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Il Disinformatico: aviazione

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2023/06/05

Jet privato fuori controllo si schianta in USA. Echi dell’11 settembre

Ieri sei caccia F-16 della difesa statunitense hanno intercettato un jet privato che non rispondeva alle chiamate del controllo del traffico aereo e stava sorvolando Washington, D.C. Gli aerei militari sono intervenuti volando a velocità supersonica, producendo un boato che è stato udito in tutta la regione della capitale. Il jet privato, un Cessna Citation Bravo (N611VG), si è schiantato fra le montagne della Virginia sud-occidentale. Non ci sono sopravvissuti.

L’aereo era partito da Elizabethton, nel Tennessee, con destinazione New York, ma ha virato sopra Long Island e ha iniziato a volare direttamente verso Washington, attivando gli allarmi antiterrorismo e creando momenti di panico nella zona di Capitol Hill. I caccia del NORAD (North American Aerospace Defense Command) sono partiti dalla base militare Andrews nel Maryland (dove, per coincidenza, si trovava il presidente Biden), hanno intercettato il jet privato intorno alle 15.20 e hanno visto che il pilota non rispondeva ed era svenuto. I militari hanno seguito il jet fino a che si è schiantato circa mezz’ora dopo.

Il jet privato apparteneva a un’azienda intestata a John e Barbara Rumpel. I due non erano sull’aereo: a bordo, oltre al pilota, c‘erano una loro figlia, una nipotina di due anni e la sua tata.

L’incidente richiama subito alla memoria un episodio analogo avvenuto nel 1999, quando il jet privato sul quale si trovava il giocatore di golf Payne Stewart insieme ad altre quattro persone volò per migliaia di chilometri mentre tutti a bordo erano incoscienti a causa della depressurizzazione della cabina, che fece perdere i sensi al pilota e ai passeggeri, e si schiantò infine nel South Dakota.

Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, quell’incidente e la sua intercettazione da parte dei caccia statunitensi furono presentati dai sostenitori delle tesi di complotto come una prova che sarebbero bastati pochi minuti per intercettare i quattro aerei di linea dirottati dai terroristi l’11 settembre, e che siccome invece l’intercettazione era fallita era evidente che ci fosse stato un complotto interno agli Stati Uniti.

Un allora noto complottista, conteso dai programmi televisivi italiani, si inventò l’asserzione che “il tempo medio fra l'allarme e il decollo dei caccia è di circa sei minuti” e che “i caccia, viaggiando a velocità supersonica, possono raggiungere in pochi minuti l'aereo che non risponde più alle chiamate da terra” citando proprio l’incidente di Payne Stewart.

In realtà il Learjet 35 di Stewart fu intercettato solo dopo un’ora e venti minuti che l’aereo aveva smesso di rispondere alle comunicazioni radio, ma il noto complottista si dimostrò ancora una volta incapace di controllare persino i dati di base delle sue teorie, dimenticandosi dell’esistenza dei fusi orari (nei rapporti sull'incidente, l'orario di perdita dei contatti radio è espresso in EDT, ora legale della costa est, mentre l'orario di intercettazione è espresso in CDT, ora legale della fascia centrale degli Stati Uniti). Da allora si è disinvoltamente riciclato tentando di rifilare ai suoi seguaci altre corbellerie sfruttando le tragedie altrui.

 

Fonti: NORAD, FlightAware, NPR, ANSA, Reuters, Associated Press, The Daily Beast, TLspotting, Aviation-safety.net.

2023/02/22

Un selfie a 20.000 metri. Con il pallone-spia cinese. Da un aereo-spia U-2. E con l’ombra dell’aereo sul pallone

Pubblicazione iniziale: 2023/02/22 23:12. Ultimo aggiornamento: 2023/02/24 9:40.

È stata rilasciata da poco questa fotografia ufficiale che mostra un pilota di ricognitore/aereo-spia U-2 statunitense che passa vicino al pallone-spia cinese sopra gli Stati Uniti, specificamente in Virginia, a una quota di circa 20 chilometri, il 3 febbraio 2023 (secondo i dati ufficiali che accompagnano l’immagine). La foto è straordinaria per molti motivi:

  • è rarissimo che il Pentagono divulghi immagini così dettagliate (7360x4912 pixel, se ci si registra al sito militare DVIDShub.net) che documentano le sue capacità di osservazione ravvicinata ad altissima quota (e se questa è la risoluzione della foto resa pubblica, possiamo solo immaginare la risoluzione di quelle ad uso militare);
  • l’U-2 è un aereo incredibilmente difficile da pilotare per via della quota alla quale opera e dei suoi margini di tolleranza strettissimi, per cui una virata anche solo leggermente troppo stretta può causare un differenziale di velocità fra un’estremità e l’altra della sua larghissima ala e portare a quello che viene definito in gergo il coffin corner, ossia una zona dell’inviluppo di volo dalla quale è quasi impossibile uscire senza conseguenze catastrofiche sul velivolo, e l’idea che un pilota riesca a manovrarlo mentre scatta una foto è una dimostrazione notevolissima di capacità di pilotaggio (dai commenti mi fanno notare che l’U-2 in questione dovrebbe essere la versione biposto, per cui la foto potrebbe anche essere stata scattata dalla seconda persona a bordo; tuttavia la didascalia ufficiale dice “A U.S. Air Force pilot looked down at the suspected Chinese surveillance balloon”);
  • per lo stesso motivo, riuscire a passare così vicino a un altro oggetto volante, che si muove così lentamente da essere sostanzialmente fermo rispetto all’U-2 che gli sfreccia in fianco a circa 700 km/h, richiede una manovra di avvicinamento estremamente precisa;
  • e poi c’è un dato evidente anche ai non appassionati di aeronautica: il tempismo straordinario di riuscire a fare la foto nell’istante in cui l’ombra dell’aereo cade sul pallone e all’altezza esatta per far cadere l’ombra sull’involucro del pallone stesso. Lo so, probabilmente questa foto fa parte di una sequenza di scatti molto rapidi, ma il risultato è comunque spettacolare.

Sul fronte della OSINT (open source intelligence, di cui ho parlato nello scorso podcast), questa foto potrebbe consentire di identificare la zona di terreno sorvolata al momento dello scatto [aggiornamento: vedi sotto] ma soprattutto offre l’immagine più nitida finora disponibile del pallone cinese.

E grazie all’ombra, che si può considerare uguale alle dimensioni del velivolo visto che il Sole è a distanza sostanzialmente infinita, possiamo determinare le dimensioni del pallone e del traliccio che regge la strumentazione. Un U-2 moderno ha una fusoliera lunga 19 metri, per cui si può stimare un diametro di circa 50 metri per il pallone e di circa 35 metri per il traliccio. 

A questa risoluzione, inoltre, si notano dei cavi appesi lateralmente al pallone e dei tiranti che si diramano a raggiera dal centro, mai notati in altre immagini di questo veicolo. 

Le asimmetrie visive nei pannelli scuri (quasi sicuramente fotovoltaici), in particolare nel caso del secondo da sinistra che sembra avere dimensioni nettamente differenti dagli altri, potrebbero essere un effetto prospettico perché i vari pannelli sono angolati diversamente. In effetti gli altri tre pannelli di sinistra mostrano quello che sembra essere un riflesso bianco compatibile con il pallone, mentre il secondo da sinistra non ha questo presunto riflesso e questo potrebbe essere spiegabile con un’angolazione differente.

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2023/02/24 9:40. La foto è stata geolocalizzata indipendentemente da due ricercatori (Samir e Geoff Brumfiel), che nei rispettivi thread spiegano le tecniche usate per identificare il luogo nonostante il rifiuto dei militari di fornire informazioni sulla località:

Risulta che la fotografia è stata scattata a sud di Bellflower, nel Missouri. Questo risultato è notevole dal punto di vista dell’OSINT e inoltre permette di controllare ulteriormente le informazioni fornite dai militari.

