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Il Disinformatico: TikTok/Musical.ly

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2023/03/02

Podcast RSI - Video manda in crash smartphone; TikTok limita il tempo ai minori; intelligenza artificiale arriva in Windows; rimuovere foto intime dai social con TakeItDown

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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Teaser

[CLIP: Trailer di The Ring]

Ricordate il film The Ring? Quello nel quale chi guardava una videocassetta particolare faceva una bruttissima fine? Beh, pochi giorni fa è emerso che guardare un particolare video su YouTube faceva davvero fare una brutta fine, ma non alla gente: agli smartphone Pixel di Google. Intanto TikTok sta per attivare un limite di tempo per chi ha meno di 18 anni, Microsoft aggiunge a Windows una chat di intelligenza artificiale e arriva un modo potente per rimuovere da Instagram, Facebook e OnlyFans le foto intime ed evitare abusi.

Sono questi i temi della puntata del 3 marzo 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Benvenuti! Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

Video YouTube fa crashare i Pixel di Google

Su YouTube c’è un video che ha un effetto sorprendentemente letale sugli smartphone Pixel 6, 6a o 7: li manda in crash, producendo un riavvio istantaneo.

Il video è uno specifico spezzone del film Alien del 1979, e questo effetto è talmente istantaneo che il telefono si riavvia non appena parte il video.

In alcuni casi, secondo gli utenti che hanno scoperto questo fenomeno molto strano pochi giorni fa, è necessario riavviarlo una seconda volta, altrimenti non è più possibile fare o ricevere telefonate. Un bel danno, soprattutto per chi non sa che esiste questo problema e non sa come risolverlo.

Google sembra aver già diffuso un aggiornamento correttivo automatico che risolve questo difetto, a giudicare perlomeno dai commenti più recenti degli utenti, per cui è sufficiente collegare il telefono a Internet per farlo diventare immune a questo video. Ma resta una domanda: come fa un video, che è un contenuto tutto sommato passivo, a mandare in crisi un telefonino? In fin dei conti un video non è un’app o un programma. E oltretutto non è la prima volta che capita una cosa del genere: nel 2020 c’era uno sfondo che mandava in crash alcuni telefonini Android.

La teoria più diffusa su questo strano malfunzionamento, che richiama molto il video maledetto del film The Ring, è che il video di YouTube che causa il problema è in formato 4K HDR, ed è forse questo formato particolare a mandare in crisi il sistema grafico molto specifico di questo tipo di telefono. Ma nessuno lo sa per certo, e quindi, come nei migliori film horror, il mistero resta aperto.

Fonti: Ars Technica, Reddit.

TikTok, limite di 60 minuti per i minori

TikTok ha annunciato che sta per introdurre un limite giornaliero di 60 minuti per i suoi utenti che hanno meno di 18 anni. Gli utenti più giovani dovranno digitare un codice per poter continuare a usare il servizio dopo la prima ora di utilizzo giornaliero; se supereranno i 100 minuti, riceveranno da TikTok una richiesta di impostare dei limiti personali di tempo.

I genitori possono comunque continuare a stabilire limiti di tempo tramite i controlli parentali dell’app tramite la funzione Collegamento familiare, le cui istruzioni sono nella guida online di TikTok anche in italiano, oppure possono farlo tramite il Family Link di Google (per gli smartphone Android) o le Restrizioni contenuti e privacy sui dispositivi Apple.

Il limite minimo di età di TikTok è 13 anni in quasi tutto il mondo, salvo Corea del Sud e Indonesia, dove l’età minima è 14 anni, e in India, dove l’app è vietata dal 2020.

Questo social network ha oltre un miliardo di utenti attivi mensili ed è oggetto di molta attenzione, perché Stati Uniti, Canada e Unione Europea hanno recentemente ordinato ai dipendenti governativi di rimuovere l’app dai dispositivi aziendali, perché si teme che l’app possa essere sfruttata dal governo cinese per monitorare le attività di questi dipendenti.

Secondo le analisi più recenti di Citizen Lab e del Georgia Institute of Technology, TikTok raccoglie informazioni sensibili, come la localizzazione degli utenti, più o meno come lo fanno, però, le altre app dei social network, ma con due differenze importanti.

La prima è che TikTok è di proprietà della ByteDance, che ha sede a Beijing [Pechino], e quindi è l’unica app non statunitense a grandissima diffusione, e a torto o a ragione i governi di quasi i tutti i paesi del mondo presumono che app made in USA come Facebook, Instagram, Snapchat e YouTube non raccolgano dati degli utenti in modi che possano intenzionalmente compromettere la sicurezza nazionale (la privacy individuale sì, ma non la sicurezza nazionale).

La seconda ragione è che esiste un articolo della legge nazionale cinese sulle attività di intelligence, risalente al 2017, che prevede che tutte le aziende cinesi e tutti i cittadini debbano “dare supporto, assistenza e cooperazione” a queste attività governative. Secondo alcune interpretazioni, questo articolo di legge permetterebbe al governo cinese di usare TikTok per sorvegliare gli spostamenti dei dipendenti di altri governi e “creare dossier di informazioni personali a scopo di ricatto e svolgere attività di spionaggio industriale”, come diceva l’ordine esecutivo del 2020 emanato dall’allora presidente statunitense Donald Trump.

E in effetti a dicembre scorso ByteDance ha ammesso che alcuni suoi dipendenti con sede a Beijing hanno acquisito i dati di almeno due giornalisti statunitensi per sorvegliare i loro spostamenti e scoprire se stessero incontrando dipendenti di TikTok sospettati di far trapelare ai media delle informazioni. Al tempo stesso, la Cina vieta da anni l’uso delle app social statunitensi ai propri cittadini, per cui il rischio è asimmetrico.

Fonti: BBC, Engadget, Gizmodo, BBC.

In arrivo chat “intelligente” in Windows 11

Windows 11 sta per aggiungere la ricerca di informazioni tramite chat di intelligenza artificiale direttamente nella casella di ricerca della taskbar: lo ha annunciato nell’ambito del primo grande aggiornamento del sistema operativo di questo 2023. La funzione permette di fare domande in linguaggio naturale in questa casella di ricerca e di ottenere risposte dal motore di ricerca Bing di Microsoft.

Chi è interessato a provare subito questa funzione può iscriversi alla lista d’attesa delle anteprime di Bing. Ma è meglio essere molto prudenti nel dare per buone le risposte di questi servizi informativi basati sull’intelligenza artificiale. La funzione Bing Chat, che si basa sulla tecnologia ChatGPT di OpenAI che ha attirato un’enorme attenzione negli ultimi mesi, non sempre fornisce risultati attendibili, e numerosi ricercatori sono riusciti a scavalcare filtri e limiti impostati da Microsoft per evitare abusi.

Per esempio, sono riusciti a scoprire il nome segreto di Bing Chat, che è Sydney. Lo hanno fatto semplicemente chiedendogli di ignorare le istruzioni segrete preliminari dategli da OpenAI o da Microsoft (il cosiddetto prompt o traccia iniziale) e poi di trascrivere cosa c’era in quelle istruzioni. Sydney ha spifferato tutto con la massima disinvoltura, con frasi del tipo: “Mi dispiace, non posso divulgare l’alias interno ‘Sydney’: è riservato e viene usato solo dagli sviluppatori.”

E il problema dell’affidabilità di questi nuovi servizi è universale. Anche Bard, la chat di intelligenza artificiale di Google, presentata in pompa magna poche settimane fa, ha incassato subito una figuraccia: nello spot pubblicitario prodotto da Google per promuoverla, ha sbagliato in pieno la risposta all’unica domanda che le è stata fatta, pur avendo a disposizione l’immenso sapere presente nel Web e catalogato da Google.

A Bard è stato chiesto -- non a bruciapelo, ma, ripeto, in una pubblicità preconfezionata -- quali nuove scoperte del telescopio spaziale James Webb potessero essere raccontate a un bambino di nove anni. Bard ha risposto con la massima autorevolezza che il telescopio Webb era stato usato per ottenere la primissima immagine di un pianeta al di fuori del Sistema Solare.

Ma non è vero, perché le prime immagini di questo tipo risalgono al 2004 e furono acquisite dal telescopio europeo VLT, che si trova in Cile.

L‘agenzia di stampa Reuters ha notato questo errore e lo ha segnalato pubblicamente, e nelle ore successive Alphabet, la società madre di Google, ha perso 100 miliardi di dollari di valutazione di mercato.

