Tom Scott racconta la bizzarra storia di Zermatt, una piccola località svizzera che non è mai stata rimodellata dall’ingombrante invasione delle automobili e ha scavalcato completamente la mobilità a carburante. Come dice anche lui, Zermatt è un caso speciale, un paesino molto abbiente in uno stato altrettanto abbiente, che ha subappaltato la questione dei parcheggi delle auto al paesino accanto, per cui è chiaro che non può fare testo. Ma il suo esempio concreto mostra che cosa significa avere una città completamente priva del frastuono e dei gas di scarico dei veicoli a carburante, e fa riflettere sull’economia totalmente anticonsumistica di fabbricare veicoli che costano molto cari ma durano da 30 a 50 anni.
Traduco sommariamente quello che dicono Tom e le persone che ha intervistato:
TOM: Uno dei problemi della pianificazione urbanistica è che i cambiamenti sono difficili. La maggior parte delle città è costruita intorno alle automobili. Molte di queste città vorrebbero passare a qualcosa di più congeniale ai sistemi di transito e pedonabile, ma è un processo molto lento e difficile.
Ma se l’automobile non fosse mai arrivata? Se la tua cittadina fosse stata così inaccessibile, e per così tanto tempo, che quando finalmente è diventato possibile farci arrivare delle auto la gente avesse deciso che non le voleva? Questa è Zermatt, una località sciistica nelle alpi della Svizzera meridionale, e questa è la fine della valle. Non c’è un modo facile per valicare quelle montagne.
Qui in auto non si arriva. C’è una strada, ma è stretta e piena di tornanti ed è aperta solo se hai un permesso speciale e paghi una tariffa piuttosto salata. Anche così, non puoi entrare nella cittadina vera e propria, e invece la cittadina più vicina ha molti parcheggi e un treno che trasporta avanti e indietro i turisti.
Una volta, qui, gli unici veicoli erano i carretti trainati dai cavalli. Ma negli anni 80 Zermatt si modernizzò, scavalcando completamente le auto a benzina e i motori a scoppio e diventando interamente elettrica, con alcuni requisiti molto specifici.
IRIS KÜNDIG, vicepresidente del Municipio di Zermatt: Non abbiamo auto private. Gli albergatori e gli edili e tutti i taxi ovviamente non possono andare in bici e basta, per cui chiedono un permesso. Il governo locale decide. Gli imprenditori ci devono mandare una domanda. “Perché ha bisogno di un veicolo?” E poi abbiamo questa checklist. Diamo loro un permesso, magari per tre anni. E se l’impresa è attiva, possono tenerlo. Ma se lei è una persona come... Tom Scott, perché le servirebbe? “Io abito quassù, è molto difficile da raggiungere”. E allora diremmo “Spiacenti, può prendere un taxi”. E chi fa le consegne ha un’auto, ma i negozi non ce l’hanno. I ristoranti non ce l’hanno. Siamo molto severi e così da vent’anni abbiamo circa 520 veicoli.
TOM: Se siete cresciuti nel Regno Unito quando ci sono cresciuto io, state forse pensando “ma questi sono furgoncini del latte” [io me li ricordo, N.d.T.]. Sì, è praticamente la stessa tecnologia: un veicolo elettrico a batteria con una vita operativa molto lunga, progettato per decenni di uso a bassa velocità, per essere riparato facilmente se si rompe, e per fare il minor rumore possibile. Nel ventesimo secolo l’industria del latte britannica usava flotte di veicoli come questi per consegnare le bottiglie di latte a milioni di case ogni mattina. Sembra bizzarro oggi, ma lo è gran parte del ventesimo secolo.
Zermatt usa questi veicoli per fare tutto. Taxi, ovviamente, ma anche autobus, camioncini, l’auto della polizia: hanno tutti lo stesso aspetto e molti sono stati progettati e costruiti localmente da un’azienda che sta lì e ha iniziato con i taxi trainati da cavalli.
BRUNO IMBODEN: Negli anni Settanta mio padre faceva il cocchiere. Avevamo alcune auto elettriche dotate di un pianale, ma nulla per il trasporto di persone. E poi mio padre ha comprato da un’azienda vicino a Zurigo un’auto elettrica per trasportare le persone. Poi nel 1985 mi sono messo insieme a mio fratello e abbiamo fondato la ditta STIMBO. Costruiamo da 10 a 15 auto l’anno, e costruire un’auto elettrica, per un’azienda piccola come noi, non è facile. Nell’azienda siamo in dieci. Quella che vedi lì è una nuova auto elettrica, di nuova generazione, con batterie agli ioni di litio. Prima lavoravamo con le batterie al piombo. Ora con le batterie agli ioni di litio è tutto molto facile. Con questa tecnologia puoi guidare per due o tre ore, non è più un problema. Questo è stato un grande cambiamento. Tutte queste auto elettriche sono fatte a mano. Posso dirti che ogni pezzo che vedi in questo veicolo è stato maneggiato a lungo. Gli altri dicono che il mercato non è grande a sufficienza, ed è per questo che possiamo costruirle noi. Costano circa 140.000 franchi [145.000 euro]. La loro vita operativa è di circa 30 anni, fino a 50 anni. Non è un problema. Con l’alluminio non c’è ruggine, e abbiamo qualità artigianale.
TOM: Mi ci è voluto un po’ per accorgermi di una cosa mentre passeggiavo per Zermatt. In ogni città, in ogni cittadina, c’è un brontolio sordo e costante di traffico che proviene da qualche parte, magari in lontananza. Qui semplicemente non c’è. La cosa è evidentissima di notte, ma ora ovviamente è difficile da dimostrare perché ci sono lavori edili, c’è lo scroscio del fiume che è molto udibile da dove mi trovo e sta portando a valle tutta l’acqua dei ghiacciai che si stanno sciogliendo. Ci sono elicotteri e treni. Ma di notte, quando tutto è tranquillo, non c’è il rumore del traffico.
E anche se so che si tratta di un caso speciale, e che funziona solo perché questa è una piccola località sciistica molto ricca e molto cara con una storia strana, che ha subappaltato i propri parcheggi alla cittadina accanto, non posso fare a meno di pensare che sarebbe bello se ci fossero più cittadine e città con questa sonorità.
IRIS KÜNDIG: Tutti conoscono le regole. I bambini ci crescono insieme. “Posso avere un’auto?” “Ma sei pazzo?” Per cui per la gente del posto fa parte della loro mentalità. Quando dico agli svizzeri che viviamo in una città senza auto a benzina, mi chiedono come ce la caviamo. “In bici, a piedi, o in autobus? Ah.” Ma non ci credono. Eppure se fai parte di questo sistema, è così normale.
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All’altro estremo c’è invece questa segnalazione dell’amico Paolo G. Calisse, che mi ha mandato poco fa le sue foto dell’impianto Unelco di La Palma. Sullo sfondo, la cittadina turistica di Santa Cruz de La Palma. Mi dice che l’impianto fa una puzza formidabile, con grande gioia di chi vive sottovento sulla montagna. Riporto le sue parole dai commenti: “Si tratta di generatori elettrici alimentati a fuel oil, un residuo della lavorazione del diesel, che tra l'altro produce un fumo grigio e puzzolente a meno di un km (ed in piena vista) dal centro principale dell'isola. L'impianto è gestito da ENDESA, di proprietà ENEL. Però se vuoi mettere un pannello fotovoltaico per terra, o un impianto eolico no, perché "deturpa il paesaggio".”.