer,
but he can’t even answer simple tech question & attacks REAL engineers
pic.twitter.com/Bnui1NoKRx
Il sondaggio di Musk se stare a capo di Twitter o no
Il 19 dicembre Elon Musk ha tweetato un sondaggio, indetto da lui stesso, per
chiedere se restare a capo di Twitter o no, aggiungendo che avrebbe rispettato
l’esito del sondaggio. "Vox populi, vox dei", diceva. Il risultato
finale, con circa 17 milioni di account partecipanti, è stato che il 57,4% è a
favore della sua rinuncia alla carica.
Should I step down as head of Twitter? I will abide by the results of this
poll.
Dopo due giorni di sostanziale silenzio, Musk ha
annunciato
il 21 dicembre che si dimetterà dal ruolo di CEO non appena troverà
“qualcuno abbastanza
incosciente
da accettare l’incarico” e che resterà a capo dei reparti software e server (“I will resign as CEO as soon as I find someone foolish enough to take the
job! After that, I will just run the software & servers teams.”).
---
A Twitter, insomma, regna ancora la confusione e non c’è un piano organico di
ristrutturazione: le decisioni vengono prese sull’impulso del momento, senza
valutarne le conseguenze.
La burla di “John Mastodon”
E per finire, se vi state chiedendo perché si parla tanto online del signor
John Mastodon ed è così popolare l’hashtag #JohnMastodon, tutto nasce
da un errore di un giornalista, Isaac Schorr, che il 16 dicembre ha scritto su
Mediaite.com un articolo sulla vicenda Twitter (copia d'archivio qui) nel quale voleva parlare dell’account Twitter @joinmastodon, che era
stato bandito, ma ha invece scritto John Mastodon, descrivendolo come
“il fondatore di una società concorrente nei social media che prende il
nome da lui”
(“the platform removed John Mastodon, the founder of a competing social
media company named after himself”).
Ed è così che
è nato un mito, con memi, biografie inventate e fotografie dell’inesistente signor John
Mastodon generate con l’intelligenza artificiale.
Questo articolo fa parte del testo del podcast Il Disinformatico
di venerdì 16 dicembre. Pubblicazione iniziale: 2022/12/16 1:57. Ultimo aggiornamento: 2022/12/16 19:35.
La vicenda di Twitter si fa sempre più complicata e si arricchisce di aspetti
umani oltre che tecnici. Ho riepilogato la fase iniziale della cronaca del
caos e le tecniche di autodifesa corrispondenti nella
puntata del Disinformatico del 18 novembre scorso, ma nelle quattro settimane che ormai ci separano da quella data sono
successe talmente tante cose intorno a Twitter e Elon Musk, il suo nuovo
proprietario e amministratore unico, che è opportuno fare un nuovo riassunto
della situazione.
Prima di tutto, alcune raccomandazioni tecniche. Se avete un account su
Twitter e state pensando di chiuderlo ed eliminarlo, non fatelo. Eliminare un
account Twitter significa infatti che qualcun altro potrà usare il vostro
stesso nome di account in futuro, causando confusione e magari spacciandosi
per voi (Twitter Help;
Chron;
PCWorld). Se state pensando invece di
renderlo privato o protetto, tenete presente che se lo fate diventeranno pubblicamente
inaccessibili
anche tutti i vostri tweet precedenti.
Al momento, la strategia più prudente è semplicemente smettere di usare
l’account, silenziare le notifiche, e mettere nelle informazioni del profilo e
in un ultimo tweet un annuncio che avvisi che l’account è fermo e non verrà
monitorato e che dia le coordinate di come comunicare con voi altrove. È
quello che ho fatto anch’io, e sembra funzionare.
Intanto sono
finalmentearrivati, dopo il disastro iniziale dei falsi account aziendali e alcuni rinvii, i
bollini colorati, quelli che dovrebbero classificare e verificare gli account
su Twitter, e alcuni di questi bollini sono disponibili anche in Europa.
