Oggi Samantha Cristoforetti ha commemorato la recente
scomparsa
di Nichelle Nichols, la mitica tenente Uhura della Serie Classica di Star
Trek, con una sua foto nella Cupola della Stazione Spaziale Internazionale.
Nichelle Nichols passed away a month ago, but haling frequencies are forever
open. She inspired many space careers and helped recruit the 1st female and
minority astronauts – incl. Guy Bluford who became 1st African American in
space 39 years ago today.
#LLAP#MissionMinervapic.twitter.com/8iOm761Gf7
Il tempismo è perfetto, non solo per il mese esatto passato dalla morte di
Nichelle Nichols, ma anche perché oggi è l’anniversario dell’arrivo in orbita, nel 1983 con lo Shuttle Challenger,
del primo astronauta americano di colore, Guion Bluford, che era stato
reclutato proprio da Nichelle.
Dopo il successo di Star Trek, l’attrice aveva infatti assunto il ruolo di comunicatrice per la
NASA, con il preciso compito di avvicinare al programma spaziale persone di
colore, donne e altri gruppi che erano rimasti esclusi dalle prime selezioni
di astronauti.
Dopo una gestazione infinita (undici anni) e innumerevoli rinvii (la data di lancio iniziale era dicembre 2016), oggi il razzo gigante SLS (Space Launch System) tenterà il primo volo, partendo dalla rampa 39B del Kennedy Space Center, in Florida, per la prima missione del programma lunare Artemis.
La finestra di lancio di Artemis I si apre alle 14.33 e termina alle 16 (ora italiana). Il lancio potrà essere seguito in diretta su RaiNews24 dalle 14:20, su Nasa.gov e su Asi.it (dalle 14:15). Io parteciperò alle dirette streaming di Astrospace.it (dalle 13) e di Tesla Owners Italia (dalle 13).
È sempre interessante ed emozionante vedere un razzo partire per lo spazio, e questo è sicuramente uno dei più grandi razzi lanciati negli ultimi decenni. Ma contrariamente a quello che sentirete probabilmente dire da molti oggi, non è il più potente (questo primato spetta all’N-1 sovietico), non è il più alto (il Saturn V lo supera; questa versione Block 1 di SLS è più bassa), però è il più largo di diametro (fonte). E a questi costi (circa un miliardo di dollari a lancio), con questa cadenza di lancio lentissima (uno all’anno se tutto va bene) e con questo spreco di componenti (motori Shuttle riutilizzabili che vengono invece buttati via insieme a quasi tutto il vettore) non si va lontano.
Il volo di Artemis I prevede una traiettoria che porterà la capsula Orion ben oltre la Luna per un volo di circa 40 giorni. Trovate tutti i dettagli sui siti della NASA e dell’ESA.
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14:53. Il tentativo di lancio è stato annullato poco fa a causa di un problema con uno dei motori a propellente liquido. Si ritenta il 2 settembre.
Qualche giorno fa ho
segnalato
la sperimentazione degli idrovolanti a propulsione elettrica in Canada e molti
di voi mi hanno fatto notare che proprio a due passi dal Maniero Digitale c’è
una scuola di volo, Avilu, che
offre voli su un aereo elettrico,
un Pipistrel Velis Electro (HB-SYG HB-SYK), presso
l’aeroporto di Agno.
Era tanto tempo che sognavo di provarlo, e grazie alle vostre segnalazioni
sono stato contattato dalla scuola di volo e stamattina intorno alle 10
effettuerò un volo elettrico, rigorosamente come passeggero, insieme a un
istruttore. Se siete da queste parti e non sentite un aereo a elica che
vi vola sopra la testa, potrei essere io.
Se mi seguite su Twitter,
segnalerò le coordinate per monitorare il volo su
Flightradar24. Porterò con me GoPro e telecamera standard per documentare l’avventuretta
in aereo elettrico.
