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Il Disinformatico

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2006/09/22

Password di Word bucate a colpi di disco rigido, rinforzatele

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "luisamaif****" e "franzdh". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale: alcuni commenti si riferiscono a versioni precedenti.

Se usate ancora password a 40 bit, per esempio in Word, vi conviene passare alle password a 128 bit. Quelle da 40, infatti, si scoprono in pochi secondi usando una tecnica degli anni '80 che grazie al crollo dei prezzi dei dischi rigidi è passata dalla teoria alla pratica. E anche le password un po' più toste, se non vengono usate con attenzione, sono soltanto questione di tempo. Poco tempo.

Il Sydney Morning Herald intervista Christian Stankevitz, un esperto della Neohapsis, ditta statunitense specializzata in consulenze sulla sicurezza informatica, e Pieter Zatko, che qualcuno ricorderà come uno degli autori del mitico programma L0phtcrack che si usava appunto per scoprire le password altrui (e per verificare la robustezza delle proprie).

Stankevitz e Zatko decifrano le password per lavoro (collaborano con governi e forze di polizia) adoperando un metodo descritto a livello teorico per la prima volta negli anni 80 e noto come rainbow table. Per ovvie ragioni, i computer non memorizzano le password in chiaro, altrimenti sarebbe sufficiente sapere dove si trova il file contenente le password e leggerle: le conservano in forma cifrata (hash). Semplificando, le rainbow table sono delle immense tabelle precompilate di equivalenze fra password in chiaro e password cifrate.

Quando si deve scoprire la password che protegge un file o un computer, si prende la versione cifrata della password (custodita nel file o nel computer in questione) e la si confronta con le voci di queste tabelle fino a che si trova una corrispondenza. Una volta trovata, risalire alla password in chiaro è banale.

Con le rainbow table, il tempo necessario per decifrare per forza bruta una password di un file Word, per esempio, è crollato da una media di 25 giorni a pochi secondi. Si bucano altrettanto rapidamente le password di Windows e delle vecchie versioni di Acrobat (ma non di quelle nuove).

L'unico difetto di questa tecnica è che richiede una quantità spropositata di spazio su disco (qualche terabyte) per memorizzare le tabelle precalcolate che le consentono di essere così veloce rispetto ai metodi tradizionali che effettuano i calcoli sul momento, durante il tentativo di cracking (decifrazione).

Ma i prezzi dei terabyte di memoria sono sempre più bassi, per cui un computer in grado di decifrare una password a 40 bit costa oggi qualche migliaio di euro: più che alla portata di un gruppo criminale organizzato e ovviamente delle forze dell'ordine.

Neohapsis consiglia di passare alle password a 128 bit lunghe almeno 12 caratteri per i documenti e i computer contenenti informazioni riservate e delicate, ma soprattutto di non usare la medesima password per situazioni differenti. Il lavoro del detective informatico (o del criminale), infatti, non è pura forza bruta: l'astuzia gioca la sua parte.

Per esempio, se la vittima cifra una stessa password sia con funzioni a 128 bit sia con funzioni a 40 bit, è inutile perdere tempo con quelle a 128: si va dritti a quelle a 40 e si decifrano. Inoltre è molto probabile che la vittima usi la medesima password per proteggere più di un documento o computer, per cui trovare una password "debole" apre un varco che facilita il lavoro sulle password più robuste.

Esistono delle tecniche di difesa contro questi assalti: la più diffusa è l'aggiunta del "sale", nel senso di salt, come descritto nella Wikipedia. Si tratta di bit aggiunti alla password cifrata vera e propria, che rendono molto più oneroso il lavoro di decifrazione. Ogni bit aggiuntivo, infatti, raddoppia la quantità di memoria e di potenza di calcolo necessarie per il cracking.

Il problema è che non tutti i programmi utilizzano il "sale" per rinforzare le proprie password: per esempio, lo fa Linux, lo fa Mac OS X (solo dalla 10.4 in poi), ma non lo fanno né le applicazioni in PHP né Windows NT/2000. Quindi basta che l'intruso concentri i propri sforzi su questi programmi e sistemi operativi più vulnerabili per ottenere il primo appiglio, dal quale lanciarsi per trovare le password rimanenti.

Il consiglio, quindi, è di non limitarsi a pensare "ho protetto il documento con una password, sono al sicuro", ma informarsi bene su quanto sia robusta la generazione delle password dei programmi e dei sistemi operativi che si usano, e soprattutto evitare di usare la medesima password in situazioni differenti (mai usare la stessa password per la posta e per la contabilità, per esempio). E' una sfida non banale: ma se avete seriamente dei dati delicati da proteggere, bisogna affrontarla.

2006/09/21

11/9, ne parla Raitre

Report si occupa di 11 settembre con un filmato-fiume

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "terryble" e "homezappa".

Domenica 24 settembre, alle 21, la trasmissione Report di Raitre presenterà il documentario "Confronting the Evidence" dedicato all'11 settembre. Si tratta di un video di oltre due ore e mezza che riassume una conferenza dei principali teorici del complotto tenutasi due anni fa, e si sente. Di novità non ne contiene, e anzi molto del materiale è obsoleto e ritenuto pericolosamente ridicolo anche dai complottisti statunitensi, per cui è un disservizio anche per chi crede nei complotti dell'11 settembre.

