Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2014/01/11
Oggi alle 15 sarò a Lugano per discutere di democrazia digitale
Oggi alle 15 a Lugano, presso la Libreria al Centro (ex Melisa), in via Vegezzi 4, parteciperò al dibattito eDem-Democrazia Digitale e partecipazione Online, strumenti e progetti, organizzato dall'Associazione Partito Pirata del Ticino. Nel dibattito interverranno anche Carlo Brancati (collaboratore a piattaforme di e-democracy), Lorenzo Losa (Wikimedia Foundation Italia), Ilario Valdelli (Community Manager Wikimedia Svizzera). È prevista la presenza di Alexis Roussel, Presidente del PPS. La pagina Facebook dell'evento è questa: l'incontro potrà essere seguito in diretta streaming su Youtube.
2013/04/07
48 ore di sfide aperte NASA/ESA a Roma il 20-21 aprile. Siateci: potreste fare la differenza [UPD 2013/04/09]
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
C'è tanta gente che aspetta che le soluzioni piovano per magia dall'alto, grazie alle pensate di qualche comitato di saggi, e c'è gente che preferisce non aspettare, si rimbocca le maniche e fa. C'è chi lo chiama crowdsourcing e ci si sciacqua soltanto la bocca, e chi non perde tempo a chiamarlo e lo fa e basta.
L'innovazione dal basso, quella che nasce dalle idee dei cittadini, sembrerebbe un approccio sovversivo e malvisto dai governi, ma non è sempre così; non per tutti i governi, perlomeno. A Roma, al Dipartimento d'ingegneria della Sapienza, e in più di 70 altre città del mondo, il 20 e 21 aprile, questo approccio verrà incoraggiato nientemeno che dalla NASA e dall'Agenzia Spaziale Europea. Siete tutti invitati a collaborare: insegnanti, studenti, artisti, ingegneri, comunicatori, scienziati, smanettoni del software e dell'hardware.
Sto parlando dell'International Space Apps Challenge: due giorni di brainstorming e di incontri per fare lo sviluppo tecnologico, che si terranno in sette continenti e nello spazio, riunendo in varie città del mondo (e anche virtualmente) persone che vogliono realizzare soluzioni open source alle sfide globali, da affiancare a quelle di chi, silenziosamente, lavora nel mondo della ricerca convenzionale e a volte si trova ostacolato dalla burocrazia e dal pantano della proprietà intellettuale.
L'evento mi è stato segnalato dall'astronauta italiana Samantha Cristoforetti, che dalla Russia mi ha spedito queste parole: “Chiunque si appassioni quando c'è un problema da risolvere e ami il lavoro di squadra è benvenuto a Space Apps Challenge, indipendentemente dalle proprie competenze. Spesso si pensa che lo sviluppo di tecnologia sia appannaggio degli addetti ai lavori. Space Apps Challenge invita invece tutti a riappropriarsi del mondo della tecnologia, offrendo un ambiente collaborativo e internazionale in cui sviluppare soluzioni concrete che diano un contributo positivo al programma spaziale nelle sue più svariate incarnazioni. Il tutto divertendosi!”.
Samantha ha anche registrato questo video d'invito al Challenge:
Le sfide proposte sono una cinquantina, su tantissimi temi: dalla stampa 3D all'identificazione distribuita delle meteore tramite app per telefonini; dalla costruzione di microsatelliti alla produzione di app e video per illustrare i vantaggi forniti dall'esplorazione spaziale; dalla divulgazione scientifica all'arte; dalla lotta all'inquinamento alla sostenibilità. Tutto secondo licenze d'uso open.
La NASA, l'ESA, la JAXA, l'ASI, l'EPA e altri enti governativi internazionali mettono a disposizione la propria immensa collezione di dati e immagini. L'International Space Apps Challenge è anche un'occasione per incontrare e creare legami con altre persone geek come noi, per non arrendersi all'idea che al mondo esistano, e nei media si vedano, soltanto i rintronati che credono alle panzane vendute da Voyager, alle “scie chimiche” e alle prediche dei catastrofisti e degli imbroglioni anti-vaccini, e pensano di salvare il mondo con uno striscione.
C'è tanta gente che aspetta che le soluzioni piovano per magia dall'alto, grazie alle pensate di qualche comitato di saggi, e c'è gente che preferisce non aspettare, si rimbocca le maniche e fa. C'è chi lo chiama crowdsourcing e ci si sciacqua soltanto la bocca, e chi non perde tempo a chiamarlo e lo fa e basta.
