È disponibile temporaneamente sul sito della Rete Tre della RSI il
podcast
della scorsa puntata del Disinformatico, dedicata all'allarme su Facebook per "Francesca Capone" (con nuovi settaggi di privacy
di Facebook), al
worm di nome "Morto", ai
13 anni di Google Inc., al
caos di Diginotar
che causa aggiornamenti continui e alla
trappola della falsa messa in regola di Windows piratato.
Per quanto riguarda il complottismo undicisettembrino, segnalo che la
Radiotelevisione Svizzera mi ha
intervistato
nella trasmissione Il Quotidiano; inoltre ho completato il montaggio e
la messa online dei video dell'incontro-dibattito di Lugano, che è disponibile
qui. Buona visione, se non vi siete stancati dell'argomento.
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Questi articoli erano stati pubblicati inizialmente sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non sono più disponibili. Vengono ripubblicati qui per mantenerli a disposizione per la consultazione.
Hai piratato Windows? Paga 100 euro e ti metti in
regola... forse
La
fantasia dei malfattori online è inesauribile e spesso gioca sui
sensi di colpa degli utenti. In passato si sono visti attacchi
informatici che si basavano su finte accuse di pirateria di musica o
film; adesso è il turno di Ransom.AN, che colpisce particolarmente
chi ha una copia pirata di Windows. Un disonesto che punisce un
disonesto, insomma.
Secondo la segnalazione di Panda
Security,
Ransom.AN arriva attraverso vari canali, come lo spam o lo
scaricamento di software pirata, e fa comparire una schermata nera
con il logo Microsoft e un perentorio avviso in tedesco secondo il
quale è stata rilevata sul computer una copia abusiva di Windows.
L'illecito, dice l'avviso, può essere sanato pagando 100 euro
tramite carta di credito; in caso contrario partirà una denuncia
alla polizia e verranno cancellati dal computer i dati dell'utente.
Chi
ha la coscienza sporca (e anche chi non è sicuro dello stato della
propria licenza di Windows) abboccherà facilmente alla trappola e
finirà su un sito che sembra legato a Microsoft, immettendovi i dati
della propria carta di credito. I malfattori li useranno per
prelevare ben più di 100 euro e poi manderanno un codice di sblocco.
Se
non abboccate, potete comunque scavalcare la richiesta di codice in
modo semplice: il codice è stato infatti divulgato
da
Panda Security insieme alle istruzioni per rimuovere l'infezione.
Perché ci sono continui aggiornamenti di Firefox
e altri programmi?
Nei
giorni scorsi molti utenti hanno notato una raffica insolita di
aggiornamenti di Chrome, Firefox e Thunderbird. Per quanto irritanti,
non vanno ignorati, perché c'è di mezzo una violazione della
sicurezza di Internet che è arrivata a compromettere quasi tutta la
Rete, toccando anche la CIA, il Mossad israeliano e l'MI6 britannico.
Che
sta succedendo? Come segnalato
nella scorsa puntata del Disinformatico, l'olandese Diginotar,
una certification authority, ossia una delle società
abilitate al rilascio dei certificati digitali (i codici che
garantiscono l'identità dei siti e la sicurezza delle comunicazioni
cifrate su Internet), è stata violata e usata per generare dei
certificati fasulli che consentono al possessore di spacciarsi per
Gmail e per altri servizi di Google, intercettando per esempio il
traffico di e-mail degli utenti.
I
produttori di browser hanno reagito al problema pubblicando un
aggiornamento dei propri prodotti, ma è emerso che la violazione di
sicurezza è più ampia di quanto dichiarato inizialmente. I
certificati contraffatti sono, stando agli ultimi conteggi, oltre 500
e permettono di impersonare Mozilla, Yahoo, Skype, Facebook, Twitter,
il servizio di anonimizzazione Tor e anche Windows Update.