Se la cosa vi interessa, ho scritto una minirecensione di "Confronting the Evidence" nel blog Undicisettembre, e ho già mandato due righe a Report segnalando le magagne della loro scelta. Là fuori ci sono documentari indipendenti ben più sostanziosi, che senza fantasticare di aerei fantasma e demolizioni improbabili pongono domande pesantissime, supportate da una ricostruzione ben documentata. Mi riferisco in particolare a "911 Press for Truth". Lo potete vedere (in inglese) su Google Video.

2006/09/20

La fisica dei supereroi

Non fanno più i prof di fisica di una volta

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "giuliadelp****" e "info".

Jim Kakalios insegna fisica alla University of Minnesota. La insegna usando i fumetti dei supereroi e una verve comica irresistibile: l'unico problema è che parla in inglese. Se riuscite a seguire questa lingua, godetevi i suoi corsi di fisica supereroica nei video di Youtube:
Forse se ci fossero più insegnanti di questo genere, avremmo in giro meno persone che credono alle bufale delle s*** ch***** (ho promesso di non nominarle), della piegatura paranormale dei cucchiai, dei guaritori e degli sbarchi lunari fatti in studio, giusto per citarne alcune, e io potrei appendere al chiodo il distintivo di detective antibufala. E avremmo anche più gente che ride e intanto impara qualcosa.

Il sito della fisica per supereroi del professore è qui, e il suo libro è sfogliabile su Amazon. Nessuno si offre per una versione italiana di Kakalios?

2006/09/19

Il Trusted Computing m’invade il maniero!

Il Dottor StranaMac, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare il Trusted Computing (prima parte)


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "giannozz" e "flamingo".

Mi guarda dall'angolo della scrivania, col suo singolo occhio bianco. E' un Mac Mini Intel. Uno di quelli con l'abominevole chip TPM, detto anche impropriamente Palladium, di cui ho parlato qualche tempo fa. Uno di quelli che avevo detto che non avrei mai comprato. E adesso, invece, è lì. Il Trusted Computing mi ha sedotto?

Più che di seduzione si tratta in realtà di un matrimonio riparatore, che contiene una morale importante per chi sta pensando di passare al Mac: pensateci bene, e se potete, aspettate. Se non avete hardware di contorno assolutamente standard, i nuovi Mac non sono ancora pienamente pronti ad entrare in azione alla pari con i PC Windows. E c'è sempre quel problemino del chip spione.

Ecco com'è andata. Durante un recente viaggio ho illustrato così convincentemente le virtù del Mac a dei miei amici afflitti da PC Windows in perenne stato confusionale (i PC, non gli amici) che alla fine hanno deciso di passare al Mac. La scelta è caduta su un Mac Mini, in modo da spendere relativamente poco e permettere di riutilizzare mouse, monitor e tastiera esistenti.

Pochi giorni dopo averlo ordinato online, è arrivato nella sua microscopica confezione da Happy Meal. Le espressioni di stupita ammirazione di chi era abituato a uno scatolone rumoroso e ingombrante si sono sprecate. Perlomeno fino a quando sono cominciati i problemi.

Primo: tastiera e mouse. Un problema banale: avevano connettori PS/2 anziché USB. Un adattatore e via? Macché. La porta USB del Mini non reggeva il carico dell'adattatore doppio, per cui mouse e tastiera ogni tanto s'impappinavano e occorreva staccarli e riattaccarli. Non era un problema frequente, per cui era sopportabile rispetto all'appestamento di virus e alle mille magagne dei Windows usati fino ad allora (crash continui, stampanti che apparivano e scomparivano, modem che andavano a mezza velocità, eccetera). Comperare una tastiera USB non era fattibile subito, perché i miei amici usano una tastiera olandese e vivono in Lussemburgo, per cui per il momento abbiamo soprasseduto. Ci sarà tempo per rimediare in seguito, ci siamo detti. Come no.

Il vero problema è nato con la connessione a Internet: una linea ISDN. Pensando di essere previdente, avevo già trovato e scaricato i driver Mac appositi per il modem USB ISDN, per cui sembrava una questione banale: installare i driver, collegare il modem, configurarlo e andare online con il Mac. Ma i driver erano ancora quelli per Mac PowerPC, e non erano affatto universali (i nuovi Mac Intel possono far girare i programmi scritti per i Mac vecchi usando un software di traduzione, Rosetta, che però evidentemente non funziona con i driver). Tramite Google ho trovato una filiale tedesca della marca che produce il modem (Draytek), dove c'era un driver beta per Mac Intel. L'ho installato. Il Mini è crashato davanti ai miei amici. Figuraccia galattica. Dopo un po' di smanettamenti, il driver ISDN ha iniziato ad andare, ma a 64k e con cadute continue della linea. Non era il caso di lasciare i miei amici con un ennesimo computer claudicante.