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Il Velis Electro è il primo aereo elettrico con
certificato EASA, che in sostanza attesta che l’aereo è conforme agli standard di sicurezza
dell’Unione Europea, lo distingue dagli aerei sperimentali e ne consente l’uso
per attività commerciali; ha un singolo motore elettrico che ha una potenza di
picco di 57,6 kW ed è alimentato da due batterie al litio, collegate in
parallelo. da poco più di 11 kWh ciascuna (24,8 kWh nominali, praticamente
poco più di ELSA, la mia piccola Peugeot iOn) raffreddate a liquido. Ciascuna
batteria è in grado di alimentare da sola l’aereo e pesa 70 kg.
Il Velis Electro ha un peso massimo al decollo di 600 kg (428 kg di aereo e
172 kg di carico) e una quota di tangenza di 12.000 piedi (circa 3600 metri).
La sua velocità massima di crociera (VNO) è 98 nodi (circa 180
km/h).
Secondo i dati pubblicati sul
sito del fabbricante, l’azienda slovena Pipistrel, la rumorosità è 60 dBa e la durata dei
componenti del propulsore del Velis Electro è il doppio di quella degli aerei
equivalenti con motore a pistoni: il motore ha un intervallo di revisione
(TBO, time between overhaul) di 2000 ore. Questo, insieme al costo di
ricarica (circa 5 euro o franchi per un “pieno”) molto inferiore a quello del
carburante equivalente, riduce fortemente i costi operativi (fino al 70% per i
costi di addestramento ab initio dei piloti) e l’inquinamento acustico
a terra e in volo, rendendone più accettabile l’uso vicino ai centri abitati.
Inoltre non ha bisogno di un periodo di riscaldamento del motore prima del
decollo.
L’autonomia di volo massima è 50 minuti, più la riserva VFR. L’autonomia non
viene indicata in termini di distanza, perché l’uso normale di questo aereo è
per l’addestramento e quindi con punto di arrivo uguale al punto di partenza,
ma spannometricamente 50 minuti alla velocità massima di crociera sarebbero
circa 150 km. Questo è un calcolo mio alla buona, che non tiene conto dei
consumi di salita in quota e del fatto che è improbabile tenere sempre la
velocità massima, per cui la distanza reale è presumibilmente inferiore:
Agno-Malpensa (43 km in linea d’aria) o Agno-Linate (67 km) sarebbero
probabilmente fattibili.
Il tempo di ricarica è di circa due ore per un “pieno” (dal 30 al 100%); la
carica normale dal 35% al 95% richiede fino a 80 minuti. La ricarica avviene
normalmente su presa trifase da 380 V ma può anche essere effettuata con una
normale presa elettrica da 240 V monofase, che però richiede varie ore. Il
connettore è un GB/T 20234 (simile a un Tipo 2 per auto), tuttavia l’aereo è
caricabile solo con un apposito dispositivo portatile o con una apposita
colonnina.
Pipistrel sta lavorando a un cosiddetto miniliner o microfeeder,
ossia un aereo da 19 posti che
colleghi i piccoli aeroporti fra loro (miniliner)o con quelli
più grandi (microfeeder) senza causare inquinamento acustico o emissivo
grazie alla propulsione elettrica o a idrogeno.
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Post-volo. È stata un’esperienza bellissima! Una giornata splendida di
sole e con pochissimo vento ci ha permesso un volo morbidissimo, con un
decollo estremamente vivace (l’accelerazione degli aerei elettrici è come
quella delle auto elettriche) e una silenziosità di bordo e soprattutto
esterna davvero impressionante. Ho potuto prenderne i comandi per qualche
semplice manovra in quota e il Velis Electro fa proprio venir voglia di
imparare a volare: agile, stabile, senza sorprese. Ho anche fatto un paio di
tweet e una piccola diretta radio sulla Rete Tre della RSI mentre eravamo in
volo, annunciando il sorvolo di Lugano da parte del nostro aereo elettrico, e
alcuni amici in giro mi hanno detto che hanno visto un po’ di gente con gli
occhi al cielo per vederci grazie alla segnalazione in diretta.
