Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2017/07/12
Podcast del Disinformatico del 2017/07/07
È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di venerdì scorso del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!
2017/07/11
Google toglie i fondi all'odio online di Voxnews
Credit: David Puente. |
Voxnews è un sito italiano ricolmo di post razzisti che istigano all’odio e alla violenza. Si finanzia ospitando le pubblicità di Google Adsense e di Amazon. Spara bufale a raffica, come ha segnalato tante volte Bufale un tanto al chilo, e finge di essere obiettivo offrendo persino un servizio di “fact-checking” che in realtà mente spudoratamente. Insomma, una classica fabbrichetta acchiappaclic per fare soldi sulle incazzature dei teppistelli frustrati. Una di quelle i cui post vengono condivisi allegramente da alcuni politici italiani.
Il collega debunker David Puente, che aveva già denunciato alle autorità italiane Voxnews e la galassia di siti collegati nel 2015, ha raccolto ulteriori dati e poi ha segnalato Voxnews a Google, facendo notare che il sito violava le regole di Google sui contenuti delle pagine ospitanti pubblicità Adsense. Risultato: Google ha tolto i banner dei propri clienti da Voxnews.
L’odio online prospera anche perché è un business; vediamo che succede quando il business non funziona più e resta solo il letame ideologico, il cui megafono digitale qualcuno deve pagare di tasca propria. Fanno tutti gli idealisti, ma quando c’è da mettere mano al portafogli stranamente spariscono come gli scarafaggi quando accendi la luce.
Questo risultato non sarebbe stato possibile senza l’iniziativa #Bastabufale della Presidenza della Camera italiana, che ha creato le occasioni per mettere in contatto Puente con i rappresentanti di Google e mettere in chiaro che non è più ora di scherzare. Voxnews, fra l’altro, è proprio uno dei siti di cui Puente ha parlato durante la recente audizione alla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet della Camera dei Deputati.
Se volete saperne di più, leggete le spiegazioni dettagliate di David Puente. Ci siamo sentiti via Twitter poco fa: è contentissimo del risultato e mi ha detto che è “un precedente italiano che dimostra l‘impegno di Google nel contrastare certe realtà”. Speriamo sia uno di una lunga serie: intanto io vado a stappare una buona birra.
Il defunding (definanziamento) di Voxnews è piaciuto anche ai colleghi di Sleeping Giants, che hanno dato risonanza a questo successo anche all’estero.
This is BIG!— Sleeping Giants EU (@slpng_giants_eu) 10 luglio 2017
Italian Blogger @DavidPuente contacted Google: They will remove all ads from vicious hatesite Voxnews. https://t.co/8tSWiB1U5h
2017/07/09
Antibufala mini: decollo Shuttle “visto dalla Stazione Spaziale”
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una anche voi per incoraggiarmi a scrivere ancora.
Sono un po’ stufo di vedere questa foto falsa spacciata per un decollo dello Shuttle ripreso dallo spazio, specificamente dalla Stazione Spaziale Internazionale, per cui la sbufalo rapidamente qui, in modo da avere un riferimento rapido per la prossima volta che mi ricapiterà d’incontrarla.
La foto è questa:
L’effetto sfuocato (tilt-shift) è stato aggiunto e non ha alcun senso logico, dato che se fosse davvero una foto scattata dallo spazio, quindi da grandissima distanza, anche lo sfondo sarebbe a fuoco.
In ogni caso, la foto non è stata scattata dallo spazio, ma da un aereo, specificamente un WB-57F della NASA, in grado di volare ad altissima quota (20 km e oltre), che veniva usato per riprendere e documentare i decolli Shuttle.
La versione originale e integrale dell’immagine (KSC-06PD-2466) è datata 9 settembre 2006 e rappresenta il decollo dello Shuttle Atlantis all’inizio della missione STS-115. La foto è opera di Robert Rivers.
Se vi piacciono le foto di questo genere, ne ho qualcuna per voi (anche su Space.com e APOD).
Fonti: Colorado.edu, Karmadecay, Snopes.com.
English summary: The picture below is often presented as a “view of Space Shuttle Atlantis from the International Space Station”. It wasn’t taken from the ISS, but from a NASA plane. This version is cropped and artificially blurred. The original is shown further below.
Sono un po’ stufo di vedere questa foto falsa spacciata per un decollo dello Shuttle ripreso dallo spazio, specificamente dalla Stazione Spaziale Internazionale, per cui la sbufalo rapidamente qui, in modo da avere un riferimento rapido per la prossima volta che mi ricapiterà d’incontrarla.
