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Il Disinformatico

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2014/02/01

“Chiudete le porte”. Dentro il Controllo Missione durante il disastro dello Shuttle Columbia

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “andreapl”.

Oggi, undici anni fa, lo Shuttle Columbia si frammentava al rientro nell'atmosfera, uccidendo i sette membri del proprio equipaggio. Questo è il video ripreso all'interno del Controllo Missione, nel quale si sentono anche le comunicazioni interne dei controllori del volo, che non furono trasmesse in diretta sui network.

A 12:30 si sente il direttore del volo LeRoy Cain arrendersi e dare l'annuncio: “Lock the doors”. Chiudete a chiave le porte: significa che il disastro è inequivocabile e che bisogna congelare la situazione in sala per poter ricostruire perfettamente gli eventi. Le persone nella sala hanno capito che hanno appena perso per sempre sette amici nel secondo incidente fatale di uno Shuttle.


Se volete saperne di più, date un'occhiata a questo mio articolo e al rapporto del 2008 sul disastro del Columbia.

Paracadute e slitta a razzo: non è Mythbusters, è la NASA

Se oggi vi siete alzati con il bisogno di vedere una slitta a razzo tirar giù dal cielo un paracadute gigante mentre suonano i Metallica, è il vostro giorno fortunato.


Sembra uno dei test folli di Mythbusters, ma in realtà è uno dei collaudi della NASA per un paracadute supersonico da usare su Marte. Il collaudo ha rivelato un difetto nel paracadute, che vedrete verso la fine. Del resto, è per questo che si fanno i collaudi.

Ed è con collaudi come questo che si attirano le menti giovani e brillanti.

2014/01/31

Addio, Mail.app, è stato bello conoscerti. Mavericks ti ha rovinato

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2014/06/01.

Da quando ho installato OS X Mavericks sui miei Mac, Mail.app è un totale, assoluto, inammissibile disastro. Mi ha servito lealmente per anni, con la sua ricerca fulminea full-text, ma ora è l'ombra di se stesso. Ho aspettato un po' che Apple lo sistemasse, ma ho esaurito la pazienza. Per cui da ieri ho smesso di usare Mail.app. Mi mancherà.

Il problema è come sostituirlo. Ho un archivio di posta immenso (circa vent'anni di mail, archiviati e sparsi su vari account Gmail), uso massicciamente filtri, sottocartelle e ricerche, e ricevo tantissima posta. Mi serve un client di posta, perché un'interfaccia webmail è assolutamente insufficiente per gestire un volume del genere sparso su account multipli, e ho bisogno di poter accedere all'archivio anche quando non sono connesso a Internet. E mi serve un client veloce. Non quella cosa comatosa che è ora Mail.app.

Mail.app ci mette interi minuti a visualizzare le mail nuove. Le mail cancellate ricompaiono come se non fossero state mai cancellate (e quelle lette ricompaiono come non lette). Quando tolgo un flag a una mail, il flag continua a essere visualizzato e devo cambiare riga per vedere il vero stato del messaggio. Spesso Mail.app fa girare la ventolina del mio Air come se il laptop dovesse decollare da una portaerei in stile Top Gun. L'ho lanciato quando ho iniziato a scrivere questo post e mi dice che sta scaricando 3813 mail nuove (impossibile) ed è fermo alla quarta.

Siccome a quanto pare non sono il solo che si lamenta di Mail.app, e in particolare dell'abbinamento di Mail.app e Gmail, pubblico qui i miei appunti sparsi di migrazione. Magari possono essere utili a qualcuno.


IMAP innanzi tutto


Un altro momento di delirio di Mail.app.
Per fortuna tutti i miei account di posta sono in IMAP e non in POP. In altre parole, tutta la mail resta sul server ma ne ho una copia locale sincronizzata. Questo mi consente di gestire la mail da qualunque computer o dispositivo, tenendo tutto sincronizzato, e ha il vantaggio che passare a un client di mail differente comporta semplicemente l'immissione dei dati degli account nel client nuovo e la sincronizzazione dell'archivio di mail.

Ovviamente, trattandosi di circa 200.000 mail con relativi allegati, la sincronizzazione completa richiederà un po' di tempo di download, ma perlomeno non dovrò pregare che il nuovo client sia capace di importare i messaggi dagli archivi generati da Mail.app e in ogni caso potrò usare sia Mail.app, sia qualunque client nuovo anche contemporaneamente e tutto resterà sincronizzato: se cancello un messaggio in un client, verrà cancellato anche nell'altro e nell'archivio online.


