Grazie agli appassionati che vigilano sugli
annunci della Federal Aviation Administration
e sugli avvisi
statunitensi
e
messicani
sulle zone di rispetto per la possibile caduta di componenti e detriti, sembra
che la data indicativa prevista per il tentativo di lancio della
Starship di SpaceX sia il 17 aprile. Per il 18 aprile è invece previsto un
lancio del vettore Falcon Heavy, in configurazione non riutilizzabile, per
collocare in orbita sub-geostazionaria un satellite Viasat-3.
Sempre gli appassionati hanno realizzato un video che ricostruisce la
probabile traiettoria della Starship lanciata dal vettore Super Heavy e
permette di sapere in quali zone sarà visibile il suo volo:
In sintesi, la Starship/Super Heavy partirà dalla rampa di lancio di Boca
Chica, in Texas, dirigendosi verso est. Il vettore Super Heavy non tenterà il
ritorno al punto di lancio e si inabisserà nel Golfo del Messico. Se tutto
procede secondo i piani, la Starship proseguirà il volo passando fra le
Bahamas, Cuba e la Florida, per poi attraversare l’Atlantico e la porzione
meridionale dell’Africa.
La sua traiettoria proseguirà sopra l’Oceano Indiano, passando a nord
dell’Australia e sopra l’Indonesia, e si concluderà con un impatto nell’oceano
a nord di Kauai, nelle Isole Hawaii.
Il suo piano orbitale dovrebbe essere 26,36° circa, con un perigeo di circa 50
km e un apogeo imprecisato ma comunque extra-atmosferico, per cui non si
tratta di un volo orbitale in senso stretto.
Gli orari di lancio non sono ancora calcolabili con precisione, ma gli avvisi
parlano di una fascia oraria compresa fra le 12 e le 16 UTC.
I
piani di volo pubblici
degli aerei WB-57 della Nasa, usati molto spesso per ottenere immagini ad alta
quota dei lanci spaziali, avevano in
calendario
(per l’esemplare 927) delle riprese il 10 e 11 aprile, ma è ormai chiaro che
non si riferivano a un lancio della Starship.
La visibilità del volo sarà estremamente limitata, proprio per via della
traiettoria che sorvola principalmente gli oceani; solo chi sta intorno al
Golfo del Messico ha qualche speranza di vedere qualcosa durante il lancio,
mentre gli abitanti dell’Africa meridionale e dell’Australia potrebbero vedere
la Starship in quota, ammesso che rivolga verso la Terra la sua parte
riflettente, visto che è per metà rivestita da tegole termiche molto scure che
riflettono poco la luce, e sorvoli queste zone quando il cielo è buio. Il
rientro sarà invece potenzialmente visibile dalle Hawaii.
Va sottolineato che tutti questi orari e queste date sono puramente
orientative e non ufficiali, e resta ancora da ottenere la licenza di lancio
specifica. È molto probabile che il lancio slitti alla fine di aprile. In ogni
caso, ormai manca poco.
Per colmare l’attesa, ecco qualche foto della Starship in cima al Super Heavy
e un video di SpaceX rilasciato poche ore fa. Tutte le immagini sono state
pubblicate
ad aprile da SpaceX.
Il video mostra un viaggio di una Starship verso Marte, con un accenno di
rifornimento in orbita, che sarà una delle più importanti sfide da vincere
dopo che SpaceX sarà riuscita a completare un volo orbitale terrestre con
questo nuovo veicolo. In realtà un viaggio verso Marte prevede più di un
rifornimento, ma per brevità il video ne mostra uno solo.
È tutto, ovviamente, da prendere con abbondante cautela, perché siamo
lontanissimi dal realizzare quello che si vede alla fine. Ma da qualche parte
bisogna pur cominciare.
---
2023/04/11 22:00. Poco fa SpaceX ha tweetato che il lancio potrebbe avvenire anche la settimana prossima: “first integrated flight test as soon as next week, pending regulatory
approval” ed è comparsa sul sito di SpaceX una pagina che fornisce i dettagli del lancio e un
link allo streaming video su
YouTube.
La pagina conferma che non verranno tentati né un atterraggio verticale della
Starship né una presa al volo del vettore Super Heavy:
“For the first flight test, the team will not attempt a vertical landing of
Starship or a catch of the Super Heavy booster.”
Il programma del lancio è il seguente (i valori indicati non sono orari, ma
tempi del conto alla rovescia):
02:00:00SpaceX Flight Director
Conducts Poll and Verifies Go for Propellant Load
00:00:40Fluid Interfaces Begin their
Ventdown Sequence
00:00:08Raptor Startup Sequence Begins
00:00:00Excitement Guaranteed
00:00:55Max Q (Moment of Peak
Mechanical Stress on the Rocket)
00:02:49Booster Main Engine Cutoff
00:02:52Stage Separation
00:02:57Starship Ignition
Questa è la grafica che accompagna il programma di lancio: va ingrandita parecchio per poterla leggere. Si nota che secondo la grafica lo stadio vettore tenterà di effettuare una accensione dei motori per frenare e tornare verso il punto di lancio (fermandosi però molto prima) e poi una discesa morbida in acqua accendendo i motori. La Starship, invece, sarà in caduta libera, forse in assetto planato.
Pensavo che sarebbe stato un tranquillo lunedì post-pasquale, ma non è andata
così: ho ricevuto da Blogger.com degli avvisi di malware e contenuti sensibili
a proposito di quattro articoli postati sul blog
Undicisettembre, e ci ho perso un
paio d’ore a capirne il senso, per cui racconto qui la vicenda, visto che la
stessa cosa potrebbe capitare ad altri utenti di Blogger.com.
A me e ai coautori di Undicisettembre sono arrivate varie mail da Blogger.com
di questo tenore:
Oggetto: È stata annullata la pubblicazione del post intitolato "World Trade
Center: an interview with doctor Emil Chynn"
Ciao,
Come forse già saprai, le nostre Norme della
community (https://blogger.com/go/contentpolicy) descrivono i limiti di ciò
che consentiamo, e non consentiamo, su Blogger. Abbiamo ricevuto una
richiesta di revisione per il tuo post intitolato "World Trade Center:
intervista con il medico Emil Chynn". Abbiamo stabilito che viola le nostre
norme e abbiamo annullato la pubblicazione dell'URL
http://undicisettembre.blogspot.com/2015/03/world-trade-center-intervista-con-il.html, rendendolo non disponibile per i lettori del blog.
Perché la pubblicazione del tuo post del blog è stata annullata?
I tuoi contenuti hanno violato le nostre norme relative a malware e virus.
Per pubblicare nuovamente il post, aggiorna i contenuti per fare in modo che
aderiscano alle Norme della community di Blogger. Dopo averli aggiornati,
puoi pubblicare nuovamente i contenuti all'indirizzo
https://www.blogger.com/go/appeal-post?blogId=30572427&postId=4534350815789526070.
Questo comporterà una revisione del post.