La foto è questa:
L’effetto sfuocato (tilt-shift) è stato aggiunto e non ha alcun senso logico, dato che se fosse davvero una foto scattata dallo spazio, quindi da grandissima distanza, anche lo sfondo sarebbe a fuoco.
In ogni caso, la foto non è stata scattata dallo spazio, ma da un aereo, specificamente un WB-57F della NASA, in grado di volare ad altissima quota (20 km e oltre), che veniva usato per riprendere e documentare i decolli Shuttle.
La versione originale e integrale dell’immagine (KSC-06PD-2466) è datata 9 settembre 2006 e rappresenta il decollo dello Shuttle Atlantis all’inizio della missione STS-115. La foto è opera di Robert Rivers.
Se vi piacciono le foto di questo genere, ne ho qualcuna per voi (anche su Space.com e APOD).
Fonti: Colorado.edu, Karmadecay, Snopes.com.
Antibufala mini: la NASA prima di Powerpoint
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La foto qui sotto viene presentata spesso come un esempio emblematico di come la NASA lavorava nel 1971, prima dell’avvento del computer e in particolare di PowerPoint.
Eccone un esempio:
Per fortuna ci sono siti di esperti cacciatori di foto come Hoaxeye.com, che scovano gli originali e ne forniscono la corretta attribuzione: la foto risale all’ottobre del 1957, mentre la NASA fu fondata il 29 luglio 1958.
La foto mostra in realtà dei ricercatori presso la Systems Labs, in California, mentre sviluppano equazioni per le orbite dei satelliti artificiali. L’autore della foto è J. R. Eyerman, secondo i dati di Getty Images.
La foto qui sotto viene presentata spesso come un esempio emblematico di come la NASA lavorava nel 1971, prima dell’avvento del computer e in particolare di PowerPoint.
Eccone un esempio:
NASA before Powerpoint circa 1960s. Photo by J.R Eyerman. pic.twitter.com/hbqDwx3HJT— History in Moments (@historyinmoment) 9 luglio 2017
Per fortuna ci sono siti di esperti cacciatori di foto come Hoaxeye.com, che scovano gli originali e ne forniscono la corretta attribuzione: la foto risale all’ottobre del 1957, mentre la NASA fu fondata il 29 luglio 1958.
La foto mostra in realtà dei ricercatori presso la Systems Labs, in California, mentre sviluppano equazioni per le orbite dei satelliti artificiali. L’autore della foto è J. R. Eyerman, secondo i dati di Getty Images.
Antibufala mini: la foto di Putin attorniato al G20
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una anche voi per incoraggiarmi a scrivere ancora. Ultimo aggiornamento: 2017/07/09 20:50.
Questa foto gira parecchio in Rete, specialmente fra chi vuole usarla per fare commenti politici:
Ma è un falso piuttosto evidente: qui sotto trovate la foto originale. Putin è stato aggiunto.
Cosa interessante di contorno, alla Merkel (in rosso, in alto a sinistra) è stato aggiunto un nastrino molto particolare. E come nota il collega debunker David Puente, anche la dicitura United Kingdom è stata ricreata sostituendola con Russian Federation.
Questa foto gira parecchio in Rete, specialmente fra chi vuole usarla per fare commenti politici:
A Renaissance painting of our age. pic.twitter.com/G0mAYRl9Mz— Has Avrat (@hasavrat) 8 luglio 2017
Ma è un falso piuttosto evidente: qui sotto trovate la foto originale. Putin è stato aggiunto.
Cosa interessante di contorno, alla Merkel (in rosso, in alto a sinistra) è stato aggiunto un nastrino molto particolare. E come nota il collega debunker David Puente, anche la dicitura United Kingdom è stata ricreata sostituendola con Russian Federation.
La prima Tesla Model 3 di serie è pronta: eccola
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una anche voi per incoraggiarmi a scrivere ancora. Pubblicazione iniziale: 2017/07/09 8:41. Ultimo aggiornamento: 2017/07/13 13.30.
Poche ore fa Elon Musk, boss di Tesla, ha mostrato le prime foto della prima Tesla Model 3 uscita dalla linea di produzione.
Altre immagini sono su Imgur, Electrek e Teslarati. Da settimane circolano foto degli esemplari di preproduzione, fotografati in strada (interni compresi), ma queste sono le prime immagini di un modello di serie.
