Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2013/10/01
Torna l’auto ad aria, stavolta in Sardegna. Grande assente: l’auto ad aria
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “lorenza1”.
Ricordate Eolo/AirPod, l'auto ad aria? Se ne parla sempre come se fosse imminente. Dal 2001. La storia di questo veicolo è costellata di promesse e di fallimenti, non solo tecnici ma anche economici. Nel 2002 doveva essere costruita a Rieti: non è successo. Nel 2008 l'indiana Tata ha annunciato un accordo per la ricerca e la produzione, con vendite previste entro un anno: non s'è visto nulla. Nel 2009 Guy Negre, il progettista dell'auto, ha annunciato che il veicolo sarebbe stato in vendita nel Regno Unito entro tre anni: il 2012 è arrivato ed è passato senza che la promessa venisse mantenuta.
Adesso si parla dell'apertura imminente, entro la prossima estate, di uno stabilimento in Sardegna, nell’area industriale tra Ottana e Bolotana. La Nuova Sardegna ne parla in questo articolo, citando Pier Paolo Pisano, “responsabile della comunicazione di AirMobility, la società cagliaritana che da circa due anni ha contatti con Nègre per produrre la vettura”.
Pisano promette entro “dicembre, massimo gennaio 2014” la prima distribuzione dell'auto, costruita nello stabilimento francese della Mdi a Carros e annuncia che “a dicembre uscirà per il solo mercato indiano con un modello ad aria compressa, modificando un'auto che ha già in catalogo ma è a benzina”. Poi offre una descrizione dettagliata del “modello seriale” di fabbrica che “costituirà la base di future nano-fabbriche ‘clonate’ in tutto il mondo, secondo un modello economico simile al franchising”. Ma forse, prima di parlare di modelli economici e di clonazioni di nano-fabbriche, bisognerebbe avere un prodotto da fabbricare. Ed è qui il problema.
La Nuova Sardegna raccoglie le mie perplessità, basate su quelle dei tecnici, che sono le solite: la fisica indica che l'efficienza promessa avrebbe del prodigioso. Ma senza entrare in disquisizioni di fisica, c'è un fatto imbarazzante di fondo: a quanto mi risulta nessuno ha mai portato in giro una vettura ad aria compressa realizzata da Guy Negre per una prova estesa e indipendente, in condizioni realistiche, ed è riuscito a confermare l'autonomia e le prestazioni promesse. L'auto ad aria, per ora, è priva di qualunque riscontro.
Non è questione di malafede o di scetticismo ad oltranza. Si tratta semplicemente di chiedere quel che si chiede sempre di fronte a chi fa affermazioni straordinarie: dimostrate quello che dite, e ne saremo contenti insieme a voi. Fatecela provare. Ma fino a quel momento, visti i precedenti ampiamente documentati e visto che ci sono di mezzo soldi pubblici e privati e posti di lavoro, il dubbio è decisamente sensato. Tutto il resto è cortina fumogena. O forse, visto l'argomento, è aria fresca.
Ricordate Eolo/AirPod, l'auto ad aria? Se ne parla sempre come se fosse imminente. Dal 2001. La storia di questo veicolo è costellata di promesse e di fallimenti, non solo tecnici ma anche economici. Nel 2002 doveva essere costruita a Rieti: non è successo. Nel 2008 l'indiana Tata ha annunciato un accordo per la ricerca e la produzione, con vendite previste entro un anno: non s'è visto nulla. Nel 2009 Guy Negre, il progettista dell'auto, ha annunciato che il veicolo sarebbe stato in vendita nel Regno Unito entro tre anni: il 2012 è arrivato ed è passato senza che la promessa venisse mantenuta.
Adesso si parla dell'apertura imminente, entro la prossima estate, di uno stabilimento in Sardegna, nell’area industriale tra Ottana e Bolotana. La Nuova Sardegna ne parla in questo articolo, citando Pier Paolo Pisano, “responsabile della comunicazione di AirMobility, la società cagliaritana che da circa due anni ha contatti con Nègre per produrre la vettura”.