Anche
i certificati digitali dei siti del governo olandese risultano
compromessi, e lo stesso vale per quelli dei siti pubblici di CIA,
Mossad e MI6. Da qui l'assoluta necessità di aggiornare i programmi
che usano questi certificati, revocando ogni accettazione di
qualunque certificato firmato Diginotar.
Non
sembra trattarsi di un attacco effettuato attingendo alle ingenti
risorse tecniche di un governo ostile, come alcuni avevano
teorizzato, perché la tecnica di violazione della Diginotar è stata
assolutamente banale. La società, infatti, aveva password facili,
non aveva un antivirus e non aveva installato gli aggiornamenti del
software, secondo un rapporto
della società di sicurezza Fox-IT.
Non
è finita: l'intruso responsabile dell'incursione si è fatto
vivo dicendo di avere ancora accesso ad altre quattro autorità
di certificazione, per cui il rischio di ulteriori intercettazioni
delle comunicazioni cifrate degli internauti è ancora alto.
Il
sistema dei certificati digitali, che garantisce le transazioni via
Internet dagli anni Novanta, sembra ormai avere il fiato corto e si
pensa a una sua drastica sostituzione. Mozilla non è andata per il
sottile e ha intimato
a tutte le autorità di certificazione usate dai suoi prodotti
(principalmente Firefox e Thunderbird) di certificare entro otto
giorni lo stato di sicurezza dei propri sistemi, avvisando di essere
disposta a "qualunque misura necessaria per garantire la
sicurezza" dei suoi utenti. Prepariamoci, quindi, a
una nuova ondata di aggiornamenti indispensabili e aumentiamo la
vigilanza sulle nostre transazioni online.
Fonti
aggiuntive: ThreatLevel,
The
Register.
L'assegno che fece nascere Google
Sono
già passati tredici anni dal debutto di Google, che ha trasformato
il modo in cui usiamo Internet. Molti utenti non hanno mai visto
com'era la Rete prima dell'avvento di questo motore di ricerca. Ma
com'è nato Google? Con un assegno a una ditta che non esisteva.
È
il 1998. Larry Page e Sergey Brin, studenti all'università di
Stanford, lavorano già da due anni a un motore di ricerca
sperimentale che chiamano inizialmente BackRub (letteramente
"massaggio alla schiena") e poi Google, che è un
gioco di parole sul termine matematico googol che indica il
numero corrispondente a 1 seguito da cento zeri (ma nella Guida
Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams c'era già un
personaggio cibernetico di nome Googleplex).
Faticano, però, a trovare finanziatori per il loro servizio.
Google,
anche se è ancora in versione beta, piace molto agli internauti,
tanto da sovraccaricare la connessione Internet dell'università, e
finalmente attira un investitore speciale: uno dei fondatori della
Sun, Andy Bechtolsheim, che decide di staccare un assegno da 100.000
dollari a favore del progetto a fine agosto del 1998. Solo che
l'assegno è intestato a "Google Inc.", una ditta che Page
e Brin non hanno ancora fondato.
Nessun
problema: il 4 settembre i due studenti, spinti dal bisogno di
trovare il modo d'incassare l'assegno, fondano la Google Inc. in
California, aprono un conto corrente a nome della neonata ditta e vi
versano i soldi di Bechtolsheim. La creazione della società e il
nome prestigioso del primo finanziatore attirano altri investitori, e
il resto è storia. Ma senza quell'assegno a nome di una ditta
fantasma, oggi Internet sarebbe un posto assai diverso.
Fonti:
Google.com,
Wired.
Weekend con il "Morto"
C'erano
una volta i worm, ossia i virus capaci di diffondersi da
soli. Oggi sono diventati rari, un po' perché i sistemi operativi
hanno turato parecchie falle che consentivano ai worm di propagarsi
ma soprattutto perché il crimine informatico preferisce altre
tecniche (come per esempio i trojan).
Ogni
tanto, però, fa capolino uno di questi attacchi vecchio stile.