Questo esemplare è stato donato a Musk (più precisamente, Ira Ehrenpreis, membro del consiglio d’amministrazione di Tesla che deteneva il diritto su questo primo veicolo, ha ceduto gratuitamente questo diritto a Musk): le prime 30 consegne a chi si è prenotato sono previste per il 28 luglio e il sito per la configurazione dei modelli prenotati dovrebbe essere aperto al pubblico intorno alla stessa data. Io sono all’incirca il duecentomillesimo della fila: se tutto va bene, potrei riceverla entro fine 2018.
Non credo che sia un’esagerazione dire che il destino delle auto elettriche si gioca su questo modello, il primo concepito come veicolo di massa (finora le altre auto di Tesla e di altri produttori sono state a tiratura limitata), a prezzo abbordabile (35.000 dollari negli USA) e a lunga autonomia (da 345 km in su) con ricarica relativamente rapida per i viaggi molto lunghi (“pieno” in 40 minuti o meno). E come se questo non bastasse, su questo modello si gioca anche la sorte commerciale della guida autonoma e delle auto aggiornabili via software (e con aggiornamenti software e sblocchi hardware vendibili come se fossero app).
Le altre case automobilistiche stanno guardando con molta attenzione Tesla per vedere come diavolo fa a sedurre 400.000 clienti a pagare 1000 euro di anticipo a scatola chiusa, un anno prima che l’auto esista, mentre loro fanno fatica a far entrare la gente nei concessionari, e per capire se siamo davanti all’equivalente a quattro ruote dell’iPhone, destinato a sovvertire il mercato e far emergere un marchio nuovo che travolge gli altri consolidati e genera profitti enormi, o se si tratta di una bolla speculativa ecologico-chic che non può reggere la transizione dalla nicchia alla massa. Tesla lavora tuttora in perdita: l’ultimo suo bilancio annuale era in rosso di quasi novecento milioni di dollari, nota la BBC.
Maggiori informazioni sulla Model 3 e sulle auto elettriche in generale sono nelle FAQ che ho preparato appositamente; Quattroruote ha pubblicato una sintesi della situazione. Per tutto il resto, e soprattutto per conoscere le esperienze di chi ha già un’auto elettrica di Tesla, c'è Teslari.it, il sito del club italofono riconosciuto dalla casa automobilistica di Elon Musk.
2017/07/10. Stanotte è stato pubblicato un video di questa prima Model 3 che fa manovra in un parcheggio Tesla. Si nota qualche dettaglio, come la marca delle gomme, la presenza del tetto vetrato e l’assenza del marchio posteriore che identifica la capacità della batteria, e si scorge qualcosina degli interni, che sembrano quelli già mostrati negli esemplari di preserie (niente strumentazione frontale ma solo un tablet da 15 pollici centrale e orizzontale), ma a parte questo il video è (probabilmente intenzionalmente) reticente e consente di apprezzare le forme generali dell’auto solo di lato. Electrek ha pubblicato una prima analisi.
2017/07/13. Un altro video della stessa scena:
Poche ore fa Elon Musk, boss di Tesla, ha mostrato le prime foto della prima Tesla Model 3 uscita dalla linea di produzione.
First Production Model 3 pic.twitter.com/TCa2NSUNI3— Elon Musk (@elonmusk) 9 luglio 2017
— Elon Musk (@elonmusk) 9 luglio 2017
Altre immagini sono su Imgur, Electrek e Teslarati. Da settimane circolano foto degli esemplari di preproduzione, fotografati in strada (interni compresi), ma queste sono le prime immagini di un modello di serie.
Questo esemplare è stato donato a Musk (più precisamente, Ira Ehrenpreis, membro del consiglio d’amministrazione di Tesla che deteneva il diritto su questo primo veicolo, ha ceduto gratuitamente questo diritto a Musk): le prime 30 consegne a chi si è prenotato sono previste per il 28 luglio e il sito per la configurazione dei modelli prenotati dovrebbe essere aperto al pubblico intorno alla stessa data. Io sono all’incirca il duecentomillesimo della fila: se tutto va bene, potrei riceverla entro fine 2018.
