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Il Disinformatico

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2009/12/14

L’esagono di Saturno

Dio non gioca ai dadi. Preferisce la geometria


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "telce****" e "angb59".


Questo è il polo nord del pianeta Saturno, visto da sopra. L'esagono che vedete non è un effetto fotografico, ma una struttura reale, grande più di due volte la nostra Terra, che dura da almeno trent'anni, quando la videro di sfuggita le sonde Voyager della NASA negli anni Ottanta del secolo scorso. Per via dell'inclinazione dell'asse del pianeta rispetto al piano in cui orbita lentamente, queste nubi dalla sagoma straordinariamente regolare sono rimaste al buio fino a pochi mesi fa: l'inverno polare saturniano dura quasi quindici anni.

La sonda Cassini era riuscita a catturarne immagini nell'infrarosso, ma ora ha potuto scattarne fotografie in luce normale e ritrasmetterle a Terra. Riunite in questo collage, il cui centro è nero per mancanza di dati (la regione polare estrema è ancora al buio), rivelano in un dettaglio mai visto prima una struttura la cui genesi e stabilità almeno trentennale sono per ora inspiegate. Al polo opposto del pianeta, fra l'altro, non c'è un esagono analogo, ma un ciclone grande come il nostro pianeta.

Si suppone che l'esagono sia una forte corrente atmosferica simile al jetstream terrestre, ma non si sa cosa ne regoli la forma. Maggiori dettagli sull'esagono più colossale mai visto da occhio umano (o robotico) sono nel PhotoJournal della NASA e nel sito della sonda Cassini.

Va ricordato che alla missione Cassini collaborano anche l'Agenzia Spaziale Italiana e l'ESA.

Di fronte a meraviglie e misteri del genere, le storielle trite di visite di alieni umanoidi e di presunte sfighe annunciate dai Maya impallidiscono e assumono il sapore del pane ammuffito. In tutto il loro partorire di fantasie malate, i vari veggenti, ufologi, viaggiatori astrali e fanfaroni assortiti non sono mai riusciti a concepire nulla del genere.

E a riprova delle scempiaggini che dicono, va notato che se avessero voluto dimostrare di viaggiare davvero nello spazio a bordo di navi aliene, avrebbero potuto semplicemente dire "c'è un colossale esagono al polo nord di Saturno" quarant'anni fa, prima che se ne sapesse qualcosa grazie alle missioni spaziali. Ancora una volta, la paziente fatica degli scienziati e dei tecnici dimostra che l'universo non è soltanto più strano di quello che immaginiamo: è più strano di quello che possiamo immaginare.

Giacobbo, Ruggeri, andate a cuccia. Questa non è roba per voi.

2009/12/13

Gioco: spiegate questa foto

Mettete alla prova il vostro talento investigativo: sbufalate questa foto




Fotomontaggio? Tragica istantanea scattata pochi istanti prima che i due malcapitati precipitino nella cascata? Dite la vostra: mettete in pratica le tecniche d'indagine online e vedete quanto tempo ci mettete, tutti insieme, a scoprire l'origine e la spiegazione di questa immagine. E' una bella dimostrazione di come un'immagine decontestualizzata possa essere fortemente ingannevole. Buon divertimento!

2009/12/12

Le cose che non colsi - 2009/12/12

Lego Matrix, spot di Google, Yesmen in azione e altre chicche


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "pocoletta" e "silvia.col****". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.


Anche Matrix cede al fascino dei Lego. Una scena di Matrix ricostruita con il Lego e senza effetti digitali, usando solo la classica tecnica del passo uno (stop-motion) e tanta, tanta pazienza e creatività:


Da confrontare con l'originale:



Questo sì che è il futuro che ci avevano promesso. L'X-37B, uno spazioplano militare dell'USAF, partirà ad aprile 2010. Ispirato dallo Shuttle (decolla come un missile, rientra come un aereo), ma senza equipaggio e più piccolo, l'X-37B è lungo 10 metri, con un'apertura alare di 5 metri, e pesa circa 5 tonnellate. Gli appassionati noteranno la somiglianza con gli X-20 degli anni Sessanta: finalmente si torna a dove eravamo cinquant'anni fa, prima di prendere la scorciatoia delle capsule spaziali. Proprio come aveva predetto Buzz Aldrin.