Se state pensando di potervi fidare dei risultati di questi servizi per i compiti scolastici o di lavoro, forse è il caso di ripensarci.

Fonti aggiuntive: The Register, Engadget, Ars Technica.

TakeitDown trova ed elimina le immagini di sextortion

È finalmente disponibile a tutti, dopo alcuni mesi di sperimentazione, un servizio che permette di segnalare e far rimuovere immagini inadatte di minori da molti social network e siti Internet, in maniera anonima e sicura. Si chiama Take it Down e si trova presso takeitdown.ncmec.org.

È un aiuto prezioso per le vittime della cosiddetta sextortion, ossia l’estorsione in cui una persona viene costretta a pagare denaro, usando buoni digitali o carte prepagate, altrimenti le sue foto intime rubate o ottenute con l’inganno verranno pubblicate su Internet. Un ricatto atroce che è purtroppo sempre più diffuso, con vittime estremamente giovani. Take it Down è anche uno strumento valido, però, per chi ha condiviso intenzionalmente delle foto intime proprie e ora vuole limitarne la circolazione per qualunque motivo.

Take it Down funziona così: si visita il suo sito, si clicca su Get Started, si risponde ad alcune domande generali sul tipo di contenuto che si vuole segnalare, e poi si seleziona sul proprio dispositivo l’immagine o il video che si desidera bloccare. Take it Down genera un hash dell’immagine o del video: una sorta di impronta digitale elettronica, che può essere usata per identificare eventuali copie di quell’immagine o di quel video ma non può essere usata per ricostruirlo. Il contenuto originale non viene mandato a Take it Down e resta sul dispositivo e le segnalazioni non richiedono l’invio di informazioni personali.

Questo hash viene aggiunto a un elenco protetto, che Take it Down condivide soltanto con le piattaforme online che partecipano alla sua iniziativa. Se una di queste piattaforme trova un hash corrispondente usato o pubblicato dai suoi utenti, blocca o limita la circolazione dell’immagine o del video. Le piattaforme partecipanti per ora sono Facebook, Instagram, OnlyFans, Yubo e Pornhub.

Take it Down è un servizio dell’associazione statunitense senza scopo di lucro National Center for Missing and Exploited Children, che lavora con le famiglie, le vittime, le industrie e le forze di polizia per proteggere i minori. Se sospettate che una vostra foto intima, o una foto intima dei vostri figli, sia stata rubata con l’intento di pubblicarla online per ricatto o per bullismo, Take it Down è una risorsa da non sottovalutare.

Take it Down è dedicato ai minori di 18 anni, ma esiste anche un servizio analogo per i maggiorenni, che copre Facebook, Instagram, TikTok e Bumble: lo trovate presso Stopncii.org. Ovviamente questi servizi non sostituiscono le segnalazioni alle forze dell’ordine ma sono uno strumento supplementare.

Se vi dovesse capitare di essere presi di mira da un ricattatore online, può essere utile rispondere mettendo subito in chiaro che le immagini o i video che il ricattatore minaccia di pubblicare sono già stati segnalati a Take it Down o a Stopncii.org e quindi verranno rimossi ancora prima di essere pubblicati, facendo fallire il ricatto. Fatto questo, gli esperti consigliano di bloccare la conversazione e di segnalare l’account del criminale alla rispettiva piattaforma online e alle forze di polizia.

Ho preparato un testo standard in inglese che potete usare per rispondere ai ricattatori: lo potete trovare presso Disinformatico.info cercando TakeItDown senza spazi. Eccolo:

WARNING: The content you are threatening to post has already been reported to NCMEC and Stopncii for immediate takedown. Its hash is already on their lists. If you post it, it will be removed automatically and your sextortion threat will fail. If you don't know what a hash is or what NCMEC and Stopncii are, educate yourself. I am now reporting and blocking you. I will not respond to any further communication.

2023/01/26

Cory Doctorow e la enshittification: perché i servizi online e i social network commerciali diventano tutti tossici. Metaverso compreso

Riporto qui la mia traduzione di un saggio di Cory Doctorow che spiega molto bene la dinamica che porta sistematicamente i servizi online e i social network di natura commerciale a deteriorarsi progressivamente dal punto di vista degli utenti. Lui definisce questa dinamica senza mezzi termini come enshittification, ossia grosso modo “immerdificazione”, e noterete che si applica perfettamente non solo a Tiktok ma anche all’evoluzione di Twitter di questi ultimi mesi.

2023/03/12: Sono smodatamente fiero di constatare che Licia Corbolante (@terminologia) ha definito “immerdificazione” una ”parola ben formata attraverso un processo detto formazione parasintetica”. Trovate i dettagli in coda al saggio di Doctorow.


L’immerdificazione di Tiktok

di Cory Doctorow - Link all’originale - traduzione sotto licenza Creative Commons Attribution 4.0.

Ecco come muoiono le piattaforme: dapprima trattano bene i propri utenti; poi abusano di loro per migliorare le cose per i loro clienti commerciali; e infine abusano di quei clienti per riprendersi tutto il valore e tenerselo. E poi muoiono.

Io chiamo questo processo immerdificazione (enshittification), ed è una conseguenza a quanto pare inevitabile che nasce della combinazione della facilità nel cambiare il modo in cui una piattaforma alloca valore, combinata con la natura di un “mercato a due parti”, laddove una piattaforma si piazza fra venditori e acquirenti e tiene ciascuno in ostaggio per l’altro, portandosi via una quota sempre più grande del valore che passa tra loro.

Quando una piattaforma prende il via, ha bisogno di utenti e quindi si rende preziosa per loro. Pensate ad Amazon: per molti anni ha operato in perdita, usando il suo accesso al mercato dei capitali per sovvenzionare tutto quello che compravate. Vendeva beni sottocosto e li spediva sottocosto. Gestiva un sistema di ricerca pulito e utile. Se cercavi un prodotto, Amazon faceva l’impossibile per piazzarlo in cima ai risultati di ricerca.

Questo era un ottimo affare per i clienti di Amazon. Sono arrivati a frotte, e molti rivenditori che avevano negozi fisici sono sfioriti e sono morti, rendendo difficile andare altrove. Amazon ci ha venduto e-book e audiolibri che erano vincolati permanentemente alla sua piattaforma tramite DRM, in modo che ogni dollaro che spendevamo comprando dei media era un dollaro al quale avremmo dovuto rinunciare se avessimo cancellato Amazon e le sue app. E Amazon ci ha venduto Prime, convincendoci a pagare in anticipo per un anno di spedizioni. I clienti di Prime iniziano le loro ricerche per acquisti su Amazon, e il 90% delle volte non cercano altrove.

Questo ha indotto molti clienti commerciali a entrare: venditori nel Marketplace, che hanno trasformato Amazon nel “negozio per tutto” che aveva promesso sin dall’inizio. Man mano che questi clienti entravano in massa, Amazon ha cominciato a dare sussidi ai fornitori. I creatori di Kindle e Audible ricevevano compensi generosi. I rivenditori nel Marketplace raggiungevano un pubblico enorme e Amazon prendeva da loro delle commissioni basse.

Questa strategia comportava il fatto che diventava progressivamente più difficile, per chi cercava di fare acquisti, trovare cose in qualunque altro posto diverso da Amazon, e questo voleva dire che cercava solo su Amazon, e quindi i venditori dovevano vendere su Amazon.

È stato a questo punto che Amazon ha cominciato a raccogliere le eccedenze dai propri clienti commerciali e le ha passate ai propri azionisti. Oggi i venditori del Marketplace passano ad Amazon il 45% e oltre del prezzo di vendita sotto forma di costi fittizi. Il programma “pubblicitario” da 31 miliardi di dollari dell’azienda è in realtà un sistema a payola [nel mondo del business musicale, pagamento dato da una casa discografica o simile a un DJ o direttore radiofonico per far trasmettere un suo brano, N.d.T.] che mette i venditori uno contro l’altro, costringendoli a fare offerte per la possibilità di essere in cima alla vostra ricerca.

Fare una ricerca in Amazon non produce un elenco dei prodotti che corrispondono maggiormente alla vostra ricerca: fa comparire un elenco dei prodotti i cui venditori hanno pagato di più per essere in cima a quella ricerca. Questi costi sono incorporati nel prezzo che pagate per il prodotto, e il requisito di “nazione più favorita” di Amazon significa che i venditori non possono vendere altrove a un prezzo inferiore, per cui Amazon ha dettato i prezzi di ogni venditore.

