Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2020/04/30
Una bella notizia contro il ransomware: rilasciate le chiavi di sblocco di Shade
Quando il ransomware colpisce un utente o un’intera azienda, sono sempre dolori. Ci si trova con tutti i dati di lavoro bloccati da una password che conosce solo il criminale che ha effettuato l’attacco e che vuole soldi per rivelarla. Se non c’è una copia di scorta offline dei dati, è impossibile riprendere l’attività senza pagare il riscatto.
Questi concetti di prevenzione sono ben conosciuti, ma ce n’è un altro di gestione del danno che viene spesso dimenticato: non conviene buttare via i dati cifrati dal criminale.
Ogni tanto, infatti, viene scoperto il modo di decrittare i dati anche senza la password. Di solito è perché i criminali sono stati maldestri; raramente è perché i criminali decidono di regalare la password. Ê l’equivalente informatico di un ladro che torna a casa del derubato e gli riporta tutta la refurtiva.
Eppure è successo: la banda di criminali informatici che gestiva il ransomware denominato Shade o Troldesh o Encoder.858 ha deciso non solo di interrompere i propri attacchi alla fine del 2019 ma ha anche rilasciato oltre 750.000 password (chiavi di decrittazione) per aiutare le vittime a ricostruire i propri dati, segnala l’esperto informatico Graham Cluley.
La banda ha pubblicato anche il codice sorgente del proprio software e istruzioni dettagliate su come usarlo, così gli esperti che lavorano per le aziende che producono antivirus potranno creare degli strumenti di decrittazione automatica. La correttezza e autenticità delle chiavi rilasciate dai criminali sono state confermate da Kaspersky.
Le ragioni di questo improvviso ravvedimento non sono note. Si possono solo fare congetture.
Morale della storia: se vi capita di subire un attacco di ransomware, non perdete ogni speranza, concentratevi sul recupero dei dati più essenziali e conservate una copia di tutti i dati criptati. Non si sa mai che un giorno diventino recuperabili.
Questi concetti di prevenzione sono ben conosciuti, ma ce n’è un altro di gestione del danno che viene spesso dimenticato: non conviene buttare via i dati cifrati dal criminale.
Ogni tanto, infatti, viene scoperto il modo di decrittare i dati anche senza la password. Di solito è perché i criminali sono stati maldestri; raramente è perché i criminali decidono di regalare la password. Ê l’equivalente informatico di un ladro che torna a casa del derubato e gli riporta tutta la refurtiva.
Eppure è successo: la banda di criminali informatici che gestiva il ransomware denominato Shade o Troldesh o Encoder.858 ha deciso non solo di interrompere i propri attacchi alla fine del 2019 ma ha anche rilasciato oltre 750.000 password (chiavi di decrittazione) per aiutare le vittime a ricostruire i propri dati, segnala l’esperto informatico Graham Cluley.
La banda ha pubblicato anche il codice sorgente del proprio software e istruzioni dettagliate su come usarlo, così gli esperti che lavorano per le aziende che producono antivirus potranno creare degli strumenti di decrittazione automatica. La correttezza e autenticità delle chiavi rilasciate dai criminali sono state confermate da Kaspersky.
Le ragioni di questo improvviso ravvedimento non sono note. Si possono solo fare congetture.
Morale della storia: se vi capita di subire un attacco di ransomware, non perdete ogni speranza, concentratevi sul recupero dei dati più essenziali e conservate una copia di tutti i dati criptati. Non si sa mai che un giorno diventino recuperabili.
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