Non credo che sia un’esagerazione dire che il destino delle auto elettriche si gioca su questo modello, il primo concepito come veicolo di massa (finora le altre auto di Tesla e di altri produttori sono state a tiratura limitata), a prezzo abbordabile (35.000 dollari negli USA) e a lunga autonomia (da 345 km in su) con ricarica relativamente rapida per i viaggi molto lunghi (“pieno” in 40 minuti o meno). E come se questo non bastasse, su questo modello si gioca anche la sorte commerciale della guida autonoma e delle auto aggiornabili via software (e con aggiornamenti software e sblocchi hardware vendibili come se fossero app).
Le altre case automobilistiche stanno guardando con molta attenzione Tesla per vedere come diavolo fa a sedurre 400.000 clienti a pagare 1000 euro di anticipo a scatola chiusa, un anno prima che l’auto esista, mentre loro fanno fatica a far entrare la gente nei concessionari, e per capire se siamo davanti all’equivalente a quattro ruote dell’iPhone, destinato a sovvertire il mercato e far emergere un marchio nuovo che travolge gli altri consolidati e genera profitti enormi, o se si tratta di una bolla speculativa ecologico-chic che non può reggere la transizione dalla nicchia alla massa. Tesla lavora tuttora in perdita: l’ultimo suo bilancio annuale era in rosso di quasi novecento milioni di dollari, nota la BBC.
Maggiori informazioni sulla Model 3 e sulle auto elettriche in generale sono nelle FAQ che ho preparato appositamente; Quattroruote ha pubblicato una sintesi della situazione. Per tutto il resto, e soprattutto per conoscere le esperienze di chi ha già un’auto elettrica di Tesla, c'è Teslari.it, il sito del club italofono riconosciuto dalla casa automobilistica di Elon Musk.
2017/07/10. Stanotte è stato pubblicato un video di questa prima Model 3 che fa manovra in un parcheggio Tesla. Si nota qualche dettaglio, come la marca delle gomme, la presenza del tetto vetrato e l’assenza del marchio posteriore che identifica la capacità della batteria, e si scorge qualcosina degli interni, che sembrano quelli già mostrati negli esemplari di preserie (niente strumentazione frontale ma solo un tablet da 15 pollici centrale e orizzontale), ma a parte questo il video è (probabilmente intenzionalmente) reticente e consente di apprezzare le forme generali dell’auto solo di lato. Electrek ha pubblicato una prima analisi.
2017/07/13. Un altro video della stessa scena:
2017/07/08
Buran: gli Shuttle sovietici ripresi di nascosto
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una anche voi per incoraggiarmi a scrivere ancora. Ultimo aggiornamento: 2017/07/11 1:05.
Il ricordo degli Space Shuttle, gli aerei ipersonici orbitali usati dalla NASA per trent’anni per portare gli astronauti nello spazio, cominicia forse ad affievolirsi ora che non volano più. Ancora più tenue, quindi, è il ricordo del fatto che anche i russi avevano un veicolo analogo: la Buran, una copia quasi identica dello Shuttle statunitense, realizzata rubando o copiando i dettagli pubblici del progetto e adattandoli alla tecnologia sovietica. In estrema sintesi, l’Unione Sovietica non aveva bisogno di uno Shuttle, ma siccome gli americani ne stavano fabbricando uno (e dalla forma era chiaro agli esperti che era concepito anche per scopi militari), il governo russo decise di fare altrettanto, migliorando per molti versi il progetto statunitense.
Ma a differenza degli Shuttle americani, che divennero il pilastro portante delle missioni americane, il crollo dell’Unione Sovietica pose fine al costoso progetto Buran dopo il primo volo, effettuato senza equipaggio il 15 novembre 1988. Quel volo, fra l’altro, stabilì il primato per il primo rientro automatico dall’orbita di un aereorazzo riutilizzabile. I sovietici tornarono alle ben più modeste Soyuz tuttora in uso.
Gli altri esemplari della flotta degli Shuttle sovietici furono abbandonati, incompleti, e due di essi sono tuttora custoditi, in condizioni pessime, in un enorme hangar del vastissimo cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan. Un altro esemplare, usato per le prove di planata, ha avuto una sorte migliore e dopo parecchie vicissitudini è oggi custodito con cura al Technik Museum Speyer, in Germania.
Qualche tempo fa avevano fatto il giro del mondo alcune foto di questi cimeli lasciati ad ammuffire, ma c’è chi ha fatto di più: si è introdotto nell’hangar e ha effettuato di nascosto delle riprese video che per gli appassionati di tecnologia spaziale sono una vera chicca storica. È una vergogna che questi gioielli vengano lasciati a rovinarsi in queste condizioni. Buona visione.