Dovendo lasciarci l'indomani, non c'era neppure tempo per soluzioni alternative (un modem analogico Apple o l'attivazione di una linea ADSL, per esempio), per cui l'unica opzione onorevole mi è sembrata quella di offrirmi di rilevare il Mac Mini. Restituirlo non era praticabile, visto che il computer in sé funzionava egregiamente. E così eccomi qua con un Mac Mini Intel e con un chip Trusted Computing entro le mura del Maniero Digitale.

Collegandolo alla mia rete wireless domestica e a mouse, tastiera e monitor standard, il Mini Intel va che è un piacere, esattamente come i vecchi Mac: anzi, è un po' più vispo, e il ventolino è leggermente più rumoroso di quello del Mac Mini PPC che gli sta accanto nel mio antro di lavoro. Ma ogni tanto fa capolino l'immaturità della nuova piattaforma hardware, o meglio, l'attuale carenza di software Mac aggiornato. Firefox e Thunderbird girano senza problemi, ma per esempio Audacity (il programma open source che uso per l'editing audio) è disponibile soltanto senza supporto MP3: la LameLib non è stata convertita, per cui salvare in formato MP3 richiede un giro dell'oca tramite iTunes.

Finché si resta sul software fornito da Apple, nessun problema: ma se intendete usare un'applicazione particolare, controllate che sia disponibile in versione cosiddetta "universale" (che gira sia su Mac Intel, sia su Mac PPC) o compilata appositamente per Mac Intel, come lo è l'ottimo NeoOffice. E assicuratevi che l'hardware che intendete collegare al Mac sia dotato di driver aggiornati per la versione Intel.

E il Trusted Computing? Ovviamente, ora che ho un Mac Intel, devo farci i conti. So che è lì dentro: il comando ioreg -n TPM rivela l'infame stringa IFX0101 che identifica un chip Trusted Computing della Infineon. Ma questa è una storia talmente strana che ve la devo raccontare nella prossima puntata. Sperando che Steve Jobs non mi senta.

Truffe svelate al convegno CICAP

Ci vediamo al convegno del CICAP a Padova?

Sono stato invitato a partecipare al convegno del CICAP che si terrà a Padova il 7 e 8 ottobre prossimi al Teatro Verdi. Si parlerà di vari misteri, dalle pietrificazioni di cadaveri al Codice da Vinci, passando per le bufale del creazionismo e dei cerchi nel grano, e molto altro ancora.

Giusto per fare qualche nome fra i tanti, ci saranno Massimo Polidoro, docente di psicologia dell'insolito alla Bicocca; Alfredo Castelli, il creatore di Martin Mystère; il fisico Tullio Regge; e Piero Angela. Trovate il programma completo sul sito del CICAP, che potete contattare per informazioni scrivendo a info@cicap.org.

Io sarò lì sabato 7 per raccontare il "dietro le quinte" dei miei incontri faccia a faccia con i truffatori della Rete e spiegare come difendersi dai loro trucchi psicologici, ma soprattutto per godermi gli interventi dei relatori e fare quattro chiacchiere con voi, se capitate da quelle parti.

2006/09/18

Debutta la versione “aggiornata” della serie classica di Star Trek. Rifatti gli effetti, preservato il gastrospasmo

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "jmc_live" e "bvicio".

La Serie Classica di Star Trek, oggetto di culto nella Rete, compie quarant'anni e si concede un lifting digitale. Le avventure di Kirk, Spock, McCoy e della loro cosmopolita e colorata compagine cosmica, alla perenne ricerca di nuovi mondi, di lezioni morali e di un paio di tasche (notoriamente assenti nei costumi del telefilm), vengono ritrasmesse in questi giorni negli USA in una nuova versione in alta definizione, con audio ed effetti speciali completamente rifatti.

C'è chi grida al MLMFC ("mungi la mucca finché crepa"), considerandolo uno squallido quanto sacrilego espediente per spillare altri soldi ai fan creando un falso storico (l'Iliade con pistole e telefonini, insomma) secondo la moda lanciata da Guerre Stellari con le sue contestatissime ma vendutissime "edizioni speciali", nelle quali le basette anni Settanta cozzano con l'ultimo grido digitale del ventunesimo secolo. Ma c'è anche chi trova che tutto sommato i nuovi effetti svecchino gli episodi senza snaturarli.

A differenza di Guerre Stellari, E.T. e altri film sottoposti a rifacimento, che hanno visto cambiare radicalmente aspetti essenziali della trama (Han sparava per primo, dannazione), la nuova versione di Star Trek preserva rigorosamente le trame originali. Gli effetti aggiornati ricalcano fedelmente le limitazioni e lo stile di quelli dell'epoca: per esempio, l'astronave Enterprise non si mette a fare virate da Frecce Tricolori, ma fa le stesse manovre di prima, solo in forma più pulita, senza sgommate e senza i vistosi bordi blu del blue screen su pellicola degli anni Sessanta. I pianeti non sono più palle da ping-pong dipinte, ma hanno una vera e propria geografia.

