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Se avete acquistato una “smart TV”, vi siete mai fermati a leggere le sue condizioni di gestione dei vostri dati personali? Probabilmente no. Probabilmente non immaginavate neanche che un televisore avesse delle condizioni del genere.
Ma le ha, e sono sorprendentemente invadenti e soprattutto vengono cambiate unilateralmente. In pratica, se comprate una “smart TV”, pagate per farvi schedare e spiare: quello che dite mentre il televisore è acceso verrà registrato. Non dai criminali informatici, ma dai produttori di questi dispositivi.
È un problema segnalato da varie fonti, come
Techdirt e
Salon, i cui esperti si sono presi la briga di leggere le tediosissime pagine informative sulla privacy che accompagnano questi e altri dispositivi “smart”. Per esempio, l'
informativa generale di Samsung dice che Samsung
“usa tecnologie... che consentono di sapere quando avete visto uno specifico contenuto o una specifica mail” e registra
“le app che usate, i siti Web che visitate, e come interagite con i contenuti.”
Non è finita. La seguente perla è presente in
questo documento sulla privacy di Samsung (link breve:
tinyurl.com/tv-pettegola;
versione italiana), specifico per le Smart TV:
“Siete pregati di tenere presente che se le vostre parole pronunciate includono informazioni personali o altre informazioni sensibili, tali informazioni faranno parte dei dati catturati e trasmessi a terzi tramite il vostro uso del Riconoscimento Vocale.”
In pratica, se usate le funzioni di riconoscimento vocale incorporate nelle “smart TV”, state attenti a quello che dite quando siete davanti alla TV accesa, perché il riconoscimento non viene effettuato localmente, sul televisore: quello che dite viene trasmesso via Internet a
“terzi” (imprecisati; forse Nuance, secondo
questo manuale Samsung, pagina 222), che lo analizzano e convertono al volo in comandi.
Come se tutto questo non bastasse, i fabbricanti delle “smart TV” possono cambiare le proprie regole di gestione dei dati personali dopo che avete acquistato l'apparecchio:
Techdirt riferisce che LG, per esempio, ha inviato a maggio 2014 un aggiornamento software ad alcune sue “smart TV” che conteneva una modifica di questo genere. L'utente si è trovato obbligato a scegliere fra perdere le funzioni “smart” regolarmente pagate all'acquisto, e quindi trovarsi con un televisore menomato, e consegnare a LG e ai soliti
“terzi” (sempre imprecisati) una quantità esagerata di dati personali, comprese
“le parole usate per cercare contenuti, i dettagli delle azioni compiute durante la visione (per esempio riproduzione, stop, pausa, eccetera), la durata di visione del contenuto”.
Se a qualcuno tutto questo fa venire in mente
1984 di Orwell, non è il solo, ma ci sono differenze importanti: nella realtà siamo
noi a pagare per farci mettere in casa il teleschermo che
ci cataloga, ci scheda e ci timbra, e la sorveglianza non è imposta da un governo totalitario, ma viene spinta di soppiatto dai social network e dalle agenzie pubblicitarie. E noi la abbracciamo felici. Neppure Orwell era riuscito a immaginare un futuro così.
Soluzioni? Ce ne sono poche, per ora: non comperare una “smart TV” ma un televisore normale; comperarla ma non collegarla a Internet o filtrarne la connessione e perdere così la maggior parte delle sue funzioni; oppure andare nelle impostazioni della TV e rifiutare di attivare il riconoscimento facciale e vocale. Più in generale, è opportuno far conoscere l'esistenza del
problema.
Aggiornamento (2015/02/20): Samsung ha
dichiarato che cambierà la formulazione del documento sulla privacy per chiarire meglio cosa viene ascoltato, registrato e trasmesso; inoltre ha indicato che i
“terzi” ai quali invia i dati acquisiti sono in questo momento la società Nuance Communications. Al momento, tuttavia, la formulazione pubblicata
qui e
qui è invariata.