Per ulteriori informazioni, consulta le seguenti risorse:
Termini di servizio: https://www.blogger.com/go/terms
Norme della community di Blogger: https://blogger.com/go/contentpolicy
Cordiali
saluti,
Il team di Blogger
Il post risaliva a otto anni fa e da allora non era mai stato aggiornato, per cui non era chiaro quale fosse il problema di “malware e virus”. E purtroppo Blogger.com non indica con precisione dove si trovi il problema, per cui rimediare non è intuitivo.
Alla fine, dopo aver spulciato tutto l’HTML del post, ho scoperto che il problema era il link al sito del medico intervistato, il cui nome di dominio era stato probabilmente lasciato scadere dal medico ed era stato rilevato da truffatori, che vi avevano installato del malware. E così un innocuo articolo di intervista a un medico era diventato un articolo che linkava un sito di malware.
Ho rimosso il link e nel giro di pochi minuti è arrivato lo sblocco:
La stessa cosa (segnalazione di “malware e virus”, modifica e reintegro immediato) è successa con la versione italiana dello stesso post e con un altro articolo del 2008 dello stesso blog, nel quale c‘era un link a un sito complottista il cui nome di dominio era probabilmente passato in mani ostili e linkava malware. Anche qui, rimuovendo il link originale e puntando a una copia del sito complottista archiviate su Archive.org nel 2008 la questione di è risolta.
È andata un po’ diversamente con un altro articolo, risalente al 2007, che però non conteneva link diventati pericolosi ed era stato segnalato non per malware ma perché includeva “contenuti sensibili” e quindi era leggibile soltanto dopo aver cliccato su un avviso:
Ciao,
Come forse già saprai, le nostre Norme della
community (https://blogger.com/go/contentpolicy) descrivono i limiti di ciò che consentiamo, e non consentiamo, su Blogger.
Abbiamo ricevuto una richiesta di revisione per il tuo post intitolato "UPS on
the 81st Floor of WTC2?". Questo post sarà preceduto da un messaggio di avviso
per i lettori in quanto include contenuti sensibili; il post è visibile
all'indirizzo
http://undicisettembre.blogspot.com/2007/06/ups-on-81st-floor-of-wtc2.html. I lettori del tuo blog devono confermare di aver preso visione del
messaggio di avviso prima di poter leggere il post/blog.
Applichiamo messaggi di avviso ai post che includono
contenuti sensibili. Se vuoi che lo stato venga rivisto, aggiorna i contenuti
per fare in modo che aderiscano alle Norme della community di Blogger. Dopo
averli aggiornati, puoi pubblicare nuovamente i contenuti all'indirizzo
https://www.blogger.com/go/appeal-post?blogId=30572427&postId=5650836036677339665. Questo comporterà una revisione del post.
Per ulteriori informazioni, consulta le seguenti
risorse:
Termini di servizio:
https://www.blogger.com/go/terms Norme della community di Blogger:
https://blogger.com/go/contentpolicy
Cordiali saluti, Il team di Blogger
Anche in questo caso, Blogger.com non ha specificato quali fossero i “contenuti sensibili”, rendendo difficile risolvere il problema. Erano probabilmente due immagini del World Trade Center in fiamme, ma non lo so per certo, perché mi sono limitato a riformattare l’HTML dell’articolo e ho ricevuto subito una mail di notifica del reintegro del post.
Tutto è bene quel che finisce bene, ma sarebbe gradevole se Blogger.com avesse la cortesia di fornire dettagli invece di limitarsi a dire “in questo post c’è qualcosa che non va”.
Ultimo aggiornamento: 2023/04/13 13:40. L’articolo è stato estesamente
riscritto per tenere conto degli sviluppi della vicenda.
Sta creando comprensibilmente scalpore la notizia che dei dipendenti di Tesla
hanno dichiarato che fra il 2019 e il 2022 alcuni video ripresi dalle
telecamere di bordo di cui sono dotate le auto di questa marca sono stati
fatti circolare per divertimento all’interno dell’azienda, violando le regole
interne di privacy. A seguito di questa notizia, un proprietario statunitense
di una di queste auto ha avviato una class action contro Tesla (RSI.ch).
Le descrizioni dei video fatti circolare dai dipendenti includono per esempio
un uomo che si è avvicinato a una Tesla mentre era completamente nudo,
incidenti, animali, cartelli stradali e immagini riprese all’interno dei
garage degli utenti, che mostrano oggetti intimi. Fra queste immagini c’è
anche la
Lotus Esprit “sommergibile”
usata nel film della serie di James Bond La spia che mi amava del 1977.
Questa famosissima Lotus è oggi di proprietà di Elon Musk.
Nella concitazione di riferire la notizia, la cui fonte originale è un lungo e
dettagliato articolo di
Reuters, molte delle testate che l’hanno riportata hanno tralasciato informazioni
molto importanti e pubblicato notizie tecnicamente scorrette.
Prima di tutto,
le immagini descritte da Reuters provengono dalle telecamere
esterne dei veicoli, non dalla telecamera interna, che è montata sui modelli più recenti per monitorare l’attenzione del
conducente durante la guida assistita, come fanno anche altre marche [Ford, per esempio]. Ma molte
testate giornalistiche hanno scritto erroneamente che si tratta di immagini
“prese all’interno dei veicoli” [ANSA, 2023/11/04, copia permanente, ho
chiesto
spiegazioni pubblicamente] o che
“dentro le auto i conducenti venivano filmati” (La Regione, copia permanente; ho
segnalato
l’errore).
Mi sono procurato e letto anche i
documenti pubblici
della
class action: non contengono alcun riferimento a immagini prese
all’interno dei veicoli.
Il problema, insomma, non riguarda chi sta dentro il veicolo e che
probabilmente come proprietario sa di guidare un’auto dotata di telecamere di
sorveglianza, ma riguarda le persone che passano vicino a un’auto di questo
tipo e che possono essere facilmente inconsapevoli delle sue dotazioni
tecnologiche.
Questi veicoli, infatti, hanno numerose telecamere esterne, poco visibili, che
guardano in tutte le direzioni e sono attive durante la marcia, per consentire
le funzioni di guida assistita e per fungere da
dashcam, e anche durante la sosta, se il conducente ha attivato la cosiddetta
modalità Sentinella
per proteggere l’auto contro furti e vandalismi [funziona].
Una compilation di incidenti e tentativi di furto documentati dalle telecamere perimetrali di veicoli Tesla.
Se vi siete mai avvicinati a una Tesla parcheggiata e avete notato che i suoi
fanali hanno iniziato a lampeggiare, è perché il veicolo aveva attiva la
modalità Sentinella e quindi vi ha avvisato discretamente di avervi visto e
potenzialmente registrato.
Le telecamere esterne (1, 3, 4, 5) di una Tesla Model Y, descritte nel
manuale online: 2 indica i sensori di prossimità ultrasonici; 6 indica il radar.
Una telecamera laterale esterna di una Tesla Model 3. Fonte:
Wikipedia.