Cosa ben più importante per i Veri Fan, nei quali mi includo se non altro per meriti d'anzianità, la recitazione è intatta, nel bene e nel male: nulla è stato cambiato, per esempio, nella... dizione... scandita... delle... battute... drammatiche... del capitano Kirk e soprattutto nel suo celebre gastrospasmo (chi conosce la serie sa cosa intendo: il gesto di portare i gomiti all'addome e divaricare le braccia, a mani aperte, tipico di William Shatner -- sto cercando una foto in archivio, ma non la trovo, se l'avete, mandatemela). Né sono state rivedute le minigonne oggi politically incorrect dei componenti femminili dell'equipaggio. E a differenza dell'operazione analoga fatta da George Lucas con la sua trilogia, gli originali non sono stati fatti sparire dal mercato (le edizioni originali di Guerre Stellari – senza le oscene scritte Episodio IV, V e VI e con Han che fa quel che deve fare un contrabbandiere canaglia – sono finalmente in vendita dai primi di settembre, dopo dieci anni di proteste dei fan).

Purtroppo il ritocco digitale non si estenderà, a quanto mi risulta, al doppiaggio italiano, ricolmo di strafalcioni di traduzione tali da indurre il gastrospasmo (appunto): per esempio, molti si chiedono tuttora come mai il capitano Kirk insista a chiamare "Olmo" (Elm) il tenente Hikaru Sulu, manco fosse un personaggio di Mai dire gol. In realtà l'audio originale diceva "helm", ossia "timone", riferimento alla mansione di Sulu, ma l'Einstein di turno al quale fu rifilata la traduzione pensò che si trattasse del nome del tenente. Ehi, che diamine, se il primo ufficiale ha le orecchie a punta, il timoniere potrà anche chiamarsi come un albero; è fantascienza, no?

Rifacimenti digitali o meno, nessun fan della serie classica ne è diventato appassionato per le battaglie e le esplosioni; contano le trame, le sfide morali, le battute e l'interazione dei personaggi, che la nuova edizione preserva fedelmente. Il fatto che i phaser ora non facciano più gli schizzi come nell'originale probabilmente permette alle nuove generazioni di apprezzare senza imbarazzo questi piccoli capolavori realizzati in estrema povertà. Povertà grazie alla quale fu necessario, a differenza di tanta fantascienza moderna e antica, concentrarsi sulla qualità delle storie e dei personaggi anziché risolvere tutto con dodicimila watt di botti e battaglie.

Per chi volesse valutare i risultati della "nuova" edizione di Star Trek, il filmato promozionale permette il confronto fra l'originale e il rifacimento. Chi ha già fatto la migrazione alla nuova newsletter Internet per tutti riceverà un invito a partecipare a un sondaggio (rigorosamente anonimo) sul tema del ritocco digitale dei film classici (non soltanto di fantascienza).


Aggiornamento (2006/09/20)


Ecco i risultati del sondaggio:
  • E' un falso storico; i film vanno visti come furono girati, 28.42%
  • E' necessario per evitare che vengano dimenticati, 11.58%
  • Va bene, basta che sia indicato chiaramente, 55.79%
  • Non me ne può fregar di meno, 4.21%

2006/09/17

La newsletter “Internet per tutti” si sposta su Yahoo

L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2016/05/24 9:20.

Aggiornamento 2016/05/24: ho smesso di pubblicare la newsletter anni fa, quando i filtri antispam sono diventati così zelanti da cestinare una buona parte dei miei invii. Se volete seguirmi, potete iscrivervi ai feed RSS di questo blog e/o seguire i miei account Twitter @disinformatico (principale) e @attivissimoLIVE (per gli eventi in diretta). 

Come avrete notato, da qualche tempo a questa parte la newsletter Internet per tutti, che riassume e avvisa dei nuovi articoli di questo blog, vi arriva a singhiozzo o non vi arriva proprio. La ragione è che Peacelink, che in questi anni ha gentilmente gestito la newsletter, è finita in alcune liste nere antispam, probabilmente anche per colpa mia (è facile che un'ondata di 12000 messaggi venga scambiata per spam).

In questi mesi ho cercato di arginare il problema attivando e segnalando i feed, ma è giunto il momento di un'azione un po' più drastica: per chi non ha modo di accedere al Web per leggere gli articoli, ho attivato una nuova newsletter con lo stesso titolo su Yahoo Gruppi e ho sospeso la vecchia newsletter.

Se vi interessa ricevere via mail gli articoli e le segnalazioni di questo blog, iscrivetevi dunque alla nuova newsletter come segue:
  • mandate un e-mail (oggetto qualsiasi, contenuto qualsiasi) a internetpertutti-subscribe@yahoogroups.com.
  • riceverete un e-mail di conferma della richiesta. Apritelo e seguite le istruzioni (in pratica, se volete confermare l'iscrizione, rispondete al messaggio; se usate alias o redirect, cliccate sul link fornito nel messaggio).
  • Se l'iscrizione avviene correttamente, riceverete un e-mail di conferma e di benvenuto.
I messaggi della nuova newsletter sono prefissati dal consueto codice "[IxT]" per consentire l'uso dei filtri automatici per la posta.

Anche chi è già iscritto alla newsletter vecchia deve iscriversi a quella nuova per continuare a ricevere gli articoli (filtri antispam permettendo!). Non posso migrarvi io per via dei limiti di Yahoo Gruppi, resi necessari per via degli abusi commessi dagli spammer (che siano stramaledetti).