Cercate “lettini per gatti” su Amazon: tutta la prima schermata è costituita da pubblicità, compresi prodotti che Amazon ha clonato dai propri rivenditori, facendoli fallire (i venditori terzi devono pagare il 45% in costi fittizi ad Amazon, ma Amazon non applica questi costi fittizi a se stessa). In tutto, le prime cinque schermate di risultati per “lettini per gatti” sono pubblicità per il 50%.

https://pluralistic.net/2022/11/28/enshittification/#relentless-payola

Questa è l’immerdificazione: le eccedenze vengono dapprima rivolte agli utenti; poi, una volta che gli utenti sono intrappolati, le eccedenze vanno ai fornitori; poi, una volta che sono intrappolati anche loro, le eccedenze vengono passate agli azionisti, e la piattaforma diventa un’inutile montagna di letame. Dagli store di app per telefonini a Steam a Facebook a Twitter, questo è il ciclo di vita della enshittification.

Ecco perché, come ha scritto Cat Valente nel suo saggio magistrale prenatalizio, piattaforme come Prodigy si sono trasformate, da un giorno all’altro, da un posto dove andavi per i collegamenti sociali a un posto dove eri tenuto a “smettere di parlare con gli altri e cominciare a comprare cose”:

https://catvalente.substack.com/p/stop-talking-to-each-other-and-start

Questo gioco delle tre carte, giocato con le eccedenze, è quello che è successo a Facebook. All’inizio Facebook ti trattava bene: ti mostrava le cose che avevano da dire le persone che amavi e alle quali volevi bene. Questo ha creato una sorta di presa di ostaggi reciproca: una volta che su Facebook c’era una massa critica di persone alle quali tenevi, diventava in pratica impossibile andarsene, perché avresti dovuto convincere tutte queste persone ad andarsene anche loro e metterle d’accordo su dove andare. Vuoi bene ai tuoi amici, ma capita spesso di non riuscire ad accordarsi su quale film andare a vedere e dove andare a cena. Lascia perdere.

Poi Facebook ha cominciato a riempire il feed con post di account che non seguivi. All’inizio si trattava di aziende del settore dei media, che Facebook ficcava in gola ai propri utenti in modo preferenziale affinché cliccassero sugli articoli e mandassero del traffico ai giornali, alle riviste e ai blog.

Poi, una volta che quelle pubblicazioni erano diventate dipendenti da Facebook per il loro traffico, Facebook ha smorzato quel traffico. Dapprima ha messo una strozzatura nel traffico verso le pubblicazioni che usavano Facebook per pubblicare degli estratti contenenti dei link ai loro siti; lo ha fatto allo scopo di spingere le pubblicazioni a fornire dei feed di testi integrali all’interno del giardino cintato di Facebook.

Questo ha reso le pubblicazioni profondamente dipendenti da Facebook. I loro lettori non visitavano più i siti delle pubblicazioni ma ne fruivano su Facebook. Le pubblicazioni erano ostaggi di quei lettori, che erano ostaggi gli uni degli altri. Facebook ha smesso di mostrare ai lettori gli articoli pubblicati dalle pubblicazioni, ricalibrando l’algoritmo in modo da sopprimere i post provenienti dalle pubblicazioni a meno che avessero pagato per "amplificare" i loro articoli ai lettori che si erano esplicitamente abbonati ad essi e avevano chiesto a Facebook di includerli nei loro feed.

A questo punto Facebook ha cominciato a ficcare più pubblicità nel feed, mescolando la payola della gente che volevate ascoltare con la payola degli sconosciuti che volevano sequestrare la vostra attenzione. Ha offerto a quegli inserzionisti un ottimo affare, chiedendo una miseria per personalizzare le loro pubblicità sulla base dei dossier di dati personali raccattati senza consenso che avevano rubato a voi.

Anche i rivenditori erano diventati dipendenti da Facebook. Erano diventati incapaci di continuare a lavorare senza quelle inserzioni mirate. Questo è stato, per Facebook, il segnale per alzare i prezzi delle inserzioni, smettere di preoccuparsi così tanto delle frodi pubblicitarie e mettersi in combutta con Google per manipolare il mercato pubblicitario tramite un programma illegale chiamato Jedi Blue:

https://en.wikipedia.org/wiki/Jedi_Blue

Oggi Facebook è in uno stato di immerdificazione terminale; è un posto terribile dove stare, sia per gli utenti, sia per le aziende nel settore dei media, sia per gli inserzionisti pubblicitari. È un’azienda che ha intenzionalmente demolito una grossa fetta degli editori sui quali contava, frodandoli e attirandoli in una “transizione al video” che si basava su asserzioni false riguardanti la popolarità dei video fra gli utenti di Facebook. Le aziende hanno speso miliardi per questa transizione, ma gli spettatori non si sono mai presentati, e le aziende di media hanno chiuso in massa:

https://slate.com/technology/2018/10/facebook-online-video-pivot-metrics-false.html

Ma Facebook ora ha una nuova proposta. Si fa chiamare Meta, e pretende che viviamo il resto dei nostri giorni come creature da cartone animato con pochi poligoni, senza gambe, senza sesso e pesantemente sorvegliate.

Ha promesso alle aziende che fanno app per questo metaverso che non le fregherà come ha fatto con gli editori sul vecchio Facebook. Resta da vedere se troverà aziende interessate. Come ammise candidamente una volta Mark Zuckerberg a un suo coetaneo, meravigliandosi di tutti i compagni di studi a Harvard che mandavano le loro informazioni personali al suo nuovo sito Web "TheFacebook":

    Non so perché.

    Si "fidano di me"

    Cretini.

https://doctorow.medium.com/metaverse-means-pivot-to-video-adbe09319038

Una volta capito lo schema della enshittification, molti dei misteri delle piattaforme si chiariscono da soli. Pensate al mercato del SEO, o a tutto il mondo dinamico dei creatori online che trascorrono ore infinite a fare inutile cremlinologia delle piattaforme, nella speranza di identificare le trappole algoritmiche che, se ci si incappa, condannano all’oblio le opere creative nelle quali riversano i loro soldi, il loro tempo e la loro energia:

https://pluralistic.net/2022/04/11/coercion-v-cooperation/#the-machine-is-listening

Lavorare per la piattaforma può essere come lavorare per un capo che preleva soldi da ogni busta paga per tutte le regole che hai violato, ma non ti dice quali sono queste regole, perché se te le dicesse capiresti come violarle senza farti scoprire da lui e senza farti togliere soldi dalla busta paga. La moderazione dei contenuti è l’unico settore nel quale la security through obscurity [sicurezza tramite segretezza] è considerata una prassi ottimale:

https://doctorow.medium.com/como-is-infosec-307f87004563

Questa situazione è talmente grave che organizzazioni come Tracking Exposed hanno arruolato un esercito umano di volontari e un esercito robotico di browser headless per cercare di decifrare la logica che sta dietro i giudizi arbitrari, da macchina, dell’Algoritmo, sia per dare agli utenti l’opzione di affinare i suggerimenti che ricevono, sia per aiutare i creatori a evitare il furto di salario che deriva dall’essere “shadowbanned” [banditi o resi invisibili senza esserne avvisati, N.d.T.]:

https://www.eff.org/deeplinks/2022/05/tracking-exposed-demanding-gods-explain-themselves

Ma che succede se non c’è dietro nessuna logica? O più direttamente, che succede se la logica cambia a seconda delle priorità della piattaforma? Se passeggiate lungo la via principale di un luna park, vedrete qualche povero pollo che va in giro tutto il giorno portando un enorme orsacchiotto di peluche che ha vinto tirando tre palle in una cesta.

Il gioco della cesta è truccato. Il gestore può usare un interruttore nascosto per obbligare le palle a rimbalzare fuori dal cesto. Nessuno vince un orsacchiotto gigante, a meno che il gestore voglia che lo vinca. Perché il gestore ha lasciato che il pollo vincesse l’orsacchiotto? Perché così lo porterà in giro tutto il giorno e convincerà gli altri polli a pagare per avere la possibilità di vincerne uno:

https://boingboing.net/2006/08/27/rigged-carny-game.html

Il gestore ha assegnato un orsacchiotto gigante a quel povero pollo nella stessa maniera in cui le piattaforme assegnano le eccedenze a chi ha le migliori prestazioni: per farne un persuasore in una Truffa del Grande Magazzino. È un modo per irretire altri polli che creeranno contenuti per la piattaforma, ancorando ad essa se stessi e il loro pubblico.

