Nel torrente di notizie sulla guerra in Ucraina è affiorata una piccola storia
che però ha dei risvolti informatici importanti e inaspettati. Inaspettati
perché è una storia che riguarda i trattori ucraini, che a prima vista non
sembrano affatto un argomento informatico, e importanti perché quello che è successo a
questi trattori ci riguarda tutti da vicino.
Secondo quanto riportato dalla
CNN, dei soldati russi hanno aiutato a depredare un concessionario ucraino della
John Deere a Melitopol, portando via una trentina di macchine agricole,
principalmente trattori, che sono stati poi spediti in Cecenia. I veicoli
hanno un valore complessivo di circa cinque milioni di dollari.
Ma al loro arrivo in Cecenia i saccheggiatori hanno scoperto che i trattori
erano stati bloccati da remoto ed erano quindi inservibili e impossibili da
smerciare. Erano stati, come si dice in gergo informatico, brickati. Si
tratta infatti di macchine agricole molto sofisticate, dotate di sensori, di GPS e
di un sistema di controllo remoto via Internet, installato in tutti i mezzi di
questo tipo della John Deere.
I ladri, insomma, sono stati beffati, ma questa non è una storia a lieto fine.
L’informatico, scrittore e attivista Cory Doctorow ha infatti fatto
notare
che il controllo remoto di quei trattori non è stato introdotto per
scoraggiare ladri o saccheggiatori, ma per ostacolare gli agricoltori.
Quelli che comprano a caro prezzo questi trattori ma finiscono per non esserne
realmente proprietari, perché John Deere installa in questi veicoli del
software che li gestisce, e questo software è sotto copyright dell’azienda per
90 anni ed è concesso agli agricoltori soltanto in licenza temporanea. Così, perlomeno, ha
dichiarato
formalmente l’azienda, insieme a
molte case automobilistiche (con l’eccezione di Tesla, come segnalato da
Wired), davanti al Copyright Office statunitense nel 2015.
In questo modo gli agricoltori non possono riparare i propri veicoli, nemmeno
con ricambi originali, senza ricevere un apposito codice di sblocco dal
concessionario. Concessionario che in molti casi è a decine di chilometri di
distanza e non può accorrere subito, con tutti i ritardi e danni che ne
conseguono.
La giustificazione dell’azienda è che la riparazione non ufficiale potrebbe
causare danni, ma di fatto questo crea un controllo monopolistico sulle
riparazioni, e in molti paesi eludere questo controllo, per esempio usando del
software modificato che ignori il codice di sblocco oppure lo generi senza
l’autorizzazione del fabbricante, è punito dalla legge: dal Digital Millennium
Copyright Act negli Stati Uniti e dalla Direttiva sul Copyright nell’Unione
Europea, nota Cory Doctorow. Va detto che dal 2015 al 2018 il Copyright Office
statunitense ha
concesso
un’eccezione temporanea, ma oggi è
scaduta. In Svizzera, la
Legge federale sul diritto d’autore
prevede degli analoghi divieti di elusione, sia pure con alcune eccezioni da maneggiare con molta attenzione.
La presenza di questi controlli remoti o kill switch nei veicoli
agricoli, insieme al sostanziale monopolio del mercato da parte delle poche
aziende che fabbricano questi veicoli dedicati all’agricoltura di precisione,
ha una conseguenza cruciale: chiunque riuscisse a compromettere la sicurezza
di questi sistemi di controllo remoto metterebbe a serio rischio le forniture
alimentari del mondo, brickando ovunque le macchine agricole.
Non è uno scenario ipotetico: proprio il 5 maggio scorso AGCO, una multinazionale del settore delle macchine agricole che possiede marchi come Challenger, Fendt, Massey Ferguson e Valtra, ha dichiarato di aver subìto un attacco informatico di tipo ransomware che ha sostanzialmente paralizzato i suoi stabilimenti in Germania e Francia.
Anche John
Deere sembra avere grossi
problemi
di sicurezza informatica, come ha dimostrato il gruppo di informatici
SickCodes
ad aprile del 2021, riuscendo in poco tempo a trovare il modo di trasmettere
dati senza autorizzazione a questi trattori superconnessi.
SickCodes ha avvisato le autorità e l’azienda ha chiuso le falle segnalate, ma
il problema rimane: fabbricare veicoli e macchinari
intenzionalmente bloccabili da remoto, invece di farli robusti e
resilienti, manutenibili e riparabili anche quando le normali filiere di
fornitura e assistenza sono bloccate, come per esempio in guerra, è una
pessima scelta strategica di sicurezza. Lo ha messo nero su bianco il
Dipartimento per la Sicurezza Interna statunitense in un
rapporto
del 2018,
scrivendo
che
“l’adozione di tecnologie agricole di precisione avanzate e di sistemi di
gestione delle informazioni degli allevamenti [nei rispettivi settori] sta
introducendo nuove vulnerabilità in un’industria che prima era altamente
meccanica”
[“adoption of advanced precision agriculture technology and farm information
management systems in the crop and livestock sectors is introducing new
vulnerabilities into an industry which had previously been highly mechanical
in nature.”]
Non a caso, uno dei principali esportatori di software alternativo per i mezzi
agricoli della John Deere, illegale ma ben più adatto alle esigenze pratiche degli
agricoltori, è l’Ucraina.
Ieri (6 maggio) Samantha Cristoforetti e Jessica Watkins hanno risposto alle
domande dei giornalisti della CBS News e della CNN.