L'innovazione dal basso, quella che nasce dalle idee dei cittadini, sembrerebbe un approccio sovversivo e malvisto dai governi, ma non è sempre così; non per tutti i governi, perlomeno. A Roma, al Dipartimento d'ingegneria della Sapienza, e in più di 70 altre città del mondo, il 20 e 21 aprile, questo approccio verrà incoraggiato nientemeno che dalla NASA e dall'Agenzia Spaziale Europea. Siete tutti invitati a collaborare: insegnanti, studenti, artisti, ingegneri, comunicatori, scienziati, smanettoni del software e dell'hardware.
Sto parlando dell'International Space Apps Challenge: due giorni di brainstorming e di incontri per fare lo sviluppo tecnologico, che si terranno in sette continenti e nello spazio, riunendo in varie città del mondo (e anche virtualmente) persone che vogliono realizzare soluzioni open source alle sfide globali, da affiancare a quelle di chi, silenziosamente, lavora nel mondo della ricerca convenzionale e a volte si trova ostacolato dalla burocrazia e dal pantano della proprietà intellettuale.
L'evento mi è stato segnalato dall'astronauta italiana Samantha Cristoforetti, che dalla Russia mi ha spedito queste parole: “Chiunque si appassioni quando c'è un problema da risolvere e ami il lavoro di squadra è benvenuto a Space Apps Challenge, indipendentemente dalle proprie competenze. Spesso si pensa che lo sviluppo di tecnologia sia appannaggio degli addetti ai lavori. Space Apps Challenge invita invece tutti a riappropriarsi del mondo della tecnologia, offrendo un ambiente collaborativo e internazionale in cui sviluppare soluzioni concrete che diano un contributo positivo al programma spaziale nelle sue più svariate incarnazioni. Il tutto divertendosi!”.
Samantha ha anche registrato questo video d'invito al Challenge:
Le sfide proposte sono una cinquantina, su tantissimi temi: dalla stampa 3D all'identificazione distribuita delle meteore tramite app per telefonini; dalla costruzione di microsatelliti alla produzione di app e video per illustrare i vantaggi forniti dall'esplorazione spaziale; dalla divulgazione scientifica all'arte; dalla lotta all'inquinamento alla sostenibilità. Tutto secondo licenze d'uso open.
Milano ieri (fonte: Repubblica) |
2008/10/18
Ci vediamo al Linuxday di Cinisello il 26?
Dopo l'open source, l'open culture a Villa Ghirlanda
Sono stato imprudentemente invitato a partecipare al Linuxday a Cinisello Balsamo il 26 ottobre prossimo, domenica, alle 9.30 circa.
Visto che ormai il software open source si è conquistato rispettabilità e mercato nonostante l'opposizione dei grandi monopolisti del software, è forse il momento di festeggiare un attimo questo successo, frutto delle fatiche di tanti, e pensare alla prossima sfida: introdurre il concetto di open culture, ossia del nuovo modello di cultura, non più dispensato dall'alto, ma generato (spesso incoerentemente) dal basso, reso possibile da Internet.
La chiacchierata, intitolata "Dopo l'open source, siamo pronti per l'"open culture"? Cosa succede quando Sua Emittenza siamo noi", è un esame dei problemi, dei rischi e delle disperate esigenze d'innovazione sociale e legislativa dettate dallo sviluppo crescente di questo nuovo modello e un'impietosa analisi dell'arretratezza di leggi, imprese e istituzioni di fronte al fenomeno Internet e al modo odierno di acquisire, condividere e disseminare informazioni e conoscenza, fino a creare cultura.
Se vi interessa, il programma completo del Linuxday di Cinisello, organizzato con la partecipazione dell'associazione culturale Lifos e dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Cinisello Balsamo, si estende su due giorni (sabato e domenica) ed è disponibile qui. L'ingresso è libero e gratuito previa registrazione.
2006/02/08
Gendarmi e pinguini: la Gendarmerie molla IE e Outlook, già usa OpenOffice, e ora guarda a Linux
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di “mdal_cero”, “grigolato” e “tismarti”.
L'articolo è stato modificato rispetto alla sua pubblicazione iniziale.
Le forze di polizia francesi sostituiranno Internet Explorer in favore di Firefox su circa 70.000 computer entro la fine del 2006, adottando inoltre Thunderbird al posto di Outlook. La ragione, dice il generale Christian Brachet, responsabile informatico della polizia francese, è che questa combinazione offre "affidabilità, sicurezza e interoperabilità con gli altri servizi dello Stato". Lo riferiscono The Register e Yahoo.
Il passaggio a Firefox più Thunderbird si aggiunge alla transizione già completata l'anno scorso da Microsoft Office a OpenOffice.org, che ha già prodotto risparmi per 2 milioni di euro. Tanto, infatti, costavano le licenze Microsoft per Office.