Marc, il pilota e istruttore che mi ha portato in quota, mi ha illustrato
moltissimi dettagli che spero di potervi raccontare e mostrare in video nei
prossimi giorni. Nel frattempo, ecco qualche foto.
Siamo sul tabellone delle partenze dell’aeroporto di Lugano-Agno (la terza
partenza dall’alto, alle 11:00).
Ecco il Velis Electro sotto carica, attaccato al suo apposito caricatore
trasportabile (che va collegato a una presa trifase da 32 A).
Il vano di ispezione della batteria posteriore, situata dietro l’abitacolo. Il
tubicino colorato di rosa è un indicatore dello stato del liquido di
raffreddamento della batteria.
Il vano di ispezione della batteria anteriore, situata nel muso, con un
analogo tubo rosa di monitoraggio del liquido di raffreddamento. Scusate il
dito in alto a sinistra, stavo riparando il telefonino dal sole.
L’ubicazione dello sportello di ispezione della batteria anteriore. Il motore
vero e proprio è piccolissimo.
Il connettore di ricarica (simile a un Tipo 2 per auto) sul lato destro del
muso.
Il caricatore trasportabile.
Quel pernetto è il meccanismo di blocco e sblocco dello sportello di ricarica.
Tutto è ridotto al minimo per contenere il peso. Sono state sacrificate anche
le carenature aerodinamiche delle ruote, che sono invece presenti nella
versione con motore a carburante.
Sull’asfalto, dopo averlo estratto (a mano!) dall’hangar.
Manovre di piazzamento pre-volo.
In volo. Il cruscotto è ben dotato, con ampie informazioni sullo stato del
motore e delle batterie.
Marc è concentrato nel pilotaggio mentre il bambino alla sua sinistra si
diverte :-).
Come
preannunciato
a maggio, anche quest’anno la
Rituale Cena dei Disinformatici, annuale raduno mangereccio di innocui facinorosi, scettici allegri,
rettiliani, piccole creature pelose di Alfa Centauri ed esponenti occulti del
Nuovo Ordine Mondiale sarà in realtà un Pranzo e si svolgerà domenica 18
settembre alle 13 a Milano, nello stesso Luogo Segreto degli anni passati.
Il Supremo
Maestro di Cerimonie, Martino, coordina le iscrizioni, che sono aperte da
oggi. Il costo di partecipazione è di 35 euro a persona. Chi volesse
partecipare, contatti Martino precisando nickname e provenienza e
scrivendogli a martinobri chiocciola outlook.it.
Come consueto, per la foto di gruppo a fine Pranzo (di cui allego un esempio)
verranno distribuiti dei sofisticati filtri anticomplottisti, che bloccano il
riconoscimento facciale: gli ormai collaudatissimi Censurex® 3000,
disponibili dall’anno scorso anche in versione con nervature stimolanti.
È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della
Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso
www.rsi.ch/ildisinformatico
(link diretto) e qui sotto.
Hanno nomi strani, come DALL-E, Imagen, Jasper, Starryai, Wombo, Midjourney,
NightCafe, e stanno togliendo il sonno agli artisti e agli illustratori. Sono
i generatori di illustrazioni basati sull’intelligenza artificiale: scrivete
una descrizione in inglese di quello che vorreste vedere raffigurato, per
esempio
“Giulio Verne che atterra sulla Luna in un’astronave steampunk”, e in
una manciata di minuti ottenete una serie di illustrazioni pronte per l’uso.
Gratuite, originali ed esenti dal diritto d’autore.
Immagine generata da Jim Clyde Mange con Midjourney (fonte:
Geekflare).
Questi generatori automatici attingono a un enorme archivio di immagini
accuratamente etichettate (come LAION), ne estraggono le relazioni e le combinano per
creare nuove illustrazioni o fotografie. Non è un semplice collage, perché i vari
elementi vengono integrati in modo coerente, scontornandoli e distorcendoli
per adattarli al contesto, con funzioni di ritocco sofisticate come
l’inpainting, ossia la sostituzione di sfondi e la ricostruzione di
parti mancanti di un’immagine.