Questa è la
registrazione e la trascrizione sommaria della conversazione (poco meno di 22
minuti). Segnalo in particolare due risposte (che ho evidenziato in grassetto
e tradotto): quella a proposito della situazione a bordo in considerazione
della guerra in Ucraina, che è una preoccupazione che hanno in molti, e
quella, ben più leggera, a proposito di un’uniforme o tenuta legata alla
fantascienza che Samantha avrebbe a quanto pare portato con sé (come, nel suo
viaggio precedente, aveva portato la giacca della divisa di
Star Trek Voyager).
2022/05/10 11:10. AstronautiCAST ha tradotto e sottotitolato l’intera
intervista:
HO: (a 00m:36s) Station, this is Houston, are you ready for the event?
SC: Houston, this is Station, we are ready for the event.
HO: CBS News, this is Mission Control Houston. Please call Station for voice
check.
CBS: Station, this is Bill Harwood, CBS News at the Kennedy Space Center, how
do you hear me?
JW: Hello, we have you loud and clear.
CBS: Well hey, thanks so much for taking time to talk with us today. I know
you guys have hit the deck running and you've got a busy schedule and we
certainly do appreciate it. I wanted to start out by asking both of you about
your impressions of launch aboard a Crew Dragon Falcon 9. Jessica, you've
never ridden a rocket before, of course. What was it like what was the sound
like? The vibrations, the acceleration, the experience?
JW: Yeah, it is tough to describe. It is certainly a sensory experience, all
of the feeling, the physical feelings that you're feeling, the sounds that
you're hearing as you mentioned, you know, we do a lot of training out at
SpaceX in Hawthorne for what we're going to experience on Dragon, but getting
all of that kind of coming together all at once and also, you know, kind of
experiencing the emotional side as well, you know, realizing that we are
really actually embarking on this journey and headed up to the International
Space Station, so all that coming together was pretty amazing.
CBS: You know, I occasionally amuse myself by thinking about how Ben Franklin
or Leonardo Da Vinci would react to riding in a car or flying in an airplane,
but flying in a rocket... it really takes that to a whole different level.
Were you even a little bit nervous about it? I mean, was there a moment when
you might have thought to yourself “What am I doing here”?
JW: Yeah, you know, there certainly is an understanding of what we're
undertaking here and certainly spaceflight is hard, we all are aware of that,
but we just have such amazing teams working on the ground, both the SpaceX
team, the NASA team, making sure that we are safe and that our mission is
going to be successful, so we can certainly rest assured knowing that we have
such a great team of folks looking out for us.
CBS (2:55): I totally get that, but you didn't answer the question! Did you
get even a little bit nervous? Because I think most people would.
JW: Yeah, you know, again, I think they're certainly an understanding of the
reality of the situation and the risks that are involved, but we are in a
place of privilege where we are able to talk about those risks, understand how
they're mitigated and that really helps us assuage our fears.
SC: Maybe if I can add to that, certainly as Watty...
CBS: No, go ahead Samantha.
SC: ...I just wanted to say that I think for us, and especially for Watty on
her first flight but even for me on my second one, the feeling of joy for
having gotten to that point after so such a long time of training and the
anticipation for all this amazing adventure that awaits you on Space Station,
I think that just, you know, takes over emotionally so that, yes, maybe you're
a little bit nervous, but you don't focus on that all that much.
CBS: Well, hey, as long as you've got the microphone I wanted to ask your
impressions of Crew Dragon. You know, were there any surprises about that
experience? And maybe how it compared to riding on a Soyuz.
SC (4:20): Yeah, so the process of launching to space, so the rocket launch
itself, the sensations that you feel in the rocket, the duration of the ascent
up to orbital insertion the g's, the staging, you know, when when one stage of
the rocket stops working and all of a sudden you lose the thrust for a few
seconds and then the next stage kicks in, which is quite dynamic, and then
that transition from, you know, feeling squeezed in your seat, that, you know,
very sudden transition to being all of a sudden weightless, all of that is is
quite similar. And I was incredibly happy to have a chance to experience all
of that again, maybe with more awareness, maybe being less overwhelmed
emotionally, and so having a little bit more time of really taking note of all
of those sensations, more than the first time. And then certainly the
spacecraft is, as you know, as we all know, a little bit different, so
certainly a little bit more comfortable in terms of of seating position now.
CBS: We enjoyed that photo you tweeted showing the birthday cake and the
shot of Mr Spock in there. I heard before launch that you may or may not
have a replica costume from another science fiction show with you. Any hints
when we might find out what that might be?
[La foto in questione è qui sotto,
datata
5 maggio 2022]
SC (a 5m45s): Let's see... a hint could be my previous job as a combat
pilot in the Italian Air Force.
CBS: Ci è piaciuta molto la foto che hai tweetato, che mostrava la torta di
compleanno e l'immagine del signor Spock. Ho sentito dire, prima della tua
partenza, che forse hai con te una replica di una divisa di un’altra serie
di fantascienza. Puoi dare qualche indizio su quando scopriremo di cosa
potrebbe trattarsi?
SC: Vediamo... un indizio potrebbe essere il mio lavoro precedente come
pilota da combattimento nell’Aeronautica Militare Italiana.
CBS: Okay, that sounds great! So either Battlestar Galactica or
Star Wars, right? No, I'm kidding, I'm kidding. We'll have to wait and
see. Let me ask Jessica a question. You know, we talked a lot before launch
about your geology training and a chance to look at the Earth from space, you
know, geologists normally look at rocks with a hand lens or a thin section up
close and personal what's it like looking at that from 260 miles up and is
Kjell pestering you to explain things like he said he woul?
JW: Yes, so the the view is even even better than I could have imagined or
could have expected. It is amazing to see as you're kind of discussing the the
scale of the Earth itself, of the whole sphere, and then also of the features
on the Earth for me. I actually spent a lot of my time doing geology also
doing remote sensing, and so that process involves looking at photographs, as
well as as data, of surfaces of planets from a distance removed away from the
surface. So it actually is quite an interesting parallel for me to be able to
now look at those features from the advantage point of the ISS, so it is
really neat for me and yes, my crewmates have given me the joy and honor of
being able to discuss a little bit of geology already, so it's been super fun
for me.
