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Il Disinformatico

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2019/08/02

Foto della Cena dei Disinformatici 2019

Con mio colpevole ritardo, ecco finalmente le foto della Cena dei Disinformatici del 13 luglio scorso. Come consueto, le identità dei partecipanti sono state protette con l’inespugnabile tecnologia Censurex 3000.

Grazie a tutti, più numerosi del solito (una cinquantina, record assoluto per una CDD), e in particolare a Enrico per l’organizzazione, a Elena e Paolo per le miniconferenze su Starmus e mobilità elettrica, e al giovane ragazzo che ha scritto una bella poesia lunare in ricordo del cinquantenario del primo allunaggio. Ringrazio anche Marco per le foto.

Vorrei salutare specialmente Patrick, assente più che giustificato (lui sa perché), e brindare virtualmente con il gruppo di ragazzi della tavolata accanto alla nostra, che hanno voluto una copia del libro L’ultimo uomo sulla Luna a scatola chiusa per regalarla al festeggiato del gruppo, in attesa del primo figlio. Sulle pagine del libro è nato un comicissimo scambio di dediche, e chiacchierando abbiamo poi scoperto che alcuni dei partecipanti alla loro tavolata conoscevano uno dei nostri (Martino). L’Universo è piccolo.

A proposito di universo: abbiamo fondato il Movimento Lunapiattista, la cui prova fondante è che la Luna mostra sempre la stessa faccia, come una moneta: lo dice la parola stessa. La librazione? È dovuta al fatto che è a forma di frisbee, con i bordi stondati. Suvvia, basta pensarci un attimo. È ovvio.

E questo è quello che è successo prima del limoncello e della demo di una Tesla Model 3 gentilmente offerta da Marco. Chi c’era, sa. Chi non c’era, se lo faccia raccontare :-)

Questa è l’ottava la nona Cena, che prosegue una tradizione nata nel 2011: ormai è un appuntamento fisso che genera nuove amicizie e, almeno in un paio di casi, nuovi amori. Una boccata d’aria fresca che compensa più che abbondantemente tutte le cattiverie e le meschinità dei vari complottisti e altri ottusangoli con i quali ho a che fare il resto dell’anno.

Per la prossima Cena, visto il numero di partecipanti, porterò un piccolo impianto di amplificazione per consentire al Maestro di Cerimonie e ai conferenzieri di farsi sentire meglio, e terrò anch’io una miniconferenza. Preparatevi!

Comunicazione di servizio: Dal budget della Cena sono avanzati 25 euro, che come da istruzioni del Maestro di Cerimonie ho devoluto in beneficenza. Insieme a un mio contributo, ho scelto di donarli a Medici Senza Frontiere.





Puntata del Disinformatico RSI del 2019/08/02


È disponibile la puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, condotta da me insieme a Nico.

Podcast solo audio: link diretto alla puntata.

Podcast audio precedenti: archivio sul sito RSI, archivio su iTunes e archivio su TuneIn.

App RSI (iOS/Android): qui.

Video: lo trovate qui sotto.

Archivio dei video precedenti: La radio da guardare sul sito della RSI.

Buona visione e buon ascolto!


Nuovo link breve per “Luna? Sì, ci siamo andati!”

Da oggi dovreste poter accedere al mio libro/sito Luna? Sì, ci siamo andati di risposta alle tesi di complotto intorno agli allunaggi usando il link breve Luna1969.info.

Fra l‘altro, il cinquantesimo anniversario del primo allunaggio umano ha prodotto un picco di lettori: nell’ultimo mese se ne sono aggiunti poco meno di 139.000 su un totale generale di 576.000.

Il tema più consultato di sempre è quello delle Fasce di Van Allen, seguito dalla bandiera che “sventola” e dalla tesi secondo la quale Samantha Cristoforetti avrebbe detto che non possiamo andare sulla Luna (no, non l’ha detto).

L’edizione in lingua inglese (Moonhoaxdebunked.com), molto più recente, è arrivata a oltre 261.000 visualizzazioni, di cui 39.000 nell’ultimo mese.

Sono quindi molto contento di averli messi entrambi liberamente a disposizione di chiunque voglia informarsi sui fatti invece di abboccare alle fantasie deprimenti dei complottisti. Grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato, e continuano ad aiutarmi, con donazioni e snidamenti di errori, nell’aggiornamento e nel miglioramento di questi due progetti.