Pisano promette entro “dicembre, massimo gennaio 2014” la prima distribuzione dell'auto, costruita nello stabilimento francese della Mdi a Carros e annuncia che “a dicembre uscirà per il solo mercato indiano con un modello ad aria compressa, modificando un'auto che ha già in catalogo ma è a benzina”. Poi offre una descrizione dettagliata del “modello seriale” di fabbrica che “costituirà la base di future nano-fabbriche ‘clonate’ in tutto il mondo, secondo un modello economico simile al franchising”. Ma forse, prima di parlare di modelli economici e di clonazioni di nano-fabbriche, bisognerebbe avere un prodotto da fabbricare. Ed è qui il problema.
La Nuova Sardegna raccoglie le mie perplessità, basate su quelle dei tecnici, che sono le solite: la fisica indica che l'efficienza promessa avrebbe del prodigioso. Ma senza entrare in disquisizioni di fisica, c'è un fatto imbarazzante di fondo: a quanto mi risulta nessuno ha mai portato in giro una vettura ad aria compressa realizzata da Guy Negre per una prova estesa e indipendente, in condizioni realistiche, ed è riuscito a confermare l'autonomia e le prestazioni promesse. L'auto ad aria, per ora, è priva di qualunque riscontro.
Non è questione di malafede o di scetticismo ad oltranza. Si tratta semplicemente di chiedere quel che si chiede sempre di fronte a chi fa affermazioni straordinarie: dimostrate quello che dite, e ne saremo contenti insieme a voi. Fatecela provare. Ma fino a quel momento, visti i precedenti ampiamente documentati e visto che ci sono di mezzo soldi pubblici e privati e posti di lavoro, il dubbio è decisamente sensato. Tutto il resto è cortina fumogena. O forse, visto l'argomento, è aria fresca.
Facebook: boom di utili, lieve calo fra i giovanissimi
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 01/11/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Facebook ha
pubblicato da poco i resoconti
finanziari per il terzo trimestre del 2013. Nel corso di una
conferenza
stampa telefonica sono stati presentati numerosi dati sul modo in
cui gli utenti frequentano il social network: per esempio, quasi la
metà degli utenti (il 48%) vi accede esclusivamente dal telefonino.
Dai dispositivi mobili arriva anche la metà degli introiti
pubblicitari di Facebook (49%, in aumento dal 41% del trimestre
precedente). In altre parole, il social network è riuscito a gestire
positivamente la sfida della transizione dall'Internet fissa a quella
mobile.
I ricavi
complessivi di Facebook hanno superato le previsioni degli analisti:
2,02 miliardi di dollari nell'ultimo trimestre, pari al 60% in più
rispetto a un anno fa, con un utile di 425 milioni di dollari che va
confrontato con la perdita di 59 milioni nello stesso trimestre del
2012. In termini monetari, insomma, Facebook gode di ottima salute.
Anche il
numero degli utenti continua a crescere: il numero complessivo degli
utenti attivi mensili è 1,19 miliardi (il 17% dell'intera
popolazione del mondo), di cui 874 sono su dispositivi mobili; gli
utenti giornalieri complessivi sono 728 milioni (il 25% in più
rispetto a un anno fa) e di questi circa mezzo miliardo consulta
Facebook quotidianamente tramite smartphone.
In questo
quadro generale roseo s'innesta l'ammissione che l'uso quotidiano da
parte degli utenti più giovani è in diminuzione. Voci in questo
senso circolano da tempo, ma è la prima volta che Facebook ammette
un calo (Zuckerberg aveva detto a luglio che queste voci erano
“semplicemente
non vere”).
Tuttavia i
resoconti di Facebook precisano che l'uso complessivo del social
network fra i teenager statunitensi è stabile rispetto al trimestre
precedente e che c'è stata una diminuzione (non quantificata)
specificamente fra i teenager più giovani, per i quali però “i
dati autodichiarati sull'età sono inattendibili”:
in altre parole, il social network sa benissimo che i giovanissimi
mentono sulla propria età e per questo anzi ha “sviluppato
altri metodi analitici per stimare l'utilizzo in base all'età”.