Un altro aspetto importante che è stato spesso tralasciato è che
le immagini delle telecamere vengono trasmesse a Tesla e alle aziende che
collaborano con Tesla solo se l’utente dà il proprio consenso. Questo viene detto esplicitamente nell’articolo originale di Reuters [“if a customer agrees to share data”] ed è indicato nell’informativa sul trattamento dati
di Tesla, che specifica che
“È possibile controllare i dati che si condividono toccando Comandi >
Software > Condivisione dati”. Lo stesso vale per la telecamera interna, secondo quanto indicato dal
manuale:
“Per impostazione predefinita, le immagini e i video registrati dalla
telecamera restano all'interno del veicolo e non vengono trasmessi a
nessuno, nemmeno a Tesla,
a meno che non sia stata abilitata la condivisione dei dati”.
Questi video possono essere visti dal proprietario e,
se il proprietario ha dato il consenso, anche dai dipendenti di Tesla e
delle sue affiliate. Se avviene un incidente, le immagini delle telecamere
vengono inviate a Tesla.
[Inoltre l’informativa sulla privacy parla specificamente dei dati delle
telecamere, precisando ancora una volta che è necessario il consenso
opt-in dell’utente:
“In order for camera recordings for fleet learning to be shared with Tesla,
your consent for Data Sharing is required and can be controlled through
the vehicle’s touchscreen at any time. Even if you choose to opt-in, unless we receive the data as a result of a
safety event (a vehicle collision or airbag deployment) — camera recordings
remain anonymous and are not linked to you or your vehicle”. I tipi di dati raccolti da Tesla sono schematizzati bene in
questo articolo di Electrek]
In sintesi: indubbiamente l’articolo di Reuters denuncia una violazione
inaccettabile delle regole di confidenzialità da parte dei dipendenti di Tesla
e rivela una cultura aziendale di disinvolta condivisione interna di queste immagini.
Ma va anche considerato che se uno va in giro nudo e lo fa davanti a un’auto
dotata di telecamere, sua o altri, che lo avvisa della presenza di quelle
telecamere lampeggiando, forse il problema non è soltanto di Tesla.
Più in generale, questa vicenda mette bene in luce un problema di moltissimi
dispositivi connessi a Internet, dagli assistenti vocali alle dashcam alle
telecamere di sorveglianza che salvano le registrazioni nel cloud alle
automobili di qualunque marca che trasmettono dati e immagini ai loro
produttori. Se avete Alexa o Google Home in casa, pezzi delle vostre
conversazioni vengono inviati ad Amazon o Google, rispettivamente, e quindi i dipendenti
possono ascoltare quelle registrazioni. E se possono farlo, conoscendo la
natura umana è probabile che lo faranno e le condivideranno, e non solo per motivi di lavoro.
Per questo da anni si raccomanda agli utenti di questi dispositivi di
chiedersi quali dati vengano raccolti e come sia possibile evitare questa
raccolta, scegliendo prodotti che minimizzano la raccolta di dati o che
permettono all’utente di rifiutarla o limitarla; per questo esistono i Garanti
per la privacy, che spesso vengono visti dall’opinione pubblica come un
pedante ostacolo (come si è visto con la vicenda del cosiddetto “blocco” di ChatGPT in
Italia).
Leggete, una volta tanto, i manuali dei dispositivi connessi che acquistate e
scoprite come si impostano le funzioni di blocco della condivisione dei dati
che non volete far circolare. Farete un favore a voi stessi e agli altri.
[Piccola precisazione personale: ho una Tesla Model S, ma essendo un modello
del 2016 non è dotata di telecamere perimetrali ma solo di telecamere frontali
e posteriori, che non registrano nulla e non inviano nulla a Tesla. Però ho
installato una dashcam che registra costantemente quello che avviene
esternamente; questa telecamera tiene i dati per sé e non li condivide con
nessuno]
È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della
Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso
www.rsi.ch/ildisinformatico
(link diretto) e qui sotto.
Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.
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Teaser
Attenzione a quello che leggete su Twitter: da pochi giorni le spunte blu, che
un tempo indicavano che un utente era autenticato, non vogliono dire più nulla
ed è diventato impossibile capire se un utente ha la spunta blu perché è chi
dice di essere o se è semplicemente un impostore che ha pagato otto dollari
per avere la spunta blu. Attori, sportivi e celebrità stanno boicottando in
massa la proposta di Elon Musk di pagare per usare Twitter, perché la spunta
blu ormai non conta più nulla.
Intanto le foto del Papa, di Putin, Macron, Julian Assange e di tanti altri
nomi di spicco generate dall’intelligenza artificiale hanno ingannato milioni
di persone, per cui è importante conoscere le tecniche per accorgersi di
queste manipolazioni.
Dagli Stati Uniti arriva l’allarme per gli antifurto e apricancello della
Nexx, che sono vulnerabilissimi perché incredibilmente hanno tutti la stessa
password e quindi è banale prendere il controllo dei dispositivi altrui. E infine, due parole sul blocco di ChatGPT in Italia.
Benvenuti alla puntata del 7 aprile 2023 del Disinformatico, il podcast
della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane
dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.
[SIGLA di apertura]
Ribellione su Twitter: quasi nessuno vuole pagare
Ci sono novità importanti per chi ha un account su Twitter o consulta Twitter
per avere informazioni e notizie: è diventato quasi impossibile distinguere
gli account reali da quelli falsi, e quindi bisogna fare molta attenzione a non
cadere nella trappola delle fake news o delle truffe create da account
che fingono di essere fonti autorevoli e ora possono farlo in maniera molto
credibile, perché hanno lo stesso aspetto visivo, con tanto di spunta blu di
apparente autenticazione.
Il problema deriva dalla decisione, presa alcuni mesi fa, di cambiare
radicalmente il significato della spunta blu, quella che per anni è stata
appunto simbolo di autenticazione dell’account e permetteva di sapere che il
tweet che si stava leggendo proveniva da una fonte verificata. Ora non è più
così: chiunque può comprare la spunta blu per pochi dollari al mese,
abbonandosi a Twitter Blue, e non c’è nessuna verifica di identità preliminare
su chi la compra. Eppure chi ha la spunta blu viene presentato da Twitter come
“account verificato”.
Il bello di Twitter, nonostante la sua infestazione da parte di troll,
provocatori, complottisti e altri personaggi poco piacevoli, era che si poteva
comunicare direttamente con le celebrità e si potevano ricevere notizie
attendibili in tempo reale dalle testate giornalistiche di tutto il mondo. I
loro account erano chiaramente distinguibili dai loro imitatori e impostori
grazie alla spunta blu, che veniva assegnata da Twitter soltanto a chi inviava
una scansione di un documento di identità ed era considerato sufficientemente
notorio. Sotto la gestione di Elon Musk questa era sembra ormai essere chiusa
definitivamente.
Infatti Twitter ha annunciato che dal primo di aprile gli account autenticati
avrebbero gradualmente perso la spunta blu se non avessero deciso di pagare un
abbonamento. Ma pochissimi utenti autenticati hanno aderito a questa
richiesta.
Molte testate giornalistiche hanno annunciato che non avrebbero
pagato per la spunta, che per loro non è blu ma è color oro e costa mille
dollari al mese più altri cinquanta al mese per ciascun dipendente affiliato.