Vlogger perde in diretta il filtro di giovinezza, si rivela una signora di mezza età

La versione filtrata di Qiao Biluo.
Vatti a fidare di chi incontri online. Una vlogger cinese molto popolare, Qiao Biluo, che aveva 100.000 follower, ha avuto un incidente tecnico in diretta: il filtro di bellezza che usava si è disattivato e lei non se ne è accorta.

I suoi fan, invece, se ne sono accorti eccome, perché l’aspetto reale della vlogger era un tantino differente: si trattava infatti di una signora di 58 anni.

Molti dei suoi seguaci sapevano che la vlogger usava un filtro di bellezza, come fanno del resto moltissimi utenti, ma non si aspettavano che l’effetto di ringiovanimento fosse così drastico.

La signora aveva sempre rifiutato di mostrare il proprio volto reale, nonostante le tante richieste, dicendo che lo avrebbe fatto soltanto se avesse ricevuto una quantità sufficiente di donazioni, ossia 100.000 yuan, pari a 14.200 franchi o 13.000 euro.

Qiao Biluo senza filtri.
Qiao Biluo si è accorta del malfunzionamento del filtro solo quando i suoi seguaci che avevano accesso alla sua area VIP hanno cominciato ad andarsene in massa; altri follower hanno annullato le proprie donazioni. L’incidente è diventato virale, con tanti commenti di critica non verso la signora, ma verso gli utenti che le avevano inviato soldi perché attratti dalla sua bellezza.

Paradossalmente, però, la vicenda ha aumentato la popolarità di Qiao Biluo. Il suo account Douyu è passato da 100.000 a 650.000 follower e la signora ha già pianificato il proprio ritorno, accettando pubblicità delle telecamere con filtri di bellezza come quella che ha usato per presentarsi online, e sta pensando di lanciare un video musicale.

Se volete un esempio di quanto siano efficaci questi filtri video in tempo reale e di quanto siano sofisticate le tecniche usate da chi fa vlogging per apparire diverso da quello che è e attirare seguaci e quindi denaro, questo video pubblicato dal South China Morning Post potrebbe interessarvi.



Fonti: BBC, Oddity Central.

Ragazzo vince 3 milioni di dollari giocando a Fortnite

Kyle Giersdorf (Bugha), un ragazzo americano di 16 anni, ha vinto 3 milioni di dollari ed è stato nominato campione mondiale di Fortnite il 28 luglio scorso. Non è stato l’unico a incassare: il montepremi complessivo di 30 milioni di dollari è andato anche ad altri giocatori in varie categorie.

Si tratta del montepremi più grande nella storia delle competizioni basate su videogiochi, o e-sport come si chiamano oggi.

La coppa del mondo di Fortnite ha coinvolto 40 milioni di giocatori nel corso di dieci settimane di gare online: le finali si sono svolte allo Arthur Ashe Stadium di New York dove i cento finalisti si sono sfidati su megaschermi davanti al pubblico. Ciascuno ha vinto almeno un premio garantito di 50.000 dollari.

Fra i vincitori c’è anche un tredicenne, l’argentino Thiago Lapp, che ha incassato 900.000 dollari.

Per fare un confronto, questo montepremi equivale a quello della coppa del mondo femminile di calcio FIFA. Il primo premio della coppa del mondo di Fortnite ammonta a un milione di dollari in più di quello che ha incassato Tiger Woods vincendo il Masters di golf ad aprile scorso.

Questi premi, però, non vanno usati come giustificazione da chi passa ore e ore a giocare a Fortnite trascurando sonno, studio e amici. Non voglio smontare i sogni di gloria di nessuno, ma anche qui valgono le regole che si applicano a qualunque sport: per emergere si deve faticare tantissimo, studiare e investire tanto tempo, e i partecipanti sono tanti (in questo caso 250 milioni), ma quelli che emergono sono solo una manciata. Le probabilità di essere fra quei cento finalisti sono minime. Conviene giocare per altre ragioni: per esempio perché ci si diverte, senza che diventi un’ossessione.

Quanto sono intimi i dettagli raccolti da Siri e ascoltati dai dipendenti Apple? Molto

Una indagine del giornale britannico The Guardian rivela quanto è vasta la rete delle persone che ascoltano quello che gli utenti di dispositivi Apple dicono a Siri, l‘assistente vocale dell’azienda: non si tratta solo di dipendenti Apple, ma anche di dipendenti di società collegate, che lavorano al controllo qualità per verificare che Siri capisca correttamente le richieste vocali. Tanta gente, e come sempre quando tante persone devono tenere un segreto, il segreto finisce a spasso.