Traduzione: anche se mentite sulla vostra età, Facebook sa quanti
anni avete realmente, ed è decisamente presto per annunciare che i
giovani stanno mollando Facebook in massa.
2013/09/27
La mappa aggiornata dei rischi in Rete
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 27/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
I
rischi su Internet si evolvono e cambiano in continuazione: un
rapporto
appena pubblicato dalla società di sicurezza F-Secure fa il punto
della situazione delle minacce informatiche nei primi mesi del 2013.
In
cima a questa classifica c'è Java: gli attacchi basati su
vulnerabilità in questo componente dei principali sistemi operativi
hanno costituito quasi la metà di tutti gli attacchi rilevati. Anche
una falla nei font TrueType per gli utenti Windows si è piazzata in
alto, con il 10%.
Cambiano
anche gli scopi degli attacchi: come in passato, i computer e gli
altri dispositivi vengono infettati per ottenerne estorsioni
(ransomware),
intercettare transazioni bancarie, rubare password, ma a queste
motivazioni e monetizzazioni classiche si affianca oggi l'uso dei
computer altrui per estrarre Bitcoin, moneta virtuale il cui tasso di
cambio rispetto a quella tradizionali è recentemente aumentato
vertiginosamente, rendendo molto appetibili questi attacchi.
Fra
i sistemi operativi per dispositivi mobili, quello maggiormente preso
di mira è Android, e quest'anno è comparso Stels, il primo malware
per Android distribuito tramite mail di spam. Debutta anche l'uso di
Twitter come sistema di controllo a distanza dei computer infetti e
un malware per Mac, battezzato Kumar in the Mac, che è il primo del
suo genere firmato (e quindi apparentemente autenticato come innocuo)
con un codice identificativo valido.
http://www.f-secure.com/weblog/archives/00002611.html
http://www.f-secure.com/en/web/labs_global/whitepapers/reports
http://www.f-secure.com/static/doc/labs_global/Research/Threat_Report_H1_2013.pdf
Facebook permette di correggere i post, ma non dimentica
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 27/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Senza troppa
fanfara Facebook ha attivato una funzione che farà piacere ai
pignoli dell'ortografia e chi si pente facilmente di quello che
scrive: ora è possibile modificare e correggere i post dopo che sono
stati pubblicati. Prima questa possibilità di modifica esisteva
soltanto nei commenti.
Il
procedimento è semplicissimo: si clicca sulla freccia rivolta verso
il basso, nell'angolo superiore destro del post, e compare la voce di
menu Modifica post.
Questo consente di cambiare il post a piacimento, ma attenzione:
resta traccia dei cambiamenti, perché i post modificati vengono
contrassegnati dall'indicazione Modificato
ed è visibile la cronologia delle modifiche. Una scelta saggia, dato
che altrimenti sarebbe irresistibile, per i troll e burloni di
Facebook, cambiare completamente un post per far sembrare ridicoli o
imbarazzanti i commenti altrui al post.
La
possibilità di modifica è già attiva per chi interagisce con
Facebook tramite Web e dovrebbe attivarsi a breve anche nelle app
Android e iOS.
Apple, iOS7 aggiornato ma blocco tastiera ancora scavalcabile
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 27/09/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Apple ha
pubblicato un aggiornamento
di iOS 7 che corregge due falle che permettevano di scavalcare la
password di protezione e visualizzare o condividere foto e fare
telefonate. Ma rimane ancora una caratteristica di iOS 7 che permette
di aggirare la password di protezione: non è una falla in senso
stretto, ma una funzione del telefonino.
Infatti
quando l'iPhone è bloccato (e quindi ci si aspetta che sia
inaccessibile senza digitare la sua password) è comunque sufficiente
tenere premuto il tasto Home per richiamare Siri, l'assistente vocale
di iPhone, e chiedere a voce di fare una telefonata, mandare un SMS o
una mail, pubblicare qualcosa su un social network a nome
dell'utente, o cercare dati sul telefonino.