Verrà lanciato in cima a un vettore Atlas 5 (non in fianco al booster, come lo Shuttle, in posizione vulnerabile). I dettagli sono su Spaceflightnow.


Yes Men sempre burloni. La Coca-Cola vende un'acqua, chiamata Dasani, che non è acqua minerale di sorgente: è in sostanza acqua del rubinetto filtrata e confezionata, ma questo non viene detto. Gli Yes Men organizzano una finta campagna pubblicitaria per il prodotto, dicendo che verrà chiamata Deception (Inganno), per rispecchiare meglio la natura del prodotto. E la gente ci casca. Il video è qui; la collezione di scherzi satirici degli Yes Men ai danni delle grandi società e degli enti pubblici colpevoli d'ipocrisia è qui.


Pubblicato online il manuale segreto dei controllori di sicurezza degli aeroporti USA. Seriamente: credete che questa gente sarebbe capace di tenere segreto un supercomplotto come l'omicidio Kennedy, l'11 settembre o lo sbarco sulla Luna? Non è neanche capace di tenere segreto il manuale delle procedure di gestione della sicurezza degli aeroporti che contiene le impostazioni delle macchine a raggi X, dei rivelatori di esplosivi, la descrizione delle credenziali autorizzate di senatori, poliziotti ed agenti FBI, e altre chicche nelle sue 93 pagine.

Lo trovate su Wikileaks, dove è finito dopo essere stato pubblicato su un sito Internet pubblico destinato alle società che lavorano in appalto per il governo statunitense. Il manuale è stato messo online con le pecette, applicate però in modo dilettantesco e facilmente rimovibili. Altri dettagli sono su CNN, Alternet, BBC, Wandering Aramean.


Sicurezza aeroportuale, un teatrino. Oltre alla beffa del manuale segreto pubblicato online, arriva una ricerca di medicina forense a confermare quello che molti già sospettavano: le paranoiche misure di sicurezza che hanno reso i voli di linea un autentico calvario sono operazioni di facciata, perché comunque è permesso portare a bordo penne a sfera, coltelli di plastica, bottiglie e bicchieri di vetro, e altri oggetti che possono essere usati da un dirottatore per infliggere ferite letali, per esempio al collo. Lo descrive e lo dimostra (su corpi di maiali precedentemente uccisi in modo meno cruento) la ricerca intitolata Use of a pig model to demonstrate vulnerability of major neck vessels to inflicted trauma from common household items sull'American Journal of Forensic Medical Pathology.


DNS di Google. Adesso anche la gestione del DNS può essere affidata a Google, che aggiunge così un altro tassello al proprio dominio di Internet e al proprio potere di sapere per filo e per segno cosa facciamo e quali siti visitiamo. Mah. PCMag ha svolto test dettagliati (in sintesi: non ci si guadagna granché in velocità; niente IPv6; niente correzioni dei nomi; nessun filtraggio di siti ostili). Altri commenti perplessi su The Register. Di questo passo, presto Internet si chiamerà semplicemente Google.


Spot elegante per Google. Chiunque faccia i video promozionali per Google ha decisamente talento. Non oso immaginare il lavoro necessario per realizzare questi effetti fisici nel video che spiega le caratteristiche del browser Chrome. Buona visione.



La mitica norma UE sulle banane. Additata così spesso come simbolo della burocrazia europea impazzita da aver assunto connotazioni mitiche, la norma che regola le caratteristiche delle banane esiste, ma non stabilisce la curvatura con una formula matematica come vuole il mito: parla solo di banane "normalmente ricurve" e specifica lunghezza minima (14 cm) e diametro minimo (27 mm). Ma è comunque gustosa per le bizantinissime precisazioni e discriminazioni che elenca. Ecco i link alla versione inglese e a quella italiana.