Postbox in prova (aggiornamento: prova fallita)


Ho chiesto consiglio a voi, anche via Twitter, e molti mi hanno consigliato Postbox (10 dollari, con 30 giorni di prova gratuita; recensione; altre opzioni). Subito dopo l'installazione mi ha letto automaticamente gli account di Mail.app, con le relative sottocartelle ed etichette, e ha iniziato a scaricare l'archivio di posta, iniziando con gli header dei messaggi della Inbox. Gli header (e poi i contenuti) dei messaggi di una sottocartella di posta vengono scaricati la prima volta che si apre la cartella stessa.

Il primo impatto è piacevole. Se seleziono una porzione di testo di una mail e poi scelgo Reply, Postbox inserisce quel testo come citazione, esattamente come fa Mail (Thunderbird non lo faceva, perlomeno l'ultima volta che l'ho provato). Se devo spostare un gruppo di mail da una cartella a un'altra (anche di un account differente, come faccio per archiviare i messaggi vecchi), Postbox si ricorda dell'ultima cartella verso la quale ho spostato messaggi: molto pratico. Ci sono moltissime scorciatoie a tastiera che velocizzano l'interazione. C'è anche una pratica opzione di risposta veloce direttamente sotto il testo della mail alla quale si vuole rispondere, che però non include una signature.

Per contro, Postbox non preserva i flag di Mail.app e non migra le signature. Inoltre non ha flag evidenti e colorati come Mail.app: o meglio, ce li ha se si va in Preferences - Display, si clicca sulla matita e si sceglie il colore e poi Apply the topic color to the entire row in the message list pane. La ricerca ha qualche bizzarria: per esempio ignora le parentesi quadre e non distingue maiuscole e minuscole, per cui “[Complotti lunari] Nuovo” e “complotti lunari nuovo” per Postbox sono identici. Mail.app gestiva correttamente questa differenza, che per me è molto importante nella gestione dei commenti dei miei blog.

In Accounts - Composition ho configurato Postbox per inviare mail in testo semplice (non sopporto la mail in HTML, ma questa è una mia idiosincrasia), disattivando Compose messages in HTML format, e ho scelto di anteporre la citazione alla risposta, di includere la signature anche negli inoltri e di non includere le immagini dei contatti. In General ho attivato Allow Spotlight to search messages per consentire a Spotlight la ricerca nella mail.

Ho poi copiato le signature manualmente da Mail.app: va notato che Postbox non offre signature specifiche per un singolo account, a differenza di Mail.app, ma non è un grosso problema. Fra l'altro, Postbox ha la funzione Responses, molto comoda per rispondere con un testo standard, per esempio agli sciachimisti e ai vari cospiranoici che ogni tanto mi assaltano (in Mail.app usavo le signature per ottenere lo stesso risultato). Si trova in Preferences - Composition.

Una piccola magagna è che se si hanno account multipli sullo stesso provider, Postbox genera messaggi d'errore su alcuni account, parlando di problemi con STARTTLS (“An error occurred sending mail: Unable to establish a secure link with SMTP server smtp.live.com using STARTTLS since it doesn't advertise that feature. Switch off STARTTLS for that server or contact your service provider.”). Il problema si risolve andando in Preferences - Accounts - Outgoing server ed eliminando i server SMTP doppi.

Un'altra piccola scocciatura di Postbox è la visualizzazione di default dei messaggi in ordine cronologico dal più recente al meno recente: io preferisco l'opposto (il più recente in basso). Inoltre Postbox, di default, quando si cancella una mail non si posiziona sulla mail successiva ma su quella precedente (che però ho già visto): mi tocca invertire l'ordine di visualizzazione a mano per ciascuna cartella (bella menata) e/o andare in Preferences - Advanced - General e scegliere After deleting a message select the Previous Message.

Ho inoltre forzato il download di tutta la mail (non solo degli header) per avere una copia completa, locale e indicizzata del mio archivio di posta: in ciascun account ho scelto Preferences - Accounts - Local storage ho attivato Make the messages in my Inbox available when I am working offline.

Per ora tutto funziona bene: Postbox è veloce e funzionale, per cui mi vedrete rispondere un po' più assiduamente alle vostre mail. Mi resta ancora da attivare il supporto per la crittografia e l'autenticazione, ma ne parlerò negli aggiornamenti di questo post insieme all'integrazione con Twitter, Dropobox ed Evernote.

