Pubblicazione iniziale: 2023/10/25 16:11. Ultimo aggiornamento: 2023/10/26 10:47.
Meno male che c'è Repubblica che ci informa che “i pannelli solari nello spazio funzionano” (copia permanente). Finalmente sulla Stazione Spaziale Internazionale smetteranno di usare i generatori diesel?
Per chi non conoscesse la materia: sappiamo che i pannelli solari funzionano nello spazio da almeno sessant’anni. Li usavano già i primi satelliti, come per esempio Vanguard 1 (1958). La Stazione ha da oltre vent’anni degli enormi pannelli solari che la alimentano completamente.
Questa cretinata di Repubblica è scritta, fra l’altro, come titolo di un articolo a pagamento. Scusate, editori di Repubblica, ma perché dovrei pagare per leggere delle cretinate del genere? Magari poi salta fuori che Elena Dusi ha scritto un bell’articolo, tecnicamente competente, che spiega la vera notizia. Ma quel titolo da inetti rovina tutto. Siete sicuri che lavorare coi piedi così sia un buon investimento? O state solo temporeggiando in attesa di licenziare tutti e affidarvi a ChatGPT?
Per chi volesse la vera notizia: i ricercatori dell’Università di Swansea hanno sviluppato delle celle fotovoltaiche a base di tellururo di cadmio che coprono una superficie maggiore, pesano meno e generano molta più energia rispetto alle tecnologie attuali paragonabili e sono relativamente economiche da fabbricare. I ricercatori dell’Università del Surrey hanno progettato degli strumenti che hanno misurato il rendimento di queste celle nello spazio, dove sono state lanciate sei anni fa, dimostrando di essere resistenti alle radiazioni e agli altri effetti dell’ambiente spaziale. Questi miglioramenti prestazionali potrebbero consentire la realizzazione di grandi centrali fotovoltaiche nello spazio a basso costo, che ritrasmetterebbero verso la Terra l’energia raccolta.
La ritrasmissione avverrebbe usando fasci di microonde accuratamente puntati verso stazioni riceventi al suolo. Questa soluzione avrebbe notevoli vantaggi rispetto agli impianti fotovoltaici sulla Terra: scegliendo orbite opportune, la centrale orbitante può ricevere la luce solare ininterrottamente, senza le pause dovute al ciclo giorno/notte, senza le variazioni stagionali e senza le attenuazioni dell’atmosfera e delle condizioni meteorologiche, col risultato che la luce solare orbitale è in media oltre dieci volte più intensa di quella al suolo. Inoltre l’energia potrebbe essere recapitata direttamente a destinazione, senza elettrodotti, anche in mezzo al deserto o in zone colpite da calamità, come spiega questa pagina dell’ESA.
Il comunicato stampa originale è qui e l’articolo scientifico è qui (grazie a @nabbo su Mastodon per questi link; link alternativo).
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