Il bollino color oro indica un account che è
“verificato poiché si tratta di un’azienda ufficiale” (come per esempio
@Repubblica); ma il bollino blu
continua a indicare sia un
“account verificato secondo i criteri precedenti” che
“[p]otrebbe essere o non essere notorio”
(una definizione a metà fra Schrödinger e Shakespeare) sia un account che
“è verificato in quanto è abbonato a Twitter Blue” e quindi ha
semplicemente pagato otto dollari al mese (o undici se ha pagato tramite
Apple).
Ci dovrebbe essere anche un bollino grigio per le istituzioni, ma non si è
ancora visto, e la “verifica” avviene semplicemente
tramite il numero di telefono, quindi ha un valore molto limitato. La confusione, insomma, persiste.
E c’è anche un altro elemento di confusione: in
teoria chi ha il
bollino blu e cambia il proprio nome nell’account dovrebbe perderlo fino a che
Twitter non lo verifica di nuovo, ma io ho cambiato il mio nome su Twitter,
dove ho un account con il bollino blu “vecchia maniera”, e
non è successo nulla. Questa è una buona notizia per chi vuole inserire nel proprio nome su
Twitter le proprie coordinate su altri social, per esempio.
Prima...
...e dopo.
Il bollino è rimasto e nessuno mi ha chiesto niente.
Un altro cambiamento tecnico su Twitter è la scomparsa di un’informazione
utile per gli utenti, come
nota il
collega David Puente, ossia l’indicazione dell’app o del dispositivo usato per
scrivere uno specifico tweet. Sapere se un tweet era stato scritto usando uno
smartphone oppure un’app pubblicitaria permetteva di capire più facilmente se
si trattasse di un tweet autentico, scritto da un essere umano, o se si
trattasse di un messaggio automatico generato da un bot. Ora questa
indicazione non è più immediatamente disponibile.
C’è anche una nota tecnica che riguarda gli account inattivi: Elon Musk ha
dichiarato che
verranno eliminati dopo un certo periodo di inattività, che non ha
quantificato. Questo è importante per tutti gli account che appartenevano a
familiari deceduti, per esempio, o per le aziende o le testate giornalistiche
che non esistono più: se gli eredi non li tengono attivi, tutti i tweet di
queste organizzazioni e delle persone care scompariranno, lasciando buchi nei
ricordi di famiglia e anche nei siti che li hanno condivisi. A differenza di
Facebook, infatti, su Twitter non esiste l’opzione di nominare un curatore
degli account delle persone scomparse o di rendere permanente un account
facendolo diventare commemorativo.
E a proposito di inattività, Elon Musk ha
annunciato
che rimetterà a disposizione del pubblico i nomi degli account cancellati o
inattivi da tempo, che sono circa un miliardo e mezzo. Ma questa è una
pessima idea
dal punto di vista tecnico, perché gli addetti ai lavori sanno benissimo che
in questo modo qualunque vecchio link a questi account punterà ai nuovi
proprietari, che ne potranno abusare come avviene già adesso per i nomi dei
siti Internet che non vengono rinnovati, per cui un nome di sito che prima
portava a un’azienda o a un’istituzione governativa ora porta ai contenuti di
uno spammer, di un truffatore, di un rivenditore di pornografia o di
fake news.
Un’altra scelta tecnica molto particolare di Twitter è quella di etichettare
automaticamente come “sensibile”, ossia pericoloso, qualunque tweet che
contenga un link alla piattaforma quasi-rivale Mastodon, almeno
secondo
le osservazioni di alcuni
ricercatori.
Se siete ancora su Twitter e citate notizie pubblicate su Mastodon, potreste
trovarvi segnalati, e anche l’account Twitter di Mastodon, cioè
@joinmastodon, risulta sospeso
senza alcuna giustificazione ufficiale [ma forse ce n’è
una non ufficiale], con buona pace delle dichiarazioni di libertà di espressione fatte da Elon
Musk.
[L’esperto di sicurezza informatica Graham Cluley segnala che persino indicare un link a Mastodon nelle proprie informazioni di profilo su Twitter viene respinto, con tanto di avviso ingannevole che dice che il link è considerato malware.]