Uno di questi dipendenti, riferisce il Guardian, ha lanciato l’allerta: Siri si attiva spessissimo anche quando l’utente non vuole interrogare questo assistente vocale. Lo fa, per esempio, ogni volta che un utente alza il polso sul quale indossa un Apple Watch: se il dispositivo sente delle voci, quelle voci vengono mandate ad Apple, che l’utente lo voglia o no. I principali colpevoli di queste attivazioni accidentali sono il Watch e l’altoparlante smart HomePod.

Il risultato è che anche se Apple anonimizza le registrazioni dissociandole dagli altri dati che raccoglie dall’utente, non è difficile identificare chi parla: basta per esempio che qualcuno dica il nome e cognome, suo o di altri, o un indirizzo, e addio anonimizzazione.

I dipendenti e subappaltatori di Apple, secondo il whistleblower intervistato dal Guardian, sentono regolarmente informazioni mediche confidenziali (conversazioni fra medici e pazienti), transazioni di spaccio di stupefacenti, e attività amorose intime. E la selezione di questo personale è spesso molto sommaria: “Non ci sono particolari controlli di affidabilità di chi ci lavora... e il ricambio è elevato.” Ma Apple, nella sua pagina sulla privacy, non spiega che ci sono suoi dipendenti, e dipendenti di aziende terze, che ascoltano quanto captato dall’assistente vocale.

L’unica opzione salvaprivacy per gli utenti Apple è disabilitare Siri: su smartphone e tablet, si va in Impostazioni - Siri e Cerca, e si disattiva Abilita “Ehi Siri” e Usa Siri quando bloccato.


2019/08/02 13:25. Poco dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo è arrivata la notizia che Apple, come Google, ha sospeso l’ascolto da parte dei dipendenti.

Google smetterà di origliare le registrazioni di Assistant. Ma solo per tre mesi

The Verge segnala che il Commissario tedesco per la protezione dei dati ha annunciato che ha avviato una procedura amministrativa contro Google e ha ordinato all’azienda di smettere di dare ai dipendenti e ai collaboratori esterni le registrazioni delle voci degli utenti captate dai dispositivi dotati di Google Assistant, come gli altoparlanti smart e gli smartphone. Si tratta solo di una pausa temporanea di tre mesi, ma vale per tutti i paesi dell’Unione Europea.

Molti utenti pensano che questi dispositivi facciano riconoscimento vocale senza alcun intervento umano, ed è così: ma questo non vuol dire che quello che viene ascoltato dai microfoni di Google Home e simili non sia ascoltato da nessuno. Infatti un campione di queste registrazioni viene ascoltato da dipendenti di Google e di altre aziende collegate, allo scopo di verificare che il sistema automatico abbia capito correttamente quello che ha ascoltato.

Questo fatto è descritto da Google in un documento pubblico, ma non è noto a molti, e gli esperti hanno dimostrato che da queste registrazioni è possibile ricavare “informazioni personali -- alcune delle quali sensibili - nella sfera privata e intima delle persone” e che “una parte non trascurabile delle registrazioni viene prodotta da attivazioni improprie”, ossia dal fatto che i dispositivi credono di aver sentito qualcosa che somiglia alla parola di attivazione e quindi si mettono a registrare e a trasmettere la registrazione a Google.

Il Commissario scrive inoltre che “l’uso di assistenti vocali automatici di fornitori come Google, Apple e Amazon si sta dimostrando molto rischioso per la privacy delle persone interessate. Questo vale non solo per le persone che usano un assistente vocale, ma anche per tutte le persone che vi entrano in contatto, per esempio se vivono in una casa in cui sono installati dispositivi come Google Assistant.” Oppure, aggiungo io, se visitano una casa nella quale è installato uno di questi dispositivi.

Piccolo test: Facebook legge i testi nelle foto

Vi va di fare un piccolo esperimento? Prendete un foglio di carta e scrivete (a mano) una sequenza di quattro o cinque parole improbabili e casuali. Fotografate il foglio e postate la foto su Facebook, rendendola pubblica e visibile a tutti.

Aspettate qualche minuto e poi provate a cercare quella sequenza di parole in Facebook. Cosa succede?