2022/10/13

Vietati gli AirTag nelle valigie stivate sui voli Lufthansa, anzi no

Questo articolo è disponibile anche in versione podcast audio.

Gli AirTag, i localizzatori elettronici di Apple grandi quanto una moneta, sono ottimi non solo per ritrovare le chiavi smarrite ma anche per scoprire che fine hanno fatto le nostre valigie dopo un volo in aereo, soprattutto quando la compagnia aerea le smarrisce.

Molti viaggiatori hanno preso l’abitudine di infilare uno di questi localizzatori nelle proprie valigie prima dell’imbarco, usando sia gli AirTag sia i prodotti analoghi di altre marche, e in parecchi casi questo ha rivelato dove si trovavano gli effetti personali smarriti ben prima che venissero localizzati dalle compagnie aeree, causando imbarazzi e cattiva pubblicità. Ad aprile 2022, per esempio, la compagnia Aer Lingus ha perso i bagagli di un passeggero, dichiarando di non avere idea di dove si trovassero, ma il proprietario ha usato gli AirTag per indicare alla compagnia aerea dov’erano e li ha recuperati con l’aiuto della polizia.

Tuttavia l’8 ottobre scorso Lufthansa ha dichiarato pubblicamente che vietava gli AirTag accesi lasciati nei bagagli perché – ha dettosono classificati come pericolosi e devono essere spenti”. È stata la prima compagnia a vietarli esplicitamente. Ma il 12 ottobre Lufthansa ha fatto dietrofront, dicendo che le autorità tedesche avevano dato il via libera.

Il divieto iniziale era dovuto al fatto che gli AirTag sono considerati “dispositivi elettronici portatili” e quindi sono soggetti alle norme sulle merci pericolose emesse dall’Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile (ICAO) per il trasporto sugli aerei. Avendo un trasmettitore, in teoria andrebbero spenti, come si fa per i telefonini, i computer portatili, i tablet e simili messi nel bagaglio e stivati.

Ma si tratta di un trasmettitore Bluetooth Low Energy, alimentato oltretutto da una batteria minuscola, una CR2032 approvata per l’uso negli orologi e nei telecomandi per automobili, per cui le emissioni radio e la pericolosità di questi localizzatori non sono paragonabili per esempio a quelle di un telefonino, tablet o computer. Infatti alcune compagnie aeree li accettano esplicitamente e negli Stati Uniti sono consentiti dalla FAA, l’ente che si occupa della regolamentazione dell’aviazione civile.

Al momento attuale, insomma, sembra che gli AirTag e i localizzatori affini si possano mettere tranquillamente nelle valigie, ma è sempre opportuno chiedere alla specifica compagnia aerea con la quale si vola.

Comunque stiano le cose, la vicenda è un esempio notevole della potenza della tecnologia informatica moderna, che permette a un singolo utente di essere più efficace di un servizio bagagli smarriti di un’intera compagnia aerea.

Fonti aggiuntive: Airwaysmag, 9to5Mac, New York Times, Watson.ch.

2022/09/29

Piccoli aerei elettrici crescono: Eviation Alice

Il 27 settembre scorso questo aereo elettrico ha effettuato il suo primo breve volo dimostrativo. Si chiama Alice, lo fabbrica la statunitense Eviation ed è in grado di trasportare nove passeggeri con un’autonomia teorica massima di 440 miglia nautiche (circa 815 chilometri). Le prime consegne sono previste per il 2026.

2022/08/29

Stamattina farò un volo elettrico! (aggiornamento: FATTO!)

Ultimo aggiornamento: 2022/08/30 9:25.

Qualche giorno fa ho segnalato la sperimentazione degli idrovolanti a propulsione elettrica in Canada e molti di voi mi hanno fatto notare che proprio a due passi dal Maniero Digitale c’è una scuola di volo, Avilu, che offre voli su un aereo elettrico, un Pipistrel Velis Electro (HB-SYG HB-SYK), presso l’aeroporto di Agno.

Era tanto tempo che sognavo di provarlo, e grazie alle vostre segnalazioni sono stato contattato dalla scuola di volo e stamattina intorno alle 10 effettuerò un volo elettrico, rigorosamente come passeggero, insieme a un istruttore. Se siete da queste parti e non sentite un aereo a elica che vi vola sopra la testa, potrei essere io.

Se mi seguite su Twitter, segnalerò le coordinate per monitorare il volo su Flightradar24. Porterò con me GoPro e telecamera standard per documentare l’avventuretta in aereo elettrico.

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Il Velis Electro è il primo aereo elettrico con certificato EASA, che in sostanza attesta che l’aereo è conforme agli standard di sicurezza dell’Unione Europea, lo distingue dagli aerei sperimentali e ne consente l’uso per attività commerciali; ha un singolo motore elettrico che ha una potenza di picco di 57,6 kW ed è alimentato da due batterie al litio, collegate in parallelo. da poco più di 11 kWh ciascuna (24,8 kWh nominali, praticamente poco più di ELSA, la mia piccola Peugeot iOn) raffreddate a liquido. Ciascuna batteria è in grado di alimentare da sola l’aereo e pesa 70 kg.

Il Velis Electro ha un peso massimo al decollo di 600 kg (428 kg di aereo e 172 kg di carico) e una quota di tangenza di 12.000 piedi (circa 3600 metri). La sua velocità massima di crociera (VNO) è 98 nodi (circa 180 km/h). 

Secondo i dati pubblicati sul sito del fabbricante, l’azienda slovena Pipistrel, la rumorosità è 60 dBa e la durata dei componenti del propulsore del Velis Electro è il doppio di quella degli aerei equivalenti con motore a pistoni: il motore ha un intervallo di revisione (TBO, time between overhaul) di 2000 ore. Questo, insieme al costo di ricarica (circa 5 euro o franchi per un “pieno”) molto inferiore a quello del carburante equivalente, riduce fortemente i costi operativi (fino al 70% per i costi di addestramento ab initio dei piloti) e l’inquinamento acustico a terra e in volo, rendendone più accettabile l’uso vicino ai centri abitati. Inoltre non ha bisogno di un periodo di riscaldamento del motore prima del decollo.

L’autonomia di volo massima è 50 minuti, più la riserva VFR. L’autonomia non viene indicata in termini di distanza, perché l’uso normale di questo aereo è per l’addestramento e quindi con punto di arrivo uguale al punto di partenza, ma spannometricamente 50 minuti alla velocità massima di crociera sarebbero circa 150 km. Questo è un calcolo mio alla buona, che non tiene conto dei consumi di salita in quota e del fatto che è improbabile tenere sempre la velocità massima, per cui la distanza reale è presumibilmente inferiore: Agno-Malpensa (43 km in linea d’aria) o Agno-Linate (67 km) sarebbero probabilmente fattibili.

Il tempo di ricarica è di circa due ore per un “pieno” (dal 30 al 100%); la carica normale dal 35% al 95% richiede fino a 80 minuti. La ricarica avviene normalmente su presa trifase da 380 V ma può anche essere effettuata con una normale presa elettrica da 240 V monofase, che però richiede varie ore. Il connettore è un GB/T 20234 (simile a un Tipo 2 per auto), tuttavia l’aereo è caricabile solo con un apposito dispositivo portatile o con una apposita colonnina.

Pipistrel sta lavorando a un cosiddetto miniliner o microfeeder, ossia un aereo da 19 posti che colleghi i piccoli aeroporti fra loro (miniliner) o con quelli più grandi (microfeeder) senza causare inquinamento acustico o emissivo grazie alla propulsione elettrica o a idrogeno. 

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Post-volo. È stata un’esperienza bellissima! Una giornata splendida di sole e con pochissimo vento ci ha permesso un volo morbidissimo, con un decollo estremamente vivace (l’accelerazione degli aerei elettrici è come quella delle auto elettriche) e una silenziosità di bordo e soprattutto esterna davvero impressionante. Ho potuto prenderne i comandi per qualche semplice manovra in quota e il Velis Electro fa proprio venir voglia di imparare a volare: agile, stabile, senza sorprese. Ho anche fatto un paio di tweet e una piccola diretta radio sulla Rete Tre della RSI mentre eravamo in volo, annunciando il sorvolo di Lugano da parte del nostro aereo elettrico, e alcuni amici in giro mi hanno detto che hanno visto un po’ di gente con gli occhi al cielo per vederci grazie alla segnalazione in diretta.