CBS: Well, you know, you sound totally at ease up there when I hear you
talking on air to ground. Has the transition to life and weightlessness been
easy? Difficult? Something in between? What's what's been the biggest
challenge for you getting used to living on Station?
JW: Yeah, you know, I think the probably the biggest thing to learn how to do
since we've been up here, as well as probably the most fun thing for me, has
been getting used to the the 3D nature of the ISS. I'm getting to literally
climb on the walls like Spider-Man and learn how to use my feet instead of my
hands to translate around. It has just been so fun and just being able to see,
you know, how my brain reorients and really is able to take in spatial
information in 3D and that transition over time has been really cool to watch.
CBS (8:15): Guys, I've got about two minutes left. I want to shift gears and
and Samantha, let me ask you this one. ESA is in the process of recruiting new
astronauts and I want to get your sense of what the prospects are for
increasing the number of female candidates, and how important is that for ESA
and for Europe.
SC: Oh, I think the prospects are great. We had over I believe 25% of the
applications were from female candidates this time around which is, you know,
a significant increase compared to the previous election process, which is the
one in which I was selected. So I am quite sure that by the end of this year I
will have some, you know, new colleagues and among them also some new female
colleagues. And, you know, I think that's important because it just looks, you
know, if you look at the European astronaut corps right now there's only, you
know, one woman, which is myself and that kind of looks... it does really not
reflect society that much, so I'm looking forward to have some more female
colleagues.
CBS: Thanks. And Jessica, I'll close out with with a similar question to you.
You're the first African-American woman to make a long-duration flight on the
Station. How important is it for NASA to recruit more women and more women of
color? I mean, you must see yourself as a role model, but can you talk about
that just a little bit? And that'll close it out for me guys, thanks a lot.
JW: Yeah, absolutely, thank you for your time. I certainly think that it is is
important going into the exciting future ahead of us aNASA that we have a
diverse corps and continue to focus on the diversity, impacts of diversity on
it on the greater team here at NASA. So as we look forward to the Artemis
missions coming up here in the near future and look towards the Moon and
eventually to Mars we're going to need people with diverse skill sets, diverse
backgrounds diverse experiences, and so I certainly think it's important for
us to prioritize and focus on that moving forward.
HO: Station, this is Houston ACR. That concludes the CBS News portion of the
event. Please stand by for a voice check from CNN.
CNN: Station, this is Rachel Crane with CNN, how do you hear me?
JW: We have you loud and clear, how us?
CNN: Loud and clear. All right, I'll jump right in you guys thank you so much
for taking the time to do this. Jessica you are the first black woman to
conduct a long-duration mission on Station. You know making you a role model
for women of color all around the world. Now being a few days into your
historic mission has the magnitude of what you have taken on here finally
begun to sink in?
JW: You know honestly i think these past few days have been a bit of a
whirlwind we've just been um as a crew trying to take in as much information
as we could from our our colleagues the Crew 3 team and just handing over all
of their knowledge and insight and efficiencies that they've gained over their
time and successful mission here. So we've just been trying to learn as much
as we can from them soak it all in and then I have just been learning to adapt
learning to translate in in zero g and get myself settled in so that's been
most of my focus uh the past few days.
SC: She’s a natural space ninja.
CNN: Jessica, this mission is your first space mission and a historic one at
that. But clearly, you know, your personal aspirations don't stop here. So
tell us about your you know future dreams and goals as an astronaut.
JW: Yeah well certainly first and foremost my my closest dream and closest
goal is to have a successful mission here with my crewmates and on Crew 4
Expedition 67. We have a lot of science to undertake, a lot of maintenance to
do on the Station and we just look forward to a super successful mission
working together. In the future, NASA is working towards heading to the Moon
and eventually to Mars with the Artemis program and so we look forward to
seeing the progress in those missions and hopefully being involved in that
process along the way.
CNN: Yeah, Jessica, you've been chosen to be part of the astronaut corps for
Artemis. So now having had you know just a taste of space does it make you,
you know, more eager than ever before to become the first woman on the Moon?
JW: Well I certainly I would like to you know spend as much time and space as
I can. I've enjoyed it so far um you know but we definitely have a diverse and
expert corps of astronauts, all of whom would be capable of taking that on, so
we'll see what happens in the future, but certainly enjoying my time here now.
CNN: Now Samantha and Jessica, only about 20 of the international space
industry workforce is female and that's a percentage that has remained
relatively unchanged for 30 years and only about 11 of astronauts have been
women. So why are women so underrepresented in the space industry and why is
it important to change these statistics?
SC: Yeah, I think that some of those statistics can be a little bit misleading
sometimes because we take into account like the entire history of uh human
space flight which is now uh you know five or six decades uh and so it
reflects also a historic circumstances in which indeed you know women were
either not in the astronaut corps at all or very few but I would say, you
know, the the especially the NASA corps is extremely diverse and the last few
selections over the past 10 years have had new classes coming in in which
women were either 50 or very close to 50 percent and when it comes to the
European astronaut corps we we have some work to do in that sense but our last
selection goes quite back to 2009 and we are in the process of having a new
selection right now in which I am quite sure that we will select several new
female astronauts and so yeah yeah, I think that things that are looking quite
good I would say.
CNN: And this question is for both of you, you know, as women and for you,
Jessica, as a woman of color did you face barriers to get to this moment and
what is it like to reflect on that from your current perch up in space?