Si sono rifiutati per esempio il New York Times, il
Los Angeles Times, il Washington Post, BuzzFeed, Politico e Vox (la Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana, @rsionline, ha ancora la spunta blu gratuita) [ho chiesto ai colleghi; @Rainews, invece, ha la spunta oro; non so se a pagamento o gratis, ho chiesto ma non ho avuto risposta]. La Casa Bianca
ha annunciato che non pagherà per avere la spunta grigia che identifica le
organizzazioni governative.
Ovviamente non è una questione di soldi, ma di significato: la spunta blu adesso
non solo è inutile, perché non autentica più nulla, ma è anche imbarazzante,
perché fa sembrare che sei
“il tipo di persona che pagherebbe otto dollari al mese per sentirsi
speciale”, per citare le
parole
del comico Mike Drucker (se per caso ve lo state chiedendo, la mia spunta blu
è quella originale gratuita; neanch’io ho intenzione di pagare per mantenerla, visto che adesso non significa più nulla).
I
dati raccolti dal ricercatore informatico Travis Brown
parlano molto chiaro: dei circa 420.000 account verificati secondo il vecchio
sistema, quindi appartenenti ai power user che sono la linfa vitale di
qualunque social network, finora solo circa dodicimila hanno pagato: poco più
del tre per cento. E la battuta del comico statunitense Drucker sul pagare per
sentirsi speciale sembra azzeccata: metà degli utenti paganti di Twitter ha
meno di mille follower. In tutto, questi account paganti sono poco meno di
mezzo milione, ossia meno dello 0,2% degli utenti giornalieri totali di
Twitter.
La reazione di Twitter a questo rifiuto collettivo è stata che le spunte blu
autenticate non sono state rimosse in massa come era stato invece annunciato.
Cosa più importante, Twitter ha aggiunto a questo dietrofront una scelta
particolarmente infelice e pericolosa dal punto di vista della sicurezza
informatica: ha disattivato l’avviso che permetteva di distinguere facilmente
gli account realmente autenticati da quelli semplicemente paganti. Dal 3
aprile scorso, infatti, cliccando sulla spunta blu di entrambi i tipi di
account compare un avviso che dice semplicemente che
“Questo account è verificato in quanto è abbonato a Twitter Blue o poiché è
stato verificato secondo i criteri precedenti”.
La nuova dicitura unificata.
Prima, invece, questo avviso specificava se un account era autenticato
oppure a pagamento, usando due diciture differenti.
La dicitura distinta precedente, nel caso di un account realmente autenticato.
La dicitura distinta precedente, nel caso di un account a pagamento.
C’è insomma grande confusione, e il rischio di truffe e inganni è altissimo:
per esempio, per qualche ora l’account di Bill Oakley, una persona che a scopo
dimostrativo ha finto di essere il New York Times su Twitter, ha avuto
un aspetto più attendibile rispetto a quello dell’account vero del giornale:
l’account finto, infatti, aveva la
spunta blu, mentre quello vero no [forse in seguito a un intervento personale di Elon Musk].
L’account finto.
L’account vero.
Cominciano già a comparire account con la spunta blu che fingono di essere
qualcun altro, per esempio a scopo politico o satirico, come “MFA Russia”, che sembra l’account Twitter del Ministero per gli Affari Esteri della
Federazione Russa, con tanto di logo, bandiera e ovviamente spunta blu, ma è
tutt’altro; e Monica Lewinsky (sì, proprio lei) ha
dimostrato
bene l’entità del problema elencando tutti gli account che su Twitter usano il suo nome e
sono oltretutto “verificati” secondo le nuove regole, mentre lei lo è secondo
quelle vecchie e quindi la sua spunta blu è destinata, in teoria, a scomparire.
Al momento esistono solo alcuni
modi piuttosto macchinosi
per capire se un account Twitter è autenticato o è un impostore a pagamento,
per cui è consigliabile semplicemente non fidarsi ciecamente di
nessun account.
Le foto del Papa che indossa un enorme giubbotto e di Donald Trump in fuga dai
poliziotti hanno fatto il giro del mondo e hanno dimostrato la viralità e la
potenza delle immagini generate dai software di intelligenza artificiale come
Midjourney
e DALL-E 2. Ne ho parlato
nella
puntata del 23 marzo 2023, e torno sull’argomento per segnalare le guide preparate da AFP e
FullFact per
aiutare i giornalisti e anche gli utenti comuni a non farsi ingannare da
queste immagini sempre più realistiche.
Il consiglio principale di questi esperti è chiedersi prima di tutto se
l’immagine sia plausibile. Per esempio, è realistico che il presidente
francese Macron si trovi da solo in mezzo a una protesta violenta per le
strade di Parigi, come sembrano mostrare certe
foto?
Il timbro “FAKE” l’ho aggiunto io per non contribuire a diffondere immagini false e per evitare equivoci.
Certo, a volte le fotografie bizzarre e sorprendenti di persone molto
conosciute sono reali, e poi tendiamo a credere alle immagini che confermano
le nostre opinioni, ma come regola generale se un foto sembra troppo bella per
essere vera, ricordiamoci che probabilmente non è vera.
Il secondo consiglio è cercare l’immagine originale, usando le funzioni di
ricerca di immagini di Google o Yandex: questo potrebbe far emergere l’autore
della foto, oppure una versione a maggiore risoluzione che permette un’analisi
più dettagliata oppure ancora un sito che spiega se la foto è falsa o reale.
Queste funzioni di ricerca permettono anche di scoprire se l’immagine è
presente solo sui social network, cosa che la rende molto sospetta, oppure se
è stata pubblicata anche da siti giornalistici autorevoli. Si può inoltre
cercare se esistono altre angolazioni della stessa scena: questo capita spesso
nelle foto reali ed è invece difficile da generare con i software di
intelligenza artificiale.
Anche l’ambientazione può rivelare eventuali falsificazioni. È successo per
esempio con le foto false di Putin che si inginocchia apparentemente davanti a
Xi Jinping, in cui l’arredamento, generato dal software, non corrisponde a
quello del luogo del loro incontro.
Poi ci sono gli errori classici di questi software: le mani distorte o un
numero di dita eccessivo o insufficiente, troppi denti, occhiali e capelli
deformati e asimmetrici, oppure oggetti troncati o distorti, specialmente
sullo sfondo. Nelle foto sintetiche si nota spesso anche che la pelle delle
persone è troppo lucida e uniforme, come se fosse stato applicato un “filtro
bellezza” o qualcosa di simile. Le foto reali, specialmente se scattate con
fotocamere professionali, non hanno questo effetto. Ma i nuovi software di
intelligenza artificiale stanno man mano eliminando questi errori.
Un altro indizio rivelatore è il testo. Le didascalie, le insegne dei negozi o
le scritte sui cartelli, per esempio, vengono generate molto maldestramente
dai software: guardandole bene si nota che sembrano lettere ma non lo sono.