Dovrebbe succedere quello che è successo ad alcuni lettori: il motore di ricerca di Facebook trova la vostra foto.





Facebook, infatti, esegue il riconoscimento dei caratteri nelle immagini con un sistema di machine learning denominato Rosetta, come descritto in questo articolo tecnico di Facebook.

Quando vi siete divertiti abbastanza a stupire gli amici con questa particolarità di Facebook, provateci con Instagram. Sì, funziona anche lì. Buon divertimento.

2019/08/01

Antibufala: no, gli astronauti lunari non erano mogi perché si vergognavano. Guardateli scherzare

Una delle tesi ricorrenti dei lunacomplottisti è che i primi astronauti che visitarono la Luna sarebbero stati inspiegabilmente mesti e seri nella conferenza stampa tenuta poco dopo il loro viaggio, il 12 agosto 1969. Ad apparente riprova di questa tesi mostrano fotogrammi o spezzoni nei quali gli astronauti hanno espressioni serissime.

In realtà guardando la conferenza stampa completa ci si rende conto che i complottisti hanno usato uno dei loro trucchetti preferiti: hanno estratto solo le immagini serie e hanno disinvoltamente omesso tutte quelle nelle quali gli astronauti ridono e scherzano nonostante la tensione di parlare al mondo intero in una conferenza stampa che sarebbe passata alla storia.

La conferenza, tuttavia, è piuttosto lunga, per cui vi propongo qui un antidoto pratico e veloce a questa tesi di complotto: un montaggio, curato da Gabriella Cordone Lisiero, dei momenti di quella stessa conferenza stampa nei quali gli astronauti fanno battute, sorridono e scherzano con il pubblico.




Ho preparato i sottotitoli di Youtube in italiano e in inglese: per attivarli, usate i pulsanti di Youtube.

In sintesi: Neil Armstrong sorride inizialmente accogliendo con un sorriso l’applauso del pubblico, poi commenta sorridendo il fatto che molte cose del loro viaggio, viste dalla Terra, non sono facili da cogliere. Michael Collins, il vero mattatore della conferenza, fa ridere il pubblico con la sua descrizione di come stesse contemporaneamente facendo filmati, scattando foto e pilotando il veicolo spaziale, “probabilmente anche maluccio”.

Armstrong sottolinea il fatto che all’atterraggio è piuttosto importante non inciampare con le zampe del Modulo Lunare; spiega che si trovava molto più a suo agio sulla Luna che nello spazio o nella gravità terrestre; nota sorridendo che la tabella di marcia stimata per l’uscita sulla Luna era stata sforata parecchio; fa ridere il pubblico con un commento sul piazzamento della telecamera (probabilmente mostrato accelerato); e sorride raccontando che lui e Buzz Aldrin erano stati molto, molto contenti che il motore di ripartenza dalla Luna si fosse acceso correttamente (anche perché se non si fosse acceso sarebbero rimasti sulla Luna a morire).

Aldrin commenta la bellezza e la precisione del rendez-vous fra i due veicoli; Collins fa ridere di nuovo il pubblico commentando le immagini del loro volo; Armstrong ammette la sua contentezza di essere sulla via del ritorno.

Un giornalista chiede: “C’è mai stato un momento, sulla Luna, nel quale uno di voi è stato un po’ travolto dalla meraviglia di quello che stava succedendo?” Neil Armstrong, sorridendo, risponde: “Circa due ore e mezza!” La loro escursione sulla superficie lunare era durata appunto due ore e mezza in tutto.

Buzz Aldrin fa ridere il pubblico quando un giornalista chiede se si sentissero in un deserto oppure davvero in un altro mondo: “Beh,” risponde, “non avevamo dubbi su dove fossimo, visto che avevamo orbitato intorno alla Luna per un bel po’...”.

Le battute, insomma, non mancano. E anche questa tesi complottista svanisce nel nulla, sepolta da un sorriso.


Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

2019/07/30

Puntata del Disinformatico RSI del 2019/07/26


È disponibile la puntata del 26 luglio del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, condotto da me insieme a Herbert Cioffi.

La versione podcast solo audio (circa 30 minuti) è scaricabile da questa sezione del sito RSI (link diretto alla puntata), qui su iTunes (per dispositivi compatibili) e tramite le app RSI (iOS/Android) o su TuneIn; la versione video (musica inclusa) è nella sezione La radio da guardare del sito della RSI ed è incorporata qui sotto.

Buona visione e buon ascolto!


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