JW: Yeah, you know it certainly is an amazing place to be able to think back
on on my journey and how we how I arrived here how we ended up in this amazing
place with this amazing privilege and certainly for me you know I'm just super
grateful for all of the mentors that I had along the way that helped encourage
me to along pathways that helped to lead me to to reach my goals and to help
encourage me along the way to help find my passions help me pursue those and
help me find opportunities that would enable that for me so I'm just really
grateful for those people in my life and those those opportunities that I've
had that have enabled me to be here now.
CNN (16:16): Samantha, there is a war here on Earth right now, with the US
and the EU supporting one side and Russia on the other. So how does that
impact your working relationship with cosmonauts on Station, and does the
mood feel different from when you were there last?
SC: Yeah, the answer to the last part of your question is no. It’s quite the
same. We are here as an international crew and I think that we all
understand that what we do here is valuable, that the Space Station is
valuable, and that even in times of conflict you have to preserve bridges,
you have to preserve some areas of cooperation. And, you know, the best
candidate for that is just the Space Station. I mean, it has a legacy
working together on an international level and doing that peacefully and
effectively, you know, being able to operate a vessel, a spacecraft in space
on a day-to-day basis with, you know, an international community behind it,
that is valuable. And we just all understand how important that is and even
more than we did before we want to focus on the joint goals that we have
which is to, you know, preserve this vessel and pursue the science and all
the other activities that are ongoing here.
CNN: But do you worry that the Russian government could order their
cosmonauts to take aggressive actions on Station? You know, like closing off
access to Russian modules or stop sharing resources? And if not, why not?
SC: Yeah, no, we do not worry about that. And the reason is that, you know,
we have I think an instinctive understanding of the community that we are
part of and we understand that from outside, you know, the US side, European
side, Canadian, Japanese and Russian, there is the same attachment and the
same understanding of how important Space Station is. And I understand that
there is sometimes chatter in the media or on social media, but we are
inside this community and we have a direct understanding and a direct sense
of how important Space Station is for all the international partners.
CNN: Samantha, c’è una guerra qui sulla Terra in questo momento, con gli
Stati Uniti e l’Unione Europea che sostengono una parte e la Russia
dall’altra. In che modo questo influisce sui vostri rapporti di lavoro con i
cosmonauti sulla Stazione? L’umore sembra diverso rispetto a quando eri lì
la volta scorsa?
SC: Sì, la risposta all’ultima parte della tua domanda è “no”. È lo stesso.
Siamo qui come equipaggio internazionale e credo che capiamo tutti che
quello che facciamo qui è prezioso, che la Stazione Spaziale è preziosa, e
che persino in momenti di conflitto bisogna mantenere dei ponti, bisogna
mantenere delle aree di cooperazione. E la Stazione è la candidata migliore
per questo. Ha un retaggio di lavoro insieme a livello internazionale, e
fare questo pacificamente ed efficacemente, essere in grado di far
funzionare un vascello, un veicolo spaziale nello spazio giorno dopo giorno,
con il sostegno di una comunità internazionale, è prezioso. E noi tutti
capiamo quanto questo sia importante e ancora più di prima vogliamo
concentrarci sui nostri obiettivi comuni, che sono preservare questo
vascello e fare ricerca scientifica e tutte le altre attività che abbiamo in
corso qui.
CNN: Ma vi preoccupate che il governo russo potrebbe ordinare ai suoi
cosmonauti di compiere azioni aggressive sulla Stazione? Cose come chiudere
l’accesso ai moduli russi o smettere di condividere le risorse? E se non ve
ne preoccupate, perché?
SC: Sì, no, non ce ne preoccupiamo. La ragione è che credo che noi abbiamo
una comprensione istintiva della comunità di cui facciamo parte e che
comprendiamo che dall’esterno, da parte statunitense, europea, canadese,
giapponese e russa ci sia lo stesso attaccamento e la stessa comprensione di
quanto sia importante la Stazione Spaziale. E capisco che a volte corrano
voci nei media o nei social media, ma noi siamo all’interno di questa
comunità e abbiamo una comprensione diretta e una percezione diretta di
quanto la Stazione Spaziale sia importante per tutti i partner
internazionali.
CNN: Jessica, what would you tell your younger self right now about your
journey?
JW: Now I would probably tell myself to dream big and you never never know
when your dreams can actually come true. It's hard to believe that it's all
really happening.
CNN: And what do you think can be done to have more women and more women of
color in space?
JW: You know, I think if we look at the numbers I think the story that they
tell us is that where we can have the most influence is kind of lower down in
the pipeline or earlier in the pipeline. So I think investing in school
programs and education and internships like the NASA internships, for example,
particularly the ones that I've been a part of and helped enable me to get
here today, I think those are ways that we can engage kids at an early age to
get interested in STEM and kind of invigorate that passion in them that allows
them to pursue pathways that will enable them to be in positions like this if
they so desire.
CNN: We have less than one minute left. This is my last question for you guys.
Jessica, the ISS partnership is perhaps one of the last remaining diplomatic
links between the US and Russia. Does that put pressure on you guys to help
preserve this working partnership to make sure that everything is running
smoothly?
JW: No, I think we we certainly understand the magnitude of, kind of as
Samantha was mentioning, the magnitude of what we're doing up here, the
importance of the work that we are doing. But I think ultimately we are a
family up here. We have dinner with our cosmonaut colleagues and we understand
this shared mission, the shared goal, and we all work together to do our best
to accomplish that and do so successfully safely and efficiently.
CNN: Thank you so much you guys.
HO: Station, this is Houston ARC. That concludes the event. Thank you, thank
you to all the participants from CBS News and CNN. Station, we are now
resuming operational audio communications.