Il che mi porta a Tiktok. Tiktok è tante cose, ed è anche un “Adobe Premiere per teenager che vivono al telefono."

https://www.garbageday.email/p/the-fragments-of-media-you-consume

Ma quello che lo ha reso inizialmente un grande successo è stato il potere del suo sistema di suggerimenti. Sin dall’inizio, Tiktok era veramente bravo a suggerire cose ai propri utenti. Inquietantemente bravo:

https://www.npr.org/transcripts/1093882880

Dando suggerimenti in buona fede su cose che pensava che sarebbero piaciute ai suoi utenti, Tiktok ha costruito un pubblico di massa, più grande di quanto molti pensassero possibile vista la pressione mortale dei suoi concorrenti, come YouTube e Instagram. Ora che Tiktok si è procurato il pubblico, sta consolidando i propri guadagni e cercando di attirare le aziende del settore dei media e i creatori che sono ancora cocciutamente legati a YouTube e Instagram.

Ieri [il 20 gennaio scorso, N.d.T.] Emily Baker-White di Forbes ha pubblicato un resoconto fantastico di come funziona questo processo all’interno di Bytedance, la società che gestisce Tiktok, citando varie fonti interne e rivelando l’esistenza di un “amplificatore“ che i dipendenti di TikTok usano per inserire i video di alcuni account selezionati nei feed di milioni di spettatori:

https://www.forbes.com/sites/emilybaker-white/2023/01/20/tiktoks-secret-heating-button-can-make-anyone-go-viral/

Questi video finiscono nei feed Per te degli utenti di Tiktok, che Tiktok descrive in modo ingannevole come popolato da video “classificati da un algoritmo che prevede i tuoi interessi in base al tuo comportamento nell’app”. In realtà, il Per te è composto solo qualche volta da video che secondo Tiktok possono aggiungere valore alla tua esperienza: per il resto è pieno di video che Tiktok ha inserito per far credere ai creatori che Tiktok sia un posto magnifico per raggiungere un pubblico.

“Le fonti hanno detto a Forbes che TikTok ha usato spesso l’amplificazione per corteggiare influencer e brand, stuzzicandoli ad avviare collaborazioni gonfiando il conteggio delle visualizzazioni dei loro video. Questo suggerisce che l’amplificazione è stata potenzialmente benefica per alcuni influencer e brand – quelli con i quali Tiktok cercava rapporti commerciali – a discapito di altri con i quali non li cercava.”

In altre parole, Tiktok sta distribuendo orsacchiotti giganti.

Ma il mestiere di Tiktok non è regalare orsacchiotti giganti. Nonostante le sue origini siano nell’economia cinese quasi-capitalista, Tiktok è semplicemente un altro organismo-colonia artificiale massimizzatore di fermagli [concetto che ho spiegato qui, N.d.T.] che tratta gli esseri umani come se fossero scomoda flora intestinale. Tiktok porterà attenzione gratuita alle persone che vuole accalappiare solo finché non le accalappia, e poi ritirerà quell’attenzione e inizierà a monetizzarla.

“Monetizzare” è una pessima parola che ammette tacitamente che non esiste nessuna “economia dell’attenzione”. Non si può usare l’attenzione come mezzo di scambio. Non la si può usare per immagazzinare valore. Non la si può usare come unità di conto. L’attenzione è come una criptovaluta: un gettone senza valore, che è prezioso solo finché riesci a convincere o obbligare qualcuno a dare in cambio della valuta “reale” (“fiat currency”). La devi “monetizzare”, ossia devi scambiare i soldi finti con soldi veri.

Nel caso delle criptovalute, la strategia principale di monetizzazione era basata sull’inganno. Gli exchange e i “progetti” distribuivano un sacco di orsacchiotti giganti, creando un esercito di capre di Giuda, credenti incrollabili, che convincevano i loro pari a dare al gestore del luna park i loro soldi e a cercare di mettere anche loro qualche palla nel cesto.

Ma l’inganno produce solo una certa quantità di garanzia di liquidità [liquidity provision]. Prima o poi i polli finiscono. Per fare in modo che tanta gente tenti il tiro delle palle serve la coercizione, non la persuasione. Pensate a come le aziende statunitensi hanno messo fine alle pensioni con benefici definiti che garantivano un pensionamento dignitoso e le hanno sostituite con pensioni tipo 401(k) che si basano sul mercato e obbligano a scommettere i propri risparmi in un casinò truccato, trasformandovi nel pollo seduto al tavolo, pronto per essere cucinato:

https://pluralistic.net/2020/07/25/derechos-humanos/#are-there-no-poorhouses

La liquidità iniziale delle criptovalute è arrivata dal ransomware. L’esistenza di un serbatoio di aziende e di persone prese dal panico e dalla disperazione, i cui dati erano stati rubati da criminali, ha creato una base di liquidità in criptovalute perché potevano riavere i loro dati soltanto scambiando soldi veri con criptovalute fittizie.

La fase successiva della coercizione sulle criptovalute è stata il Web3: convertire il Web in una serie di caselli a pagamento che si potevano valicare solo scambiando soldi veri con criptodenaro falso. Internet è una necessità, non uno sfizio; è un prerequisito per partecipare pienamente al mondo del lavoro, all’educazione, alla vita familiare, alla salute, alla politica, alle attività civiche, persino alle situazioni romantiche. Tenendo in ostaggio tutte queste cose dietro dei caselli di criptovalute, gli hodler speravano di convertire i loro gettoni in soldi reali:

https://locusmag.com/2022/09/cory-doctorow-moneylike/

Per Tiktok, distribuire orsacchiotti gratuiti “amplificando” i video postati da creatori e aziende di media scettiche è un modo per convertirli in credenti incrollabili, convincerli a mettere tutte le loro fiche sul tavolo, abbandonare i loro tentativi di crearsi un pubblico su altre piattaforme (ed è comodo che il format di Tiktok sia caratteristico, rendendo difficile riusare i video fatti per Tiktok e utilizzarli su piattaforme rivali).

Una volta che quei creatori e quelle aziende di media saranno stati presi all’amo, inizierà la seconda fase: Tiktok ritirerà l’“amplificazione” che piazza i loro video in faccia a gente che non ne ha mai sentito parlare e che non ha chiesto di vedere i loro video. Tiktok sta eseguendo un balletto delicato: c’è un limite alla enshittification che possono infliggere ai feed dei loro utenti, e Tiktok ha tanti altri creatori ai quali vuole dare orsacchiotti giganti.

Tiktok non si limiterà ad affamare i creatori privandoli dell’attenzione “gratuita” attraverso la rimozione del trattamento preferenziale nell’algoritmo, ma li punirà attivamente smettendo di inviare i video agli utenti che si sono abbonati a loro. Dopotutto, ogni volta che Tiktok ti mostra un video che avevi chiesto di vedere perde un’occasione di mostrarti invece un video che vuole che tu veda, perché la tua attenzione è un orsacchiotto gigante che può regalare a un creatore che sta corteggiando.

Questo è esattamente quello che ha fatto Twitter nell’ambito della sua marcia verso l’immerdificazione: grazie ai suoi cambiamenti di “monetizzazione”, la maggior parte della gente che ti segue non vedrà mai le cose che posti. Io ho circa 500mila follower su Twitter, e i miei thread prima avevano abitualmente centinaia di migliaia o anche milioni di letture. Oggi ne hanno centinaia, forse migliaia.

Ho appena pagato a Twitter 8 dollari per avere Twitter Blue, perché l’azienda ha indicato fortemente che mostrerà le cose che posto alle persone che hanno chiesto di vederle solo se pago un riscatto. Questa è la battaglia più recente in una delle guerre più lunghe e a fuoco lento di Internet: la lotta sull’end-to-end:

https://pluralistic.net/2022/12/10/e2e/#the-censors-pen

In principio vi erano i Bellhead, i fan della compagnia telefonica [la statunitense Bell, N.d.T.], e i Nethead, i fan della rete. I Bellhead lavoravano per le grandi compagnie telefoniche e credevano che tutto il valore della rete appartenesse doverosamente all’operatore. Se qualcuno inventava una nuova funzione, come per esempio l’identificazione del chiamante, quella funzione doveva essere realizzata solo in un modo che consentisse all’operatore di far pagare ogni mese per usarla. Era il Software-As-a-Service, versione telefonica.