Poi c’è un’altra bizzarria che ha
colpito
in particolare gli utenti dell’Ucraina: se hanno protetto i propri account
Twitter contro i furti usando l’autenticazione a due fattori tramite codice di
sicurezza ricevuto via SMS, non possono più accedere ai propri account.
Secondo le prime analisi, si tratta del risultato infelice di un tentativo
malamente pianificato di eliminare lo spam: invece di bloccare i singoli
spammer, Twitter avrebbe
bloccato
intere reti telefoniche di specifici paesi dai quali proveniva molto spam. Ne
pagano le conseguenze gli utenti onesti di molte reti cellulari in Russia,
Indonesia, India e Malesia; quindi se conoscete qualcuno da quelle parti che
non riesce più ad accedere al proprio account, la colpa è probabilmente di
Twitter.
Va detto che ci sono anche alcuni progressi molto positivi: gli addetti ai
lavori
segnalano
che gli hashtag più diffusi per la disseminazione di immagini di abusi
sessuali su minori sono stati sostanzialmente eliminati dal social network e
Twitter ha aggiunto l’opzione di segnalare specificamente questo tipo di
contenuto, che rappresentava un problema serissimo rimasto irrisolto per anni [e sono state anche introdotte altre migliorie al sistema di rilevamento automatico e rimozione di questi contenuti].
Inoltre l’11 dicembre il servizio anti-fake news di Twitter gestito da
volontari, denominato Community Notes, è diventato
disponibile
in
tutto il mondo
anziché solo negli Stati Uniti, per cui ora tutti gli utenti di Twitter
possono vedere le annotazioni di questo servizio direttamente sotto i tweet
che fanno informazione scorretta.
Ma dal punto di vista tecnico, insomma, per Twitter e i suoi utenti si
prospettano tempi difficili e confusi, con regole e impostazioni soggette a
cambi continui e arbitrari.
Gli sconvolgimenti di Twitter, però, non solo soltanto tecnici.
---
Anche se non avete un account Twitter, le vicende sempre più bizzarre di
questo social network sono sicuramente interessanti dal punto di vista umano e
ci toccano tutti, direttamente o indirettamente, perché Twitter è una delle
piattaforme più influenti al mondo per la diffusione in tempo reale di notizie
ed è usatissimo da giornalisti, tecnici e politici per informare e informarsi,
e quindi qualunque cambiamento lo riguardi ha ripercussioni sociali anche per
chi non lo usa.
Elon Musk ha usato Twitter per fare una
raccomandazione di voto
nelle elezioni statunitensi; ha
invitato
i suoi oltre cento milioni di follower a seguire il movimento complottista
insurrezionista QAnon; ha
riammesso Donald Trump, che era stato bandito da Twitter dopo i suoi tweet di aizzamento della
folla che poi ha assalito il Campidoglio statunitense il 6 gennaio scorso, e
ha
tolto il ban
anche ad alcune migliaia di
figure della disinformazione e dell’odio, soprattutto apertamente neonaziste e razziste, ma anche complottiste di
QAnon e spammer: personaggi come Andrew Anglin, bandito sin dal 2013,
fondatore del sito neonazista Daily Stormer, aperto sostenitore della
pulizia etnica, negazionista dell’Olocausto e artefice di campagne di
persecuzione fisica di ebrei (RollingStone).
Lo sviluppatore Travis Brown sta compilando un
elenco giornaliero
dei riammessi, che permette di valutare i tipi di account che erano
inaccettabili per la gestione precedente di Twitter e che ora vengono
considerati
ammissibili[un altro elenco è pubblicato da Media Matters]. Si tratta di una decisione di “amnistia” generale presa direttamente
da Elon Musk e basata su un
“sondaggio”
fatto fra i suoi follower.
Un esempio particolarmente emblematico di queste
riammissionicontroverse
è quello del rapper Kanye West, riammesso su Twitter e ribannato subito dopo
per aver postato ai suoi 32 milioni di follower una
svastica inserita in una stella di Davide
e dopo aver condiviso dei messaggi personali scambiati fra lui e Elon Musk.
