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2017/01/20
La “falla” di WhatsApp non è una falla: appello degli informatici per fare chiarezza
Pochi giorni fa il giornale britannico The Guardian ha pubblicato un articolo che segnala una “backdoor” in WhatsApp: una falla di sicurezza che, secondo il Guardian, “consentirebbe di intercettare i messaggi cifrati”.
La notizia ha causato una certa apprensione fra i tantissimi utenti di WhatsApp, soprattutto nei paesi nei quali manca la libertà di espressione e WhatsApp viene usato anche per discutere di argomenti vietati, ma gli esperti di sicurezza hanno smentito seccamente l’articolo del Guardian e hanno firmato in massa una lettera aperta, scritta dalla ricercatrice in informatica e sociologia Zeynep Tufekci della University of North Carolina. Anche Whisper Systems, che è responsabile della protezione crittografica usata in WhatsApp e in Signal, è intervenuta per dire che “non c’è nessuna backdoor in WhatsApp”.
La lettera aperta nota che la notizia del Guardian è stata ripresa dai media turchi governativi e dissidenti e anche l’ente governativo turco che prende tutte le decisioni di sorveglianza e censura si è affrettato a dichiarare che WhatsApp è insicuro. Queste preoccupazioni hanno indotto molti a passare agli SMS e a Facebook Messenger, che sono forme di comunicazione decisamente insicure.
Quella che il Guardian ha definito “backdoor” è in realtà una situazione particolare che un aggressore troverebbe estremamente difficile da sfruttare: la gestione di nuove chiavi crittografiche. Quando un utente cambia dispositivo o SIM e quindi cambia queste chiavi, WhatsApp gli consegna comunque i messaggi in sospeso e poi avvisa il mittente che il destinatario ha cambiato dispositivo (Signal fa il contrario: blocca l’invio fino a che il mittente accetta il cambio di chiavi).
In sintesi, questa presunta falla richiede “un avversario capace di fare molte cose difficili” che avrebbe “molti altri modi di raggiungere il proprio bersaglio” e comunque riguarderebbe “solo quei pochi messaggi non consegnati, se ne esistono, fra il momento in cui il destinatario cambia telefono e il mittente riceve un avviso”.
Molto rumore per nulla, insomma: se usate WhatsApp, continuate pure a usarlo.
La notizia ha causato una certa apprensione fra i tantissimi utenti di WhatsApp, soprattutto nei paesi nei quali manca la libertà di espressione e WhatsApp viene usato anche per discutere di argomenti vietati, ma gli esperti di sicurezza hanno smentito seccamente l’articolo del Guardian e hanno firmato in massa una lettera aperta, scritta dalla ricercatrice in informatica e sociologia Zeynep Tufekci della University of North Carolina. Anche Whisper Systems, che è responsabile della protezione crittografica usata in WhatsApp e in Signal, è intervenuta per dire che “non c’è nessuna backdoor in WhatsApp”.
La lettera aperta nota che la notizia del Guardian è stata ripresa dai media turchi governativi e dissidenti e anche l’ente governativo turco che prende tutte le decisioni di sorveglianza e censura si è affrettato a dichiarare che WhatsApp è insicuro. Queste preoccupazioni hanno indotto molti a passare agli SMS e a Facebook Messenger, che sono forme di comunicazione decisamente insicure.
Quella che il Guardian ha definito “backdoor” è in realtà una situazione particolare che un aggressore troverebbe estremamente difficile da sfruttare: la gestione di nuove chiavi crittografiche. Quando un utente cambia dispositivo o SIM e quindi cambia queste chiavi, WhatsApp gli consegna comunque i messaggi in sospeso e poi avvisa il mittente che il destinatario ha cambiato dispositivo (Signal fa il contrario: blocca l’invio fino a che il mittente accetta il cambio di chiavi).
In sintesi, questa presunta falla richiede “un avversario capace di fare molte cose difficili” che avrebbe “molti altri modi di raggiungere il proprio bersaglio” e comunque riguarderebbe “solo quei pochi messaggi non consegnati, se ne esistono, fra il momento in cui il destinatario cambia telefono e il mittente riceve un avviso”.
Molto rumore per nulla, insomma: se usate WhatsApp, continuate pure a usarlo.
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