Quando una stella fa un ruttino. Nel gennaio del 2002, la stella V838 Monoceros, a circa 20.000 anni luce da noi, ha emesso un lampo improvviso, dovuto all'espansione violenta della propria superficie, ma non ha emesso materia. Il bagliore di quel lampo si propaga, alla velocità della luce, in tutte le direzioni, illuminando la polvere interstellare man mano che la incontra. Il risultato è questa spettacolare immagine, scattata dal telescopio spaziale Hubble. Se volete la versione ad alta risoluzione da usare come sfondo per il vostro computer, la trovate qui su APOD.

2009/12/11

Facebook semplificato? Dati e foto personali del boss di Facebook diventano pubbliche grazie al cambio delle regole di privacy

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "giuseppe.r****87" e "faber". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2009/12/14.

I casi sono due: o Mark Zuckerberg, boss di Facebook, è stato fregato dalle nuove, contestate impostazioni di privacy della sua stessa azienda, oppure ha improvvisamente deciso di mettere in piazza la propria vita come vuole che facciano i suoi utenti.

Ben 290 delle sue foto personali e vari altri dati che prima erano privati sono diventati pubblici e ovviamente sono stati catturati subito dal popolo della Rete. Se vi interessano, le immagini migliori sono su Gawker.

Meno male che le nuove impostazioni dovevano rendere più facile la gestione della privacy. Se non sa gestirle neanche il capo di Facebook, figuriamoci che simpatico disastro potranno combinare i suoi 350 milioni di utenti.

Come se non ne avessero già combinati in passato.


23:20


Intorno alle 20, Zuckerberg ha aggiornato la propria Bacheca per chiarire che la maggiore trasparenza è intenzionale: "For those wondering, I set most of my content to be open so people could see it. I set some of my content to be more private, but I didn't see a need to limit visibility of pics with my friends, family or my teddy bear :)".


Aggiornamento (2009/12/14)


The Register segnala che un portavoce di Facebook ha dichiarato che Zuckerberg "ha seguito il percorso dello strumento di transizione come gli altri utenti, ha valutato i suggermenti e ha finito per accettarli". Però le foto che Zuckerberg diceva di aver reso pubbliche intenzionalmente sono state rimosse.

Falso il video dell’inquilina segreta

È un video di marketing virale la ripresa della clandestina in casa


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "alex.mi****" e "amdinoto".

Un ragazzo piazza una telecamera nascosta, dotata di un illuminatore a infrarossi, per registrare cosa succede di notte nel suo appartamento, e scopre di avere un'inquilina segreta che esce da una nicchia e gli mangia il cibo in frigorifero.

Ovviamente il video viene pubblicato su Youtube e viene segnalato dai media (per esempio Repubblica), totalizzando in pochi giorni oltre un milione di visitatori.

Secondo France24.com, si tratta di un video di marketing virale per un'azienda online dedicata alla locazione di immobili, Nakedapartments.com. La conferma arriva da un messaggio su Twitter di Nakedapartments.com, che dice "We're in Gothamist, well, our viral video is at least" e linka una pagina del Gothamist, e dal fatto che il video è pubblicato sul blog dell'azienda.

Fonti: BoingBoing, Fark.

Falsi antivirus carogna coinvolgono Microsoft

Antivirus fasulli estorcono denaro spacciandosi per servizi Microsoft


I criminali informatici ne inventano ogni giorno una nuova. Stavolta sono riusciti anche a creare l'illusione di essere sponsorizzati da Microsoft.

Secondo le segnalazioni di Sunbelt Software, sta infatti circolando un falso antivirus, chiamato DefenceLab, che una volta installato porta l'utente-vittima a una pagina del sito di supporto tecnico di Microsoft, ma ne altera il contenuto per far sembrare che Microsoft sia un garante dell'antivirus.




Insieme a una scansione simulata del computer e a una finestra di dialogo che imita quelle del Centro Sicurezza di Windows, l'illusione è molto convincente e rischia di far abboccare molti utenti Windows.