Marc, il pilota e istruttore che mi ha portato in quota, mi ha illustrato moltissimi dettagli che spero di potervi raccontare e mostrare in video nei prossimi giorni. Nel frattempo, ecco qualche foto.

Siamo sul tabellone delle partenze dell’aeroporto di Lugano-Agno (la terza partenza dall’alto, alle 11:00).
Ecco il Velis Electro sotto carica, attaccato al suo apposito caricatore trasportabile (che va collegato a una presa trifase da 32 A).
Il vano di ispezione della batteria posteriore, situata dietro l’abitacolo. Il tubicino colorato di rosa è un indicatore dello stato del liquido di raffreddamento della batteria.
Il vano di ispezione della batteria anteriore, situata nel muso, con un analogo tubo rosa di monitoraggio del liquido di raffreddamento. Scusate il dito in alto a sinistra, stavo riparando il telefonino dal sole.
L’ubicazione dello sportello di ispezione della batteria anteriore. Il motore vero e proprio è piccolissimo.
Il connettore di ricarica (simile a un Tipo 2 per auto) sul lato destro del muso.
Il caricatore trasportabile.
Quel pernetto è il meccanismo di blocco e sblocco dello sportello di ricarica. Tutto è ridotto al minimo per contenere il peso. Sono state sacrificate anche le carenature aerodinamiche delle ruote, che sono invece presenti nella versione con motore a carburante.
Sull’asfalto, dopo averlo estratto (a mano!) dall’hangar.
Manovre di piazzamento pre-volo.
In volo. Il cruscotto è ben dotato, con ampie informazioni sullo stato del motore e delle batterie.
Marc è concentrato nel pilotaggio mentre il bambino alla sua sinistra si diverte :-).
Credit: Jethosting.ch.

Le comunicazioni con la torre di controllo erano ascoltabili online presso LiveATC.net. Questo è il percorso del volo, tracciato da Flightradar24:

2022/08/23

Aerei elettrici, primi passi

A Vancouver, in Canada, si fa sperimentazione di aerei a propulsione elettrica. Visto che le batterie pesano molto più del carburante, l’idea di un aeroplano elettrico può sembrare impraticabile, ma per tratte brevi e frequenti come quella descritta in questo video di Fully Charged emergono i vantaggi dell’elettrico: costi minori di rifornimento, maggiore affidabilità, manutenzione drasticamente ridotta, emissioni inquinanti minime e (non ultima) silenziosità.

Si tratta di voli brevi (20-30 minuti) che collegano comunità sparse nel territorio e altrimenti inaccessibili, gestiti dalla Harbour Air con un idrovolante De Havilland Beaver che ha ben 62 anni sulle spalle ed è stato convertito dalla propulsione a pistoni a quella elettrica. Le sue batterie hanno un’autonomia di circa 20 minuti, ma con altri 20 minuti di riserva di energia.

Il 18 agosto scorso è stato completato il primo volo di prova diretto punto-punto interamente elettrico, partendo dal Fraser River e ammarando a Pat Bay, coprendo in tutto 72 chilometri in 24 minuti.

Maggiori informazioni su questi voli sperimentali sono qui sul sito della Harbour Air.

2021/06/20

Tesi: gli “avvistamenti UFO” militari recenti sono una foglia di fico per coprire un’umiliazione molto terrestre

Ultimo aggiornamento: 2021/06/22 8:20.

La recente serie di video di provenienza militare che mostrano avvistamenti di oggetti volanti non identificati in prossimità di navi da guerra ha scatenato le fantasie di molti, che si aspettano straordinari annunci imminenti di contatti con civiltà extraterrestri o un salto di qualità nelle informazioni sul fenomeno UFO.

È un copione già visto in tante occasioni: chi segue la storia dell’ufologia sa che queste presunte grandi rivelazioni vengono sempre descritte dagli entusiasti come se fossero dietro l’angolo, ma non arrivano mai.

In questa foga ufologica gioca un ruolo molto importante il cherry-picking: la selezione volontaria o involontaria degli elementi che favoriscono la propria tesi, tralasciando tutti quelli che la smentiscono. 

Per esempio, si parla tanto delle dichiarazioni fatte da piloti militari a proposito di questi avvistamenti misteriosi, ma quanti di voi sanno che fra queste dichiarazioni ce n’è anche una che parla esplicitamente di un UFO “grande circa quanto una valigetta”? E un’altra in cui il pilota dice di aver intercettato “un piccolo velivolo con un’apertura alare di circa 1,5 metri”? E un’altra ancora in cui si parla di un incontro con un velivolo “avente all’incirca le dimensioni e la forma di un drone o di un missile”? Trovate i dettagli in questo mio articolo.

Quante volte avete sentito citare questo dettaglio delle dimensioni dai vari resoconti giornalistici di questi avvistamenti?

Non solo: quante volte avete sentito precisare che gli avvistamenti in questione sono avvenuti all’interno di spazi militari di addestramento navale o al volo e che la Marina degli Stati Uniti se ne preoccupa perché vuole semplicemente evitare che i suoi piloti abbiano incidenti

Appunto. Eppure l’ho segnalato quasi due anni fa. Questi dettagli sono stati disinvoltamente “dimenticati”.

In questa situazione di fatto, ben diversa da quella fantasiosamente dipinta da tanti giornalisti, c’è anche un altro elemento molto importante da considerare: la disinformazione militare intenzionale.

Chi segue da tempo l‘ufologia sa anche che i militari hanno spesso approfittato del clamore dei presunti avvistamenti alieni per distrarre l’opinione pubblica dalle loro attività clandestine. Faccio qualche esempio.

  • Nel 1947, a Roswell, nel New Mexico, si diffuse la notizia di un disco volante precipitato: i militari lasciarono che la notizia galoppasse (con grande successo, visto che circola ancora) per coprire il fatto che era caduto in realtà un aerostato militare che portava un apparato di monitoraggio delle esplosioni nucleari sovietiche che all’epoca era top secret.
  • L’anno successivo, il celebre incidente aereo nel quale perse la vita il pilota USAF Thomas Mantell, mentre inseguiva quello che descrisse come “un oggetto metallico enorme”, fu raccontato (e tuttora viene raccontato da molti ufologi) come un’interazione con un veicolo extraterrestre, ma in realtà si trattò di una collisione con un aerostato militare della serie Skyhook, la cui esistenza non poteva essere resa nota in quel periodo.
  • In tempi leggermente più vicini a noi, negli anni Cinquanta e Sessanta, molte segnalazioni di avvistamenti di UFO da parte di piloti di linea erano in realtà avvistamenti di velivoli militari segreti, come gli U-2 e gli A-12 (The CIA and the U-2 Program, 1954-1974, di Pedlow e Welzenbach, 1998). Il libro Area 51 Black Jets di Bill Yenne, pubblicato nel 2014, ne parla estesamente; ho riassunto qui la vicenda. Dato che si trattava di velivoli che ufficialmente non esistevano, ai piloti non poteva essere spiegato che cosa avevano visto realmente e ai militari faceva comodo che si diffondesse la teoria che si trattasse di veicoli alieni.

Si chiama MILDEC (military deception): depistare, depistare, depistare per distogliere l’attenzione dalle vere attività. Se volete un ripasso di quanto sia storicamente diffusa, consolidata ed efficace questa tecnica, potete partire da questa voce di Wikipedia.

Mettetevi comodi, perché questo è un articolo lungo.