Stavolta è il turno del worm denominato Morto, che colpisce i
sistemi Windows e si è meritato un livello
di allerta "Grave" da parte di Microsoft. Una volta che
si è insediato in un computer, tenta di raggiungerne altri sulla
sottorete locale per infettarli.
A
differenza dei suoi predecessori, usa un canale di accesso insolito,
il servizio RDP (Remote Desktop Protocol) usato per la connessione
remota di un computer Windows a un altro, e non sfrutta una
vulnerabilità di Windows ma approfitta del fatto che molti utenti
usano password facili e usano il servizio RDP via Internet senza
precauzioni. Morto non fa altro che tentare le password più comuni:
un metodo banale ma efficace, a giudicare dalla propagazione di
quest'attacco.
Morto
è rilevato dai principali antivirus e crea molto traffico sulla
porta TCP 3389. È predisposto per il comando a distanza da parte del
suo creatore e se riesce a entrare in un computer ne disattiva
l'antivirus.
La
miglior difesa, come sempre, è la prevenzione, che comincia dall'uso
di password robuste. L'elenco di password tentate da Morto è
eloquente: se vi trovate la vostra, è decisamente il caso di
cambiarla.
!@#$%
%u%12
*1234
000000
111
1111
111111
123
123123
123321
12345
123456
1234567
12345678
123456789
1234567890
1234qwer
168168
1q2w3e
1qaz2wsx
369
520520
654321
666666
888888
aaa
abc123
abcd1234
admin
admin123
letmein
pass
password
server
test
user
Fonti:
F-Secure,
Eweek,
Threatpost.
Allarme su Facebook per "Francesca Capone"
Sono
arrivate numerose segnalazioni di un allarme circolante su Facebook a
proposito di una “Francesca Capone” che sarebbe pericoloso
accettare come contatto. Ecco un esempio del testo in circolazione:
"URGENTISSIMO!!!
NON ACCETTARE IL CONTATTO: "FRANCESCA CAPONE" DETTA ANCHE
"CHECCA SPAM" PERCHE’ NON E UN UTENTE MA UN VIRUS CHE
FORMATTA IL PC E SE LO ACCETTA ANCHE UNO SOLO DEI TUOI CONTATTI LO
PRENDI ANCHE TU, ED INOLTRE SI APPROPRIERA' DEI VOSTRI DATI PERSONALI
E DI TUTTE LE PASSWORD. FAI COPIA E INCOLLA E INVIALO ANCHE AI NON IN
LINEA FALLO… PREGO INSERIRE NELLE VOSTRE BACHECHE… GRAZIE. P.S.
LA FONTE ARRIVA DAI CARABINIERI."
Niente
panico: il Gruppo
Anti Bufale su Facebook segnala che si tratta della “solita
bufala che gira dal 2007 cambiando il nome”.
Un
appello molto più utile da far circolare riguarda invece le nuove
opzioni di privacy di Facebook. F-Secure
segnala che se andate nelle impostazioni
sulla privacy, potete scegliere se quello che mettete su Facebook
è automaticamente pubblico (leggibile da chiunque, anche non
iscritto a Facebook) oppure visibile solo ai contatti o addirittura
non visibile a nessuno come impostazione predefinita. Questo è molto
utile per evitare errori e imbarazzi rendendo inavvertitamente
pubblico qualcosa di compromettente.
Nella
stessa schermata di impostazioni sulla privacy vale la pena di
cambiare anche l'opzione Funzionamento dei tag - Controllo del
profilo e attivare questo controllo. In questo modo, infatti,
quando vi taggano in una foto o in un post, è necessaria la vostra
approvazione prima che questo contenuto compaia nella vostra bacheca.
Le
foto e i post taggati con il vostro nome compaiono comunque nel
profilo del vostro amico che li pubblica e quindi sono visibili agli
amici comuni, ma perlomeno potete evitare che qualche amico
buontempone faccia comparire nel vostro profilo foto sconvenienti.