Per notare tutti questi indizi, però, occorre sviluppare un’abilità insolita,
che è quella di non farsi travolgere dall’emotività e non farsi distrarre dal
soggetto principale della foto e invece concentrarsi sull’esame spassionato
dei dettagli. E questa è una cosa che nessuna app può fare per noi. Nel
dubbio, comunque, rimane valida la regola che è meglio non condividere nulla
di cui non si sia assolutamente certi.
Aprire cancelli in tutto il mondo, grazie all’IoT
[CLIP: la combinazione da “Balle spaziali”]
Gli informatici dicono spesso, ridendo, che
“la S nella sigla IoT (quella dell’Internet delle Cose)
sta per ‘sicurezza’”, e quando qualcuno immancabilmente fa notare nella
sigla IoT non c’è la S, rispondono “Appunto”. È un modo umoristico per
sottolineare che troppo spesso nei dispositivi connessi a Internet per la
gestione remota di apparecchi di vario genere la sicurezza è scadente se non
addirittura inesistente.
I toni del CISA, il dipartimento per la sicurezza informatica e delle
infrastrutture degli Stati Uniti, sono stati invece molto meno umoristici
quando questo ente ha
avvisato
pubblicamente che tutti gli apricancello, le porte automatiche e i sistemi di
gestione degli antifurto della marca Nexx, una delle più popolari nel settore [oltre 40.000 dispositivi residenziali e commerciali],
sono incredibilmente vulnerabili.
Tutti questi dispositivi, infatti, hanno una stessa password universale,
facile da trovare, e trasmettono in chiaro, senza alcuna crittografia,
l’indirizzo di mail, l’identificativo del dispositivo e altri dati insieme a
ogni messaggio di apertura o chiusura o programmazione.
In altre parole [come
scrive
Ars Technica], chiunque abbia competenze tecniche anche modeste può frugare nei server
della Nexx, cercare un dato indirizzo di mail associato a un dispositivo che
gli interessa, e poi dare comandi a quel dispositivo, per esempio
disabilitando un antifurto o aprendo la porta di un garage altrui.
L’azienda è stata contattata da Sam Sabetan, il ricercatore di sicurezza che
ha notato queste falle, ma non ha risposto, neanche quando è stata raggiunta
dal Dipartimento per la Sicurezza Nazionale. L’esperto consiglia di scollegare
qualunque dispositivo di questa marca e il CISA raccomanda di isolare i
prodotti Nexx da Internet e dalle reti aziendali, di proteggerli con un
firewall
e di usare una VPN per tutti gli accessi.
Gli errori di progettazione rivelati dal ricercatore sono davvero elementari:
è da incoscienti usare una password identica in tutti i dispositivi di
controllo remoto, perché questo permette a un aggressore di comandare i
dispositivi degli altri, come ha fatto appunto Sam Sabetan in un video per
dimostrare l’entità della falla. Ed è ancora più preoccupante che l’azienda
non si sia finora degnata di rimediare.
Non è il primo caso del suo genere, e quindi resta da chiedersi quanti altri
dispositivi domotici e di controllo remoto, i cosiddetti dispositivi
smart,sono progettati altrettanto maldestramente e non sono ancora stati
scoperti.
Per finire, spendo due parole a proposito di quello che molti hanno definito
impropriamente il blocco di ChatGPT in Italia voluto dal Garante per la
Privacy nazionale. In realtà [come nota per esempio Cybersecurity360.it] è stata OpenAI, l’azienda che gestisce ChatGPT,
ad autosospendere il servizio per gli utenti italiani in attesa di
regolarizzare la propria posizione legale, visto che il Garante italiano le ha
segnalato che non rispettava il regolamento europeo sulla privacy e sul
trattamento dei dati, per esempio dando libero accesso anche ai minori di 13
anni.
[Nota: anche il Canada ha avviato un’istruttoria; Germania, Francia e Irlanda si appresterebbero a seguire l’esempio del Garante italiano, secondo La Regione/Ats/Reuters]
È molto probabile che questa autosospensione cessi presto, quando OpenAI si
metterà in regola. Però nel frattempo molti utenti si sono indignati e si sono
affrettati a tentare di aggirare questa autosospensione, usando software di
VPN e simili per far sembrare di non essere in Italia.
Tuttavia la questione
della privacy dei dati degli utenti, con questi software di intelligenza
artificiale, è seria e fondata: lo sanno bene i dipendenti di Samsung, per
esempio, che hanno subìto una fuga di dati sensibili su progetti industriali
perché hanno immesso in ChatGPT il codice sorgente dei loro software aziendali
per farselo controllare. Ma OpenAI avvisa che quello che si immette può essere
letto dai dipendenti dell’azienda [dalle sue FAQ: “Your conversations may be reviewed by our AI trainers to improve our systems”; informativa sulla privacy].
Se immaginate un medico che carica in ChatGPT un referto per farselo
riassumere o analizzare, con nomi e cognomi, o un ragazzo che si rivolge a
ChatGPT per avere risposte su argomenti delicati come la sessualità e i
rapporti interpersonali pensando che sia uno spazio privato, forse le
motivazioni del Garante diventano più chiare. Anche perché è già stato
segnalato il primo caso documentato di una persona incoraggiata a suicidarsi
da un servizio di chat basato sull’intelligenza artificiale.
ChatGPT e simili sono degli strumenti utili, ma è essenziale conoscerne i
limiti e il reale funzionamento: non sono veramente intelligenti, danno
facilmente suggerimenti falsi o pericolosi, e quello che vi immettete non
resta segreto.
Il nuovo trailer del film Barbie contiene uno scambio di battute che nella versione italiana può lasciare molto perplessi, con questa ripetizione apparentemente senza senso del modo di dire “far fuori” che si scambiano vari personaggi nella scena finale sulla spiaggia, negli ultimi venti secondi del trailer.
- Se non fossi gravemente ferito ti sbatterei fuori dalla spiaggia, Ken.
- Puoi farmi fuori quando vuoi, Ken.
- Se vuoi fare fuori lui devi prima fare fuori me.
- Io vi farei fuori tutti e due insieme.
- Basta, Ken.
- Oh, ci fai fuori tutti e due?
- E allora perché non vediamo co...
- Nessuno deve fare fuori nessuno.
Se vi state chiedendo come mai questi personaggi indugino così tanto sulla questione di chi vada fatto fuori, la ragione è che nell’originale l’intero battibecco è in realtà un gioco di parole a sfondo sessuale, che la traduzione italiana non rende. Non ne faccio una colpa al traduttore; non avrei saputo far di meglio in una situazione disperata del genere.
Se volete saperne di più, ho riesumato il Disinformatico NSFW, che giaceva inutilizzato da anni, per spiegare il tutto. Ovviamente l’articolo completo è sconsigliato ai bigotti e agli animi sensibili.
Oggi sono stati rivelati al pubblico i nomi delle quattro persone che
effettueranno il primo volo umano intorno alla Luna del ventunesimo secolo, a
cinquant’anni dall’ultima missione lunare (Apollo 17, nel 1972): sono
Reid Wiseman, Victor Glover, Christina Koch e Jeremy Hansen.