Il ricordo degli Space Shuttle, gli aerei ipersonici orbitali usati dalla NASA per trent’anni per portare gli astronauti nello spazio, cominicia forse ad affievolirsi ora che non volano più. Ancora più tenue, quindi, è il ricordo del fatto che anche i russi avevano un veicolo analogo: la Buran, una copia quasi identica dello Shuttle statunitense, realizzata rubando o copiando i dettagli pubblici del progetto e adattandoli alla tecnologia sovietica. In estrema sintesi, l’Unione Sovietica non aveva bisogno di uno Shuttle, ma siccome gli americani ne stavano fabbricando uno (e dalla forma era chiaro agli esperti che era concepito anche per scopi militari), il governo russo decise di fare altrettanto, migliorando per molti versi il progetto statunitense.
Ma a differenza degli Shuttle americani, che divennero il pilastro portante delle missioni americane, il crollo dell’Unione Sovietica pose fine al costoso progetto Buran dopo il primo volo, effettuato senza equipaggio il 15 novembre 1988. Quel volo, fra l’altro, stabilì il primato per il primo rientro automatico dall’orbita di un aereorazzo riutilizzabile. I sovietici tornarono alle ben più modeste Soyuz tuttora in uso.
Gli altri esemplari della flotta degli Shuttle sovietici furono abbandonati, incompleti, e due di essi sono tuttora custoditi, in condizioni pessime, in un enorme hangar del vastissimo cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan. Un altro esemplare, usato per le prove di planata, ha avuto una sorte migliore e dopo parecchie vicissitudini è oggi custodito con cura al Technik Museum Speyer, in Germania.
Qualche tempo fa avevano fatto il giro del mondo alcune foto di questi cimeli lasciati ad ammuffire, ma c’è chi ha fatto di più: si è introdotto nell’hangar e ha effettuato di nascosto delle riprese video che per gli appassionati di tecnologia spaziale sono una vera chicca storica. È una vergogna che questi gioielli vengano lasciati a rovinarsi in queste condizioni. Buona visione.
2017/07/07
Podcast del Disinformatico del 2017/06/30
È ora disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di venerdì 30 giugno del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!
Podcast del Disinformatico del 2017/06/23
È finalmente disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di venerdì 23 giugno del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!
Antibufala: il video delle “scie chimiche” giganti
Molti giornali, anche italiani, hanno pubblicato un video che mostra un aereo dietro il quale si formano delle scie colossali. Il Corriere, per esempio, ha titolato Ecco come si formano le “scie chimiche”: riprese che spiegano tutto, come si vede nel tweet qui accanto (poi ha corretto in Ecco come si formano le scie nel cielo: le immagini girate da vicino).
Ma le “scie chimiche” non c‘entrano nulla: come spiega Metabunk, si tratta di normali scie di condensazione, generate dai motori dell’aereo e rese apparentemente più grandi dalla prospettiva forzata.
Andando alla fonte originale del video, come bisogna sempre fare in questi casi per evitare tagli e manipolazioni e per mantenere intatto il contesto, risulta che non si tratta affatto di una ripresa clandestina o trafugata, ma di una normale osservazione di un Boeing 787 sulla costa orientale della Russia, fatta da un passeggero di un altro aereo di linea, un Boeing 747, che si trovava leggermente più in alto. L’analisi tecnica pubblicata su Metabunk è dettagliatissima e impietosa. E i giornalisti che associano questo bel video alla panzana delle “scie chimiche” fanno solo confusione inutile.
Ma le “scie chimiche” non c‘entrano nulla: come spiega Metabunk, si tratta di normali scie di condensazione, generate dai motori dell’aereo e rese apparentemente più grandi dalla prospettiva forzata.
Andando alla fonte originale del video, come bisogna sempre fare in questi casi per evitare tagli e manipolazioni e per mantenere intatto il contesto, risulta che non si tratta affatto di una ripresa clandestina o trafugata, ma di una normale osservazione di un Boeing 787 sulla costa orientale della Russia, fatta da un passeggero di un altro aereo di linea, un Boeing 747, che si trovava leggermente più in alto. L’analisi tecnica pubblicata su Metabunk è dettagliatissima e impietosa. E i giornalisti che associano questo bel video alla panzana delle “scie chimiche” fanno solo confusione inutile.
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