Anche se
abbiamo l'impressione che il telefonino sia bloccato, è insomma
facilissimo per un burlone o un malintenzionato causarci addebiti
oppure imbarazzi. Contrariamente alle buone norme di sicurezza,
questa funzione è attiva per impostazione predefinita, per cui chi
non ne è al corrente rischia di credere di essere al sicuro quando
non lo è. Il problema è risolvibile andando in Impostazioni
> Generali > Blocco con Codice
e disattivando Siri in Consenti accesso se bloccato.
2013/09/26
Allunaggio restaurato in italiano: versione 3.3
Festeggio l'arrivo di Oleg Kotov, Sergey Ryazanskiy e Mike Hopkins alla Stazione Spaziale Internazionale poche ore fa (foto) a modo mio: proseguendo il lavoro al mio documentario gratuito Moonscape: le modifiche e gli aggiornamenti già introdotti nell'edizione inglese (in particolare degli spezzoni della registrazione TV a colori effettuata dalla telecamera fissa all'interno del Controllo Missione) del capitolo dedicato all'allunaggio sono ora disponibili anche in italiano.
Ho inoltre corretto alcuni refusi, riposizionato nell'inquadratura alcuni filmati e aggiunto altre didascalie esplicative temporanee che faranno da base per la voce narrante.
Ho anche aggiunto la musica di Ran Kirlian a titolo sperimentale; sarà comunque disponibile una versione di tutto Moonscape senza musiche.
La versione mostrata qui sotto è a 720p e rimarrà disponibile qui come traccia cronologica; quella a 1080p è già visionabile in streaming nella pagina principale di Moonscape ed è scaricabile temporaneamente qui, ma verrà sostituita quando effettuerò le prossime modifiche. Buona visione.
Ho inoltre corretto alcuni refusi, riposizionato nell'inquadratura alcuni filmati e aggiunto altre didascalie esplicative temporanee che faranno da base per la voce narrante.
Ho anche aggiunto la musica di Ran Kirlian a titolo sperimentale; sarà comunque disponibile una versione di tutto Moonscape senza musiche.
La versione mostrata qui sotto è a 720p e rimarrà disponibile qui come traccia cronologica; quella a 1080p è già visionabile in streaming nella pagina principale di Moonscape ed è scaricabile temporaneamente qui, ma verrà sostituita quando effettuerò le prossime modifiche. Buona visione.
2013/09/24
Il CICAP cambia nome: la P sta ora per “pseudoscienze”
Da tempo il significato della sigla CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) stava stretta: aveva senso quando nacque il Cicap, nel 1989, e dilagavano i presunti fenomeni paranormali. Ma negli anni le mode sono passate e sono emersi nuovi fenomeni sociali che si possono indagare con lo stesso approccio cauto e scientifico usato per smascherare i ciarlatani e per mostrare le reali meraviglie della nostra mente.
Oggi sono popolari cose come l'omeopatia, la paura dei vaccini, i cospirazionismi, le Biowashball e tutta una serie di credenze e affermazioni che sembrano scientifiche e si appropriano del gergo scientifico (come il Power Balance con la sua “risonanza” e il suo “campo energetico”, tanto per fare un esempio). Da tempo il Cicap indaga anche su questi nuovi fenomeni: per cui è sensato che da oggi il suo acronimo stia ufficialmente per Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze.
C'è anche un nuovo motto che esplicita gli intenti del Cicap: non solo controllare le asserzioni di chi vanta poteri magici o teorizza complotti apocalittici, ma usare costruttivamente queste asserzioni come spunto per la divulgazione scientifica. Non andare contro, ma ragionare per. Il motto è “Esploriamo i misteri per raccontare la scienza”. Sono orgoglioso, nel mio piccolo e insieme agli amici del Cicap Ticino, di poter contribuire a quest'esplorazione.
Oggi sono popolari cose come l'omeopatia, la paura dei vaccini, i cospirazionismi, le Biowashball e tutta una serie di credenze e affermazioni che sembrano scientifiche e si appropriano del gergo scientifico (come il Power Balance con la sua “risonanza” e il suo “campo energetico”, tanto per fare un esempio). Da tempo il Cicap indaga anche su questi nuovi fenomeni: per cui è sensato che da oggi il suo acronimo stia ufficialmente per Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze.