Anche altri dipartimenti del governo francese stanno adottando sempre di più il software libero e a sorgente aperto (open source): per esempio, il ministero degli interni, quello per le infrastrutture e quello per la cultura. Anche le dogane francesi passano all'open source (che fra l'altro si pronuncia sòrs, non sùrs come sento spesso).
Ciliegina sulla torta, il ministero delle finanze francese intende migrare a Linux 80.000 computer delle scrivanie dei propri dipendenti a partire dalla seconda metà del 2006.
La Gendarmerie sta usando un approccio soft molto ben pensato. In una prima fase, resta con Windows, ma comincia ad adottare software disponibile anche sotto Linux. Così gli utenti si abituano al nuovo software (Firefox, OpenOffice.org e Thunderbird) e praticamente non si accorgeranno di nulla quando avverrà il passaggio a Linux, perché sotto Linux interagiranno con gli stessi programmi che già conoscono.
Colpisce anche la competenza e chiarezza con le quali Brachet spiega la motivazione della scelta di Firefox: "Con Firefox come browser standard, non imponiamo al cittadino di usare un browser specifico [ossia Internet Explorer]: può usarne uno qualsiasi, purché conforme allo standard del W3C". Non agli "standard" Microsoft.
Quello francese è un esempio imbarazzante per tutti coloro che liquidano l'adozione di Linux e del software libero come una proposta da "cavoli a merenda" e poi si fanno fregare dal Kama Sutra di turno.
È un anno molto positivo per il software libero. Firefox ha, secondo le fonti citate prima che citano un sondaggio XiTi Monitor, quasi il 18% del mercato francese dei browser e il 20% di quello europeo. Mozilla, in Finlandia, ha addirittura il 38%.
Fra l'altro, potete consultare le statistiche dei visitatori di questo blog per notare quanti lettori hanno saggiamente mollato Internet Explorer. Non è statisticamente significativo, ma è comunque notevole. Datevi una pacca sulla spalla, ve la meritate.
L'articolo è stato modificato rispetto alla sua pubblicazione iniziale.
Le forze di polizia francesi sostituiranno Internet Explorer in favore di Firefox su circa 70.000 computer entro la fine del 2006, adottando inoltre Thunderbird al posto di Outlook. La ragione, dice il generale Christian Brachet, responsabile informatico della polizia francese, è che questa combinazione offre "affidabilità, sicurezza e interoperabilità con gli altri servizi dello Stato". Lo riferiscono The Register e Yahoo.
Il passaggio a Firefox più Thunderbird si aggiunge alla transizione già completata l'anno scorso da Microsoft Office a OpenOffice.org, che ha già prodotto risparmi per 2 milioni di euro. Tanto, infatti, costavano le licenze Microsoft per Office.
Anche altri dipartimenti del governo francese stanno adottando sempre di più il software libero e a sorgente aperto (open source): per esempio, il ministero degli interni, quello per le infrastrutture e quello per la cultura. Anche le dogane francesi passano all'open source (che fra l'altro si pronuncia sòrs, non sùrs come sento spesso).
Ciliegina sulla torta, il ministero delle finanze francese intende migrare a Linux 80.000 computer delle scrivanie dei propri dipendenti a partire dalla seconda metà del 2006.
La Gendarmerie sta usando un approccio soft molto ben pensato. In una prima fase, resta con Windows, ma comincia ad adottare software disponibile anche sotto Linux. Così gli utenti si abituano al nuovo software (Firefox, OpenOffice.org e Thunderbird) e praticamente non si accorgeranno di nulla quando avverrà il passaggio a Linux, perché sotto Linux interagiranno con gli stessi programmi che già conoscono.
Colpisce anche la competenza e chiarezza con le quali Brachet spiega la motivazione della scelta di Firefox: "Con Firefox come browser standard, non imponiamo al cittadino di usare un browser specifico [ossia Internet Explorer]: può usarne uno qualsiasi, purché conforme allo standard del W3C". Non agli "standard" Microsoft.
Quello francese è un esempio imbarazzante per tutti coloro che liquidano l'adozione di Linux e del software libero come una proposta da "cavoli a merenda" e poi si fanno fregare dal Kama Sutra di turno.
È un anno molto positivo per il software libero. Firefox ha, secondo le fonti citate prima che citano un sondaggio XiTi Monitor, quasi il 18% del mercato francese dei browser e il 20% di quello europeo. Mozilla, in Finlandia, ha addirittura il 38%.