Se non vi interessa ricevere la newsletter, non dovete fare nulla.

Speriamo in bene. Tolto questo peso, potrò finalmente tornare ad occuparmi d'informatica e di bufale come si deve.

Vorrei ringraziare pubblicamente Peacelink per tutto il sostegno tecnico dato in questi anni; la migrazione non è dovuta certamente a loro inadeguatezza, ma alla scarsa selettività di molti filtri antispam centralizzati.

2006/09/15

Sono a Sky TG24 sabato per bufale, Internet e complotti assortiti

Inconsapevole del pericolo, Marco Montemagno mi ha invitato al debutto di stagione del suo Reporter diffuso, in onda su Sky TG24, in diretta, sabato alle 11.35. Per una ventina di minuti parleremo di un nuovo filmato dell'11 settembre, di come i video amatoriali stanno spopolando in Rete e diventando il nuovo veicolo per truffe e bufale (ma anche di nuove celebrità ruttanti), e di altri argomenti internettiani.


Aggiornamento (2006/09/16 14:30)

Una rapida correzione preventiva: non ho ancora riascoltato la registrazione, ma mi sembra che mi sia scappato un "non ci sono fisici" fra i sostenitori delle ipotesi di complotto. In tal caso mi correggo: ce n'è uno, Steven Jones, che è professore di fisica alla Brigham Young University. E' stato sospeso dall'incarico di recente perché ha coinvolto il nome dell'università nella pubblicazione dei suoi scritti complottisti, che incolpano il governo USA degli attentati. I dettagli sono nel blog Undicisettembre.

Linkerò qui la trasmissione appena si rende disponibile online. Eccola.

2006/09/11

Ipotesi di complotto a Matrix stasera, con materiale inedito per riflettere; ci sentiamo alla radio online

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Questa sera, alle 23.15 circa, va in onda su Canale 5 una puntata di Matrix dedicata alle ipotesi di complotto riguardanti gli attentati dell'11 settembre 2001. Insieme al gruppo di ricercatori riunitisi nel blog Undicisettembre, ho collaborato alla preparazione del materiale di risposta alle più diffuse "prove" complottistiche. Il compenso offerto da Canale 5 verrà devoluto in beneficenza.

Gli ospiti in studio saranno Alessio Vinci (CNN), Jas Gawronski (che non ha bisogno di presentazioni), Giulietto Chiesa (idem) e Maurizio Blondet (per il quale ho preparato una collana di perle).

Ci sarà un filmato preparato per l'occasione da Massimo Mazzucco di Luogocomune.net, al quale risponderanno immagini e filmati inediti che vi consiglio di non perdere. Il materiale originale preparato per la trasmissione sarà raccolto e scaricabile nella sezione 11/9 del mio sito Attivissimo.net. Bloggherò la trasmissione stasera in questa pagina dalle 23 in poi.

Sempre questa sera, intorno alle 21.30, sarò ospite telefonico dell'emittente siciliana RMC101, ascoltabile anche in streaming, sempre per parlare di 11 settembre e complottismo. Anche lì porterò del materiale inedito che farà riflettere sia chi crede nelle ipotesi di complotto, sia chi le scarta a priori.

A stasera!

Aggiornamento


Eccoci qua! Con 23 minuti di ritardo, alle 23.38 finalmente comincia Matrix.


Primo blocco

Spezzoni di Loose Change. Piano Northwoods, buco al Pentagono troppo piccolo, demolizione controllata delle Torri Gemelle: repertorio classico. I sottotitoli correggono con sublime discrezione l'errore del B-52 al posto del B-25 all'Empire State Building che c'è nell'audio originale di Loose Change. E non sono un po' miseri gli sbuffi mostrati da Loose Change rispetto a quelli delle demolizioni vere?

La "confessione" di bin Laden è mostrata in una versione di pessima qualità, mentre questa qui sotto è quella originale, tratta da Crono911:



Vinci fa notare che lo spezzone di McIntyre al Pentagono è stato manipolato in Loose Change togliendolo dal contesto. Chiesa dice che la sua "prova" è il crollo dell'edificio 7 al World Trade Center. Dice di andare alla ricerca della verità: benissimo, se davvero vuole una mano, io sono qui e le mie indagini e informazioni sono disponibili su Undicisettembre.info. Specialmente per quanto riguarda il WTC7.

Blondet parla di regime da Quarto Reich riferendosi all'amministrazione USA: ci sarebbe stato un colpo di stato in America. Fa il paragone fra 11 settembre e incendio del Reichstag. Gawronski fa fatica a star serio. Liquida come le teorie complottiste: come tenere segreta una cospirazione colossale come quella teorizzata dai complottisti? Ce lo chiediamo un po' tutti.


Secondo blocco

Il nuovo video di Massimo Mazzucco, La verità di cristallo. Voce di Gaetano Lizzio, musica riciclata da Inganno Globale. I temi sono i soliti, già sbufalati da tempo: il foro troppo piccolo per un Boeing 757 al Pentagono; le finestre intatte (ci credo, antiscoppio da 700 kg l'una, montate su telaio d'acciaio e rete in kevlar). Mazzucco fa un passo avanti: ammette la presenza di rottami d'aereo al Pentagono, cosa che in Inganno Globale non faceva. Ma allora, ha ragione adesso o ce l'aveva prima?