Lo scopo del raggiro è puramente monetario: convincere la vittima a comperare la versione a pagamento dell'antivirus. Il sito (che non linko qui per non favorire la truffa e non essere segnalato dagli antivirus come vettore di infezioni) ha un'aria seria e rispettabile e raccoglierà volentieri i vostri soldi, se non state attenti. Il modo migliore per difendersi da questo genere di trappole è evitare di scaricare da Internet prodotti sconosciuti: se cercate un antivirus, chiedete ad amici e colleghi esperti quale usano loro.

Antibufala Classic: gatti giganti

Due storie di gatti elefantiaci


È un periodo abbastanza tranquillo sul fronte delle bufale circolanti in Rete, per cui colgo l'occasione di riprenderne un paio che erano rimaste in sospeso tempo addietro: le foto di felini colossali.


Snowball, il gatto nucleare


La prima storia risale ad aprile 2001, ma circola tuttora. Riguarda la foto qui accanto, spesso identificata come un ritratto del canadese Rodger DeGagne e del suo micetto Snowball.

Si tratta di una burla, perché il testo originale che accompagnava la fotografia afferma che il signor DeGagne vive vicino al centro di ricerca nucleare di Chalk River, insinuando che le dimensioni del felino siano il risultato di una fantascientifica mutazione indotta dalla radioattività, ma l'indizio si perde se non si è canadesi.

Restano però la rigidità innaturale del gatto e l'assurdità di un uomo che regge in quel modo cinquanta chili (tanto, dice il testo d'accompagnamento, peserebbe Snowball). Infatti Urban Legend Zeitgeist ha trovato una versione a maggiore risoluzione della foto e ha scoperto che si tratta di un trucco digitale.

L'autore del fotoritocco fu trovato già a maggio 2001: si chiamava Cordell Hauglie, stava nell'Ontario, e il suo gatto, Jumper, era di taglia normale. Il signor Hauglie spiegò al North Renfrew Times che aveva creato la foto semplicemente come scherzo per la giovane figlia, ma copie dell'immagine ritoccata furono mandate agli amici e da lì si sparsero per il mondo intero, perdendo per strada l'attribuzione vera e acquisendo, non si sa come, quella della mutazione atomica.


Riley, felino reale


La storia di quest'altro gatto gigante, ritratto nell'immagine qui accanto che ha spopolato in Rete, è invece sorprendentemente autentica: il modo in cui viene tenuto dalla sua proprietaria, Martha, è più plausibile rispetto al caso di Snowball e non ci sono tracce evidenti di fotoritocco.

Soprattutto, in questo caso esistono altre immagini di Riley che sarebbe stato difficile falsificare, pubblicate da Snopes.com e risalenti al 2004.

Le dimensioni di Riley sembrano straordinarie perché si tratta di un Maine Coon di due anni d'età, il cui pelo molto folto e lungo e la posa allungata contribuiscono non poco all'impressione di stazza fuori dal comune. Stando a Snopes.com, Riley pesava all'epoca circa 12 chili. Ecco alcune altre foto del gattone:




Canada, i pirati stavolta sono i discografici

Artisti derubati dalla pirateria musicale: quella dei discografici


Per oltre vent'anni hanno piratato le canzoni degli artisti musicali più noti, da Beyonce a Bruce Springsteen passando per il grande jazzista Chet Baker, lucrando sul loro lavoro senza corrispondere un soldo dei diritti d'autore dovuti. La banda dei cospiratori ha già ammesso la propria colpevolezza, e in tribunale rischia una condanna che prevede un risarcimento minimo di 48 milioni di franchi (32 milioni di euro) ma potrebbe arrivare a 5,8 miliardi di franchi (3,8 miliardi di euro).

Posso farvi i nomi di questi pirati: Sony BMG, EMI Music, Universal Music e Warner Music, nelle rispettive filiali canadesi.

Sì, stavolta i ladri sono proprio le case discografiche, quelle che ci hanno rimbambito di slogan sul non rubare la musica altrui, quelle che hanno lucchettato le canzoni con i sistemi anticopia (DRM) e punito gli acquirenti onesti, quelle che non hanno esitato nel 2006 a infettare i computer dei clienti pur di difendere i propri diritti (usando un rootkit, installato dal sistema anticopia XCP).