Da sinistra a destra: Christina Koch, Reid Wiseman (seduto), Victor Glover (in
piedi), e Jeremy Hansen.
I quattro effettueranno la missione Artemis 2, a bordo della capsula
Orion portata dal vettore SLS, probabilmente alla fine del 2024,
raggiungendo le vicinanze della Luna in un viaggio di dieci giorni. Koch sarà
la prima donna a volare intorno alla Luna; Glover sarà la prima persona di
colore a farlo; e Hansen, canadese, sarà il primo non statunitense.
Il video della loro
presentazione pubblica è qui sotto: è già posizionato a 21:05, dopo i discorsi
di rito.
Reid Wiseman sarà il comandante; Victor Glover sarà il pilota; Christina Koch
e Jeremy Hansen saranno specialisti di missione. Tutti tranne Hansen sono già
stati nello spazio una volta, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.
La loro
missione
sarà simile a quella di Apollo 8 nel 1968, il primo volo umano
circumlunare della storia, ma con alcune differenze importanti: mentre
Apollo 8 si avvicinò notevolmente alla Luna con un volo diretto dall’orbita di parcheggio e si inserì in orbita
intorno al satellite naturale della Terra, Artemis II seguirà una traiettoria più complessa, che
la porterà dapprima a compiere un’orbita allungata con perigeo a notevole distanza dalla Terra e poi ad allungare ulteriormente la propria orbita fino a girare una singola volta intorno alla Luna, a una distanza di
circa 10.000 chilometri da essa, ma senza inserirsi in orbita lunare, per poi tornare
spontaneamente verso la Terra senza bisogno di ulteriori accensioni dei suoi
motori principali.
Come si è visto nel volo circumlunare senza equipaggio di Artemis I,
questa missione ci regalerà immagini in diretta di qualità infinitamente
superiore a quelle televisive trasmesse da Borman, Lovell e Anders nel 1968.
Si torna alla Luna. E i complottisti che strillano che è impossibile facciano
una cortesia: stiano zitti.
Ovviamente il Corriere deve dare la sua rituale prova di incapacità.
Informarsi di spazio da certi quotidiani è una totale perdita di tempo.
Probabilmente lo è anche informarsi da loro in generale. Quell’inutile
“tutti americani” causa solo confusione.
---
Chicca: il
Washington Post
racconta un dettaglio piuttosto comico della nomina dei quattro nuovi
astronauti lunari. Siccome la procedura, la nomina e la comunicazione della
nomina agli astronauti vengono gestite nel massimo riserbo fino all’annuncio
pubblico, Wiseman, Koch e Glover sono arrivati tutti con grande ritardo alla
riunione nella quale veniva comunicata loro la nomina prestigiosissima,
semplicemente perché nessuno li aveva avvisati che la riunione serviva per
informarli di questa selezione. Koch ha chiesto se si poteva fare online,
Glover stava finendo un pranzo di lavoro e Wiseman era dal medico e ha spento
il telefono: sulla sua agenda la riunione era segnata come un aggiornamento
riguardante un problema con un veicolo russo in difficoltà.
---
Questi sono i video ufficiali dei quattro astronauti.
La gestione di Twitter sotto Elon Musk sta inanellando una serie di idiozie informatiche davvero straordinarie. L’ultima perla è che da poche ore tutti gli account realmente autenticati (quelli con la spunta blu “vecchia”, ottenibile soltanto mandando un documento d’identità) sono indistinguibili da quelli che hanno semplicemente pagato 8 dollari.
Entrambi, infatti, hanno lo stesso bollino blu. E cliccando sul bollino adesso compare una dicitura in inglese che dice che l’account potrebbe essere autenticato oppure pagante, ma non specifica quale sia il caso effettivo.
Questo è quello che compariva prima cliccando sul bollino di un account autenticato:
E questo è quello che si ottiene nello stesso account adesso:
La dicitura è stata poi tradotta da Twitter anche in italiano: “Questo account è verificato in quanto è abbonato a Twitter Blue o poiché è stato verificato secondo i criteri precedenti”.
Ovviamente questa scelta scellerata facilita enormemente gli impostori e i truffatori. Non fidatevi di nessun account su Twitter senza averlo controllato accuratamente. Se volete sapere come controllarlo, leggete le istruzioni in questo mio articolo che riassume la nuova puntata del Twitterremoto.
È meraviglioso vivere in un’epoca in cui realizzare un’animazione come questa è alla portata degli appassionati. Buona visione, e non andate via prima della fine dei titoli di coda.
Prosegue il Twitterremoto della gestione Musk di Twitter (le altre puntate
della saga:
prima,
seconda,
terza,
quarta).
Dopo la
rimozione dell’autenticazione tramite SMS
per gli utenti non paganti il 19 marzo scorso, l’apertura
di Twitter Blue (la versione a pagamento di questo social network) agli utenti
di tutto il mondo il 23 marzo e la
pubblicazione volontaria
di parte del codice sorgente di Twitter il 31 marzo, arriva una nuova
svolta.
A partire da oggi, primo aprile, dovrebbe iniziare l’eliminazione delle spunte
blu “vecchio stile”, quelle basate su una reale autenticazione. Ne ho una
anch’io e ho deciso di non pagare per la spunta blu nuova per vedere cosa
succede, come ho raccontato in dettaglio
qui.
Per ora (11:00 italiane dell’1/4) la mia spunta blu vintage c’è ancora
e cliccando sulla spunta nell’app compare ancora la dicitura
“Si tratta di un account verificato secondo i criteri precedenti. Potrebbe
essere o non essere notorio.”
Cliccando sulla spunta su Web, invece, l’account viene descritto con le parole
“Questo account è verificato poiché è considerato notorio nella categoria
delle istituzioni, dell’attualità, dello spettacolo o di un altro settore
specifico”.
---
15.00. Nessun cambiamento.
---
2023/04/02 12:00. Nessun cambiamento. Non ho ancora visto o ricevuto
segnalazioni di spunte blu “vecchio stile” rimosse.
Però David Puente
segnala
che il New York Times (55 milioni di follower su Twitter) ha deciso di
non pagare per mantenere la spunta oro conferitagli da Twitter, che gli
costerebbe circa 1000 euro al mese più 50 dollari al mese per ciascun account
affiliato (il prezziario è
qui). Dopo che un utente di Twitter ha segnalato a Elon Musk questa decisione,
l’account @nytimes ha perso la spunta oro.
Il New York Times scrive (paywall; copia d’archivio) che stando a un
documento interno di Twitter, il social network concederà alle 10.000
organizzazioni più seguite e ai 500 inserzionisti pubblicitari più importanti
di mantenere il proprio status di “verificato”. Il giornale aggiunge che dei
7500 dipendenti che Twitter aveva a ottobre 2022, quando è iniziata la
gestione da parte di Elon Musk, ne sono rimasti meno di 2000.
Anche il Los Angeles Times, il Washington Post, BuzzFeed,
Politico e Vox hanno detto che non pagheranno per la spunta blu, riferisce
CNN.