Al Pentagono non ci sono tracce, dice Mazzucco (a parte i cadaveri, certo). Le telecamere di sicurezza, la manovra illogica, anche questi sono temi già discussi e smontati da tempo, non mi soffermo qui a ripeterli. Mazzucco dimentica di dire che Hanjour era pilota certificato e sapeva usare il pilota automatico: ecco come mai ha raggiunto il bersaglio da centinaia di chilometri di distanza.

Sfacciata la sua scelta della fotografia (dal lato più lontano possibile e col grandangolo) per tentare di sminuire la grandezza e visibilità delle torri: chi è stato a New York sa come stavano veramente le cose. Stallo della difesa, militari promossi, Mineta manipolato: le stesse cose già dette (e sbufalate) in Inganno Globale.

Non ci posso credere: siamo ancora fermi al "niente nomi arabi nelle liste dei passeggeri". Torri progettate per 707: certo, ma non per 767 pieni di carburante lanciati a manetta, con violenza risultante sette volte maggiore. Mazzucco dice che il kerosene non scioglie l'acciaio (vero: lo fanno gli incendi del contenuto). Anzi, il calore si disperde nell'acciaio: diciamo anche questo a quelli che si gettavano per non ardere vivi.

Mazzucco si stupisce che diciotto persone siano uscite dalle torri crollate in fiamme: erano ai primissimi piani, in una scala che non è stata colpita dal crollo delle torri (che appunto non è verticale, ma asimmetrico), e ai primi piani non c'erano appunto incendi.

Ancora la tiritera delle esplosioni: stranamente, tutte sentite, nessuna vista. Mazzuco prima fa vedere i rottami che hanno colpito gli edifici circostanti, poi dice che le torri sono crollate senza colpire nessun edificio circostante. Eh?

Si parla ancora del WTC7 e della polverizzazione: ma cosa deve fare, secondo Mazzucco, una soletta di 12 cm che cade da centinaia di metri e viene travolta dalla struttura dell'edificio? Formare cubetti?

Volo 93: Mazzucco dice che ci sono resti umani trovati a distanza di alcune miglia. Da dove ha tirato fuori questa storia? Mostra la foto della nube di fumo sopra Shanksville, dicendo che è tipica di una bomba. Nel controfilmato, la redazione di Matrix mostrerà la foto scattata a Piacenza da Gianluca Pietta dopo la caduta di un C-130 ad agosto 20o6: ecco le due foto a confronto.

Immagine 14.png CIMG1965.JPG

Non mi soffermo su tutti i dettagli del nuovo film di Mazzucco: ci saranno altre occasioni. Dico solo che la tesi di Mazzucco, adesso, è che le foto dei rottami del Volo 93 siano state "inventate" di recente e prima non esistessero. Prove? Non ne ha, ma da quando questo è un problema per un complottista?

Il controfilmato della redazione sulle Torri Gemelle: spiegazione del crollo da impatti e incendi innescati dal carburante. Niente acciaio fuso dagli incendi, ma indebolito. Lo spiegone è un po' tecnico. Il metallo è stato analizzato eccome. Il crollo non è affatto verticale e non è troppo veloce. La struttura non poteva opporre resistenza significativa. La teoria del "pod". Il mistero del lampo all'impatto. WTC7: il filmato inedito dello squarcio prodotto dalle macerie (e un errore di montaggio, nel quale viene mostrato il Marriott/WTC3 invece del WTC7).

Vinci fa un gran casino con l'ipotesi di demolizione del WTC7. Chiesa è ancora fermo alla storia del "pull it" di Larry Silverstein: "del resto, ci sono le testimonianze di Larry Silverstein, che dice a un certo punto al capo dei pompieri 'Beh, ci conviene farlo andar giù'. Quindi vuol dire che questo edificio era già stato prima approntato". Purtroppo né Vinci né Gawronski hanno la risposta pronta: "pull it" non vuol dire demolire un edificio come dice Chiesa, e non vuol dire tirarlo giù coi cavi come dice improbabilmente Vinci. Silverstein stava parlando di ritirare il contingente di pompieri dalla zona del WTC7 pericolante.


Terzo blocco

Dopo la pubblicità, Blondet dice che nei suoi libri (ne ha scritti quattro) non ha parlato del WTC7, perché lui non è un tecnico (e meno male, non ce n'eravamo accorti). Oh, quando lo fa il rapporto della Commissione, è una prova di complotto. Quando lo fa Blondet, va tutto bene. Due pesi, due misure. Di nuovo la teoria del fumo nero che equivale a incendio quasi spento: ma Blondet li ha almeno guardati i filmati degli incendi che durano fino al crollo, o si limita a usare il copiaincolla dai complottisti americani?


Quarto blocco

Viene presentata la ricostruzione dell'impatto al Pentagono realizzata da Mike Wilson. Testimonianze scritte e filmate dell'impatto, compresa quella di Lloyd England (il tassista la cui auto fu colpita da uno dei pali abbattuti dall'aereo.