Fra l'altro, potete consultare le statistiche dei visitatori di questo blog per notare quanti lettori hanno saggiamente mollato Internet Explorer. Non è statisticamente significativo, ma è comunque notevole. Datevi una pacca sulla spalla, ve la meritate.
2005/09/02
Il Massachusetts sempre più vicino a mollare i formati Microsoft
Bye bye, Bill
Secondo ElectricNews.net, lo stato del Massachusetts ha proposto di imporre a tutti i propri dipendenti l'uso di formati aperti per i documenti elettronici a partire dall'inizio del 2007. L'iniziativa di questo stato USA potrebbe produrre un effetto domino, inducendo altri stati a mollare i formati proprietari (tipicamente quelli di Microsoft).
La scelta di formati aperti deriva principalmente dalle preoccupazioni dello stato per quanto riguarda la futura accessibilità dei documenti scritti oggi. In parole povere, se un governo o un'amministrazione pubblica oggi scrive un documento in un formato proprietario (per esempio un certificato di nascita o una denuncia in formato Word), come può avere la certezza che quel documento sarà ancora leggibile fra venti, cinquanta, cento anni?. Fra vent'anni Word userà chissà quale formato, e l'unica azienda che sa precisamente com'è fatto il formato Word attuale è Microsoft. Fra venti, cinquanta o cent'anni, Microsoft se ne ricorderà? Microsoft esisterà ancora?
Da qui l'idea di usare formati aperti, la cui struttura è pubblicamente documentata. Fra 20-50-100 anni, un documento elettronico in formato aperto sarà ancora leggibile, perché anche se non dovesse più esistere una versione funzionante sui computer futuri del programma che ha scritto il documento, sarà sempre possibile pagare un gruppo di programmatori per scrivere da capo un programma che legga correttamente il formato del documento. Con un formato proprietario segreto, questo non sarà possibile.
C'è anche da considerare la preoccupazione per il ricatto economico. Se un governo scrive un documento in un formato proprietario segreto, sarà per sempre obbligato a usare programmi specifici per leggerlo. Se un governo scrive in Word, dovrà sempre comperare ogni nuova incarnazione di Word per poter leggere la montagna di documenti elettronici che ha scritto: dovrà comperare Word 2020, Word 2050, Word 2100, e tutti i Word intermedi. A che prezzo?
Microsoft queste cose le sa benissimo e ci tiene che i governi continuino a usare i suoi prodotti, visto che sono una delle fonti principali di reddito di zio Bill e soci. Come riassume Electricnews, nel 2003 l'amministrazione pubblica di Monaco minacciò di mollare Office e Windows perché Microsoft le chiedeva 36 milioni di dollari per l'aggiornamento del proprio software. Pensate a quante pensioni o a quante cure mediche si possono pagare con quella cifra.
Si fiondò a Monaco personalmente Steve Ballmer, numero due di Microsoft, per supplicare di ripensarci. Steve offrì uno sconto del 90%, ma Monaco decise di andare avanti lo stesso. Saggia decisione: più presto ci si libera dei formati proprietari, più presto si comincia a risparmiare i soldi dei contribuenti.
Fra l'altro, il Massachusetts non ha improvvisamente scoperto un sentimento anti-Microsoft. Fu l'unico stato che non raggiunse un accordo in una causa antitrust lanciata dal governo federale USA nel 2002, perché -- diceva il governo dello stato -- Microsoft era ancora impegnata attivamente nello strangolare la concorrenza. La Corte d'Appello USA ha respinto l'argomentazione del Massachusetts l'anno scorso, ma un po' di astio dev'essere rimasto.
In sostanza, non ha importanza il sistema operativo che si usa: ha importanza il formato in cui si scrivono i propri dati. Se il formato non è pubblicamente documentato, i nostri dati saranno sempre ostaggio di chi detiene il segreto e i diritti sul formato in cui sono scritti.
Vi siete mai chiesti perché, per esempio, Microsoft Office non integra la possibilità di salvare in formato PDF ma una suite gratuita come OpenOffice.org lo fa? Semplice: perché se diventa facile salvare in formato PDF (e i documenti governativi sono spesso concepiti per essere soltanto letti, una volta scritti), non è più necessario usare programmi Microsoft per leggere i documenti, e questo è male. Per zio Bill, s'intende.
Il formato PDF, fra l'altro, è proprietario ma pubblicamente documentato, per cui chiunque può scrivere programmi che leggono e scrivono PDF. E infatti non è necessario rivolgersi ad Adobe, proprietaria del formato, per procurarsi un programma che gestisca i PDF.
Meditate, governi e aziende, meditate :-)
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