Fotografi e illustratori sono comprensibilmente preoccupati, perché questo
genere di produzione automatica rischia di rendere quasi inutile il loro
lavoro. A giugno scorso, la rivista Cosmopolitan ha creato la propria
copertina
usando, DALL-E in venti secondi, al posto di un illustratore. Midjourney genera
immagini artistiche oniriche di bellezza sconcertante. Perché pagare qualcuno
per illustrare una notizia di cronaca o andare sul posto a documentarla,
quando è sufficiente dare una descrizione a un software?
Per esempio, ho provato a chiedere a uno di questi software, chiamato Stable Diffusion, di generare un’illustrazione della recente notizia delle donne che
pubblicano online proprie foto scattate mentre ballano in segno di solidarietà
con il primo ministro finlandese Sanna Marin, colpita da una polemica per
alcune sue immagini ritenute troppo festaiole, e ho ottenuto subito qualcosa
di utilizzabile: donne che ballano in strada tenendo bandiere finlandesi. O
perlomeno ho ottenuto qualcosa che a prima vista sembrava una serie di immagini di donne, ma
guardando bene mi sono accorto che tutte avevano volti mostruosamente distorti.
Questa distorsione dei volti sembra essere una caratteristica ricorrente dei
generatori di immagini. Ho chiesto sempre a Stable Diffusion di generarmi
un’immagine del regista Stanley Kubrick che dirige il filmato dello sbarco
sulla Luna, per prendere in giro i complottisti, e ho ottenuto delle foto in
bianco e nero inquietantemente realistiche, che mostravano una persona che
somigliava a Kubrick ma non era lui.
Un’altra funzione affascinante dei generatori di immagini è l’imitazione degli
stili. Si può chiedere, per esempio, un ritratto di una persona famosa fatto
con lo stile di un certo artista. Marilyn Monroe come l’avrebbe raffigurata
Andy Warhol? Fatto. Sempre Marilyn, ma nello stile di Vincent van Gogh? Idem.
E tutto è esente da problemi di copyright, perché solo le persone hanno diritti
d’autore, i software no.
I generatori di immagini stanno spopolando su Internet perché sono ovviamente
una fabbrica incessante e inesauribile di memi e di illustrazioni comiche e
satiriche, ma hanno anche un lato oscuro. Possono ovviamente essere usati per
creare falsi fotografici e pornografia virtuale di qualunque genere, senza
limiti di età o identità delle persone raffigurate.
Per evitare questi abusi, i principali generatori hanno dei filtri appositi,
ma non funzionano perfettamente. E poi c’è anche il problema dei pregiudizi
culturali involontari di chi li crea. Per esempio, il termine inglese
secretary (segretario o segretaria) non indica se si tratti di una
donna o di un uomo, ma quando ho chiesto a Stable Diffusion di crearmi delle
immagini di secretary con capelli rossi in bicicletta, mi ha mostrato
tre donne, come se il lavoro di segreteria fosse esclusivamente femminile.
L’unico fattore limitante, per ora, di questi generatori di immagini è che le
loro versioni più potenti sono disponibili soltanto a un numero limitato di
utenti o sono a pagamento o richiedono un’installazione piuttosto complessa su
computer molto potenti. Ma è solo questione di tempo e anche questi limiti
spariranno. Nel frattempo, se volete provarne uno senza impegno, Stable
Diffusion, quello che ho usato per raccontarvi questa storia, è disponibile liberamente online presso
Huggingface.co.
Se usate Zoom su un computer Apple, aggiornatelo. E se l’avete appena
aggiornato, fatelo di nuovo. Lo so, la sicurezza informatica a volte sa essere
esasperante. Al recente raduno di esperti di sicurezza informatica
Def Con, uno di questi esperti, Patrick
Wardle, ha
dimostrato
una falla del sistema di aggiornamento automatico di Zoom per macOS che
avrebbe consentito a un aggressore di
“elevare in modo banale i propri privilegi fino a diventare root”. In
altre parole, fino a prendere pieno controllo del computer della vittima.