Aggiornamento (2014/06/01): Dopo qualche settimana di utilizzo, Postbox ha iniziato a rallentare e avere problemi massicci di sincronizzazione. Così sono passato a Thunderbird, che uso ora da un paio di mesi e, sia pure con qualche stallo momentaneo durante la composizione dei messaggi, sembra reggere.

Disinformatico radio, pronto il podcast di oggi

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di oggi del Disinformatico radiofonico, nella quale ho parlato dei dieci anni di Facebook, del furto di password a Yahoo, del confronto fra trasmissione via Internet e via disco rigido in auto, del presunto veicolo alieno fotografato sulla Luna e delle app spione di Angry Birds, Facebook e Ikea. Buon ascolto.

È più veloce spedire un disco rigido o trasferire dati via Internet?

da Reti di calcolatori, quarta edizione,
Pearson Prentice Hall. Foto di @andreacolangelo.
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

C'è una frase, spesso attribuita ad Andrew Tanenbaum, professore d'informatica e autore di alcuni dei più celebri libri e progetti del settore, che esprime un concetto apparentemente bislacco: “Mai sottovalutare l'ampiezza di banda di una station wagon piena di nastri lanciata a tutta velocità lungo l'autostrada”. Traduzione: a volte, quando ci sono molti dati da trasferire, si fa prima a spostarli materialmente (scrivendoli su un supporto, come per esempio un nastro magnetico, e caricandoli in auto) che a trasmetterli via Internet.

La frase, tuttavia, risale al 1981: sarà ancora valida con le connessioni ben più veloci che abbiamo oggi, visto che le velocità delle auto non sono cambiate granché? Randall Munroe, di Xkcd, ha fatto i conti usando le capienze delle tecnologie odierne, e il risultato è illuminante: sì, e resterà valida anche per il prossimo futuro. Non per nulla Google usa il trasporto di supporti fisici per trasferire internamente grandi quantità di dati.

Per esempio, il traffico di dati di tutta Internet è all'incirca 167 terabit al secondo. Per contro, la flotta aerea di un singolo corriere internazionale è capace di trasportare 14 petabit al secondo, cento volte di più, se i dati vengono scritti su memorie a stato solido. Se usassimo delle schede MicroSD, gli stessi aerei potrebbero trasportarne così tante da equivalere a circa 177 petabit al secondo, ossia mille volte l'attuale traffico di Internet.

La frase di Tanenbaum resta valida perché dal 1981 non è cambiata la velocità delle auto o degli aerei, ma in compenso è cresciuta in modo impressionante la capienza dei supporti, per cui una station wagon oggi potrebbe essere stracolma di MicroSD (un chilo di MicroSD tiene circa 160 terabyte) invece che di nastri e trasportare quindi molti più dati.

Trasportare fisicamente i dati, insomma, conviene rispetto a Internet, specialmente quando i dati sono tanti; ovviamente il prezzo da pagare è il tempo di attesa prima che i bit inizino ad arrivare a destinazione, per cui questa soluzione non è adatta allo streaming o alle attività interattive. Ma se avete da trasferire qualche terabyte di dati conviene decisamente saltare in auto e portarli materialmente a destinazione.

Antibufala: l’UFO triangolare sulla Luna

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2014/02/01.

Da qualche giorno circola in Rete, e viene segnalata acriticamente da numerose testate giornalistiche, un'immagine (quella qui accanto) che sembra mostrare un enorme oggetto artificiale sulla Luna: una serie di punti luminosi disposti secondo una V molto regolare e situati nella zona in ombra di un cratere.

La scoperta è attribuita a un ufologo, Wowforreeel, che l'ha descritta in un video su Youtube [aggiornamento: in realtà esistono segnalazioni precedenti di questa anomalia].

Ma prima di affermare categoricamente che si tratta di una base aliena o di un veicolo extraterrestre, come hanno fatto in molti, sarebbe opportuno informarsi bene sull'origine dell'immagine. Infatti l'avvistamento non è stato fatto con un telescopio puntato verso la Luna, come ci si potrebbe logicamente aspettare, ma semplicemente guardando su Google Moon (l'opzione lunare di Google Earth) alle coordinate 22°42'42.18"N 142°34'52.70"E (link), che si trovano sulla faccia nascosta della Luna, vicino al Mare Moscoviense.

In effetti la formazione a V c'è davvero in Google Moon, ma questo non vuol dire che sia realmente presente sulla Luna. Infatti chi si è lanciato ad annunciare la scoperta di una base extraterrestre non ha considerato che le immagini pubblicate da Google Moon provengono sì dagli archivi delle sonde spaziali (in questo caso la sonda giapponese Kaguya), ma quando vengono cucite insieme per formare le viste tridimensionali di Google Moon vengono pesantemente elaborate per farle sembrare più nitide, e quest'elaborazione genera spesso quelli che in gergo si chiamano artefatti: dettagli che non esistono nella realtà.