 

Gli UFO “militari” come depistaggio

Il sito specialistico statunitense The War Zone ha pubblicato un dettagliatissimo articolo di analisi che propone la tesi del depistaggio anche per questi avvistamenti recenti: lasciare che l’opinione pubblica (e anche quella politica) si scateni sulle fantasie ufologiche, in modo da distrarre dal concetto imbarazzantissimo che

“un avversario molto terrestre sta giocando con noi, nel nostro giardino di casa, usando tecnologie relativamente semplici -- droni e palloni -- e portandosi a casa quello che potrebbe essere il più grande bottino di intelligence di una generazione.”

L’articolo, firmato da Tyler Rogoway ma frutto di una ricerca di gruppo, premette innanzi tutto un concetto fondamentale: i vari video di avvistamenti “autenticati” da fonti militari di cui si parla in questi mesi presumibilmente non hanno una spiegazione unica ma sono dovuti a fenomeni differenti. Cercare di giustificarli con una spiegazione unica, ufologica o meno, è un errore di metodo fondamentale. Inoltre non c’è nessuna pretesa di spiegarli tutti. In originale:

...people expect one blanket and grand explanation for the entire UFO mystery to one day emerge. This is flawed thinking at its core. This issue is clearly one with multiple explanations due to the wide range of events that have occurred under a huge number of circumstances.

Poi precisa che il depistaggio sarebbe favorevole sia agli avversari, sia (a breve termine) ai militari statunitensi:

“Credo inoltre che i problemi culturali prevalenti dell’America e lo stigma generale che circonda gli UFO sia stato preso di mira e sfruttato con successo dai nostri avversari, consentendo di proseguire queste attività molto più a lungo del dovuto. In effetti ritengo che le persone al potere che ridacchiano a proposito di resoconti credibili di strani oggetti in cielo e ostacolano la ricerca su di essi, compreso l’accesso ai dati riservati, siano diventate esse stesse una minaccia alla sicurezza nazionale. La loro carenza di fantasia, curiosità e creatività sembra aver creato un vuoto quasi perfetto che i nostri nemici possono sfruttare e probabilmente hanno sfruttato in misura sconcertante.”

Rogoway prosegue notando che un paio d’anni fa c’è stata una “improvvisa disponibilità del Pentagono a parlare di UFO e delle loro potenziali implicazioni”, sono aumentati gli avvistamenti in particolare fra i piloti di caccia della Marina e c’è una forte correlazione fra questi avvistamenti e le grandi esercitazioni navali nelle quali si sviluppano e si integrano i nuovi sistemi d’arma, di comando e di acquisizione di informazioni. “In altre parole, sembrava che questi velivoli misteriosi avessero un interesse molto spiccato per le capacità operative contraeree più grandi e recenti degli Stati Uniti”.

Un interesse piuttosto strano se si ipotizzano visitatori extraterrestri, che per il semplice fatto di essere capaci di attraversare lo spazio interplanetario o interstellare dovrebbero possedere tecnologie in confronto alle quali i sistemi d’arma di una Marina militare sarebbero interessanti quanto delle tavolette di cera per chi usa un laptop. Ma questo interesse diventa invece molto ragionevole se si ipotizza un altro scenario:

“Abbiamo poi ottenuto chiarimenti dai piloti testimoni a proposito delle asserzioni principali riguardanti quello che loro e i loro compagni di squadriglia avevano vissuto, prima di esplorare quella che per molti era un’ipotesi scomoda: quella che almeno alcuni degli oggetti che questi equipaggi e queste navi incontravano non fossero affatto un fenomeno esotico inspiegato, ma fossero droni e piattaforme più leggere dell’aria (palloni) avversari concepiti per stimolare [nel senso di far reagire -- Paolo] i sistemi di difesa aerea più avanzati degli Stati Uniti e raccogliere dati di intelligence elettronica di qualità estremamente alta su di essi. Dati critici che, fra l’altro, sono difficilissimi da ottenere affidabilmente in altro modo.”

Tramite questa raccolta di dati diventa possibile

“sviluppare contromisure e tattiche di guerra elettronica per interferire con questi sistemi o batterli. È inoltre possibile stimare e persino clonare accuratamente le capacità e si possono registrare e sfruttare le tattiche. Già da sole, le ‘firme’ di queste forme d’onda possono essere usate per identificare, classificare e geolocalizzarle [...] Diventare a tutti gli effetti il bersaglio [di questi sistemi] porta la qualità dell’intelligence raccolta a un livello completamente differente.”

Non è pura teoria: l’articolo di The War Zone cita un caso in cui furono proprio gli Stati Uniti a usare questa tecnica per acquisire informazioni sulle capacità nemiche.

“...abbiamo pubblicato un intero precedente storico per operazioni molto simili, che risale allo sviluppo dell’aereo-spia A12 Oxcart e all‘avvento della guerra elettronica moderna. In sintesi, durante i primi anni Sessanta, la CIA lanciò dei riflettori radar montati su palloni al largo della costa di Cuba tramite un sommergibile della Marina USA e usò un sistema di guerra elettronica denominato PALLADIUM che avrebbe ingannato i più recenti sistemi radar sovietici, facendo loro mostrare agli operatori che degli aerei nemici stavano dirigendosi rapidamente verso le coste cubane o stavano facendo ogni sorta di manovre pazzesche [evidenziazione mia -- Paolo]. Questo indusse la difesa aerea cubana e i suoi radar ad attivarsi e provocò comunicazioni rapide fra gli elementi della difesa aerea sull’isola.

I riflettori radar portati da palloni di dimensioni differenti apparvero anche sui radar sovietici, e monitorando i bersagli sui quali gli operatori di questi radar si concentravano e che quindi erano in grado di rilevare fu possibile determinare quanto fossero realmente sensibili i sistemi radar sovietici. Questo fornì informazioni critiche sulla capacità di sopravvivenza dell’A-12, che volava a oltre Mach 3 ed era leggermente stealth, ma soprattutto stabilì un precedente di come la guerra elettronica e i bersagli aerei potessero essere usati per sondare le difese aeree nemiche in modo da poter ottenere intelligence critica sulle loro capacità -- tutto senza mettere a rischio un pilota in volo.”

Fra l’altro, questo test produsse un altro effetto tipicamente ufologico, raccontato qui:

Gli intercettori cubani furono lanciati per andare a caccia dell’“intruso”, e quando uno dei loro piloti disse al suo controllore di intercettazione comandata da terra (GCI) che aveva acquisito sul proprio radar il “bersaglio”, il tecnico sul cacciatorpediniere [che gestiva i riflettori radar] commutò un interruttore e il “caccia americano” scomparve [evidenziazione mia -- Paolo]”.

Un pallone, spiega l’articolo, può sembrare un mezzo primitivo, ma funziona, costa poco, non comporta rischi di vite umane e permette periodi di sorvolo o di loitering (permanenza in zona) elevatissimi, tanto che l’uso statunitense dei questi palloni proseguì per decenni, anche dopo l’avvento dei satelliti spia, tanto che i sovietici svilupparono un aereo apposito (l’M-17) per tentare di intercettarli.

È quindi ragionevole pensare che le altre potenze militari del mondo abbiano preso nota delle tecniche usate dagli Stati Uniti e le abbiano adottate; la miniaturizzazione dell’elettronica consentirebbe oggi di montare sistemi di acquisizione di segnali o di guerra elettronica in un drone o un pallone. È sicuramente un’ipotesi più concreta e plausibile di uno stuolo di visitatori extraterrestri, ma giornalisticamente è assai meno seducente.

 

L’UFO cubico-sferico, i radar e i droni

A ulteriore sostegno di questa tesi, Rogoway presenta un esempio molto preciso: la descrizione dell’UFO fornita dal pilota della Marina USA Ryan Graves (video), che dice di aver incontrato più volte nell’Oceano Atlantico un oggetto che sembrava stazionario, fluttuante nell’aria, capace di rimanere in volo per ore. Altri resoconti di oggetti di questo tipo, rilevati sui radar e anche a vista da piloti di varie squadriglie, parlano sistematicamente di un cubo all’interno di una sfera.