Giusto per levare ogni dubbio sulle sue opinioni, West ha dichiarato
pubblicamente e testualmente, durante l’Alex Jones Show, che lui ama i
nazisti e specificamente Hitler, che secondo West
avrebbe addirittura inventato le autostrade e i microfoni. Parole sue,
trascritte da Gizmodo:
“But this guy that invented highways, invented the very microphone that I
use as a musician [...] every human being has something of value that they
brought to the table. Especially Hitler!”
“I don’t like the word ‘evil’ next to Nazis. I love Jewish people, but I
also love Nazis.”
Sempre Musk ha usato il suo nuovo potere su Twitter per
inviare
a 119 milioni di follower un
tweet
che mostra una falsa schermata della CNN, nella quale sembrava che Don Lemon,
uno dei conduttori del canale televisivo, stesse dando la notizia che
“Musk potrebbe mettere a repentaglio la libertà di espressione su Twitter
dando alla gente la possibilità di esprimersi liberamente”. L’intento era presumibilmente umoristico, ma usare il vero logo della CNN e
l’immagine di un vero conduttore della rete televisiva ha rischiato di creare
equivoci, e infatti persino Community Notes, il servizio di
fact-checking di Twitter, ha segnalato che
il tweet del CEO di Twitter viola le regole di Twitter.
Insomma, non è il tipo di ambiente che entusiasma gli inserzionisti
pubblicitari, dai quali Twitter attualmente dipende. A fine ottobre Kanye West
era stato
mollato
da sponsor come Adidas, Balenciaga, Foot Locker, JP Morgan Chase, Gap e altri.
Ritrovarselo su Twitter, anche solo brevemente, manda un messaggio che per
chiunque investa in pubblicità e comunicazione è semplicemente inaccettabile.
Secondo il
Wall Street Journal, a novembre il traffico pubblicitario su Twitter è calato dell’85% rispetto
allo stesso periodo del 2021.
Elon Musk ha cercato di rassicurare gli inserzionisti pubblicando
grafici
che sembrano indicare un
calo
della visibilità dei discorsi d’odio, ma il 12 dicembre tre membri del Trust
and Safety Council, l’organo interno di Twitter che vigila sulla sicurezza
degli utenti e garantisce la fiducia in questo social network, si sono dimessi
e hanno pubblicato una
lettera
nella quale dicono invece che i contenuti di odio contro le persone di colore
e gli omosessuali sono
aumentati
enormemente da quando Elon Musk ha preso le redini di Twitter e parlano di un
social network “governato tramite diktat”. Per tutta risposta, Musk ha
abolito l’organo interno di vigilanza
il giorno stesso.
Non sono solo gli inserzionisti ad essere inquieti: anche
Elton John (un milione e
centomila follower) ha
annunciato
il
9 dicembre
di aver
“deciso di non usare più Twitter a causa del recente cambio di politica che
consentirà alla disinformazione di prosperare senza controllo”. Come lui, hanno già sospeso l’uso di Twitter la modella
Gigi Hadid, la scrittrice
Shonda Rhimes
(1,9 milioni di follower) e l’ex chitarrista
dei White Stripes
Jack White, segnala
Reuters.
Le ragioni di questa inquietudine diffusa si concentrano principalmente sul
boss assoluto di Twitter, perché oltre ad aver intenzionalmente riammesso
personaggi a dir poco impresentabili, Musk ha pubblicato tweet nei quali ha
incitato
a processare Anthony Fauci, l’immunologo ex consigliere medico della Casa
Bianca che ha avuto un ruolo di primo piano nella lotta alla pandemia da
Covid-19 negli Stati Uniti. Musk non ha specificato le ragioni di questa
richiesta, ma molti suoi fan l’hanno colta come un invito a perseguitare Fauci
ed è partita su Twitter una
campagna di odio
contro l’immunologo, sua moglie e i suoi figli. Va ricordato che Musk, nel
2020, aveva
tweetato
che “il panico da coronavirus è stupido” e che la pandemia negli Stati
Uniti sarebbe stata “vicina allo zero” entro aprile di quell’anno.