A queste testate giornalistiche fa eco la Casa Bianca, che secondo
Axios, ha deciso che non pagherà per avere la spunta blu di “verifica” (che,
ripeto, in realtà non verifica nulla) sugli account Twitter del personale. Gli
account del presidente e del vicepresidente degli Stati Uniti probabilmente
continueranno ad avere gratuitamente la
spunta grigia
delle organizzazioni ufficiali.
In tutti questi casi, la ragione è sempre la stessa: la spunta blu non indica
più autorevolezza, competenza o credibilità, ma indica semplicemente che
qualcuno ha pagato per abbonarsi.
Infatti cominciano già a spuntare gli account con la spunta blu che fingono di
essere qualcun altro, per esempio a scopo politico o satirico, come
“MFA Russia”, che sembra l’account Twitter del Ministero per gli Affari
Esteri della Federazione Russa o “Russian Embassy in USA”, con tanto di
logo, bandiera e ovviamente spunta blu, ma in realtà è tutt’altro; e c’è anche
l’account Twitter di Gesù Cristo “verificato” (screenshot
qui
grazie ancora a David Puente).
Monica Lewinsky ha dimostrato bene l’entità del problema elencando tutti gli
account che usano il suo nome e sono oltretutto “verificati” secondo le nuove
regole, mentre lei lo è secondo quelle vecchie e quindi la sua spunta blu è
destinata a scomparire.
— Monica Lewinsky (she/her) (@MonicaLewinsky)
March 26, 2023
Fra le tante voci contrarie a questa trasformazione di Twitter segnalo quella
dell’attore William Shatner (il capitano Kirk originale di Star Trek),
che ha
contestato
la rimozione della spunta blu chiamando in causa direttamente Elon Musk e
dicendo che da 15 anni dedica il suo tempo e i suoi pensieri sagaci a Twitter
gratis e ora gli viene chiesto di pagare.
La questione, ovviamente, non è il prezzo, ma il principio: Shatner può
tranquillamente permettersi otto dollari al mese, ma non capisce perché mai
dovrebbe pagare, visto che la sua presenza e quella di tante celebrità con
account autenticati sono ciò che dà valore a Twitter. E in effetti non si
capisce perché dovrebbe pagare per una spunta blu che non vale più nulla e non
autentica più nulla e seppellisce gli account autentici, compresi quelli delle
celebrità, in un mare di omonimi o impostori. Musk ha
risposto
che
“È più una questione di trattare tutti allo stesso modo. Secondo me non ci
dovrebbe essere uno standard differente per le celebrità”.
Ma le parole di Musk sono contraddette dai fatti: Twitter ha una quarantina di
account VIP ai quali offre maggiore visibilità, secondo i documenti ottenuti
da Platformer (paywall parziale): politici, giornalisti, celebrità e anche Elon Musk. Inoltre Musk stesso,
il 28 marzo, ha
dichiarato
che dal 15 aprile solo gli account a pagamento (che insiste a chiamare
“verificati”) potranno comparire nella scheda Per te degli utenti
consigliati e potranno partecipare ai sondaggi; ha poi
precisato
che la scheda Per te includerà anche gli account seguiti dall’utente
oltre agli account suggeriti da seguire.
Secondo
Matt Binder su Mashable, che cita dati raccolti
dal ricercatore Travis Brown, il
50% di tutti gli utenti paganti ha meno di 1000 follower e il 18% ne ha meno
di 100; circa 2000 ne hanno zero. Dei circa 420.000 account che hanno
la spunta blu “classica”, come me, solo circa 6500 pagano oggi un account
Twitter Blue, e gli account paganti in tutto sono poco meno di mezzo milione,
ossia meno dello 0,2% degli utenti giornalieri totali di Twitter (254 milioni)
e quindi fanno incassare a Twitter circa 3,8 milioni di dollari al mese (dati
aggiornati al 28 marzo). Fra l’altro, risulta “pagante” anche chi ha annullato
il proprio abbonamento a Twitter Blue.
Travis Brown mi ha
detto
che dovrebbe pubblicare a breve una analisi degli account verificati “vecchio
stile”, che per ora sembra che le spunte blu non stiano scomparendo e che
persino gli account verificati che si spacciano per qualcun altro subiscano
come unica punizione la scomparsa del display name (nome visualizzato,
diverso dal nome dell’account) e dell’icona del profilo.
---
2023/04/02 16:30. Matt Binder
segnala
che Elon Musk ha tweetato, e poi cancellato, che agli account con la vecchia
spunta blu verrà concessa qualche settimana di tempo, a meno che dichiarino
subito che non intendono pagare, nel qual caso la spunta verrà rimossa (“We'll give them a few weeks grace, unless they tell they won’t pay now, in
which [sic] we will remove it”).
Ho lanciato un rapido sondaggio su Twitter e su Mastodon per sentire cosa ne
pensate: dovrei dichiarare subito la mia intenzione e vedere cosa succede,
oppure tacere e aspettare che la rimozione avvenga tra “qualche settimana”?
Musk ha detto che darà qualche settimana di tolleranza a chi ha la vecchia
spunta blu (come me) ma la toglierà subito a chi dichiara che non intende
pagare per Twitter Blue. Non intendo pagare comunque. Che faccio?
— Paolo Attivissimo (@ildisinformatico@mastodon.uno) (@disinformatico)
April 2, 2023
---
2023/04/02 17:40. Sondaggio concluso: su Twitter, il 53,5% è stato a
favore di dichiarare subito. Su Mastodon questa percentuale è salita al 65%.
Bene, allora avviso Musk. Vediamo che succede.
@elonmusk In
a now-deleted tweet, you said you'd remove legacy blue checkmark with no
grace period for those who tell you now they won't pay.
I won't
pay. Not for a checkmark that claims "verified" when it's not verified at
all and authenticates nothing. Do as you like.
pic.twitter.com/hgYMyuhGKs
— Paolo Attivissimo (@ildisinformatico@mastodon.uno) (@disinformatico)
April 2, 2023
---
2023/04/02 23:15. Adesso la dicitura nell’app è
cambiata
e mette insieme tutti, paganti e vintage, in un bislacco
mix di italiano e inglese:
“Account verificato - This account is verified because it’s subscribed to
Twitter Blue or is a legacy verified account”. Nell’interfaccia Web, invece, c’è ancora la vecchia dicitura.
Ovviamente, come nota
Rachel Tobac, rendere indistinguibili gli utenti paganti e quelli autenticati è una mossa
insensata dal punto di vista della sicurezza, perché facilita enormemente il
lavoro degli impostori, i cui account possono ora essere copie praticamente
perfette di quelli veri.