C'è anche un nuovo motto che esplicita gli intenti del Cicap: non solo controllare le asserzioni di chi vanta poteri magici o teorizza complotti apocalittici, ma usare costruttivamente queste asserzioni come spunto per la divulgazione scientifica. Non andare contro, ma ragionare per. Il motto è “Esploriamo i misteri per raccontare la scienza”. Sono orgoglioso, nel mio piccolo e insieme agli amici del Cicap Ticino, di poter contribuire a quest'esplorazione.
2013/09/23
Apple, già scavalcato il sensore d’impronte
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Ecco come si scavalca TouchID di Apple:
1. Fotografare un'impronta digitale della vittima (da un bicchiere, per esempio).
2. Creare una copia dell'impronta usando metodi e materiali comunemente disponibili.
3. Appoggiare l'impronta falsa sul sensore.
Tutto qui. Non c'è niente di magico nel sensore d'impronte della Apple e il fatto che il sensore sia incastonato in un iCoso non lo esonera dalle regole di base della sicurezza informatica: avere come password una cosa che lasci in giro dappertutto e che non puoi cambiare è supremamente stupido.
È sempre stato così. La mia critica non è ad Apple: è all'introduzione strisciante di una sicurezza illusoria basata su un dato così personale e inalterabile come la biometria.
Per chi pensa che il procedimento delineato qui sopra sia troppo complicato, ricordo che è più semplice che craccare un PIN: non devo neanche avere a disposizione l'iCoso per svariati minuti e avere con me un PC appositamente attrezzato (comportamento sospetto in sé). Mi basta una buona fotocamera.
Oggi ti invito a bere una birra e fotografo la tua impronta; di sera creo il duplicato; l'indomani ti entro nell'iCoso semplicemente toccandolo mentre sei alla toilette. E scarico le tue foto, i tuoi contatti, i tuoi documenti, la tua mail, i tuoi messaggi.
Meglio ancora: ti faccio bere qualche birra in più, aspetto che ti addormenti sul divano e poi prendo il tuo telefonino e ci appoggio sopra il tuo dito.
Ah, e non dimentichiamo che per un inquirente può essere difficile obbligarti legalmente a rivelare il PIN del telefonino che contiene i dati che ti incriminerebbero, mentre ottenere una tua impronta è banale: in molti casi le autorità (e vari enti commerciali) le hanno già, come ricorda Sophos. Siete andati negli Stati Uniti? Ricordate quando avete dato l'impronta per entrare comodamente in palestra o in banca?
Certo, un sensore d'impronte è meglio di niente; ma un PIN è molto meglio di un'impronta. Prima di buttarci come i proverbiali (ma bufalini) lemming sulla biometria pensando che sia una soluzione magica sarebbe sensato capirne i limiti.
Ecco come si scavalca TouchID di Apple:
1. Fotografare un'impronta digitale della vittima (da un bicchiere, per esempio).
2. Creare una copia dell'impronta usando metodi e materiali comunemente disponibili.
3. Appoggiare l'impronta falsa sul sensore.
Tutto qui. Non c'è niente di magico nel sensore d'impronte della Apple e il fatto che il sensore sia incastonato in un iCoso non lo esonera dalle regole di base della sicurezza informatica: avere come password una cosa che lasci in giro dappertutto e che non puoi cambiare è supremamente stupido.
È sempre stato così. La mia critica non è ad Apple: è all'introduzione strisciante di una sicurezza illusoria basata su un dato così personale e inalterabile come la biometria.
Per chi pensa che il procedimento delineato qui sopra sia troppo complicato, ricordo che è più semplice che craccare un PIN: non devo neanche avere a disposizione l'iCoso per svariati minuti e avere con me un PC appositamente attrezzato (comportamento sospetto in sé). Mi basta una buona fotocamera.
Oggi ti invito a bere una birra e fotografo la tua impronta; di sera creo il duplicato; l'indomani ti entro nell'iCoso semplicemente toccandolo mentre sei alla toilette. E scarico le tue foto, i tuoi contatti, i tuoi documenti, la tua mail, i tuoi messaggi.