Guardando con occhio spassionato questo presunto oggetto artificiale si nota infatti che segue esattamente i contorni dell'ombra del cratere in cui si trova. Coincidenza? No, è un fenomeno tipico del filtro di sharpening che migliora la nitidezza apparente di una foto. Tant'è vero che nei crateri vicini si notano altri puntini luminosi situati allo stesso modo al margine dell'ombra in cui si trovano. Inoltre riducendo leggermente lo zoom i puntini scompaiono. Non solo: la formazione di punti luminosi è allineata esattamente con la griglia dei pixel che compongono l'immagine.

Tutti sintomi di un semplice artefatto digitale, insomma, come confermato del resto da altre immagini a maggiore risoluzione della stessa zona acquisite da altre sonde, nelle quali la formazione a V non c'è.

Lo stesso cratere ripreso dalla sonda LROC.

Come al solito, prima di precipitarsi a pensare a un invasore spaziale triangolare sarebbe sempre opportuno interpellare chi è esperto in analisi delle immagini astronomiche, come ha fatto per esempio Discover, e dare meno credito ai dilettanti. Comunque sia, l'episodio è una buona occasione per ripassare il funzionamento delle immagini digitali in astronomia.

App spione: da Angry Birds a Facebook a...Ikea?

Preoccupati per la notizia che app di gioco popolarissime, come Angry Birds, vengono usate dall'NSA e dai servizi di sorveglianza britannici per raccogliere dati sugli utenti, dall'età alla localizzazione all'orientamento sessuale, tramite i sistemi di gestione della pubblicità delle app? Non c'è da sorprendersi. Stiamo diventando un po' paranoici, a furia di scoprire quanto veniamo tracciati senza il nostro consenso da parte dei governi e delle grandi aziende.

In questa paranoia si è innestata la segnalazione che la nuova versione dell'app di Facebook per dispositivi Android ora è in grado di leggere anche gli SMS e MMS dell'utente (lo potete vedere in Impostazioni - Gestione applicazioni scegliendo l'app). Ma stavolta l'intento non sarebbe spionistico: come spiega su Reddit uno dei tecnici di Facebook e come descritto in una pagina apposita di assistenza del social network, l'autorizzazione a leggere gli SMS è necessaria per poter leggere gli SMS di autenticazione e di sicurezza e Android non consente un accesso più selettivo a questi messaggi, per cui è necessario consentire all'app di leggerli tutti. Sta di fatto che se installate l'app aggiornata di Facebook sul proprio dispositivo Android ora permettete a Facebook di leggere (almeno teoricamente) tutti i vostri SMS: meglio saperlo per regolarsi di conseguenza.

Il massimo della disinvoltura nella raccolta (intenzionale o meno) di dati personali da parte di app, però, arriva da una fonte decisamente inaspettata: Planner, ossia l'applicazione per la progettazione delle cucine di Ikea. Durante l'installazione compare infatti questo avviso, che informa l'utente che l'applicazione potrà accedere “a tutti i dati sul computer e sui siti web visitati”:


Secondo le indagini di The Register, l'avviso compare soltanto se si usa Google Chrome, mentre se si usa Firefox l'utente non viene informato del fatto che l'applicazione si prende questo diritto di ficcare il naso in tutto quello che abbiamo sul computer.

Per quale motivo un'applicazione che serve per pianificare la disposizione dei mobili di cucina ha bisogno questo genere di accesso? Probabilmente si tratta soltanto di un errore di programmazione della società 2020.net che ha sviluppato l'applicazione per conto di Ikea: è normale, durante lo sviluppo di un'app, darle i permessi più ampi e poi ridurli quando è pronta per la diffusione al pubblico. Ma l'errore è sintomatico della leggerezza con la quale troppo spesso chi sviluppa software si prende libertà non necessarie e chi installa software concede permessi intrusivi senza pensarci o addirittura senza sapere di farlo.

Rubate in massa le password di Yahoo

Avete presente quelle mail che vi avvisano che la vostra password deve essere reimpostata e bisogna cliccare su un link? Solitamente sono tentativi di rubare password, ma stavolta potreste riceverne una autentica.

Infatti ieri Yahoo ha annunciato che dovrà reimpostare le password delle caselle di mail di un numero imprecisato di suoi utenti perché ha rilevato “un tentativo coordinato di violare account” usando nomi utente e password di Yahoo presumibilmente ottenuti violando il database di una società esterna che non è stata identificata.