È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della
Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo
trovate presso
www.rsi.ch/ildisinformatico
(link diretto) e qui sotto.
Avrete forse notato che la puntata della settimana precedente (quella del 29
aprile) non c’è stata: ero completamente senza voce. Un paio di giorni dopo
sono riuscito a fatica a registrare questo piccolo avviso:
Ci sono alcune frasi che riescono a riassumere un concetto complesso
perfettamente, concisamente e in maniera memorabile. A volte hanno anche un
altro effetto: permettono di valutare le competenze delle persone in base al
modo in cui reagiscono quando le sentono per la prima volta, perché la loro
brevità e il loro argomento un po’ tecnico le rende criptiche. Bisogna insomma
intendersene un po’per capirle.
Ma se le si capisce, creano un guizzo di piacere intellettuale tutto speciale:
quello che spesso su Internet si rappresenta graficamente con il celebre meme
mind blown (quello dove qualcuno mette le mani ai lati della propria
testa e mima lo scoppio della propria mente causato dalla potenza dell’idea
che ha appena ricevuto).
Una di queste frasi è
“Ogni criptovaluta ha un proprio bug bounty incorporato”. Se avete
accanto a voi qualcuno che dice di conoscere bene il mondo delle criptovalute,
dai bitcoin agli Ether passando per i Dogecoin e gliela sottoponete, guardate
attentamente la sua reazione. Se ci pensa su un attimo e poi si lascia andare
a un “a-HA!” di profonda e improvvisa comprensione, seguita da
un’espressione preoccupata o rassegnata, allora quella persona sa il fatto suo
sull’argomento. Se reagisce diversamente, forse è il caso di essere un po’
cauti nel fidarsi delle sue competenze. Purtroppo quello delle criptovalute è
un campo nel quale ci sono molti improvvisati che sono vittima del proprio
entusiasmo e della speranza di arricchirsi magicamente e in fretta.
La frase, se ve lo state chiedendo, non è opera mia: l’ha coniata, a quanto mi
risulta, l’informatico finlandese Mikko Hyyponen.
Se l’avete capita al volo, e quindi avete provato quel piacere di scoprire un
concetto potente espresso con eleganza, complimenti: ma se invece brancolate
nel buio, niente paura. Chiarisco subito.
Il termine chiave da conoscere, qui, è bug bounty: è il nome che si dà
alla ricompensa, di solito monetaria, che spetta a chi scopre un difetto in un
software e lo comunica responsabilmente a chi ha sviluppato quel software.
Moltissime aziende informatiche, come
Microsoft,
Apple o
Google, offrono questi bug bounty e ci sono molti informatici che si
mantengono grazie a queste ricompense, che possono essere decisamente
ragguardevoli. Apple, per esempio, offre centomila dollari a chiunque scopra
un modo per ottenere un accesso non autorizzato ai dati di un account iCloud
sui server di Apple oppure trovi la maniera di scavalcare la schermata di
blocco di un dispositivo della stessa marca. E le ricompense possono arrivare
anche a un milione di dollari in alcuni casi molto particolari.
Questi bug bounty esistono e funzionano perché costituiscono un
incentivo molto chiaro a ispezionare il software altrui, trovarne gli errori e
segnalarli allo sviluppatore del software affinché li corregga, invece di
approfittare di questi difetti per commettere qualche crimine informatico.
Fanno insomma in modo che convenga essere onesti e responsabili invece di
tenere per sé le vulnerabilità scoperte.
Bene. Sappiamo cos’è un bug bounty, sappiamo cos’è una criptovaluta; ma
il senso complessivo di quella frase può essere ancora un po’ nebuloso e il
momento “a-HA!” non è ancora arrivato. Manca ancora un passo e ci
siamo.
Una criptovaluta, semplificando, è una valuta digitale basata sulla
crittografia e su un registro digitale condiviso e pubblico delle transazioni
(una blockchain): in parole povere, è denaro espresso tramite software
e protetto tramite software. Questo vuol dire che se c’è un difetto in quel
software e qualcuno lo scopre, chi lo scopre può approfittarne direttamente
prelevando quel denaro e saccheggiando i conti altrui. Non c’è bisogno che
l’azienda che ha sviluppato il software decida di istituire un sistema di
ricompense e di seguire la sua complessa trafila burocratica per riscuotere il
premio: la ricompensa è già integrata nella falla. E questo fa crollare
completamente il normale incentivo del bug bounty. Allo scopritore di
una falla nelle criptovalute conviene non rivelarla e usarla per
continuare a depredare i conti altrui.
È per questo motivo che moltissimi operatori del settore delle criptovalute
sono stati oggetto di attacchi informatici che hanno portato a saccheggi da
centinaia di milioni di dollari: se c’è un singolo difetto in uno dei vari
componenti software di una criptovaluta, quel difetto ha effetto su tutti i
conti espressi in quella valuta, quei conti sono tutti accessibili online e
quindi il furto può essere ripetuto su vastissima scala in pochissimo
tempo.
In altre parole, ogni criptovaluta ha un proprio
bug bounty incorporato.
È arrivato il vostro momento “a-HA!”? Ottimo. Allora divertitevi a
proporre questa frase ai vostri conoscenti o colleghi presi dalla febbre delle
criptovalute: farete bella figura e distinguerete gli intenditori dagli
improvvisati.
---
2022/05/06 9:30. Esiste anche il bug bounty inverso: un lettore mi segnala via Twitter il caso di un errore nel software e nelle procedure di JUNO, una comunità basata sulla blockchain, che ha fatto finire circa 36 milioni di dollari in un indirizzo della blockchain che è irraggiungibile per chiunque (persino per i gestori). Per recuperarli sarà necessaria una drastica ristrutturazione dell’intera blockchain.