Ho chiesto direttamente a Musk di togliermi la spunta blu, ma non è servito a
nulla:
@elonmusk
This is ridiculous and a security/impersonation nightmare. Now users can't
tell if someone is legacy authenticated or just a cheap $8 impostor. FFS
remove my blue checkmark and fire the fool who ordered this change.
pic.twitter.com/PME5EXWqVc
— Paolo Attivissimo (@ildisinformatico@mastodon.uno) (@disinformatico)
April 2, 2023
---
2023/04/03 7:30. Sempre Rachel Tobac
segnala
che esistono ancora due modi per distinguere fra utenti paganti e utenti
autenticati. Entrambi sono piuttosto disagevoli e fuori dalla portata
dell’utente medio (se non altro per questioni di tempo necessario): alcune
estensioni per browser permettono di mostrare la distinzione, oppure si può
usare la funzione di ricerca di Twittter con questa stringa:
Se compaiono i tweet, è un account pagante, non autenticato. In alternativa si
può usare il sito Checkblue.
---
2023/04/04 15:20. Secondo le
ricerche e le stime di Travis Brown, gli account realmente verificati (ossia con la spunta blu “vecchia”)
sono circa 408.000. Gli account seguiti dall’account @verified sono
419.119 ma solo 406.915 sono identificati come legacy nell’API.
L’elenco completo degli account legacy è
qui. Sono elencati gli ID numerici (il mio è 7111232), che sono fissi per
ciascun utente e possono essere convertiti nei nomi utente corrispondenti
usando servizi come Tweeterid.com). Brown
dice che le spunte blu rimosse finora sono meno di 60: l’elenco è
qui. L’elenco (non completo) degli account paganti è invece
qui.
Intanto siamo arrivati all’assurdo che l’account di Bill Oakley, una persona
che ha finto a scopo dimostrativo di essere il New York Times su
Twitter, ha avuto un aspetto più attendibile rispetto all’account vero del
giornale: l’account finto,
infatti, aveva la spunta blu, mentre
quello vero no. L’account finto è
stato poi modificato, ma è rimasto in quelle condizioni ingannevoli per molte
ore (dalle
00.46
del 3 aprile fino ad almeno le
8.06
dello stesso giorno): un tempo più che sufficiente per mettere a segno una
truffa o per disseminare una notizia falsa in maniera molto credibile.
---
2023/04/08 21:40. Finalmente ho trovato due utenti che avevano la
spunta blu legacy e l’hanno persa (a quanto pare è successo oggi):
@PeterGleick e
@KHayhoe, entrambi climatologi. La
mia c’è ancora, eppure ho chiesto pubblicamente (anche a Elon Musk) di
perderla.
@elonmusk
This is ridiculous and a security/impersonation nightmare. Now users can't
tell if someone is legacy authenticated or just a cheap $8 impostor. FFS
remove my blue checkmark and fire the fool who ordered this change.
pic.twitter.com/PME5EXWqVc
— Paolo Attivissimo (@ildisinformatico@mastodon.uno) (@disinformatico)
April 2, 2023
@elonmusk
What's the criterion for who loses their legacy blue checkmark first?
@PeterGleick
and
@KHayhoe have
lost theirs, but I still have mine.
I'd really like to lose mine,
so people don't think I'm the kind of person who'd pay $8/mo to feel
special.
— Paolo Attivissimo (@ildisinformatico@mastodon.uno) (@disinformatico)
April 8, 2023
---
2023/04/09 10:20. Ho provato a modificare il mio nome su Twitter da
Paolo Attivissimo (@ildisinformatico@mastodon.uno) a
Paolo Attivissimo | This checkmark is not Blue -->, ma il pulsante
Salva per salvare la modifica non sembra funzionare dopo un cambiamento
di nome. Però funziona dopo una modifica leggermente magrittiana del banner e
un cambiamento della foto del profilo e della bio, per cui ho modificato
questi dettagli per rendere chiaro che non sono un utente pagante. Questo è
l’aspetto attuale del mio profilo.
Intanto Twitter ha disattivato l’accesso alle API gratuite, come
preannunciato, e quindi molti servizi hanno smesso di funzionare. In
particolare gli utenti di Substack hanno
scoperto
che non possono più incorporare tweet nei loro post su Substack e che Twitter
segnala come “pericolosi” i link a Substack. In altre parole, è un corso un
sabotaggio in piena regola da parte di Twitter contro il “rivale” Substack (Punto Informatico).
---
2023/04/10 13:40. Sono passati dieci giorni dal primo aprile e ho
ancora la spunta blu nonostante tutto. Intanto
The Information scrive
(paywall) che Elon Musk ha interrotto la sua soppressione dei tweet che
includevano la parola “Substack” o link a siti ospitati da Substack,
come indicato anche da un
tweet di Substack.
---
2023/04/11 9:00.Slatesegnala
che la società Twitter, Inc., che gestiva Twitter, è stata assorbita dalla X
Corp. e non esiste più.
Intanto la mia spunta blu legacy è ancora al suo posto e non ho visto
segnalazioni di utenti che l’abbiano persa.
---
2023/04/12 17:40. NPR, la prestigiosa rete radiofonica pubblica
statunitense, ha deciso di lasciare Twitter, sospendendo qualunque ulteriore
pubblicazione di tweet nei suoi account (quello primario ha quasi 9 milioni di
follower). È la prima organizzazione giornalistica di grande spicco a cessare
le pubblicazioni su Twitter. NPR ha spiegato la sua decisione in un
articolo
che attribuisce la sospensione al fatto che Twitter, sotto la gestione di Elon
Musk, ha deciso di etichettare NPR come “state-affiliated media”, ossia
“lo stesso termine che usa per le emittenti di propaganda in Russia, Cina e
altri paesi autocratici”, come dice l’articolo.
Twitter ha poi cambiato l’etichetta in “government-funded media”, che
però non è esatto ed è ingannevole, perché NPR è una società privata
nonprofit indipendente. Probabilmente NPR è esasperata, come tanti, dai
continui stravolgimenti di Twitter e quindi l’etichettatura è stata la
proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso. Secondo l’articolo,
Twitter non è una grande perdita per NPR; che ha molto più engagement o
click-through da Facebook e YouTube.
---
2023/04/15 15:00. La mia spunta blu c’è ancora. Elon Musk ha
dichiarato su Twitter
che la scadenza finale è il 20 aprile (“Final date for removing legacy Blue checks is 4/20”). Staremo a vedere.
Intanto
Bloomberg
(paywall) il 12 aprile scorso ha segnalato che anche l’emittente televisiva
statunitense PBS ha sospeso le proprie attività su Twitter perché è stata
etichettata come “finanziata dal governo”, cosa che insinua un
controllo editoriale governativo. Ma sia PBS sia NPR ricevono dai contribuenti
solo una piccola parte dei loro introiti, mentre altre emittenti commerciali
ricevono molti più contributi statali, nota
BoingBoing.
Il 13 aprile Elon Musk ha
rilanciato
la funzione Subscriptions, che consente (e consentiva già dal 2021, con
il nome di Super Follow) di pubblicare tweet (anche molto lunghi) che
vengono visti soltanto dagli utenti di Twitter che pagano un supplemento (da 3
a 10 dollari al mese) che Twitter gira al creatore dei tweet. Musk ha scritto
che per i primi 12 mesi Twitter non prenderà commissioni su questi abbonamenti
(Engadget).
---
2023/04/16. È iniziata la disattivazione dell’API gratuita. Gli aggiornamenti alla vicenda sono nella sesta puntata.