Musk si è poi scagliato pubblicamente anche contro l’ex direttore della
sicurezza e della fiducia di Twitter, Yoel Roth, che si era dimesso a
novembre. Il boss di Twitter infatti ha iniziato a pubblicare una serie di
documenti interni del social network, i cosiddetti Twitter files, che a
suo dire scoperchierebbero una vasta cospirazione politica dei dirigenti di
Twitter per favorire i democratici statunitensi. In questa cospirazione ci
sarebbe coinvolto anche Roth, che Musk ha
accusato pubblicamente
(ovviamente su Twitter) di essere favorevole alla pedofilia presentando come
presunta prova un estratto della tesi di Roth tolto dal suo contesto e
travisato. Come risultato, a Yoel Roth sono arrivate
minacce
così gravi da costringerlo ad abbandonare la propria abitazione.
Gli attacchi personali di Elon Musk hanno preso di mira anche gli
account Twitter che pubblicavano gli spostamenti dei jet privati
appartenenti a miliardari russi
e a Musk stesso, attingendo a
dati pubblicamente disponibili per legge. Il CEO di Twitter aveva
dichiarato
il 7 novembre scorso che il suo impegno per la libertà di espressione era
talmente grande che non avrebbe bandito @elonjet, l’account con mezzo
milione di follower che tracciava il suo jet personale,
“anche se costituisce un rischio personale diretto”. Ma quest’impegno
civile di Elon Musk è durato poco più di un mese, perché il 13 dicembre
l’account @elonjet è stato sospeso per violazione delle
Regole di Twitter, che sono state
aggiornate
(copia permanente) per vietare – guarda
caso – la condivisione di informazioni di localizzazione in tempo reale
anche se queste informazioni sono reperibili altrove pubblicamente.
live location information, including information shared on Twitter directly
or links to 3rd-party URL(s) of travel routes, actual physical location, or
other identifying information that would reveal a person’s location,
regardless if this information is publicly available;
[Questa regola è una follia per qualunque giornalista, perché formulata così significa che se un giornalista annuncia in diretta o fa un livetweet di un’apparizione pubblica di qualcuno, rischia di trovarsi l’account sospeso. Qualunque diretta rischia di essere in violazione. Immaginate un cronista alla Casa Bianca che tweeta “il Presidente degli Stati Uniti sta entrando ora in sala stampa” e si trova sospeso.]
Musk, inoltre, ha
dichiarato
di aver avviato un’azione legale contro
Jack Sweeney, lo studente
ventenne residente in Florida che ha creato questi account di monitoraggio con
lo scopo di rendere più visibile l’impatto ambientale dei jet privati, e
mentre preparo questo podcast
arrivano
continue
segnalazioni
di
account
di giornalisti
sospesi
da Twitter [Donie O’Sullivan della CNN, Drew Harwell del
Washington Post, Ryan Mac del New York Times e altri ancora], a
quanto pare per aver citato la vicenda @Elonjet[poco dopo la chiusura del podcast è arrivato l’annuncio
della Commissione UE della possibilità di sanzioni per queste sospensioni
arbitrarie della libertà di stampa]. Eppure ad aprile scorso Elon Musk aveva
tweetato
che sperava che anche i suoi critici peggiori sarebbero rimasti su Twitter,
“perché libertà di espressione significa questo” (“I hope that even my worst critics remain on Twitter, because that is what
free speech means”).
Molti utenti di Twitter non hanno apprezzato questi voltafaccia e
lo hanno fatto sapere
a Elon Musk senza troppi giri di parole,
ricordandogli
tutte le sue promesse di libertà di espressione
“nei limiti di legge” poi disattese quando riguardano direttamente lui,
come già successo per gli account Twitter che per parodia avevano adottato in
massa il suo nome qualche tempo fa.