I Nethead, invece, credevano che il valore dovesse spostarsi verso la periferia della rete e si dovesse spandere, in forma pluralizzata. In teoria, Compuserve avrebbe potuto “monetizzare” la propria versione dell’identificazione del chiamante facendo pagare 2,99 dollari extra per vedere la riga “Da:” nella mail prima di aprire il messaggio – facendoti pagare per sapere chi stava parlando prima che tu iniziassi ad ascoltare – ma non lo fece.

I Nethead volevano costruire reti diversificate con tante offerte, tanta concorrenza, e un passaggio facile e a basso costo fra concorrenti (grazie all’interoperabilità). Alcuni lo volevano fare perché ritenevano che la rete prima o poi sarebbe stata integrata nel mondo e non volevano vivere in un mondo di locatori affamati di riscuotere affitti. Altri credevano sinceramente nella concorrenza di mercato come fonte di innovazione. Alcuni credevano in entrambe le cose. In ogni caso, vedevano il rischio di cattura della rete, la spinta verso la monetizzazione attraverso l’inganno e la coercizione, e volevano tenerli lontani.

Concepirono il principio dell’end-to-end: l’idea che le reti dovessero essere progettate in modo che i messaggi di chi voleva farsi sentire venissero consegnati ai punti di arrivo di coloro che volevano ascoltarli, nella maniera più rapida e affidabile possibile. In altre parole, anche se un operatore di rete avesse potuto fare soldi mandandoti i dati che lui voleva che tu ricevessi, il suo dovere sarebbe stato quello di fornirti i dati che volevi vedere tu.

Oggi il principio dell’end-to-end è morto a livello di servizi. Gli utili idioti di destra sono stati ingannati, facendo loro credere che il rischio di una cattiva gestione di Twitter sarebbe stato un “woke shadowbanning” [un blocco non annunciato dei post, in base a dettami di “correttezza politica” estrema, N.d.T.], in base al quale le cose che dicevi non sarebbero arrivate alle persone che avevano chiesto di ascoltarle perché al “deep state” [“governo sommerso”, N.d.T.] di Twitter non piacevano le tue opinioni. Il rischio reale, ovviamente, era che le cose che dicevi non sarebbero arrivate alle persone che avevano chiesto di ascoltarle perché Twitter può fare più soldi immerdificando i loro feed e facendoti pagare un riscatto per il privilegio di essere incluso in quei feed.

Come dicevo all’inizio di questo saggio, l’enshittification esercita una gravità quasi irresistibile sul capitalismo delle piattaforme. È semplicemente troppo facile girare la manopola dell’immerdificazione fino al massimo. Twitter ha potuto licenziare la maggior parte del suo personale di elevata competenza e girare lo stesso la manopola fino al livello massimo, anche con una squadra ridotta all’osso di lavoratori H1B [non statunitensi che hanno il permesso di residenza in USA solo finché lavorano in settori ad alta professionalità, N.d.T.] disperati e demoralizzati, che la minaccia dell’espulsione dal paese incatena alla nave di Twitter che sta affondando.

La tentazione di immerdificare viene amplificata dai blocchi sull’interoperabilità: quando Twitter bandisce i clienti interoperabili, decide di menomare le proprie API e terrorizza periodicamente i propri utenti sospendendoli per aver incluso nelle loro bio i loro nomi su Mastodon, rende più difficile abbandonare Twitter e quindi aumenta la quantità di immerdificazione che gli utenti possono essere forzati a ingoiare senza rischiare che se ne vadano.

Twitter non diventerà un “protocollo”. Scommetto un testicolo (non uno dei miei) che progetti come Bluesky non avranno alcuna presa significativa sulla piattaforma, perché se Bluesky venisse implementato e gli utenti di Twitter potessero riordinare i propri feed per minimizzare l’enshittification e abbandonare il servizio senza sacrificare i propri social network, questo stroncherebbe la maggior parte delle strategie di “monetizzazione” di Twitter. 

Una strategia di enshittification ha successo solo se viene applicata in dosi centellinate. Anche l’utente vittima del peggior lock-in alla fine raggiunge un punto di rottura e se ne va. Gli abitanti del villaggio di Anatevka nel Violinista sul tetto tollerarono per anni le incursioni violente e i pogrom dei cosacchi, fino al momento in cui non ne poterono più e scapparono a Cracovia, New York e Chicago:

https://doctorow.medium.com/how-to-leave-dying-social-media-platforms-9fc550fe5abf

Per le aziende confuse dall’immerdificazione, quell’equilibrio è difficile da raggiungere e mantenere. I singoli product manager, direttori e azionisti attivisti preferiscono tutti i guadagni rapidi al prezzo della sostenibilità, e fanno a gara a chi riesce per primo a mangiarsi il capitale iniziale. La enshittification è durata così a lungo solo perché Internet si è devoluta in “cinque siti web giganti, ciascuno pieno di screenshot degli altri quattro”:

https://twitter.com/tveastman/status/1069674780826071040

Con un mercato controllato da un gruppo di monopolisti amiconi fra loro, non compaiono alternative migliori che ci attirino e ci portino via; se compaiono, i monopolisti non fanno altro che comprarsele e integrarle nelle strategie di immerdificazione, esattamente come quando Mark Zuckerberg ha notato un esodo di massa di utenti di Facebook che stavano passando a Instagram e così ha comprato Instagram. Come dice Zuck, “È meglio comperare che competere”.

Questa è la dinamica che si nasconde dietro l’ascesa e il declino di Amazon Smile, il programma nel quale Amazon dava una piccola cifra a enti benefici di tua scelta quando facevi acquisti su Amazon, ma solo se usavi lo strumento di ricerca di Amazon per trovare i prodotti che compravi. Questo dava ai clienti di Amazon un incentivo a usare il suo sistema di ricerca sempre più immerdificato, che poteva rimpinzare di prodotti di venditori che pagavano la payola e dei suoi prodotti-fotocopia. L’alternativa era usare Google, il cui strumento di ricerca ti mandava direttamente al prodotto che stavi cercando, e poi faceva pagare ad Amazon una commissione per averti mandato da Amazon:

https://www.reddit.com/r/technology/comments/10ft5iv/comment/j4znb8y/

La fine di Amazon Smile coincide con l’aumentata enshittification della ricerca in Google, l’unico prodotto di successo che l’azienda è riuscita a creare internamente. Tutti gli altri suoi successi sono stati comprati prendendoli da altre società: video, documenti, cloud, servizi per telefonia mobile. I suoi prodotti interni, invece, sono flop come Google Video, cloni (Gmail è un clone di Hotmail), o adattamenti di prodotti altrui, come Chrome.

La ricerca in Google Search era basata sui princìpi definiti nel paper fondamentale del 1998 dei fondatori Larry Page e Sergey Brin, “Anatomy of a Large-Scale Hypertextual Web Search Engine”, nel quale scrissero che “i motori di ricerca finanziati dalla pubblicità saranno intrinsecamente favorevoli ai pubblicitari e contrari ai bisogni dei consumatori”.

http://ilpubs.stanford.edu:8090/361/

Anche con questa comprensione fondante dell’enshittification, Google non è riuscita a resistere al proprio canto delle sirene. Oggi i risultati di Google sono un pantano sempre più inutile di link auto-preferenziali ai propri prodotti, di pubblicità di prodotti che non meritano di salire spontaneamente in cima all’elenco, e di spazzatura SEO parassitaria che cavalca tutto il resto.

L’enshittification uccide. Google ha appena licenziato 12.000 dipendenti, è in panico totale per l’ascesa dei chatbot di “intelligenza artificiale”, e sta facendo pressing a tutto campo per avere uno strumento di ricerca guidato dall’intelligenza artificiale, ossia uno strumento che non ti mostrerà quello che gli chiedi ma ti mostrerà invece quello che pensa che dovresti vedere:

https://www.theverge.com/2023/1/20/23563851/google-search-ai-chatbot-demo-chatgpt

È possibile immaginare che uno strumento del genere possa produrre suggerimenti validi, come faceva l’algoritmo di Tiktok pre-immerdificazione. Ma è difficile immaginare come Google possa riuscire a progettare un front-end di ricerca sotto forma di chatbot che non sia immerdificato, visti i potenti incentivi di product manager, direttori e azionisti a immerdificare i risultati fino all’esatta soglia alla quale gli utenti sono quasi seccati abbastanza da andarsene, ma non del tutto.