Il trucco era in effetti semplice: era possibile scavalcare la verifica di
autenticità degli aggiornamenti scaricati e quindi indurre lo scaricamento di
una versione vecchia e meno protetta di Zoom, oppure forzare l’installazione
di qualunque altra app ostile, dandole accesso completo al sistema
operativo.
La falla era sfruttabile soltanto localmente da un utente non privilegiato,
per cui il rischio era concreto solo in alcuni scenari abbastanza particolari,
come per esempio un Mac condiviso in ambiente scolastico o lavorativo, ma
visto che fra i milioni di utenti di Zoom ci sono appunto molte scuole e
aziende in tutto il mondo, la società informatica omonima che gestisce l’app
Zoom ha aggiornato molto rapidamente il proprio prodotto per eliminare questa
falla. La notizia della grave vulnerabilità si è diffusa rapidamente e così
gli utenti diligenti si sono precipitati ad aggiornare Zoom alla versione
5.11.5.
Ma poi è arrivato un altro ricercatore di sicurezza, Csaba Fitzl, che si è
accorto
che l’aggiornamento correttivo diffuso da Zoom era a sua volta difettoso e che
quindi era possibile aggirarlo e continuare a sfruttare la vulnerabilità
scoperta dal collega. E così Zoom ha dovuto rilasciare un aggiornamento di
sicurezza per correggere il proprio aggiornamento di sicurezza rilasciato
appena quattro giorni prima (i bollettini di sicurezza di Zoom sono
qui).
Se vi sentite disorientati e volete semplicemente usare Zoom in santa pace, il
consiglio degli esperti è di scaricare manualmente la versione più recente di
Zoom, che al momento in cui pubblico questo podcast è la 5.11.9, senza
attendere che Zoom faccia i suoi consueti aggiornamenti automatici. Per farlo
è sufficiente andare a
Zoom.us/download e scegliere la
versione per il proprio sistema operativo.
Come sempre, si consiglia di non
cliccare su eventuali link di invito ad aggiornarsi ricevuti via mail o
tramite messaggi e di digitare manualmente questo indirizzo per evitare truffe
e attacchi informatici.
Immaginate che vostro figlio piccolo abbia un problema alla pelle, come può
capitare per mille ragioni, e che il vostro medico vi chieda di mandargli una
foto della zona affetta per fare un consulto rapido e partire subito con la
terapia in attesa della visita di persona. È una richiesta comune, soprattutto
in questo periodo di contatti sociali necessariamente ridotti e con lo
sviluppo dei servizi di telemedicina.
Ora immaginate che questo semplice, banale gesto possa farvi bloccare tutti i
servizi di Google, dalla mail all’agenda all’archivio delle foto e dei video
di famiglia, e addirittura farvi mettere sotto indagine da parte della
polizia.
È esattamente quello che è successo realmente a due genitori a febbraio 2021
negli Stati Uniti. La loro unica colpa è stata aver scattato le foto in
questione con uno smartphone associato a un account Google.
Come racconta il
New York Times, che ha scoperto questi incidenti, le fotografie inviate ai rispettivi medici ritraevano la zona genitale dei
figli, ed erano state copiate automaticamente ai server di Google, dove erano
state etichettate dai sistemi automatici con una sigla terribile ma poco
conosciuta: CSAM. Sono le iniziali di
child sexual abuse material, ossia
“materiale relativo ad abusi sessuali su bambini”. I due genitori (uomini di due famiglie distinte), erano stati classificati automaticamente come pedopornografi,
e segnalati da Google alla polizia locale, che aveva avviato le indagini del caso.