La giustificazione per il cambiamento delle regole e l’azione legale,
secondo Musk, è che il 13 dicembre a Los Angeles uno stalker ha bloccato l’auto che
trasportava uno dei suoi figli ed è salito sul cofano. Un episodio grave e
preoccupante, ma Jack Sweeney, quello di @elonjet, non ha mai postato
informazioni sugli spostamenti in auto di Musk e famiglia; ha
pubblicato solo le informazioni sulle partenze e gli arrivi del suo jet
personale, con o senza Musk a bordo, e l’episodio descritto da Musk non è
avvenuto
nei pressi di un aeroporto. Il nesso fra i due eventi, insomma, è decisamente
labile.
Una ulteriore conferma della regola, non scritta ma che si sta man mano
delineando, secondo la quale su Twitter la libertà di espressione è
sacrosanta, ma soltanto fino a quando non crea fastidio a Elon Musk, arriva da
quello che è
successo
quando il CEO di Twitter è apparso a sorpresa al popolare
Dave Chappelle Show a San Francisco, il 12 dicembre, ed è stato
fischiato per vari minuti da buona parte delle diciottomila persone presenti,
tanto che la sua apparizione è stata interrotta dopo qualche battuta di
estremo disagio.
[CLIP del Dave Chappelle Show]
Twitter ha iniziato
subito
a
bloccare
molti degli account degli
utenti
che
condividevano
il video della
figuraccia di Elon Musk. Ma la viralità della ripresa, fatta oltretutto
clandestinamente, ha avuto il sopravvento.
---
Fra riammissioni di impresentabili, cacce alle streghe, continui cambiamenti
arbitrari delle regole e purghe di giornalisti, sembra insomma che Twitter
stia diventando, per Elon Musk, la lezione d’informatica più costosa della
storia. Ha speso 44 miliardi di dollari (non tutti suoi) per scoprire l’ovvio,
ossia che moderare un forum o un social network è un lavoraccio. Non è un
processo automatizzabile e schematizzabile: non è un’automobile elettrica o un
razzo spaziale, che deve rendere conto soltanto alle rigide leggi della
fisica. Moderare richiede la capacità di gestire sfumature, di comprendere
culture e punti di vista differenti, di investire tempo e risorse umane, di
accettare che le regole assolute e semplici non funzionano e che gli esseri
umani non sono molecole di un gas perfetto: possono essere dispettosi,
vendicativi e violenti verso i propri simili, ed è per questo che esistono le
regole sociali, le leggi e i tribunali, pieni di complicazioni e imperfezioni.
E la conclusione di questa lezione fantastiliardaria è che se il moderatore
non sa moderare, se dimostra di essere incostante, impulsivo e arbitrario, gli
utenti se ne andranno altrove. Twitter, come tutti i social network, esiste
solo finché ha utenti. Il valore di Twitter non sta nei suoi algoritmi o nella
sua architettura software e hardware: sta nelle persone che creano i suoi
contenuti. Sta nel piacere di interagire, sia pure brevemente, con persone
altrimenti irraggiungibili. Senza utenti interessanti, che creino contenuti
che attirino altri utenti, un social network inevitabilmente si spegne; se gli
utenti interessanti se ne vanno, o addirittura vengono cacciati via, e
rimangono solo neonazisti, suprematisti, spammer, terrapiattisti e hater di
ogni genere, alla fine resta solo un inutile, costosissimo guscio che si
svuota sempre più in fretta. È sempre stato così, fin dai tempi dei newsgroup,
per chi se li ricorda, e non c’è motivo di pensare che stavolta le cose
andranno diversamente.
Anche perché va ricordato che c’è una parte del piano di Musk che non è ancora
stata realizzata e che rischia di diventare la scintilla che innesca l’esodo:
per ripagare l’enorme cifra investita, il CEO di Twitter intende far pagare
agli utenti quei famosi otto dollari al mese. Per indurli a pagare, ha deciso
che i tweet di chi si rifiuta verranno resi praticamente invisibili, sommersi
da quelli degli utenti paganti. Quanti utenti saranno disposti a restare e
pagare per il privilegio di essere letti su Twitter, quando possono avere
questo privilegio gratuitamente su tutti gli altri social network?
[Una ricerca di Travis Brown indica che su un campione di 18 milioni di account, da lunedì scorso ci sono state 2215 iscrizioni nuove a Twitter Blue. I dati non sono confermati indipendentemente]