Meglio ancora: ti faccio bere qualche birra in più, aspetto che ti addormenti sul divano e poi prendo il tuo telefonino e ci appoggio sopra il tuo dito.
Ah, e non dimentichiamo che per un inquirente può essere difficile obbligarti legalmente a rivelare il PIN del telefonino che contiene i dati che ti incriminerebbero, mentre ottenere una tua impronta è banale: in molti casi le autorità (e vari enti commerciali) le hanno già, come ricorda Sophos. Siete andati negli Stati Uniti? Ricordate quando avete dato l'impronta per entrare comodamente in palestra o in banca?
Certo, un sensore d'impronte è meglio di niente; ma un PIN è molto meglio di un'impronta. Prima di buttarci come i proverbiali (ma bufalini) lemming sulla biometria pensando che sia una soluzione magica sarebbe sensato capirne i limiti.
2013/09/22
Grazie a tutti per il premio Macchianera 2013! E grazie anche per quello al CICAP
Questa sera ho vinto il premio Macchianera Italian Awards 2013 per il miglior blog tecnico-divulgativo: quello che state leggendo. Come se non bastasse, anche il CICAP ha vinto come miglior sito educational. Sono commosso e onorato; ringrazio tutti per le scelte, ma ringrazio in particolare i commentatori del Disinformatico, che sono il vero motore di questo blog. Continuate così!
2013/09/20
Lavorare gratis su documenti Office sui tablet con QuickOffice
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Siete innamorati del vostro tablet o telefonino Android o Apple e il vostro sogno proibito è poterlo usare per scrivere e modificare documenti in formato Microsoft Office senza dover spendere nulla e senza doverli convertire? Google ha una novità interessante per voi.
Pochi giorni fa ha infatti reso gratuita l'app QuickOffice per tutti gli utenti di iPhone, iPad e dispositivi Android: prima costava 20 dollari, ora basta avere un account Google. La modifica di documenti Office era già possibile in Google tramite Google Docs, ma questo comportava una conversione di formato che spesso alterava l'aspetto e la struttura dei documenti; QuickOffice promette di modificare direttamente i file di Microsoft Office nei formati nativi. Non ha tutte le funzioni del Microsoft Office originale, ma se si tratta di sistemare al volo un documento o una presentazione e non avete a portata di mano un computer sul quale c'è Microsoft Office, questa potrebbe essere una soluzione.
Ci sono anche altre app disponibile per questo scopo: per esempio Documents Unlimited, per dispositivi Apple, gratuita; chi acquista un dispositivo Apple nuovo con iOS può scaricare gratuitamente iWorks; e c'è anche l'applicazione originale Microsoft per iOS e per Android, a patto di sottoscrivere un abbonamento a pagamento a Office 365.
Siete innamorati del vostro tablet o telefonino Android o Apple e il vostro sogno proibito è poterlo usare per scrivere e modificare documenti in formato Microsoft Office senza dover spendere nulla e senza doverli convertire? Google ha una novità interessante per voi.
Pochi giorni fa ha infatti reso gratuita l'app QuickOffice per tutti gli utenti di iPhone, iPad e dispositivi Android: prima costava 20 dollari, ora basta avere un account Google. La modifica di documenti Office era già possibile in Google tramite Google Docs, ma questo comportava una conversione di formato che spesso alterava l'aspetto e la struttura dei documenti; QuickOffice promette di modificare direttamente i file di Microsoft Office nei formati nativi. Non ha tutte le funzioni del Microsoft Office originale, ma se si tratta di sistemare al volo un documento o una presentazione e non avete a portata di mano un computer sul quale c'è Microsoft Office, questa potrebbe essere una soluzione.
Ci sono anche altre app disponibile per questo scopo: per esempio Documents Unlimited, per dispositivi Apple, gratuita; chi acquista un dispositivo Apple nuovo con iOS può scaricare gratuitamente iWorks; e c'è anche l'applicazione originale Microsoft per iOS e per Android, a patto di sottoscrivere un abbonamento a pagamento a Office 365.
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