Il loro incubo è durato alcuni mesi: in entrambi i casi la polizia ha confermato che
non era stato commesso alcun reato, ma Google è stato irremovibile e non ha
ripristinato gli account delle due vittime del suo eccesso di zelo.
Queste due vicende, nota un
articolo della Electronic Frontier Foundation, un’importante associazione per la difesa dei diritti digitali dei
cittadini, dimostrano nella maniera peggiore il fatto che i messaggi privati,
i file e le fotografie di comuni cittadini vengono esaminati sempre più spesso
dalle grandi aziende informatiche a titolo preventivo, senza ci sia alcun
sospetto o mandato di inquirenti.
Sistemi automatici come PhotoDNA di
Microsoft e
Content Safety API e CSAI Match
di Google, usati da tutti i principali fornitori di servizi digitali, da
Facebook a Reddit, identificano ogni anno milioni di immagini di questo genere
e producono centinaia di migliaia di segnalazioni in tutto il mondo. Ma lo
fanno compiendo l’equivalente digitale di una perquisizione a tappeto. E ogni
tanto sbagliano.
Il traffico di immagini di abusi su minori è un problema gravissimo, che per
molte persone e in molti ordinamenti giuridici giustifica
questo tipo di perquisizione digitale di massa; lo giustifica per esempio,
appunto, negli Stati Uniti, con il cosiddetto EARN IT Act, e probabilmente lo giustificherà prossimamente anche nell’Unione Europea, stando a una proposta in corso di valutazione.
Ma anche i casi di falsi positivi, come quelli descritti dal
New York Times, sono problematici, perché mostrano che i grandi nomi di
Internet svolgono questo importantissimo pattugliamento affidandosi troppo a
questi filtri automatici e a esaminatori umani inadeguati, senza offrire a chi
viene infamato per errore la possibilità di contattare un essere umano che
valuti la situazione, e senza accettare neppure un rapporto di polizia che
scagioni chi è stato accusato ingiustamente. I grandi nomi di Internet sono insomma investigatori, giudici ed esecutori
delle proprie sentenze inappellabili. Il New York Times ha contattato
Google in merito a questi due genitori accusati e condannati ingiustamente, ma
non è servito a nulla. E non si sa quante volte accadano questi falsi positivi
o quante persone danneggino.
Il problema, nota ancora la Electronic Frontier Foundation, non è tecnico: i
sistemi di riconoscimento delle immagini hanno un tasso di errore molto
basso, come confermano gli addetti ai lavori che hanno il compito non
invidiabile di controllare tutto quello che viene segnalato da questi software.
Il problema è organizzativo: qui ha fallito il processo umano di riesame
dei singoli casi e hanno fallito le procedure decise da Google che
prevedono il blocco permanente dei dati, senza appello.
E va detto che anche il tasso di errore migliore del mondo, se viene applicato a
miliardi di foto, produrrà milioni di falsi positivi. La EFF segnala
uno studio di Facebook su 150 account segnalati alle autorità per presunto contenuto relativo
ad abusi su minori, che ha scoperto che il 75% di questi account era
innocente. La stessa Foundation nota che LinkedIn ha segnalato alle autorità dell’Unione Europea 75 account nell’ultimo
semestre del 2021, ma solo 31 di questi sono stati confermati come colpevoli da
un riesame manuale.
Un celebre caso di errore di riconoscimento dei filtri di Facebook nel
2012.
La vigilanza contro questi reati terribili è chiaramente
indispensabile, ma va fatta con gli strumenti giusti e con procedure che garantiscano che non ci vadano di mezzo degli innocenti.
Per il momento,
la vicenda dei due genitori additati senza colpa sottolinea una cosa
che dimentichiamo molto spesso: tutto quello che salviamo nel
cloud può essere letto, e quasi sicuramente verrà letto, dai
grandi fornitori di questi servizi, e potrebbe essere capito male. Teniamolo presente quando
scriviamo online delle confidenze o dei documenti sensibili. Facciamo una copia di scorta locale, perché potremmo perdere tutto quello che abbiamo online senza preavviso. E se
abbiamo bisogno di scattare foto che potrebbero essere fraintese da un
filtro automatico troppo zelante, lasciamo stare cloud e
smartphone e procuriamoci una normale macchina fotografica. Digitale,
per carità, ma che non vada su Internet.