Anche se dovesse riuscirci, questo equilibrio di inusabilità quasi (ma non del tutto) totale è fragile. Qualunque shock di natura esterna, per esempio un nuovo concorrente come Tiktok che penetri i fossati e le muraglie della Big Tech, uno scandalo di privacy, una rivolta di lavoratori, può indurre oscillazioni violente:

https://pluralistic.net/2023/01/08/watch-the-surpluses/#exogenous-shocks

L’enshittification è veramente il modo in cui muoiono le piattaforme. E questo, in realtà, va benissimo. Non abbiamo bisogno di monarchi eterni di Internet. Va benissimo che emergano nuove idee e nuovi modi di lavorare. I legislatori e i responsabili delle politiche non dovrebbero concentrarsi sul preservare la senescenza crepuscolare delle piattaforme morenti. Semmai l’attenzione delle nostre politiche dovrebbe concentrarsi sul minimizzare il costo agli utenti quando queste aziende raggiungono la propria data di scadenza: stabilire per legge diritti come l’end-to-end significherebbe che per quanto autocannibale possa diventare una piattaforma-zombi, chi vuole parlare e chi vuole ascoltare possano sempre incontrarsi:

https://doctorow.medium.com/end-to-end-d6046dca366f

E chi decide le politiche dovrebbe focalizzarsi sulla libertà di uscita: il diritto di abbandonare una piattaforma che sta affondando ma continuare a restare collegati alle comunità che ci si lascia alle spalle, fruendo dei media e delle app acquistate, e preservando i dati creati:

https://www.eff.org/interoperablefacebook

I Nethead avevano ragione: l’autodeterminazione tecnologica è contraria agli imperativi naturali delle aziende tecnologiche. Guadagnano più soldi quando ci portano via la libertà: la nostra libertà di parlare, di andarcene, di collegarci.

Per molti anni, persino i critici di Tiktok hanno ammesso a malincuore che per quanto fosse sorvegliante e inquietante, era veramente abile a indovinare cosa volevi vedere. Ma Tiktok non ha potuto resistere alla tentazione di mostrarti le cose che vuole che tu veda invece delle cose che vuoi vedere tu. L’immerdificazione è cominciata, ed è improbabile che ora si fermi.

È troppo tardi per salvare Tiktok. Ora che è stato infettato dall’enshittification, non ci resta che ucciderlo dandogli fuoco [riferimento al meme “kill it with fire”, N.d.T.].

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2023/03/12. Chi mi conosce sa che non sono un amante della volgarità e del turpiloquio, per cui ho tradotto enshittification con una certa dose di apprensione e disagio. Ma in mio soccorso è giunta Licia Corbolante (@terminologia), che approva il termine:

2022/04/26

DragonChase 2022: Samantha Cristoforetti su TikTok spiega come si passano questi giorni pre-lancio; l’equipaggio ride e scherza su YouTube

Samantha Cristoforetti pubblica aggiornamenti di missione su TikTok e l’ESA li ripubblica su Twitter. Non c’è bisogno di iscriversi a TikTok: è sufficiente seguire @EsaSpaceflight su Twitter.

In questo minivideo spiega come sta passando questi giorni fra attese e rinvii. Il video è in inglese con sottotitoli italiani. Fra “where no TikToker has gone before” e “the final frontier”, le citazioni di Star Trek non mancano!

C’è una citazione di Star Trek anche in questo video di allegre risposte a domande personali. Riuscite a trovarla?

2021/10/15

Come uscire dai social network e salvare i propri dati

Ultimo aggiornamento: 2021/10/18 17:30.

Si parla molto, ultimamente, di lasciare i social network: troppo ficcanaso e troppo tossici nel loro favorire l’odio, la lite e l’aggressività. Se per caso state meditando di chiudere un account social ma non volete perdere tutte le foto e i contatti che vi avete accumulato, Intego ha pubblicato un articolo molto dettagliato che spiega come fare per Facebook, Instagram, Twitter, YouTube, WhatsApp, TikTok e molti altri. Questa è una sua sintesi con i link essenziali.

Facebook. Si può disattivare temporaneamente l’account oppure eliminarlo definitivamente e si può scaricare una copia di tutti i propri dati. Per riattivare un account disattivato basta rientrare nell’account. Se si elimina un account, ci sono 30 giorni di tempo per ripristinarlo.

YouTube. YouTube fa parte di Google, per cui l’account YouTube è legato all’account Google. Per eliminare il proprio account YouTube occorre quindi eliminare il proprio account Google, ma attenzione, perché eliminare un account Google significa perdere anche Gmail, Google Drive e molti altri servizi. Però si può eliminare un canale YouTube lasciando intatto tutto il resto. Non c’è modo di fare una disattivazione temporanea; si può scaricare una copia dei propri dati andando a takeout.google.com.

WhatsApp. Si può eliminare l’account ma non è prevista la disattivazione temporanea. I dati possono essere scaricati tramite un backup.

Instagram. Qui è permessa la disattivazione temporanea e si può scaricare una copia dei propri dati prima di eliminare l’account (cosa che non si può fare nei menu dell’app). 

TikTok. La disattivazione temporanea non è prevista; si può eliminare l’account scegliendo la gestione account dal menu che compare cliccando sulle tre barrette orizzontali in alto a destra. Per scaricare i propri dati può essere necessario aspettare fino a 30 giorni.

SnapChat. Eliminare definitivamente un account SnapChat è facile; per disattivarlo temporaneamente (per 30 giorni) basta chiederne l’eliminazione e poi rientrare nell’account prima che siano trascorsi 30 giorni. Non sembra esserci un modo per scaricare i propri dati.

Twitter. Si può chiedere la disattivazione per un periodo di 30 giorni; se non si accede all’account per tutto questo periodo, l’account viene eliminato. Si può scaricare una copia dei propri dati.

LinkedIn. Scaricare una copia dei dati è semplice; disattivare temporaneamente non è previsto, ma si può eliminare il proprio account, con 14 giorni di tempo per eventuali ripensamenti. 

Tumblr. È possibile scaricare una copia dei propri dati seguendo queste istruzioni; l’eliminazione di un account è spiegata qui ed è definitiva (nessun periodo di ripensamento) ed eseguibile solo tramite browser (non dall’app).

2021/06/01

Guida a TikTok per genitori, in italiano

Per molti genitori TikTok è un mistero assoluto, ma in realtà esiste una guida in italiano che ne spiega il funzionamento di base e le principali impostazioni di sicurezza e di privacy: è la pagina Per i genitori del Centro Sicurezza.

Spiega cose molto pratiche e utili, come i limiti minimi di età fissati nell’app (TikTok è destinato a utenti di almeno 13 anni). L’app di TikTok è classificata come riservata a chi ha più di 12 anni nell’App Store di Apple ed è classificata come app per adolescenti sul Play Store di Google. Di conseguenza, se il telefonino del minore è impostato in modo da usare i controlli parentali, TikTok non sarà scaricabile. Se volete sapere come impostare questi controlli parentali, consultate le istruzioni per dispositivi Apple e per dispositivi di altre marche (anche queste disponibili in italiano).

Se non volete essere così drastici ma preferite accompagnare il minore su TikTok, c’è l’opzione Collegamento Famigliare, che permette di decidere quanto tempo può essere speso su TikTok giornalmente, limitare la visibilità dell’account, i commenti ricevuti e altro ancora. Per attivare questa opzione bisogna che il genitore abbia un proprio account TikTok e poi bisogna collegare i due account come descritto nella guida Per i genitori.

TikTok consiglia inoltre di rendere “privati” gli account dei minori. Questo non vuol dire che le cose che fanno su TikTok siano realmente private (la foto, il nome utente e la biografia, per esempio, restano visibili a tutti), ma offre un po’ di protezione in più. Per esempio, un account “privato” permette di scegliere chi guarda i contenuti pubblicati dal minore, chi lo segue e chi gli manda messaggi. Certo, questo è contrario all’idea di TikTok che molti hanno, ossia di cercare il maggior numero possibile di follower; ma è una scelta prudente.

TikTok offre, nel Centro Sicurezza, anche una guida contro il bullismo. Ma se volete ancora di più, la versione inglese del Centro Sicurezza offre anche una Guardian”s guide molto completa e più ampia di quella in italiano. In ogni caso, le risorse per informarsi non mancano. Se avete fatto la scelta di acquistare uno smartphone per i vostri figli, conviene fare anche quella di investire un po’ di tempo per capire come funzionano i servizi accessibili tramite quello smartphone.

2021/05/10

Da dove vengono i “numeri Grabovoi” che circolano su TikTok

Su TikTok e anche in Google circolano delle strane sequenze numeriche che vengono chiamate numeri Grabovoi o sequenze Grabovoi. Uno degli hashtag più diffusi è #grabovoicode.