Brutte notizie per chi bara a Call of Duty ma buone notizie per chi ci gioca onestamente. Activision, l’azienda che sviluppa i popolarissimi giochi d’azione della serie Call of Duty, ha confermato che è stata introdotta una nuova funzione contro i cheater: se un giocatore che bara tenta di sparare ad altri giocatori onesti, il personaggio del giocatore onesto diventa invisibile a quello disonesto.
In altre parole, il disonesto che prima aveva un vantaggio diventa incapace di difendersi perché letteralmente non vede più e non sente più i propri avversari ma ne riceve perfettamente i colpi senza poter capire da chi o da dove sono arrivati.
Questa funzione, denominata cloaking, è stata annunciata formalmente dall’azienda ad aprile ma era già stata scoperta a febbraio scorso, con rammaricata sorpresa, da alcuni giocatori. Fa parte delle tecniche sempre più creative utilizzate dagli sviluppatori di videogiochi per contrastare la piaga dei cheater, quelli che installano sui propri PC speciali programmi non autorizzati che, per esempio, migliorano artificialmente la mira.
Activision ha segnalato di aver eliminato recentemente ben 54.000 account di giocatori disonesti, e questa purga arriva dopo un altro ban di massa di ben 90.000 giocatori. Numeri importanti, che però vanno visti anche alla luce del fatto che Call of Duty dichiara 100 milioni di giocatori mensilmente attivi (e fino a qualche tempo fa ne vantava 150 milioni).
Il cloaking non è l’unica tecnica utilizzata: c’è anche Damage Shield, che impedisce ai cheater di infliggere danni critici agli avversari intanto che il sistema anti-cheater raccoglie informazioni sul giocatore sospettato di barare.
Entrambi fanno parte di una tecnologia denominata Ricochet, che tenta di identificare i cheater guardando quali applicazioni tentano di interagire con il gioco. Ma questo approccio di circondare il baro di giocatori e avversari invisibili è decisamente più appagante e divertente per il giocatore onesto, e Activision lo sa, visto che nota nel proprio annuncio che i giocatori onesti possono vedere e riconoscere i cheater colpiti dal cloaking perchéi bari saranno “i giocatori che si vedono girare in cerchio gridando ‘Chi mi sta sparando?’” L’azienda sottolinea che i giocatori corretti potranno a quel punto “dispensare punizioni nel gioco”.
In altre parole, il cloaking non solo funziona, ma è anche divertente, perché offre al giocatore che rispetta le regole la soddisfazione di vedere che il baro perde e di poterlo anche punire personalmente. Questa soddifazione è probabilmente il motivo per cui Activision, una volta individuato un cheater, non lo elimina automaticamente.
Il sistema non è perfetto: Ricochet non sempre identifica i cheater, e questi cheater a volte si attrezzano con modifiche che consentono comunque il rilevamento automatico dei nemici. Ma è sufficiente a scoraggiare tutti tranne i più cocciuti.
Il 14 aprile scorso Elon Musk ha fatto un’offerta formale
di acquisto di Twitter, Inc., la società che gestisce il social network omonimo,
per circa 43 miliardi di dollari. La
notizia
ha generato molto clamore e un diffuso panico all’idea di cosa potrebbe fare
Musk, attualmente l’uomo più ricco del mondo, con questa piattaforma di
comunicazione.
Molti hanno interpretato la notizia come un semplice
“Musk ha comprato Twitter”, ma la cosa non è così semplice: l’offerta
del magnate è stata accettata dai dirigenti di Twitter il 25 aprile, ma deve
ancora ricevere l’approvazione degli enti di regolamentazione e degli
azionisti, e i soldi in gioco non sono tutti di Musk ma provengono in buona
parte da un gruppo di banche, che li presterebbero a Musk e che potrebbero
cambiare idea di fronte a una situazione diventata sfavorevole.
Di fatto, quindi, al momento Twitter è ancora in mano ai proprietari di prima
e le sue regole non sono cambiate. Quindi perché tutta questa agitazione per
un social network tutto sommato piccolo, con solo
190 milioni
di utenti attivi giornalieri in tutto il mondo, contro i due miliardi di
Facebook?
La ragione sta nelle idee controverse di Elon Musk sul tema della libertà di
espressione: poco dopo la notizia dell’offerta di acquisto, Musk ha
dichiarato
di voler comperare Twitter perché ritiene che
“possa essere la piattaforma per la libertà di espressione in tutto il
mondo”
e che intende sbloccare questo potenziale. La sua autodichiarata visione
assolutista
di questa libertà è stata prontamente
interpretata
come un via libera dagli hater, che rivendicano un presunto diritto di
pubblicare su Twitter discorsi di odio contro tutto e tutti sulla base appunto
di questo principio di libertà assoluta di espressione.
Molti utenti, già presi di mira oggi dagli hater, sono così preoccupati
da questo possibile cambio di gestione da aver già deciso di chiudere Twitter
e cancellare i propri account, migrando per esempio ad alternative come
Mastodon, che però non risolvono necessariamente il problema.
Musk, però, ha già
precisato, naturalmente su Twitter, dove ha oltre 90 milioni di follower, che per lui
“libertà di espressione” significa
“semplicemente ciò che corrisponde alla legge”. Che però è quello che
Twitter già fa,
secondo gli esperti. E c’è il problema che le leggi variano da paese a paese. Anche con Elon
Musk al timone, in Europa per esempio Twitter sarebbe comunque
soggetto, come lo è ora, alle normative europee, come la prossima
Legge sui servizi digitali
(Digital Services Act), e sarebbe soggetto alle normative sulla
disinformazione e sulla protezione delle affiliazioni politiche e religiose e
degli orientamenti sessuali.