A Vancouver, in Canada, si fa sperimentazione di aerei a propulsione elettrica. Visto che le batterie pesano molto più del carburante, l’idea di un aeroplano elettrico può sembrare impraticabile, ma per tratte brevi e frequenti come quella descritta in questo video di Fully Charged emergono i vantaggi dell’elettrico: costi minori di rifornimento, maggiore affidabilità, manutenzione drasticamente ridotta, emissioni inquinanti minime e (non ultima) silenziosità.
Si tratta di voli brevi (20-30 minuti) che collegano comunità sparse nel territorio e altrimenti inaccessibili, gestiti dalla Harbour Air con un idrovolante De Havilland Beaver che ha ben 62 anni sulle spalle ed è stato convertito dalla propulsione a pistoni a quella elettrica. Le sue batterie hanno un’autonomia di circa 20 minuti, ma con altri 20 minuti di riserva di energia.
Ultimo aggiornamento: 2022/08/26 23:30. Questo articolo è disponibile anche
in
versione podcast audio.
Microsoft Office e Google Docs sono i dominatori praticamente incontrastati
nel mercato delle cosiddette suite per ufficio, ossia le applicazioni
per la scrittura di testi, la creazione di fogli di calcolo e la produzione di
presentazioni. Ma questi dominatori hanno ANCHE alcune limitazioni che in certi casi
possono essere un problema.
Per esempio, Microsoft Office richiede una licenza, che va pagata e
soprattutto gestita quando si passa da un computer a un altro, e non è
disponibile per Linux se non in versione online tramite browser. Google Docs,
invece, è usabile solo quando si è connessi a Internet, se non si fanno
acrobazie preventive, e comunque implica la possibilità che Google legga quello che si scrive (“Accediamo ai tuoi contenuti privati soltanto se abbiamo la tua
autorizzazione o se siamo obbligati per legge”,
dice Google), con ovvie implicazioni di riservatezza personale e professionale.
Una soluzione a questi problemi è LibreOffice, una suite libera e gratuita
realizzata dalla Document Foundation, che pochi giorni fa ha rilasciato la sua
nuova versione 7.4 Community. LibreOffice permette di creare testi, fogli di
calcolo, presentazioni e database salvandoli nel formato standard aperto
OpenDocument ed è in grado di leggere e scrivere nei formati Microsoft Office.
LibreOffice è da sempre gratuito, anche se accetta
donazioni, ed è
open source per consentire la massima trasparenza e flessibilità. Evita
i costi e le complicazioni delle licenze commerciali, è disponibile in oltre
120 lingue, compreso naturalmente l’italiano, e su tutti i principali sistemi
operativi e da oltre vent’anni viene sviluppato da una vasta comunità
internazionale di informatici appassionati.
Io lo uso quotidianamente ormai da un paio di decenni per tutti i miei
documenti digitali, compresi quelli di lavoro, e trovo imbattibile la sua
semplicità di uso e di installazione: fa tutto quello che mi serve su tutti i
computer che uso e non mi assilla con scadenze e rinnovi di licenze. La
compatibilità con i documenti Microsoft Office non è perfetta, specialmente
per le formattazioni più complesse, ma in molti casi è assolutamente
accettabile, e se si usa il suo formato normale, ossia OpenDocument, che è
uno standard ISO, si ha la garanzia di poter leggere i propri documenti anche a
grandissima distanza di tempo.
Se volete provarlo, LibreOffice è disponibile subito presso
www.libreoffice.org/download
in versioni per Windows, macOS e Linux. Ha un altro vantaggio importante rispetto alla concorrenza:
funziona anche su sistemi operativi molto vecchi (da Microsoft Windows 7 SP1
in su e da macOS 10.12 in su) e offre anche alcuni
prodotti per Android e iOS. La versione per macOS è disponibile sia per computer dotati dei recenti
processori Apple Silicon, sia per quelli con processori tradizionali di Intel.