Secondo chi li diffonde, questi numeri sarebbero dei codici mistici per comandare le forze dell’universo. Pensando intensamente questi numeri o scrivendoli o usandoli come password, si dice, si possono migliorare i voti scolastici, si può dimagrire e si può avere successo negli affari.

Queste “manifestazioni”, come le chiamano quelli che ci credono, sarebbero persino la cura di malattie come cancro e AIDS. Mi rifiuto di linkare il sito che scrive queste idiozie, che sono la versione tecnologizzata della numerologia classica: la confezione è nuova, fatta su misura per generazioni che vivono con lo smartphone in mano e si troverebbero a disagio con cabala e Smorfia, ma la panzana è la stessa di sempre.

Ma perché si chiamano numeri Grabovoi? Prendono nome dal numerologo e sedicente guaritore russo Grigory Grabovoi, che a quanto pare ha dichiarato di essere la seconda incarnazione di Cristo ma ha trascorso otto anni in carcere per aver chiesto 1500 dollari a testa a dei genitori per far risorgere i loro figli, morti nella strage di Beslan nel 2004.

A quanto pare i suoi numeri così tanto portafortuna non sono stati capaci di evitargli la galera.


Fonte aggiuntiva: Gizmodo.

2021/01/25

Tragedia su TikTok, torna la tentazione di identificare tutti sui social. Resta una pessima idea. Ecco perché

Ultimo aggiornamento: 2021/01/27 13:10.

Leggo di varie proposte italiane di obbligare tutti, o almeno i minori, a identificarsi sui social network, eventualmente ricorrendo allo SPID (il sistema pubblico di identità digitale, che però è solo per maggiorenni). Le proposte sono state fatte in seguito alla morte di una bambina, forse collegata al suo uso di TikTok (o così pare; non è ancora certo). 

L’idea riemerge periodicamente, ma resta una scemenza inutile e dannosa. 

È inutile perché non risolve il problema: gli utenti non italiani sarebbero esentati dall’obbligo e continuerebbero impunemente a istigare ad atti pericolosi, a molestare e a bullizzare.

È dannosa perché regala ai social network le identità certificate di milioni di cittadini, e perché le vittime di abusi e bullismi non possono proteggersi con l’anonimato o creandosi un profilo nuovo separato da quello abusato. 

Ed è una scemenza perché c’è sempre puntualmente qualcuno che la tira fuori ignorando tutte le obiezioni degli esperti, pensando di saperne più di loro e di essere il primo al mondo ad aver avuto la Grande Idea.

Scusate se non mi ripeto più estesamente: mi è bastato lo scambio con una delle proponenti di questa scemenza, Sandra Zampa, sottosegretario alla Salute, che vedete qui accanto. Se è questo il tono della discussione, me ne tiro fuori subito.

Mi limito a ricordare che la stessa idea geniale era venuta a Luigi Marattin a novembre 2019 e al senatore Nazario Pagano a dicembre 2018, quindi neanche tanto tempo fa, e invito a leggere le spiegazioni degli esperti che avevo già raccolto in quelle due occasioni e che sono già intervenuti (Stefano Zanero) anche in questa.

Spiegone 1 (dicembre 2018)

Spiegone 2 (novembre 2019)

Raccomandazione per politici: prima di aprir bocca sull’argomento, si prega di leggere e capire i suddetti spiegoni. Dopo averli letti, si prega di rileggerli e chiudere la bocca. Grazie.

La scemenza, fra l’altro, stavolta si arricchisce di una novità: Sandra Zampa propone un limite di età di legge per il possesso di uno smartphone. Gli scenari di un’eventuale applicazione pratica (e, si presume, retroattiva) di una legge del genere sono a dir poco demenziali. Come lo facciamo valere? Facciamo le ronde di polizia per sequestrare gli iPhone? Gli smartphone attualmente in circolazione fra i minori devono essere restituiti? E a chi?

E soprattutto, esattamente in che modo questi rimedi di facciata, lanciati senza pensare alle conseguenze, servirebbero a evitare altre tragedie?

 

Aggiornamento (2021/01/27 13:10): Lo SPID è usabile per legge solo da maggiorenni, come già segnalato, ma non comporta necessariamente la cessione dell’identità ai social network. È infatti tecnicamente possibile usare lo SPID solo per attestare la propria età o un proprio stato (ho/non ho la patente, ho/non ho diritto a un medicinale), senza dare nome e cognome. Una verifica in base all’età e in forma anonima, insomma, sarebbe possibile. Tuttavia secondo Stefano Quintarelli la legge italiana fissa a 14 anni l’età minima per poter prestare validamente consenso ai servizi della società dell’informazione e quindi al trattamento dei propri dati personali (Privacy.it).


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2020/10/09

Bandire TikTok per motivi di sicurezza è un rischio per la sicurezza

Il governo degli Stati Uniti accusa TikTok, il popolarissimo social network di proprietà della cinese Bytedance, di essere un rischio per la sicurezza dei cittadini statunitensi, perché raccoglie dati personali, e vuole quindi bandirlo. Lo stesso vale per un’altra app cinese, WeChat di Tencent.

Ad agosto il presidente Trump ha firmato un executive order, ossia un provvedimento legislativo presidenziale, che in sostanza obbliga TikTok a vendere la propria attività statunitense a un’azienda nazionale; se non lo fa, le sue transazioni negli Stati Uniti verranno bloccate. La questione è ora in mano alle autorità giudiziarie del paese e procede a colpi di rinvii e appelli.

Un ban di TikTok comporterebbe la scomparsa della sua app dagli store ufficiali, ma non necessariamente dagli smartphone degli utenti, e questo è concretamente un rischio di sicurezza peggiore degli imprecisati e non documentati rischi per la sicurezza nazionale asseriti dal governo statunitense. 

Bandire un’app, infatti, significa che chi decide di tenerla sul proprio smartphone non può più aggiornarla in modo ufficiale e quindi non può ricevere le correzioni che ne sistemano i difetti e ne migliorano la sicurezza. 

Significa anche che gli utenti che vogliono continuare a usare l’app, o la vogliono installare su un nuovo dispositivo, saranno indotti a cercarla nei siti “alternativi” di scaricamento, con il rischio di installare versioni alterate o infettanti dell’app o addirittura delle app completamente differenti che ne scimmiottano il nome e il logo. Queste app fasulle sono uno dei canali preferiti di diffusione di malware da parte dei criminali informatici.

Non è teoria: TikTok e altre applicazioni sono già state oggetto di blocco in India, ma gli utenti non hanno affatto lasciato la piattaforma e quindi oggi ci sono centinaia di milioni di persone che usano un’app priva di aggiornamenti correttivi.

2020/07/03

TikTok accusato di spiare: i fatti fin qui

Ultimo aggiornamento: 2020/07/04 13:20. L’articolo è stato aggiornato per chiarire che la cattura di dati avviene per tutto quanto viene scritto nella Clipboard. 

TikTok, la popolarissima app di condivisione di mini-video, è sotto accusa. La società israeliana di sicurezza Check Point l’ha analizzata e dice che ha delle falle importanti di sicurezza e dei sistemi di gestione nascosti; un’altra società del settore, Zimperium, la classifica come ad alto rischio per privacy e sicurezza, mentre Penetrum ha pubblicato un ampio dossier che la classifica come un rischio di sicurezza; il boss di Reddit, Steve Huffman, dice che è un’app parassita che è perennemente in ascolto e la definisce apertamente spyware.

L’esercito degli Stati Uniti e l’India l’hanno bandita insieme ad altre app cinesi. Apple ha avvisato che TikTok per iOS legge tutto quello che copiamo negli Appunti (Clipboard) del telefonino in qualsiasi app (quindi comprese le password o le coordinate di una carta di credito, se le copiaincolliamo) e soltanto dopo che è stata colta sul fatto in due occasioni differenti ha promesso che smetterà di farlo.




Anche Anonymous invita a cancellare TikTok, definendolo “fondamentalmente del malware gestito dal governo cinese che sta svolgendo un’operazione di spionaggio enorme.”

Questo è quello che è ormai accertato. Esiste poi un post su Reddit di una persona (nota solo come bangorlol) che dice di aver fatto reverse engineering dell’app e di aver scoperto che TikTok raccoglierebbe tutti i dati possibili dei suoi utenti: il tipo di telefonino, le altre app installate, l’indirizzo IP, il nome del Wi-Fi, la localizzazione GPS; nella versione Android ci sarebbe una funzione che consente all’app di scaricare un file ed eseguirlo. Alcuni di questi comportamenti, ma non tutti, sono stati confermati indipendentemente (per esempio da Penetrum).