Blondet risponde dicendo che non se n'è mai occupato, di queste cose tecniche. Fa il paragone con lo schianto del Concorde (poco pertinente, visto che è un impatto esterno). Vinci chiede che fine avrebbero fatto i passeggeri e se le telefonate sono artefatte. "Non lo so" dice Blondet. Chiesa dice di aver parlato con i piloti italiani apparsi nello Speciale TG1 dedicato all'11/9 e che affermano che la manovra al Pentagono è impossibile (con una spiegazione davvero fantasiosa che renderebbe impossibile anche qualsiasi atterraggio).

Anche Chiesa risponde "Non lo so" alla domanda su dov'è finito l'aereo. Chiesa parla di "sei muri maestri" al Pentagono (che non esistono). Persino Mentana nota che il piano Northwoods risale a ben 42 anni fa e non fu mai eseguito. Gawronski chiede "almeno uno straccio di prova" per queste teorie "assurde". Chiesa dice "l'aereo al Pentagono non l'ha visto nessuno" (a parte i testimoni oculari).

Chiesa parla di Amalgam Virgo e di una teoria complicatissima secondo la quale un'esercitazione con un lancio di Cruise sarebbe stata una prova generale dell'11/9. Chiesa afferma anche che gli attentati di Londra furono una messinscena.

Mentana presenta un filmato di ricostruzione sul Volo 93. Chiesa dice che non è caduto a Shanksville. A tutte le domande, Chiesa risponde con "Non lo so". Chiesa elenca una lunga serie di relazioni fra bin Laden e il governo bosniaco. Gli attentatori sarebbero stati agenti al libro paga della CIA in Bosnia.

Quinto e sesto blocco
Gawronski solleva la questione degli interrogatori sotto tortura nella lotta al terrorismo. Chiesa fa un esempio di testimonianza di un interrogato spedito in Siria. Il sesto blocco contiene soltanto i saluti.


Conclusione

Mi fermo qui perché non voglio fare una solfa interminabile: potrei andare avanti a lungo con gli strafalcioni di Chiesa e Blondet (non Ramirez, Chiesa, ma Rodriguez ha sentito le esplosioni al WTC; e Kevin Ryan non ha fatto i test dell'acciaio delle torri come lei afferma, perché Ryan non ha mai lavorato alla Underwriters Laboratories, ma presso una sussidiaria che si occupa di controlli dell'acqua potabile, e di metallurgia non sa un fico secco). Ma, dicevo, mi fermo. A fatica, ma mi fermo.

Sottolineo soltanto la perla comportamentale dei complottisti Chiesa e Blondet, che dall'alto della loro approfondita indagine sull'11 settembre, non sanno che dire "non lo so, non lo so, non lo so" quando Gawronski e Vinci fanno domande del tutto ovvie come "ma allora gli aerei dove sono finiti? E i morti sono finti o veri? E come diavolo si fa a piazzare tutto quell'esplosivo in due grattacieli di nascosto? Quante centinaia di persone avrebbero fatto parte di quest'immane operazione, e come mai nessuno confessa?".
Soprattutto, Blondet e Chiesa non hanno nulla da controbattere quando viene fatto loro notare che tutte le loro teorie non hanno uno straccio di prova. Collezionando i fatti in maniera selettiva e imbastendovi sopra una trama arbitraria, signori Chiesa e Blondet, non si fa indagine e non si scopre la verità: si scrive il Codice da Vinci. Però, come appunto Dan Brown insegna, si vendono un sacco di libri. Anche Mentana ha fatto notare l'insistenza con la quale i due complottisti promuovevano i loro libri e i loro film.

Avrei preferito che le teorie dei complottisti fossero rintuzzate una per una, in tempo reale, e in questo Vinci e Gawronski non si sono rivelati preparati a sufficienza sulla materia; ma forse il linguaggio televisivo non consente di soffermarsi sui singoli punti e mira a un approccio più emotivo e meno tecnico, e in questo senso il loro approccio ha funzionato. E forse quello che più di ogni disquisizione tecnica inchioda i complottisti alla loro vacuità è il fatto che riescono a litigare persino tra di loro: Chiesa si deve dissociare da Blondet quando i commenti di Blondet degenerano nell'antiebraismo più stereotipato. Bei compagni di viaggio.

Attendo con impazienza che Chiesa sforni il suo film sull'11 settembre, al quale parteciperà Dario Fo. Se vuole una consulenza gratuita per evitare di fare la figura del dilettante come l'ha fatta Mazzucco col suo Inganno Globale pieno di errori, omissioni e manipolazioni, non ha che da chiamarmi. Io e i tecnici di Undicisettembre siamo a disposizione. Sa dove trovarci.

2006/09/03

11/9, Speciale TG1 stasera da non perdere

Antibufala: 11/9, Speciale TG1 stasera


Oggi (domenica 3 settembre) Raiuno trasmetterà alle 23.20 circa uno Speciale TG1 dedicato ai presunti misteri del 9/11. Il taglio della trasmissione dovrebbe essere più rigoroso e documentato rispetto ad altri programmi analoghi, con ospiti in studio competenti e ben preparati.