Insomma, se vi serve scrivere testi o creare fogli di calcolo o presentazioni
e non volete spendere o complicarvi la vita, mantenendo il controllo e la
riservatezza dei vostri documenti digitali senza dipendere da nessuno,
LibreOffice può essere una buona soluzione. Provarla non costa nulla.
---
Le novità più significative di questa major release sono le seguenti,
tratte dal comunicato stampa:
GENERALI
• Supporto per immagini WebP e file EMZ/WMZ
• Pagine di aiuto per la libreria di scripting ScriptForge
• Campo di ricerca per l'Extension Manager
• Miglioramenti delle prestazioni e della compatibilità
WRITER
• Migliore tracciamento delle modifiche nell'area delle note a
piè di pagina
• Gli elenchi modificati mostrano i numeri originali nel
tracciamento delle modifiche
• Nuove impostazioni tipografiche per la sillabazione
CALC
• Supporto per 16.384 colonne nei fogli di calcolo
• Funzioni extra nel widget AutoSum a discesa
• Nuova voce di menu per la ricerca dei nomi dei fogli
IMPRESS
• Nuovo supporto per i temi dei documenti
Questo video riassume le principali novità di LibreOffice 7.4 Community (è
disponibile anche su
PeerTube):
Per chi stesse valutando di installare LibreOffice in azienda come sostituto o
complemento della suite Microsoft, segnalo queste note importanti della
Document Foundation:
Per le implementazioni di livello aziendale, TDF raccomanda la famiglia di
applicazioni LibreOffice Enterprise fornite dalle aziende dell'ecosistema -
per desktop, mobile e cloud - con un gran numero di specifiche funzionalità
a valore aggiunto e altri vantaggi come gli SLA (Service Level Agreement):
https://www.libreoffice.org/download/libreoffice-in-business/.
Nonostante questa raccomandazione, un numero crescente di imprese utilizza
la versione supportata dai volontari, invece di quella ottimizzata per le
proprie esigenze e supportata dalle aziende dell'ecosistema. Nel tempo,
questo rappresenta un problema per la sostenibilità del progetto
LibreOffice, perché ne rallenta l'evoluzione. Infatti, ogni riga di codice
sviluppata dalle aziende dell'ecosistema per i clienti aziendali viene
condivisa con la comunità sul repository del codice master e migliora la
piattaforma tecnologica LibreOffice.
I prodotti basati sulla tecnologia LibreOffice sono disponibili per i
principali sistemi operativi desktop (Windows, macOS, Linux e Chrome OS),
per le piattaforme mobili (Android e iOS) e per il cloud. Il rallentamento
dello sviluppo della piattaforma danneggia gli utenti e il progetto
LibreOffice - nel lungo periodo - potrebbe essere al di sotto delle
aspettative degli utenti e delle sue possibilità.
Migrazioni a LibreOffice
La Document Foundation ha sviluppato un Protocollo di migrazione per
supportare le imprese che passano dalle suite per ufficio proprietarie a
LibreOffice, che si basa sulla distribuzione di una versione LTS della
famiglia LibreOffice Enterprise, oltre alla consulenza e alla formazione per
la migrazione fornita da professionisti certificati che offrono soluzioni a
valore aggiunto in linea con le offerte proprietarie. Riferimento:
https://www.libreoffice.org/get-help/professional-support/.
Infatti, LibreOffice - grazie alla sua base di codice matura, al ricco set
di funzionalità, al forte supporto per gli standard aperti, all'eccellente
compatibilità e alle opzioni LTS di partner certificati - è la soluzione
ideale per le aziende che vogliono riprendere il controllo dei propri dati e
liberarsi dal vendor lock-in.
Le informazioni e il press kit per la stampa sono
qui.