Misterioso e inquietante, vero? Ma fluttuare stazionario per ore è esattamente quello che fa un pallone. E c’è un brevetto, lo US2463517, intitolato Airborne Corner Reflector e datato 1949, che mostra un riflettore radar cubico (una forma classica per questi dispositivi) installato all’interno di un pallone, come nella figura qui sotto, tratta appunto da questo brevetto.

È possibile che questi avvistamenti siano dovuti a dispositivi analoghi usati da potenze militari rivali degli Stati Uniti. È solo un’ipotesi, ma la coincidenza è notevole.

Non ci sono solo i palloni radar-riflettenti: anche i droni hanno delle applicazioni nella sorveglianza e ricognizione militare, e quelli realizzati appositamente per questi compiti hanno autonomie e durate di volo notevolissime (ben superiori a quelle dei giocattolini commerciali, grazie a motori alimentati a carburante al posto delle batterie), e “le loro configurazioni uniche e le loro caratteristiche prestazionali possono sembrare strane anche a piloti di caccia esperti o a osservatori a terra che non sono mai stati realmente addestrati a queste minacce,” nota Rogoway, mostrando alcuni esempi di droni dalle forme davvero bislacche.

Ci sono già oggi tecnologie, come il programma statunitense NEMESIS, che usano sciami di droni relativamente semplici ed economici, collegati in rete tra loro insieme a navi, sommergibili e veicoli subacquei senza equipaggio, che permettono di convincere il nemico che ha davanti flotte fantasma e squadriglie di aerei che in realtà non esistono. L’illusione è tale che “sensori multipli nemici in luoghi differenti vedono la stessa cosa.”

Non c’è motivo di pensare che altre potenze militari, oltre agli Stati Uniti, non abbiano sviluppato tecnologie del genere.

Questo scenario spiegherebbe anche le tracce radar misteriose descritte in vari incidenti ufologici:

“...molte delle strane caratteristiche di alte prestazioni rilevate talvolta da navi e aerei oltre la portata visiva durante questi incidenti possono essere, e probabilmente sono, il risultato di attività di guerra elettronica. Infatti cose come le accelerazioni rapide e gli improvvisi cali di quota sul radar rappresentano dogmi basilari delle tattiche di guerra elettronica. Nel caso degli eventi sulla costa orientale [degli USA], per esempio, stando a quanto ci è stato detto le caratteristiche di alte prestazioni di questi oggetti non sono mai state osservate visivamente ma sono state viste sui radar. Gli incontri a vista descrivono oggetti simili a palloni che fanno cose da palloni, senza muoversi rapidamente, mentre altri oggetti hanno prestazioni più simili a droni che ad altro.”

E c’è di più: a proposito degli oggetti anomali segnalati da piloti di caccia al largo della costa orientale degli Stati Uniti, proprio nelle aree in cui si esercitano con i sistemi più sofisticati, i rapporti pubblicamente disponibili

“...non descrivono affatto veicoli alieni [evidenziazione mia -- Paolo]. Invece descrivono droni propulsi da motori a getto, simili a missili, e altri aeromobili ad ala fissa senza pilota che si arrampicano fino alle quote di volo, nonché droni multirotore che volano a punto fisso a quote molto elevate molto al largo.”

E nell’estate del 2019, al largo della costa californiana

“[s]ciami di droni perseguitarono vari cacciatorpediniere statunitensi che svolgevano esercitazioni di combattimento a meno di 100 miglia da Los Angeles. Questo avvenne per più notti [...] potete immaginare quanto sarebbe stata buona la intelligence con i sensori e sistemi di comunicazione delle navi stimolati [] dallo sciame di origine sconosciuta, apparentemente al sicuro in acque territoriali americane.”

Veicoli volanti quindi molto, molto terrestri. Come mai di questo dettaglio cruciale non si parla al di fuori delle pubblicazioni specialistiche e invece si predilige la narrazione ufologica?

Ci sarebbe da chiedersi anche come mai questi video provengono dalla Marina USA, quando il compito di proteggere i cieli americani spetta all’USAF, che evita accuratamente di rilasciare dichiarazioni. Non sarà, banalmente, perché l’aeronautica militare “non è capace di fornire una difesa contro [la minaccia dei droni] e ha chiaramente fallito nel farlo fin qui”?

L’articolo di The War Zone prosegue con moltissime altre considerazioni tecniche e strategiche ben documentate, con un inquietante parallelo con le vistose vulnerabilità della difesa aerea statunitense sfruttate per gli attentati dell’11 settembre 2001 e con dei dettagliati debunking dei principali video ufologici di provenienza militare resi pubblici di recente. Vi invito a leggerlo tutto, se potete, ma il suo senso è chiaro:

“Sembra che stiamo assistendo alla storia che si ripete, ma stavolta sono gli altri a creare lo spettacolo magico. Vale anche la pena di notare che una campagna del genere ha anche enormi aspetti di guerra informativa e psicologica. In ultima analisi, se viene rivelata ufficialmente o resa pubblica in altro modo, fa sembrare terribilmente impotente la nazione presa di mira, che risulta incapace persino di difendere il proprio spazio aereo o anche solo di definire una minaccia che la riguarda.”

Di conseguenza, c’è il rischio molto credibile che i militari statunitensi sappiano benissimo di cosa si tratta e che il can-can ufologico sia per loro un’ottima cortina fumogena per evitare di doverlo ammettere e quindi dover riconoscere pubblicamente la propria impotenza. La più potente, sofisticata e costosa flotta militare del pianeta, umiliata da semplici droni e palloni.

Ma se volete continuare a fantasticare di visitatori alieni che giocano a nascondino, fate pure.

 

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2021/02/24

Storie di Scienza 16: Le strane ali del signor Lanchester

Il signor Frederick William Lanchester, quello nella foto qui accanto, vi fa risparmiare su ogni volo aereo che prendete e su ogni pacco spedito per posta aerea che ricevete. No, non è il proprietario segreto della Ryanair o di Amazon. Anche perché è morto, povero in canna, nel 1946. Frederick William Lanchester era un ingegnere britannico, classe 1868.

L’ingegner Lanchester era il tipo di persona che affrontava un problema quando il resto del mondo nemmeno sapeva dell’esistenza del problema. Nel 1897, a ventinove anni, stava già risolvendo i problemi dell’efficienza aerodinamica dei velivoli ancora prima dello storico, primo volo a motore dei fratelli Wright nel 1903. 

Nel 1897, Frederick Lanchester concepì e brevettò le winglet. Avete presente quelle strane pinne triangolari alle estremità delle ali degli aerei moderni? Quelle. Sono dell’Ottocento. Il brevetto è il British Patent No. 3608, Improvements in and relating to Aerial Machines.

Lanchester aveva già intuito che l’incontro fra il flusso d’aria che passa sopra l’ala e quello che le passa sotto genera invisibili vortici di estremità, che creano resistenza. Aveva anche capito che un piano verticale collocato a queste estremità avrebbe ridotto i vortici e migliorato l’efficienza del velivolo: lo stesso principio per cui le auto da corsa hanno pareti verticali agli estremi degli alettoni. 

Questo è Lanchester nel 1894, alle prese con uno dei suoi eleganti modelli di aereo a eliche spingenti:

 

E questo è uno dei disegni del brevetto di Lanchester, in cui si vede l’ala troncata e dotata di un capping plane o piano terminale (dettaglio e di Figura 12):

 

Nel suo brevetto, Lanchester parla specificamente di applicare questi piani terminali “allo scopo di minimizzare la dissipazione laterale dell’onda portante.”


Non è che Lanchester avesse già in mente eleganti Jumbo Jet per andare alle Maldive spendendo meno: a quell’epoca il velivolo da ottimizzare e brevettare era un aliante-bomba, da usare in guerra, una sorta di siluro dell’aria. Anzi, a fine Ottocento l’aviazione civile era ritenuta tecnicamente impossibile, visto che mancava un motore sufficientemente leggero. Fra l’altro, Lanchester propose anche di progettarne e costruirne uno, ma gli fu detto che nessuno lo avrebbe preso sul serio e così si dedicò a fabbricare automobili. I fratelli Wright non furono avvisati che quel motore era impossibile e lo costruirono, e il resto è storia. 