Secondo fonti interne alla produzione del programma, verranno presentati vari filmati poco noti, fra i quali alcuni del Pentagono, girati prima del crollo della facciata, nei quali si vedono chiaramente i rottami d'aereo che i documentari complottisti non mostrano.

Un altro filmato interessante e inedito sarà quello girato da un operatore Rai durante il crollo della Torre Sud del World Trade Center. L'audio in presa diretta, guarda un po', non segnala le esplosioni previste dalle teorie di demolizione controllata.

Se l'argomento vi interessa, puntate il registratore!

Aggiornamento (2006/09/04 01:00)


Finalmente! Molta sostanza, poca polemica, molti dati, nessuna interruzione, e ospiti preparati e competenti. Di tutto il can can fatto fin qui intorno alle ipotesi di complotto, questa è una delle trasmissioni più riuscite. Butto giù qualche appunto a caldo preso durante la messa in onda.

Roberto Olla ha in studio la storica Lucetta Scaraffia, i piloti comandanti Giuseppe Giovenzana e Davide Sparagi, il generale Enrico Persi Paoli, e l'esperto forense Enrico Manieri, che dimostra una preparazione enciclopedica sull'argomento (e io che credevo di essere l'unico un po' ossessionato da questa vicenda). Si aggiungono le testimonianze registrate di Monica Gabrielle, che ha perso il marito al World Trade Center, e di John Vincent, ex agente FBI.

Una considerazione importante è quella di Gabrielle e Manieri sulla disinvoltura strutturale delle torri: norme antincendio patetiche, immunità legale (direi quasi impunità) della Port Authority proprietaria degli edifici, isolamento antincendio carente o addirittura assente sulla struttura, collocazione di tutte le vie di fuga nella zona centrale, vero tallone d'Achille delle torri. Con una struttura del genere, e dopo un danno del genere, il crollo era inevitabile. Ci sembra anomalo perché erano edifici anomali. Irresponsabilmente anomali.

Il filmato del cameraman RAI, Jack Taliercio, mostra inequivocabilmente che di esplosioni non c'è traccia né visiva né tanto meno sonora: il crollo delle torri è un boato unico, continuo, e non si vedono sbuffi lungo la facciata. Persi Paoli suggerisce che i rumori esplosivi testimoniati da alcune delle persone presenti siano boati di assestamento o cedimento della struttura.

L'obiezione fondamentale di Persi Paoli alla teoria della demolizione controllata: si vede chiaramente che il crollo comincia esattamente dove le torri sono state colpite dagli aerei. Come è pensabile di piazzare dell'esplosivo nell'esatto punto previsto? E come tenercelo intanto che passano di lì cento tonnellate di metallo e carburante lanciate a 800 chilometri l'ora?

Olla mostra anche un cinegiornale che chiarisce una volta per tutte la natura dell'impatto contro l'Empire State Building: un B-25, non un B-52, che all'epoca manco esisteva (Franco Fracassi, prenda nota e smetta di usare Loose Change come bigino -- contiene lo stesso errore, l'hanno ammesso anche gli autori), e una struttura diversissima dell'edificio.

Per quanto riguarda il Pentagono, impossibile un aereo piccolo: non avrebbe avuto la forza di trapassare circa 100 metri di edificio (al piano terra il Pentagono non è diviso in anelli, ma è un piano unico fino al terzo anello) costruito con una selva di colonne in cemento armato (mostrata durante la costruzione in un raro filmato del 1942). Impossibile anche un camion bomba o un aereo piccolo pieno di esplosivo: gli esplosivi producono una breccia a ventaglio, diversissima da quella che si è vista.

Giovenzana segnala che la "scatola nera" dell'aereo al Pentagono indica una manovra di spinta verso il basso dell'aereo circa due secondi prima dell'impatto: aereo pilotato a mano, dunque, non radiocomandato, e pilotato anche male. Sparagi paragona l'impatto ad un atterraggio nel quale schiantarsi è un successo. Manieri ipotizza che gli impatti contro gli oggetti situati di fronte all'edificio abbiano fatto ripiegare o staccare le ali, riducendo la larghezza della breccia.

Ottimo il filmato di Mike Wilson, che benché imperfetto (manca l'altimetria delle strade) comunica meglio di qualsiasi discorso la dinamica dell'impatto al Pentagono.

Non si è parlato di molte altre ipotesi, come quelle sul WTC7, la "terza torre", ma per questo ci saranno altre occasioni.

Tutti concordi, comunque, nel dire che l'unico modo per sperare di porre fine a tutte le dicerie è divulgare tutto; essere meno reticenti. Non si è fatto finora, secondo Persi Paoli, per l'imbarazzo dei militari e del governo statunitense di essersi fatti fregare così stupidamente e di essersi mostrati incresciosamente vulnerabili. Forse non hanno ancora capito che se si ostinano nel loro burocratico silenzio, non fanno altro che alimentare il complottismo, che è di per sé una forma di ulteriore sconfitta.

Se volete dare un'occhiata alla reazione arguta, composta e compita dei complottisti di Luogocomune allo Speciale TG1, date un'occhiata qui.

Aggiornamento (20060905)


La puntata è consultabile via Internet qui per chi ha software in grado di gestire il formato Windows Media Player (grazie a piviere per la segnalazione).
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