Il problema, come consueto, è che molti utenti usano la stessa password per proteggere account differenti, per cui questa violazione di account Yahoo può consentire ai criminali di accedere anche ad altri servizi utilizzati dagli utenti colpiti. Lo scopo del furto, inoltre, sembra essere la raccolta di “nomi e indirizzi di mail tratti dai messaggi più recenti degli account interessati”. Usando questi dati, i truffatori possono creare messaggi-esca più credibili perché fanno riferimento a persone conosciute dal singolo utente colpito.

Yahoo dice che gli utenti ai quali è stata sottratta la password riceveranno un invito a cambiarla e in alcuni casi anche un SMS di avviso. Se avete un account Yahoo e non volete cascare in eventuali trappole di truffatori che potrebbero confezionare falsi avvisi spacciandosi per Yahoo, non cliccate sui link nelle mail d'invito ma accedete manualmente al sito di Yahoo e fate login.

Dieci anni di Facebook: qualche numero su cui riflettere

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Facebook sta per compiere dieci anni: il 4 febbraio 2004 Mark Zuckerberg lanciò infatti The Facebook, con l'articolo davanti, come social network riservato inizialmente soltanto agli studenti di Harvard ma poi ampliato a includere altre università americane e successivamente (nel 2005) gli istituti di altri paesi e infine (settembre 2006) aperto a tutti, come lo è oggi.

Qualche tappa della crescita prodigiosa del social network più popolato del pianeta, riassunta molto elegantemente nell'infografica qui accanto, tratta da Inside Facebook: i tag arrivarono a dicembre 2005, la chat ad aprile 2008, il “Mi piace” a febbraio 2009, il Diario (l'attuale aspetto di Facebook) a settembre 2011. Il milionesimo utente registrato fu raggiunto a dicembre 2004 e il miliardesimo arrivò intorno a ottobre 2012; gli utenti attivi mensili sono ora 1,23 miliardi; gli utenti attivi giornalieri sono 757 milioni. Gli utili arrivarono per la prima volta a settembre del 2009, dopo quattro anni di investimenti in perdita. Nel 2013 Facebook ha registrato guadagni per 2,8 miliardi di dollari.

Un'evoluzione formidabile, che ha mantenuto il passo con i tempi, trasferendo Facebook al mondo dei dispositivi mobili (che secondo i rendiconti ufficiali oggi forniscono il 53% dei ricavi pubblicitari e i cui utenti attivi mensili sono 945 milioni). C'è chi dice, sulla base di alcuni dati statistici, che Facebook è in declino, in particolare fra i giovanissimi, ma dopo una parziale ammissione di questo calo nei rendiconti del trimestre precedente stavolta Facebook ha dichiarato che non ci sono novità su questo fronte.

Qualche altro numero significativo: ogni mese vengono spesi su Facebook 700 miliardi di minuti (grosso modo 12 ore in media a testa); il 30% degli utenti ha oltre 35 anni; il numero medio di “amici” per ciascun utente è 130. Ogni 20 minuti su Facebook vengono condivisi un milione di link, taggate 1,3 milioni di foto, caricate 2,7 milioni di fotografie, pubblicati 1,8 milioni di aggiornamenti, accettate 1,9 milioni di richieste di amicizia e scritti 10,2 milioni di commenti. Si vede che abbiamo molto bisogno di comunicare. O di credere di comunicare, dato che il 10% di tutti i profili è fasullo, 45 milioni sono profili doppi, 14 milioni sono usati da spammer e truffatori e 30 milioni appartengono a utenti deceduti.


Aggiornamenti


Sul tema segnalo gli articoli di TechCrunch (debutto del “Mi piace”) e la cronologia ufficiale di Facebook (con omissioni e censure) su Slate.

2014/01/29

Podcast del Disinformatico radiofonico, puntate mancanti recuperate

Dopo qualche settimana di funzionamento a singhiozzo sono di nuovo disponibili i podcast delle puntate del Disinformatico radiofonico che conduco ogni venerdì sulla Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera. Ecco i link alle puntate di gennaio 2014:




Altre puntate sono disponibili presso www.rsi.ch.

Per tutti quelli che mi stanno segnalando che gli articoli associati ai podcast non sono più accessibili sul sito di Rete Tre, lo so: con la RSI sto lavorando a una soluzione. Dateci tempo. Nel frattempo sto pubblicando in questo blog gli articoli man mano che qualcuno me li richiede.


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