Lanchester aveva anche definito i concetti fondamentali di portanza, stallo e resistenza aerodinamica, ma le riviste scientifiche britanniche dell’epoca snobbarono e respinsero i suoi scritti. Pochi anni più tardi arrivò la conferma scientifica delle sue intuizioni da parte del tedesco Ludwig Prandtl, padre della meccanica dei fluidi, ma l’apporto di Lanchester all’aviazione fu riconosciuto pubblicamente solo verso la fine della sua vita. Nel 1931 ricevette la Daniel Guggenheim Medal per il suo contributo alla teoria fondamentale dell’aerodinamica.

Frederick Lanchester morì senza un quattrino, fiaccato dal morbo di Parkinson e dalla perdita della vista, poco dopo la fine di una guerra mondiale nella quale i frutti delle sue idee “impossibili” avevano dominato i cieli e deciso le sorti di intere nazioni. 

Le sue alette finirono sostanzialmente nel dimenticatoio per settant’anni: provò a riprenderle un altro pioniere tedesco, Sighard Hoerner, negli anni Cinquanta, ma le compagnie aeree erano in piena espansione, il carburante costava poco, si progettavano aerei di linea supersonici e a nessuno interessava risparmiare. Fino alla crisi petrolifera del 1973, che cambiò tutto. 

Quell’improvviso ed enorme aumento dei prezzi del carburante spinse la NASA a investire urgentemente in ricerca aerodinamica. Uno dei suoi ingegneri aeronautici, Richard Whitcomb, rispolverò e migliorò le winglet di Lanchester, ispirandosi alle vele delle navi, non solo per risparmiare carburante ma anche per ridurre le pericolose turbolenze lasciate dal passaggio dei grandi aerei di linea. 

Questo è un quadrigetto KC-135 dell’aviazione militare statunitense, prestato alla NASA e modificato nel 1979 per valutare gli effetti delle winglet.


Un dettaglio di una di queste winglet:


I risultati furono notevolissimi: oltre il 6% di autonomia in più, corse di decollo ridotte, pause più corte fra il decollo di un aereo e quello del successivo, minor rumore. Le alette furono adottate prontamente dai jet privati e poi dagli aerei di linea in numerose varianti e oggi sono onnipresenti. Questa, per esempio, è una winglet raccordata di un Airbus A350 (credit: Julian Herzog/Wikipedia): 


 

Dietro quel piccolo dettaglio che scorgiamo dal finestrino del nostro volo vacanziero low-cost, insomma, c’è un secolo di storia, ci sono drammi di talenti incompresi e miopi ottusità, e c’è tanta scienza che merita di essere raccontata e ricordata. In particolare c’è tanta ricerca di base: quella che si fa senza sapere in anticipo a cosa serve e che nessuno vuole finanziare perché ritenuta “inutile”.

 

Credits: Wikipedia; NASA; Princeton.edu; F.W. Lanchester and the Great Divide; NASA; The Shadow of the Eagle. Una versione ridotta di questo articolo è comparsa su Le Scienze nel 2017. Questo articolo fa parte delle Storie di Scienza: una serie libera e gratuita, resa possibile dalle donazioni dei lettori. Se volete saperne di più, leggete qui. Se volete fare una donazione, potete cliccare sul pulsante qui sotto. Grazie!

2020/08/14

Hacker penetrano nei sistemi informatici di un Jumbo Jet. Niente panico, è a fin di bene

Un Boeing 747 (fonte).
Il Boeing 747, il Jumbo Jet, è uno degli aerei di linea più conosciuti e diffusi di tutti i tempi, riconoscibile per il suo caratteristico profilo “a gobba”. Probabilmente ne avete preso uno per andare in vacanza in qualche luogo lontano.

Concepito nei lontani anni Sessanta ed entrato in servizio nel 1970, per 37 anni è stato il più grande aereo di linea del mondo in termini di capienza di passeggeri, fino all’arrivo dell’Airbus A380 nel 2007.

Ovviamente nel corso della sua evoluzione è stato dotato di sistemi elettronici e informatici sempre più moderni, ma sta arrivando a fine carriera e quindi a un gruppo di informatici si è presentata di recente un’occasione unica: esaminare da vicino la sicurezza informatica di un aereo di linea.

Normalmente questo è impossibile, perché comprensibilmente le compagnie aeree non vogliono informatici che ficcano il naso nei sistemi di bordo per provare a scardinarli, ma la British Airways ha dismesso i propri 747 e quindi una società specializzata in sicurezza informatica, la Pen Test Partners, ha avuto la possibilità di esplorare il funzionamento da vicino di un esemplare, un 747-400.

La prima scoperta è che il database di navigazione, che va aggiornato ogni 28 giorni, è su dischetti da 3,5 pollici.

In una conferenza online tenutasi durante il raduno annuale di esperti informatici DEF CON (quest’anno in forma virtuale) sono stati presentati molti altri dettagli tecnici, come la “sala server” sotto il livello dei passeggeri, nel muso, i cablaggi (quasi tutti Ethernet, ma usati in modo molto diverso dalle reti informatiche normali) e il sistema operativo real-time VXWorks. Il video è qui sotto e contiene una dettagliata esplorazione fisica dei tanti luoghi nascosti di un 747; il lettore di floppy è mostrato a 7:50.


Se volete sapere quanto è “hackerabile” un aereo di linea, magari passando dal sistema informatico di intrattenimento o negli altri modi mostrati tipicamente nei film, gli esperti dicono di non aver trovato nessuna forma di comunicazione bidirezionale fra il sistema IFE (in-flight entertainment) e i sistemi di controllo del volo (c’è una DMZ di mezzo). Quindi niente di quello che combinate sul computer annidato nello schienale davanti a voi in aereo può far danni.

Però i Boeing 787, ben più moderni dei 747, devono essere spenti e accesi ogni 51 giorni, altrimenti il sistema di volo informatizzato si riempie di dati vecchi, fornendo informazioni ingannevoli ai piloti. Per fortuna gli operatori lo sanno e procedono allo spegnimento rituale.

2019/12/24

Viviamo nel futuro: allevatori di maiali usano jammer GPS per difendersi dai droni infettanti delle gang

Questa è probabilmente la notizia più cyberpunk dell’anno: secondo il South China Morning Post, in Cina ci sono bande criminali che usano droni per bombardare gli allevamenti di maiali con materiale infettante portatore di influenza o peste suina africana.

Gli allevatori si trovano così costretti a vendere la carne di maiale a prezzi stracciati a queste bande, che la rivendono spacciandola per sana.

Un’azienda proprietaria di questi allevamenti, la Heilongjiang Dabeinong Agriculture & Pastoral Foods, nel nordest della Cina, ha tentato una difesa altrettanto tecnologica, installando un jammer per interferire con i segnali GPS di geolocalizzazione usati dai droni per arrivare a destinazione con il loro carico contaminante.

Ma il jammer ha avuto conseguenze inattese: oltre a disorientare i droni dei criminali, ha interferito con i sistemi di localizzazione ADS-B degli aerei di linea che andavano e venivano dall’aeroporto di Harbin. Le autorità hanno ordinato all’azienda suinicola di consegnare il jammer.

Viviamo nel futuro: semplicemente non nel futuro che avevamo desiderato.


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2019/01/25

Antibufala preventiva: no, non ci sono prove che il volo MH370 fu dirottato da un hacker

Ultimo aggiornamento: 2019/01/26 7:05.

Piccolo promemoria per tutti i giornalisti italofoni che saranno tentati di copiaincollare la “notizia” dell’Express britannico riguardante un presunto “hackeraggio” del volo MH370 andato disperso nel 2014: copiare da un giornale che ha una prima pagina come questa significa abdicare a qualunque pretesa di serietà giornalistica. Disastri aerei accanto a culi al vento: che sintesi perfetta del giornalismo spazzatura.


