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In un paese ansioso e privo di certezze è bello poter contare su alcuni punti fermi. Uno è la totale, inappellabile, fisiologica inettutidine informatica dei politici e dei governanti. Come possano avere la presunzione di governare (o di voler governare) un paese questi individui che non hanno alcuna familiarità con le tecnologie di base del secolo in cui vivono è un mistero per me insondabile. Questi sono cavernicoli che vogliono insediarsi nella stanza dei bottoni di Chernobyl.
Mi riferisco, l'avrete intuito, alla reazione isterica per il
Googlebombing che coinvolge il Presidente del Consiglio. Qualcuno ha scoperto che digitando
"fallimento" o
"miserabile" in Google e poi cliccando su
"Mi sento fortunato", compare il curriculum di Berlusconi.
Santi numi! Panico! Chi sono questi potentissimi vandali che hanno piegato il Grande Google ai loro inquietanti voleri? Saranno gli
"hacker dei centri sociali" di meneghina memoria? Saranno i terroristi islamici? Saranno gli anarco-insurrezionalisti? Sarà Google che è diventato autocosciente come Skynet in
Terminator?
Leggo con orripilata incredulità sul
Corriere la
reazione ferma e risoluta del commissario dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, Enzo Savarese:
dopo molte segnalazioni pervenute, ha chiesto di verificare modalità, responsabili e mandanti dell'azione di pirateria informatica. A quanto si apprende, sarebbe stata attivata la Polizia postale.
È possibile, tuttavia, che Savarese sia vittima del travisamento del solito giornalista disinformato, disinformatico e disinformante. Stando al
blog di Alessandro Longo, segnalato dai commenti qui sotto, Savarese infatti:
ha solo detto ai giornalisti che avrebbe indagato (che è la risposta scontata, di prassi, quando un giornalista ti chiama e ti chiede che farai come Autorità), non ha confermato che si trattava di pirateria informatica. Gli ho parlato poco fa e mi ha confermato che crede che il Google bombing non è illegale.
Sempre nello stesso articolo del
Corriere apprendo la brillante esternazione di Jacopo Venier, esponente di un partito che taccio qui per pudore. Dice il Venier:
Anche il più importante motore di ricerca su internet contribuisce così a chiarire quale sia il reale bilancio di cinque anni di governo della destra.
Poi ha la decenza di ammettere la sua abissale ignoranza informatica:
Non sappiamo quali magici meccanismi hanno portato a questo risultato ma è evidente che esiste una intelligenza "artificiale" che ha individuato i veri fallimenti ed i veri falliti di questa epoca.
Mi capita fra le mani, poi, il
Giornale di sabato 8 aprile 2006, che spara questa cannonata a pagina 6:
HACKER CONTRO PALAZZO CHIGI - Inserendo su Google le parole "miserabile" e "fallimento" e cliccando sul bottone "sono fortunato", si apriva la pagina del sito di palazzo Chigi con la biografia di Berlusconi. Gli hacker contro il sito del governo, ma il sistema di difesa dalle intrusioni esterne ha retto. "Non è la prima volta che capita - dice il responsabile del sito, Fabrizio Casinelli - e anche questa volta la difesa del sistema è stata perfetta.
Considerato che
il sito del governo non è sotto attacco, non stupisce che il suo "sistema di difesa" abbia retto. È come dire
"Cesira, sai che oggi c'è stato un terremoto in Guatemala eppure la nostra casa in Toscana è ancora in piedi? È fatta proprio bene!!". Stupisce, invece, che il Casinelli dichiari queste cose. Posso soltanto sperare in un altro travisamento giornalistico, ma sarebbe il male minore soltanto per modo di dire.
Signori miei, prima di lasciarsi andare a reazioni ed esternazioni di questo genere, sarebbe buona cosa chiedere lumi a qualcuno competente in materia, così non vi viene il coccolone. Non c'è bisogno di scomodare la Polizia Postale, che ha ben altre
gatte da pelare: basta chiedere, per esempio, a un figlio o un nipote che usa Internet. Se gli fate notare trafelati l'increscioso "attacco hacker" che ha colpito Google, vi spiegherà, scuotendo sconsolato il capo, che cos'è l'antica tradizione satirica del
googlebombing, poi tornerà tranquillo a scaricare musica e chattare con la morosa.
Non è in corso alcun attacco a Google. Non c'è alcuna
"pirateria informatica". Non c'è alcuna
"intelligenza artificiale", anche se sa il cielo quanto sarebbe bello averne un po' per sopperire al vistoso deficit di quella naturale. Né ci sono
"magici meccanismi". Molto più banalmente, un certo numero di persone ha creato nelle proprie pagine Web dei rimandi che collegano le parole
"fallimento" e
"miserabile" alla pagina Web del curriculum di Berlusconi. Non è difficile. Guardate, si fa così:
Google non fa altro che rilevare questi rimandi, come fa del resto per tutti gli altri rimandi (in gergo si chiamano
link)
presenti in Internet, e valutare periodicamente qual è il rimando più frequente associato a una certa parola o frase. Se il rimando più frequente associato alla parola
"fallimento" è la pagina del Presidente del Consiglio, indica tale pagina come risultato maggiormente corrispondente alla parola
"fallimento".
È un meccanismo automatico che non comporta alcuna presa di posizione da parte di Google. Google funziona così, punto e basta.
Questo meccanismo è conosciuto come
Googlebombing, appunto, ed è in uso da anni in vari paesi come forma di satira e di protesta e come burla; ma forse eravate troppo presi dai balletti della politica per accorgervene. Ne sono già stati vittima, in passato, Tony Blair, George W. Bush, John Kerry, Lula Da Silva, il politico svizzero Christoph Blocher, il presidente filippino Arroyo, i fondamentalisti cristiani, la Microsoft, Scientology e tanti altri: la lista completa è nell'enciclopedia gratuita Wikipedia, in
inglese e (in forma concisa) in
italiano.
Basta che un po' di persone (non ce ne vogliono tante) si mettano d'accordo su un termine e lo associno tante volte, in tante pagine differenti, al bersaglio prescelto. È una cosa che si può fare sia per motivi satirici, sia per scopi sociali: per esempio, a dicembre 2005 ci fu un
Googlebombing che
associò la parola
"regali" al sito dell'UNICEF.
Niente panico, quindi. I veri motivi di preoccupazione, semmai, sono che non sapete queste cose eppure pretendete di legiferare su Internet, e che quei pochi fra voi che capiscono la Rete vengono messi in un angolo. Così vi riunite come ciechi che dissertano sugli arcobaleni. Non stupisce che poi il sonno della ragione partorisca mostri liberticidi come la legge Urbani, coi suoi impossibili, kafkiani
"bollini" SIAE da applicare ai siti.
I veri vandali di Internet non sono coloro che fanno
googlebombing goliardico. Sono coloro che non sanno come funziona, ma pretendono di dettarne le regole, convinti di poter imbrigliare la Rete, come bambini che soffiano verso il cielo e s'illudono così di spostare le nuvole.