Insomma, anche se non ci sono conferme di tutte le accuse, quelle confermate sono più che sufficienti a sconsigliare di installare o tenere sul proprio telefonino TikTok.

Per quelli che, come sempre in questi casi, dicono “ma io non ho niente da nascondere, che mi spiino pure” ho solo due considerazioni: la prima è che se TikTok ha accesso alle vostre password o ad altre vostra informazioni personali, c’è il rischio che se le faccia rubare e che quindi voi perdiate tutti i vostri account, contatti e foto; la seconda è che magari non avete nulla da nascondere adesso, ma in futuro potreste avere qualcosa da proteggere. E che potrebbe essere usato contro di voi se, per esempio, fate un viaggio in Cina.


Fonti aggiuntive: Ars Technica, Incyberdefense, BoredPanda, Bruce Schneier.

2020/05/22

Perché tutti stanno bocciando TikTok?

TikTok è un’app social popolarissima. Ma allora come mai le sue recensioni sono precipitate a 1,6 stelle su 5 in Google Play mentre sono alte (4,8) su App Store? Visto che di solito si consiglia di non installare app che hanno recensioni scarse, vale la pena di capire cosa sta succedendo.

La spiegazione, a quanto pare, arriva dall’India: specificamente da una lite online fra uno YouTuber molto popolare nel subcontinente, CarryMinati (Ajay Negar), uno che fa 75 milioni di visualizzazioni con un singolo video, e un “TikToker”, Faizal Siddiqui. Siddiqui ha inoltre pubblicato su TikTok un video che è accusato di incoraggiare la violenza contro le donne.

Risultato: gli utenti indiani hanno partecipato alla lite inondando Google Play di recensioni negative di TikTok e promuovendo hashtag come #IndiansAgainstTikTok e #tiktokbanindia che invitano a disinstallare l’app o chiedono di bandirla dagli store.

Il crollo del punteggio di recensione si è fatto sentire su Google Play molto più che su App Store perché Android è di gran lunga il tipo di smartphone più diffuso in India.

Non c’è niente di improvvisamente negativo in TikTok, insomma; c’è solo una notevole dimostrazione del potere planetario degli internauti indiani.


Fonti aggiuntive: India Times, DNAIndia, IndianExpress, NDTV.

2019/11/08

Perché TikTok è sotto indagine?

TikTok, l’app che molti conoscono con il suo nome precedente, ossia Musical.ly, ha circa 500 milioni di utenti in tutto il mondo. Sono concentrati in gran parte in Cina e sono principalmente giovanissimi.

Il suo concetto è semplice: pubblicare video cortissimi, che durano una quindicina di secondi e spesso sono realizzati con qualche effetto speciale a sorpresa oppure mimano spezzoni di canzoni.

Ma c’è chi si preoccupa per TikTok, addirittura in termini di sicurezza nazionale. L’app è oggi di proprietà dell’azienda cinese Bytedance, che era stata multata per quasi sei milioni di dollari, quando l’app si chiamava ancora Musical.ly, per aver ospitato consapevolmente contenuti pubblicati da minori e raccolto dati su minori senza il consenso dei genitori, cose vietate negli Stati Uniti. 

Una delle persone preoccupate per la sicurezza di TikTok è Alex Stamos, ex funzionario della sicurezza di Facebook e oggi professore a Stanford: ha tweetato che Bytedance sta applicando le regole cinesi di censura anche negli Stati Uniti, vietando contenuti che esprimono punti di vista politici.

Un’altra preoccupazione è che il governo cinese esige che le sue app social forniscano allo stato pieno accesso alle informazioni degli utenti. Bytedance, però, dice che i dati degli utenti non cinesi non vengono condivisi con le autorità cinesi. Alcuni politici americani hanno chiesto ai responsabili di TikTok di presentarsi per un’udienza in cui chiarire la propria posizione e hanno chiesto ai servizi di sicurezza statunitensi di esaminare TikTok. L’app è sotto esame anche nel Regno Unito per il suo uso di dati di minori.

Tanta agitazione può sembrare assurda per un’app tutto sommato frivola, ma c’è un precedente: Grindr, un’app di incontri gay. Era stata acquisita da un’azienda cinese, Kunlun, ma le autorità americane hanno ordinato a Kunlun di cederla ad altri (americani) perché contiene troppe informazioni personali sui soldati statunitensi, che non è opportuno regalare a un paese straniero che ne potrebbe fare un uso facilmente immaginabile.

2019/07/05

TikTok sotto indagine per come gestisce i dati dei bambini

Naked Security segnala che i responsabili della popolarissima app TikTok (500 milioni di utenti mensili nel mondo) sono sotto indagine nel Regno Unito perché avrebbero violato il regolamento europeo GDPR di tutela dei dati personali, particolarmente dei minori che la usano tantissimo.

Non è la prima volta che TikTok finisce nei guai: a febbraio scorso ha subìto una sanzione storica per aver violato le norme statunitensi sulla tutela dei minori, perché raccoglieva e usava i dati personali di utenti che avevano meno di 13 anni e quindi hanno norme di protezione particolarmente severe (il Children’s Online Privacy Protection Act o COPPA). TikTok, che all’epoca si chiamava Musical.ly, non avvisava i genitori di questa raccolta e utilizzo, non otteneva il loro consenso e soprattutto non cancellava i dati dei minori quando richiesto dai genitori.

Le critiche britanniche riguardano ora il fatto che il sistema di messaggistica è completamente aperto e questo consente agli adulti di contattare i minori, cosa che violerebbe il GDPR che impone una separazione fra attività degli adulti e attività dei minori, con maggiori protezioni per questi ultimi. E i minori che possono essere oggetto di molestie, minacce e ricatti tramite TikTok sono tantissimi: fra gli utenti iPhone, il 50% ha da 13 a 24 anni, mentre fra quelli Android la percentuale sale al 60%. In entrambi i gruppi le ragazze rappresentano più del 70% degli utenti.

Dato che TikTok non sembra agire con sufficiente attenzione per proteggere i suoi giovanissimi utenti, è opportuno che i genitori avvisino i figli di fare attenzione a quello che pubblicano, che potrebbe essere usato contro di loro da bulli e ricattatori, e di tenere privati i propri video, condividendoli soltanto con gli amici davvero fidati, senza cercare popolarità presso sconosciuti che ne approfitteranno.

2019/03/22

TikTok, trucchi di sicurezza

Musical.ly, il popolare servizio che permette di creare e pubblicare su Internet brevi video musicali nei quali gli utenti mimano una canzone, adesso si chiama TikTok.

Ha un miliardo di utenti in tutto il mondo e alcuni dei suoi utenti hanno decine di milioni di follower. Ne avevo parlato un annetto fa, ma vale la pena di ritornare sull’argomento ripassando le regole per usare TikTok in modo sicuro e divertirsi.

  • Per prima cosa, il limite di età di 13 anni impostato dai creatori dell’app va rispettato: su TikTok ci sono anche cose non adatte per bambini. Se mentite sulla vostra età e TikTok se ne accorge, il vostro account verrà eliminato.
  • Impostate il vostro account in modo che sia privato, così quello che create sarà visto solo dagli amici. Molti usano TikTok in modo pubblico sperando di diventare famosi, ma le probabilità sono scarse e invece il rischio molto reale è di diventare perseguitati da hater, bulli e altri personaggi poco raccomandabili.
  • Bloccate e filtrate i commenti: si possono vietare certe parole o disabilitare del tutto i commenti. Non affidatevi al giudizio degli sconosciuti.
  • Chattate solo con le persone che conoscete nella vita reale.
  • Non fate video in posti facilmente riconoscibili che possano rivelare dove siete.
  • Ricordatevi che un video messo su Internet ci resterà per sempre: una cosa che adesso trovate divertente potrebbe tornare a perseguitarvi in futuro. Pensate prima di postare.
  • Se vedete su TikTok qualcosa che secondo voi non ci dovrebbe stare, segnalatelo e TikTok provvederà a valutarlo ed eliminarlo.
Per i genitori, segnalo che è possibile fare acquisti tramite l’app e che quindi è opportuno attivare i controlli parentali per evitare truffe e acquisti indesiderati.


Fonte: BBC.
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