In dettaglio: caso mai le parole tutte maiuscole e l’uso del termine “SHOCK” nel titolo non ve l‘avessero fatto intuire, l’articolo è semplicemente un pistolotto acchiappaclic per promuovere un documentario sensazionalistico su un incidente aereo nel quale hanno perso la vita oltre duecento persone. Abbiate un po’ di rispetto, se vi ricordate ancora cosa vuol dire.

Il documentario intervista un “esperto di cyberdifesa”, Chris Roberts, che teorizza (senza alcuna prova) che l’aereo sia stato colpito da un attacco informatico. Roberts dice (anche qui senza alcuna prova) che un hacker si sarebbe potuto collegare al sistema di intrattenimento di bordo e da lì raggiungere i sistemi informatici che governano il carburante o i motori.

L’articolo dice che Roberts “ha usato questo metodo per hackerare aerei commerciali in volo fino a 20 volte”. Ma in realtà, andando a pescare gli articoli che parlano delle sue prodezze emerge che è solo lui a dire di averlo fatto. Non è in grado di dimostrarlo, e molti addetti ai lavori (fra i quali c’è Stefano Zanero) sostengono che è impossibile passare dal sistema di intrattenimento di bordo a quello di pilotaggio perché sono separati.

In altre parole, l’articolo è pura fuffa. Copiatelo a vostro rischio e pericolo.


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2017/06/12

Video: che rumore fa un aereo di linea in quota?

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Questo video cattura un suono molto raro: quello di un aereo di linea a velocità di crociera, sopra le nubi. Per coglierlo non basta mettersi in cima a una montagna: bisogna trovarsi in quota a oltre 10.000 metri, su un aeromobile che non faccia rumore e che stia fermo. In altre parole, su un pallone sonda dotato di una GoPro.


Come spiegato nelle informazioni che accompagnano il video, il lancio del pallone sonda ha rispettato tutte le norme di sicurezza. Il video potrebbe suscitare un certo mal di mare, ma il silenzio che regna a quella quota e la vista che si gode sono impagabili. E pensare che in quell’oggetto che sfreccia nel cielo a ottocento chilometri l’ora ci sono probabilmente un centinaio di persone che neanche si rendono conto della meraviglia tecnica quotidiana che è il volo.

E che a terra ci sono gli imbecilli che gridano alle scie chimiche :-)

2017/03/24

Divieti per laptop e tablet in aereo: le cose da sapere

Rapprentazione esemplificativa
delle nuove misure di sicurezza.
L’amministrazione Trump ha introdotto un divieto, valido da venerdì 24 marzo, che proibisce di portare in cabina sui voli di linea qualunque dispositivo elettronico più grande di un telefonino per i voli diretti negli Stati Uniti e provenienti da alcuni aeroporti di Arabia Saudita, Turchia, Egitto, Dubai, Abu Dhabi, Qatar, Kuwait, Giordania e Marocco.

Sono interessate le seguenti compagnie aeree: EgyptAir, Emirates Airline, Etihad Airways, Kuwait Airways, Qatar Airways, Royal Air Maroc, Royal Jordanian Airlines, Saudi Arabian Airlines e Turkish Airlines.

Il Regno Unito ha attivato un divieto analogo che colpisce i voli provenienti da Egitto, Libano, Turchia, Giordania, Tunisia e Arabia Saudita delle seguenti compagnie: British Airways, EasyJet, Jet2.com, Monarch, Thomas Cook, Thomson, Turkish Airlines, Pegasus Airways, Atlas-Global Airlines, Middle East Airlines, Egyptair, Royal Jordanian Airlines, Tunis Air e Saudia.

La giustificazione per queste misure è (tanto per cambiare) il terrorismo, perché si sospetta che un laptop possa essere usato come contenitore per una bomba, come già successo nel 2016 su un volo della Daallo Airlines partito da Mogadiscio.

L’idea che un terrorista potrebbe tranquillamente imbarcarsi da un altro paese escluso dalla lista nera, o usare un’altra compagnia aerea (come ho fatto io per andare a Houston proprio pochi giorni fa, usando il mio laptop senza problemi), non sembra aver sfiorato gli ideatori del provvedimento. Allo stesso modo, l’idea che basti portare a bordo qualche Samsung Galaxy Note 7 (che prende fuoco spontaneamente) oppure un po’ di telefonini con batteria al litio rimovibile e cortocircuitabile per ottenere un effetto Samsung analogo non pare aver stimolato riflessioni di buon senso.

Senza iPad e laptop, le ore di un volo intercontinentale verso gli Stati Uniti diventeranno un incubo per chiunque viaggi per lavoro ed è abituato a far fruttare le ore passate in aereo lavorando al computer. Certo, si può decidere di dormire o di leggere o guardare qualche film, ma resta il problema che il computer/tablet va stivato, con tutti i rischi di danneggiamento e di furto che questo comporta. In pratica, molti saranno costretti a lasciare a casa il computer e arrivare alla meta informaticamente nudi. Quella presentazione da rifinire all’ultimo minuto? Scordatevela: dovrete portarla su una chiavetta USB e procurarvi un computer sul posto (che avrà una tastiera USA, senza accentate; e pregate che abbia una versione di software compatibile con la vostra).

I dispositivi proibiti non sono solo laptop e tablet: sono vietati in cabina anche giochi elettronici, libri digitali, lettori DVD, scanner, stampanti e fotocamere. Le uniche eccezioni riguardano i dispositivi medici essenziali. Prima che ci pensiate: no, dire che il laptop è un dispositivo medicale perché è l'unica cosa che impedisce di impazzire stando nove ore pigiati come sardine, con bambini che piangono incessantemente e cibo di gomma, non è una giustificazione che le imperscrutabili autorità accoglieranno facilmente.

Questa è la situazione al momento in cui scrivo: prima di partire, consultate le istruzioni della vostra compagnia aerea. E procuratevi un buon libro (non digitale) da leggere.


Fonti: Naked Security, CNN, CNN.

2017/03/05

Non è un’impressione: i viaggi in aereo di oggi sono più lenti. Perché?

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Dati storici alla mano, i voli di linea di oggi sono davvero più lenti di quelli degli anni Sessanta. Non è una questione di traffico: è un problema di costi. Ridurre i costi dei voli significa ridurre i consumi di carburante (che pesa enormemente rispetto al costo dell’aereo in sé e di tutto il resto), e ridurre i consumi significa passare dai motori a turbogetto a quelli a turbofan, che sono al massimo dell’efficienza a velocità più basse rispetto a quelle dei turbogetto (e che generano scie di condensazione più facilmente, spiegando in parte l’aumento storico delle scie, con buona pace degli sciachimisti).

Il video (in inglese) fa i conti in tasca alle compagnie aeree e alle loro tecnologie, comprese quelle dei jet di linea supersonici. Meriterebbe di essere tradotto, ma me ne manca il tempo.

2016/01/25

Antibufala micro: la foto dell’aereo di linea sepolto dalla neve in America

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Avevo osato sperare che non servisse uno sbufalamento per la foto qui sopra, ma sono stato troppo ottimista: a quanto pare c’è al mondo parecchia gente che non sa cosa sia la prospettiva e crede che le compagnie aeree siano così cretine da lasciare che i loro costosissimi aerei di linea finiscano sepolti dalla neve.

La foto sta girando con riferimento alla grande tempesta di neve che sta affliggendo in questi giorni gli Stati Uniti e non è fotoritoccata: è semplicemente una foto scattata vicino a un cumulo di neve, in primo piano; sullo sfondo, molto lontano, c'è un aereo di linea della JetBlue.

I dettagli di questa foto sono su Snopes.com.

2015/10/28

Oggi l’ultimo volo di un aereo mitico: il Vulcan

L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/10/29 8:30.