In Canada, infatti, dalla fine degli anni Ottanta le case discografiche in questione hanno adottato la prassi di pubblicare, sfruttare e vendere brani musicali senza ottenere preventivamente la specifica licenza e autorizzazione del titolare dei diritti, e senza quindi pagare nulla all'artista, semplicemente promettendo di farlo in seguito. Sì, avete capito bene. Dichiaravano di non essere in grado di individuare il titolare, e i brani orfani venivano messi così in una pending list, una "lista dei sospesi".

Se in alcuni casi era effettivamente difficile rintracciare i titolari dei diritti, asserire di non essere riusciti a individuare Chet Baker o Bruce Springsteen dopo vent'anni pare invece piuttosto surreale. La lista dei sospesi ha continuato a crescere disinvoltamente negli anni e ora include circa 300.000 canzoni di migliaia di artisti canadesi ed esteri, sui quali Sony, EMI, Universal e Warner hanno lucrato per oltre vent'anni senza corrispondere un soldo.

Ma nel 2008 gli eredi di Chet Baker hanno avviato una causa presso i tribunali dell'Ontario (potete leggerne gli atti), e gli altri artisti si sono associati all'azione legale, instaurando una class action. Le case discografiche stesse hanno già ammesso che la lista dei sospesi indica pagamenti inevasi che secondo loro ammontano ad almeno 50 milioni di dollari canadesi (48 milioni di franchi, 32 milioni di euro). C'è poco da cavillare: l'esistenza della lista di sospesi è di per sé un'ammissione del reato.

A questo importo si aggiungono i risarcimenti previsti dalla legge a carico di chi viola il diritto d'autore, che potrebbero arrivare a 20.000 dollari a canzone violata, per un totale di 6 miliardi di dollari canadesi (5,8 miliardi di franchi, 3,8 miliardi di euro). Cifre enormi, che ironicamente nascono dalle stesse regole usate dalle case discografiche per chiedere milioni di risarcimento dai privati cittadini colti a violare il diritto d'autore usando i circuiti peer to peer. Chi di spada ferisce...

Google, risultati di ricerca in tempo reale

Anteprima della ricerca in tempo reale di Google


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Tra pochi giorni Google dovrebbe aggiungere alla propria pagina standard le ricerche aggiornate in tempo reale, che includono i risultati di Twitter, Myspace, Yahoo Answers, vari siti di notizie e le parti pubbliche di Facebook, oltre a FriendFeed, Jaiku e altri ancora.

Una porzione dell'elenco dei risultati viene infatti presentata come una finestrella nella quale scorrono i risultati di ricerca provenienti da questi siti, man mano che vengono pubblicati. L'effetto è al tempo stesso impressionante e vertiginoso. Abbiamo davvero bisogno di avere risultati di ricerca aggiornati a pochi secondi fa?


La funzione, sicuramente molto comoda per i giornalisti e per chi vuole seguire l'evolversi di una notizia, è già disponibile per alcuni utenti selezionati, ma chiunque la può provare in anteprima andando al servizio Google Trends e cliccando su una delle parole chiave dell'elenco Hot Topics. In alternativa, c'è sempre il video dimostrativo. Per ora sono inclusi i risultati di Twitter e alcuni siti di notizie; le altre fonti dovrebbero aggiungersi a gennaio 2010, secondo la recensione della BBC.

Bing, il motore di ricerca di Microsoft, ha già la ricerca in tempo reale, ma è limitata a Twitter e Facebook e viene presentata in una pagina separata anziché integrata nella pagina standard. In compenso è disponibile su una rosa più ampia di termini di ricerca rispetto a Google. Ora che Bing è al 30% del mercato grazie agli accordi con Yahoo e quindi è un concorrente significativo di Google, la corsa all'innovazione sta accelerando, e questo di solito porta soltanto vantaggi agli utenti.