C’è anche un’altra idea di Elon Musk che preoccupa gli esperti di diritti
digitali: quella di obbligare gli utenti a
verificare
la propria identità. Un obbligo del genere sarebbe paradossalmente contrario
alla libertà d’espressione che Musk dichiara di voler sostenere. Lo
spiega
bene la Electronic Frontier Foundation, un’organizzazione che da anni
si occupa di diritti online.
“Lo pseudonimato -- la gestione di un account su Twitter o su qualsiasi
altra piattaforma con un’identità diversa da quella del nome legale
dell’utente -- è un elemento importante della libertà di espressione.
Pseudonimato e anonimato sono essenziali per proteggere gli utenti che
possono avere opinioni, identità o interessi che non sono allineati con
quelli di chi è al potere.”
I dissidenti politici, per esempio,
“sarebbero in grave pericolo se chi è al potere fosse in grado di scoprire
le loro vere identità”.
Molti utenti comuni non esperti della materia sono favorevoli all’eliminazione
dell’anonimato e all’obbligo di dichiarare la propria vera identità, perché
ritengono che se non ci si potesse nascondere dietro l’anonimato gli utenti si
comporterebbero meglio. Ma la Electronic Frontier Foundation aggiunge,
fornendo fonti, che
“scarseggiano
le prove che obbligare le persone a postare usando i propri nomi ‘veri’ crei
un ambiente più civile, mentre al contrario
abbondano
le prove che questo obbligo possa avere
conseguenze disastrose
per alcuni degli utenti più vulnerabili della piattaforma.”
Insomma, Elon Musk sembra non aver capito bene i termini del problema che ha
deciso di affrontare in maniera così drastica e sembra essersi lanciato in un
pantano etico e giuridico dal quale sarà difficile uscire e che non si risolve
semplicemente buttandogli addosso montagne di soldi.
Però alcune idee interessanti le ha messe sul piatto: per esempio, rendere più
trasparenti gli algoritmi che rendono più o meno visibili i tweet ai vari
utenti, e
dotare
finalmente Twitter di un pulsante di modifica dei tweet, che esiste già in
quasi tutte le altre piattaforme social analoghe e sottopone gli utenti di
Twitter allo strazio tutto particolare dei refusi e degli errori che non si
possono correggere se non eliminando del tutto il tweet sbagliato, facendo
però perdere il filo del discorso a chi legge.
Un’altra idea interessante di Musk è quella di
adottare
la crittografia end-to-end per i messaggi diretti di Twitter (quelli
non visibili agli utenti comuni ma scambiati “privatamente”, si fa per dire,
dagli interlocutori). Oggi questi messaggi non sono protetti, per cui i
dipendenti di Twitter possono leggerli e questo accesso è già stato abusato in
passato,
nota
la Electronic Frontier Foundation.
Per ora, a parte alcuni hater molto seguiti che si sentono galvanizzati
e legittimati a disseminare odio più di prima, non è cambiato nulla su Twitter
e non è il caso di prendere decisioni emotive e fasciarsi la testa prima di
rompersela. Conviene semmai restare vigili per vedere cosa farà in concreto la
gestione Musk, sempre che vada in porto l’acquisto, e intanto magari studiarsi
le procedure per fare un rapido
backup
dei propri tweet e delle proprie
impostazioni di privacy. Non si sa mai.
È lo Star Trek che speravo: quello classico, ottimista e con temi tosti
insieme a tanta avventura. Non dico altro per non spoilerare. Buona visione,
se potete.
Alcune settimane fa un lettore mi ha scritto una mail avvisandomi che il 22
marzo aveva
“partecipato ad un webinar registrato organizzato dal dipartimento di
scienze della comunicazione e dello spettacolo dell'università Cattolica del
Sacro Cuore.”
In questo webinar aveva
“parlato un addetto del garante per la protezione dei dati personali in
merito alle nuove linee guida sui cookie dei siti web valide dal 10 gennaio
2022”
ed erano stati
“mostrati come esempi negativi per la categoria blog il sito
https://attivissimo.blogspot.com/”
e un altro sito di cui tralascio il nome. Secondo il lettore,
“[i]l responsabile dell'evento ha detto che tutti i siti mostrati nelle
slide (60 in tutto) sono stati segnalati. [...] Dato che si parla di multe
che partono dai 6000 euro a crescere in base al numero di visualizzazioni
giornaliere, mi sembrava giusto segnalarlo perché sono un sostenitore di
questo blog.”
Preoccupante. Ma è passato ormai un po’ di tempo, e qui al Maniero Digitale
non sono arrivate né comunicazioni né tanto meno multe da seimila euro da
parte del Garante italiano. La cosa non mi sorprende più di tanto, perché vivo
appunto in Svizzera e il blog viene redatto e gestito da qui, ma vorrei capire
come stanno le cose.
Se questo blog non è conforme, vorrei adeguarlo (e mi piacerebbe sapere come);
se lo è, vorrei sapere chi è che nei convegni pubblici addita questo blog a
torto e chiedergli di non farlo.
Purtroppo il lettore non si ricordava il nome dell’addetto, e non trovo nulla
nel calendario eventi del
dipartimento. Ho chiesto lumi pubblicamente al Garante e sono in attesa di risposta.
Ho due richieste di aiuto:
Qualcuno sa qualcosa di questo evento e/o mi può aiutare a rintracciare l’evento e la
persona e chiarire cosa è stato detto e mostrato esattamente?
Se questo blog ha delle non conformità, quali sono, e come si correggono?
Grazie.
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Cominciamo dalle basi. Le nuove linee guida in questione dovrebbero essere
queste.