Credit: Charles Toop

Lo considero uno degli aerei più belli della storia dell’aviazione, insieme al Valkyrie, al Blackbird e al Concorde: il bombardiere nucleare britannico Vulcan. Con la sua maestosa ala a delta che praticamente ingloba la fusoliera e i suoi quattro motori a reazione Rolls Royce Olympus annegati nelle ali, è un esempio eccezionale di eleganza e pulizia aerodinamica, reso ancora più notevole dal fatto che è un aereo che volò per la prima volta oltre sessant’anni fa, nel 1952.

Sembra incredibile che queste immagini siano datate 1955 e mostrino un bombardiere che fa un tonneau (avvitamento orizzontale o barrel roll). Qualcuno di voi ricorderà il Vulcan come uno dei protagonisti aeronautici di Agente 007 Operazione Tuono (Thunderball), classe 1965.

Oggi l’ultimo Vulcan ancora in condizioni di volo, mantenuto amorevolmente per anni da una fondazione privata dopo il ritiro dal servizio di parata militare dei Vulcan nel 1993, ha compiuto l'ultimo volo nei cieli di Doncaster, in Inghilterra. Lo ha fatto in gran segreto per evitare che si assembrassero presso il piccolo aeroporto di Doncaster le migliaia di appassionati che solitamente si radunano a ogni volo del Vulcan e che rischiavano di sovraccaricare le infrastrutture locali.

Qui sotto potete vedere e ascoltare il video (che è anche acquistabile qui). Il decollo, con l'indimenticabile boato dei motori che non sentiremo mai più ruggire in cielo, è a 29 minuti dall'inizio.


I costi di manutenzione (2,2 milioni di sterline l’anno, assicurazione compresa, e circa ventimila sterline per ogni ora di volo), insieme all’invecchiamento dei componenti strutturali, hanno reso impraticabile tenere ancora in assetto di volo questa grande regina dei cieli, che d'ora in poi riposerà in un museo a ricordare che sapevamo fare macchine meravigliose anche senza computer, usando solo il cervello, un tavolo da disegno e un regolo calcolatore.

2015/09/09

Antibufala: il video di un UFO che sfiora un volo della Ryanair

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IN BREVE: Il video è un falso.

IN DETTAGLIO: Numerosi giornali, come La Stampa, segnalano un video che mostrerebbe un aereo della Ryanair che viene sfiorato da uno o più oggetti volanti ed effettua una brusca virata, come se manovrasse per evitare gli oggetti.

La fonte originale della “notizia”, diffusa come al solito dal Daily Mail, dal quale il giornalismo italiano si ostina a copiaincollare senza spirito critico, è il sito Lionsgroundnews.com, che è una fabbrica di fuffa di prim'ordine, con titoli come “la sparatoria in diretta TV in Virginia fu orchestrata dagli Illuminati?” oppure “Alieno misterioso trovato in Russia”. Mai che trovino un alieno non misterioso.

Già questo basterebbe a liquidare la pseudonotizia come una cretinata acchiappaclic partorita da un sito di diversamente furbi pieno di pubblicità, ma c'è da aggiungere che il video ha già superato le centomila visualizzazioni ed è preceduto da uno spot di Youtube, per cui sta generando incassi per Lionsgroundnews. Diversamente furbi, ma mica scemi.

Inoltre, come al solito, va detto che in un'era nella quale qualunque personal computer può falsificare facilmente foto e video non ci si può fidare ciecamente di un video che non abbia dati e testimoni che ne confermino l'autenticità e l'integrità, specialmente quando il video tocca un argomento, come l'ufologia, nel quale imbroglioni, ciarlatani e cialtroni abbondano e si fanno soldi facilmente sfruttando le emozioni altrui.

Servono fatti, insomma, e i fatti scarseggiano in maniera molto sospetta. Secondo la descrizione e i documenti che accompagnano il video, la ripresa sarebbe stata effettuata da una passeggera olandese di un volo Ryanair e sarebbe stato girato “5-10 minuti dopo la partenza dall'aeroporto di Eindhoven” con destinazione Malaga. Il video sarebbe stato recapitato a Lionsground il 24 agosto scorso.

L'identità della passeggera non è indicata, ma uno dei documenti dice che “la persona che ha registrato l'evento ha detto che l'UFO volava davanti all'aereo, fu in grado di tracciare un angolo di 45 gradi e volò sotto l'aereo, diventando visibile sull'altro lato, stando al secondo testimone, che era seduto sul lato sinistro dell'aereo, nella parte anteriore. Secondo questo testimone, l'UFO superò la velocità dell'aereo e pochi secondi dopo il pilota vede una enorme, brusca virata.”

Questo sarebbe uno scontrino dei bagagli pertinente, parzialmente mascherato. Il volo è l'FR 2576, che effettivamente copre per Ryanair la rotta Eindhoven-Malaga con partenza alle 11:15 e arrivo alle 13:50. AGP è la sigla dell'aeroporto di Malaga.

Ho chiesto a Lionsground, tramite messaggio privato e su Twitter, di indicare non solo l'identificativo ma anche la data del volo, in modo da poter fare controlli incrociati con le registrazioni di quota e posizione dei singoli voli, che sono pubblicamente accessibili tramite siti come Flightradar24.com. Finora non ho avuto risposta.

È inutile perdere altro tempo intorno alla vicenda finché non ci sarà qualcosa di più di un video parziale, sgranato e anonimo. Per ora si può ipotizzare qualunque cosa: un incontro con uno stormo di uccelli o un drone o anche, più banalmente, un falso realizzato sfruttando una virata un po' brusca dell'aereo e aggiungendo gli “UFO”.

Personalmente propendo a naso per quest'ultima ipotesi, visto che l'oggetto principale è sorprendentemente ben delineato per essere qualcosa che si muove rispetto a un aereo in volo ed è particolarmente lento (ci mette ben undici fotogrammi ad attraversare l'inquadratura). Ma se arriveranno altri dati sarò ben contento di liquidare l'ipotesi della frode.


2015/09/09 22:48


Come temevo, il video è un falso. L'ennesimo, squallido falso di chi vuole inquinare l'ufologia in cambio di soldi. Quando dico che in ufologia bisogna essere dannatamente cauti e che gli imbroglioni sono sempre in agguato, mi si dice che sono troppo scettico, ma è proprio a questo genere di speculazione che mi riferisco.

La scoperta della falsificazione è merito di Ufosonearth.com, che si è accorto che nel momento in cui il presunto UFO ricompare dietro l'ala dell'aereo subisce una mascheratura netta che non corrisponde alla sagoma dell'ala. Viene mascherato dal terreno. E questo dimostra senza ombra di dubbio che siamo di fronte a un falso digitale.

Guardate qual è la sagoma del bordo posteriore dell'ala in questo fotogramma di pochi istanti prima:


Evidenzio la sagoma alla buona con una linea rossa:


Ora guardate invece l'aspetto dell'“UFO” quando riemerge dopo che è passato sotto l'ala:


Notate la riga diagonale, a circa 45 gradi, che tronca di netto l'“UFO” in una zona che non c'entra nulla con il bordo dell'ala? È il risultato del maldestro mascherino usato per far sembrare che l'”UFO” sovrapposto digitalmente passi sotto l'ala. Un mascherino ben fatto avrebbe dovuto seguire il bordo dell'ala. Se l'oggetto fosse stato davvero sotto l'ala, sarebbe stato scontornato dal suo bordo.

Non so se il falso è opera di Lionsground o se Lionsground è stato imbrogliato da un passeggero che ha creato il video. Non ha importanza: la storia è penosa e i giornali che l'hanno ripubblicata acriticamente invece di chiedere a un esperto dovrebbero vergognarsi di partecipare all'imbroglio. Si vede che anche nelle redazioni blasonate, di fronte Sua Maestà il Clic Pubblicitario la deontologia cala disinvoltamente i pantaloni.

Ringrazio UfoOfInterest per la segnalazione e per la GIF animata che vedete qui sotto e che chiarisce bene l'errore del falsario.

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