Facebook, privacy da riconfigurare

Facebook semplifica la privacy mettendo tutto in piazza


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Da un paio di giorni i 350 milioni di utenti di Facebook s'imbattono in un messaggio, come quello qui accanto, che li avvisa che il popolare social network sta effettuando delle modifiche per dare loro maggiore controllo sulla diffusione delle informazioni personali. Non si tratta di un tranello da parte di un virus: è una modifica autentica di Facebook, annunciata da Mark Zuckerberg in persona il 2 dicembre scorso.

Se l'utente segue le istruzioni proposte dal messaggio, le impostazioni di privacy vengono semplificate: spariscono i "network regionali" e restano quattro opzioni di base per la visibilità delle informazioni, che diventano accessibili agli amici, agli amici di amici, a tutti o a chi soddisfa un criterio personalizzato.

La privacy diventa inoltre regolabile secondo queste opzioni per ogni singolo elemento pubblicato. Per esempio, con il nuovo Facebook è possibile scegliere facilmente, tramite un menu, che una singola foto sia visibile soltanto agli amici o che un aggiornamento del proprio stato sia consultabile soltanto dai propri colleghi.

Il problema è che le sfumature di cosa è pubblico e cosa non lo è rimangono comunque complesse a livelli da burocratese hardcore. Faccio un esempio, tratto dalle spiegazioni ufficiali del blog di Facebook a proposito della richiesta ricorrente di rendere meno visibile la lista degli amici: "Dopo che avrete completato la transizione alle nuove impostazioni di privacy, potrete cliccare sull'icona a forma di matita nell'angolo superiore destro del riquadro 'Amici' nel vostro profilo. Disattivando "Mostra i miei amici nel mio profilo", la vostra lista di amici non comparirà nel vostro profilo quando verrà visualizzata da persone che hanno fatto login su Facebook. Tenete presente, tuttavia, che siccome la Lista di Amici è pubblicamente disponibile, sarà visibile alle persone che guardano il vostro profilo senza aver effettuato il login." Allora, posso rendere privata la mia lista di amici o no?

Cosa ancora più importante, tanto da suscitare la preoccupazione di guardiani della privacy come la Electronic Frontier Foundation, le impostazioni predefinite del restyling di Facebook fanno diventare visibili a tutti ogni contenuto, anche se l'impostazione preesistente era di mantenere tutto privato:



Il consiglio è quindi di non accettare i valori preimpostati, ma di selezionare un livello generale predefinito di privacy il più possibile restrittivo e poi "liberare" di volta in volta manualmente i singoli contenuti che desiderate condividere più ampiamente, leggendo attentamente le FAQ in italiano.

Facebook, insomma, spinge gli utenti a condividere pubblicamente più informazioni che in passato. La ragione è semplice: soldi. Facebook non è un ente di beneficenza, e se i suoi contenuti sono accessibili soltanto a gruppi ristretti di utenti anziché a tutti, non sono accessibili ai motori di ricerca e quindi non sono monetizzabili. La concorrenza di Twitter, dove le impostazioni di privacy sono semplicissime (tutto è pubblico) e i contenuti sono indicizzabili da Google e soci e quindi trasformabili in flussi di denaro, si fa sentire.

Come ciliegina sulla torta, segnala sempre la EFF, le applicazioni ora hanno molto più accesso di prima ai dati degli utenti: nel nuovo Facebook, la lista di amici, il vostro nome, l'immagine del profilo, la città attuale, il sesso, i network e le pagine di cui siete fan diventano "informazioni pubblicamente disponibili" alle applicazioni, che possono quindi raccattarle e compilarle per ogni sorta di attività di profilazione, ricerca o pubblicità.

Attenzione, quindi, alle nuove regole, per evitare imbarazzi rendendo pubblico quello che pensavate fosse privato.


19:00


Facebook pare abbia fatto oggi un parziale dietrofront sulla visibilità della lista di amici, secondo The Register. Anche perché i dati personali del boss del social network, Mark Zuckerberg, sono diventati pubblici, come segnalato da Gawker.

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