Nell’help di Google trovo
queste info, che parlano di una
“Notifica sui cookie nei paesi dell'Unione europea” e precisano che
“[...] Al fine di soddisfare tali requisiti, abbiamo aggiunto la seguente
notifica sul tuo blog: "Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i
propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo
agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle
prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio,
generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali
abusi."”
Io però questa notifica non la vedo quando visito questo blog con un browser
vergine (tipo Browserling.com), e non la vedo nemmeno negli altri blog che
gestisco. Voi la vedete? C’è chi mi
dice di
vederla
come bandina grigia in testa al blog quando lo visita in una sessione anonima
del proprio browser.
In sessione anonima si, lo vedo.
Chiaro che il banner lo metta
Google appoggiandoti sulla loro piattaforma, il problema è che infatti sono
LORO a non ottemperare al GDPR su blogspot. Per esempio, su Youtube hanno
aggiunto anche "reject all"...
pic.twitter.com/f9KXhh03kL
— Walter🐽💔 TRIPUNTURATO 💉 #TeamLetargo (@doomboy)
May 3, 2022
Ho tentato con una VPN, simulando di essere in territorio francese, ed
effettivamente se apro una finestra di navigazione privata il banner mi
compare. Beh, almeno adesso so cosa devo fare per vedere il mio sito come lo
vede un residente UE.
Il banner linka, alle parole “ulteriori informazioni”, la pagina www.blogger.com/go/blogspot-cookies, che descrive in dettaglio in che modo Google utilizza i cookie e i tipi di cookie utilizzati da Google.
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Su suggerimento di un commentatore ho provato a usare
Cookiebot in versione gratuita per sapere quali cookie
vengono usati da questo blog. Cookiebot dice che il blog è “non conforme” e trova (nella scansione base, meno completa di quella della versione a pagamento) 23 cookie di Google, YouTube, Disqus, Livestream.com e Twitter. Nulla che dipenda da me.
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Nota per tutti i commentatori che arrivano con “soluzioni” del tipo “migra tutto il blog a un’altra piattaforma”: per favore, non facciamo come quelli che quando sentono di un problema con Windows propongono “installa Linux”. Grazie.
Oltretutto migrare non servirebbe a nulla: dovrei cancellare questo blog. Perché se questo blog non è conforme e non lo cancello, continua a non essere conforme, anche se smetto di aggiornarlo, e quindi il problema della non conformità, con ipotetica sanzione, non si risolve.
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2022/05/04 11:10. Ho aggiunto all’intestazione del blog la dicitura “Avviso cookie: Questo blog include cookie di Google, YouTube, Disqus e Twitter. Non miei.” Spero che sia sufficiente.
Oggi alle 15.15 italiane ci sarà un videocollegamento di 20 minuti con la
Stazione Spaziale Internazionale per una inflight call con ben due
astronauti ESA: Samantha Cristoforetti, tornata a bordo da poco, e Matthias
Maurer, giunto quasi al termine della propria permanenza sulla Stazione (è
arrivato il 12 novembre 2021). Parleranno con il direttore generale dell’ESA,
Josef Aschbacher, con il direttore dell’agenzia spaziale tedesca DLR, Walther
Pelzer, e con il direttore dell’Agenzia Spaziale Italiana Giorgio
Saccoccia.
Per seguire la inflight call, che sarà interamente in inglese, ci si può collegare al sito della
Web TV ESA oppure
a quello dell’ASI.
È
la prima volta in dieci anni che l’ESA ha in orbita contemporaneamente due
astronauti: era capitato nel 2011 con Paolo Nespoli e Roberto Vittori.
La
foto
qui sopra è stata scattata il 28 aprile scorso, poco dopo l’arrivo di
Samantha, e mostra appunto Samantha Cristoforetti (a sinistra), Bob Hines (in
alto), Kjell Lindgren (a destra), Jessica Watkins (in basso a destra) e Kayla
Barron (in basso a sinistra) che sbucano dalle cuccette nelle quali dormono a
bordo della Stazione.
Nel frattempo, Samantha ha già effettuato due collegamenti come
radioamatore, parlando con gli studenti di due scuole italiane (Istituto Comprensivo 1 Chieti, Abruzzo, 27 aprile, e Istituto Comprensivo Tolfa, Lazio, 30 aprile), con l’aiuto del gruppo ARISS (Amateur Radio on the International Space Station).
Qui sotto potete sentire uno spezzone del collegamento:
Bloomberg is claiming that “Russia Will Quit International Space Station Over Sanctions” in an article dated April 30, 2022. The article states that Dmitri Rogozin, head of Russia’s space program, “said Moscow will pull out of the International Space Station”.
The source for this claim, according to Bloomberg, is Russian “state media”, specifically “an interview with state TV on Saturday” which Bloomberg says has been reported by TASS and Ria Novosti.
However, the English edition of TASS on April 29 quoted Rogozin as saying that “if Russia decided to withdraw from the ISS project,
it would notify its foreign partners about this decision a year in
advance” (emphasis added).
TASS also adds that “Rogozin reiterated that a package of proposals on Russia’s cooperation with
foreign partners on the ISS project after the year of 2024 was sent to
Russian President Vladimir Putin and the country’s government.”
Moreover, another TASS interview with Rogozin, in Russian and dated April 29, 2022, states that “currently there is a decision of the Russian government to extend cooperation with [ISS] partners until 2024”. There is no mention of anything close to “Moscow will pull out of the International Space Station” as claimed by Bloomberg.
At the time of this writing, Bloomberg has not responded to my request for the exact source of the “will quit” statement it attributes to Rogozin.
Unless Bloomberg can provide further evidence, its claim that Rogozin
stated unequivocally that Russia will quit the ISS appears to be
incorrect and is contradicted by other recent statements made by the head of
the Russian space program.