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Il Disinformatico

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2022/03/10

Perché mi si spegne il monitor senza motivo?

Siete in ufficio? Allora scommettiamo che entro un minuto vi farò alzare ripetutamente dalla vostra sedia, e che i vostri colleghi presto faranno altrettanto.

Molti utenti di computer hanno notato che ogni tanto, a caso, i loro monitor si spengono per qualche istante e poi si riaccendono. Questo succede in particolare con i grandi monitor piatti che sono molto popolari da qualche anno (e succede anche a me nel mio ufficio, dove non ho moquette). 

È una scocciatura breve ma persistente, anche perché non si riesce a trovarne la causa. Si pensa spesso a un cavo video che non fa contatto correttamente, a un difetto di fabbricazione del monitor, a un aggiornamento del driver video riuscito male, alla modalità di risparmio energetico o a un problema di alimentazione elettrica, e può anche darsi che uno di questi fattori sia la causa della magagna, ma spesso non è così.

Una delle cause probabili, infatti, è sotto di voi: la vostra poltrona. Se avete una di quelle poltrone per ufficio che hanno una cosiddetta molla a gas, ossia hanno un meccanismo che le fa abbassare dolcemente quando vi sedete, tenete presente che questi meccanismi producono un forte impulso elettromagnetico, soprattutto quando l’utente si alza dalla sedia, e questo impulso può essere così potente da causare la perdita di sincronismo del segnale video.

 

Questo fenomeno inaspettato è documentato da vari video su YouTube e anche nelle istruzioni di alcune aziende specializzate nella produzione di monitor e accessori per monitor, come Displaylink, che cita proprio le molle a gas delle poltrone per ufficio e menziona anche un documento tecnico di indagine sul problema, proponendo anche una soluzione: sostituire i cavi video con altri cavi dotati di un anello di ferrite.

Surprisingly, we have also seen this issue connected to gas lift office chairs. When people stand or sit on gas lift chairs, they can generate an EMI spike which is picked up on the video cables, causing a loss of sync. If you have users complaining about displays randomly flickering it could actually be connected to people sitting on gas lift chairs. Again swapping video cables, especially for ones with magnetic ferrite ring on the cable, can eliminate this problem. There is even a white paper about this issue.

Allora, ho vinto la scommessa? Adesso potete farla voi con i vostri colleghi. Buon divertimento. 

 

Fonti aggiuntive: Superuser, The Register.

Che si fa con Telegram? È russo. Ma quel che conta è che non è “end-to-end” di default

Ultimo aggiornamento: 2022/03/14 13:05.

Telegram, la popolare app di messaggistica, ha un problema: viene vista come un’app “russa”, e quindi molti la considerano particolarmente a rischio, perché il suo creatore e fondatore, Pavel Durov, è nato in Russia. La questione è particolarmente delicata in Ucraina, dove Telegram è da tempo l’app più diffusa nella sua categoria. Se i russi fossero in grado di spiare la messaggistica del paese che hanno invaso, il rischio sarebbe altissimo.

Ma Pavel Durov non è in buoni rapporti con la Russia. Nel 2012, durante le proteste contro Putin, si rifiutò di chiudere i gruppi Telegram che organizzavano le marce di protesta su VKontakte, il popolarissimo social network da lui creato [Nota: nel podcast e nelle versioni precedenti di questo articolo ho detto e scritto che i gruppi erano su Telegram; ho sbagliato, scusatemi]. Il paese bandì Telegram nel 2018, quando Durov si rifiutò di fornire alle autorità i dati degli utenti. Questo blocco si rivelò inutile e facilmente aggirabile e quindi la Russia si arrese, togliendo il divieto nel 2020. Durov ora vive a Dubai e il ramo materno della sua famiglia proviene da Kyiv.

Il vero problema della sicurezza di Telegram, in realtà, è un altro ed è slegato dall’attuale crisi russa: moltissimi utenti dell’app credono che tutti i messaggi e contenuti che scambiano attraverso Telegram siano criptati end-to-end, quindi impossibili da leggere per Durov e la sua azienda, così come lo sono i messaggi di WhatsApp o Signal, che sono criptati in modo che i rispettivi gestori non possano leggerli. Ma non è così.

Infatti soltanto le cosiddette chat segrete di Telegram sono realmente cifrate end-to-end; tutti gli altri messaggi sono salvati in copia sui server di Telegram, dove sono protetti tramite cifratura ma in teoria sono accessibili all’azienda. Le chat di gruppo su Telegram non sono cifrate, nemmeno se il gruppo è privato.

Le chat segrete di Telegram, per chi non le conoscesse, sono quelle che si attivano toccando il nome della persona con la quale si vuole chattare e poi toccando i tre puntini in alto a destra per scegliere la voce Inizia chat segreta. Il contenuto di queste chat viene cancellato automaticamente dopo un periodo di tempo che si può impostare a piacimento.

Moxie Marlinspike, creatore dell’app alternativa Signal, ha pubblicato su Twitter un’analisi impietosa, nella quale ha messo bene in chiaro i limiti di Telegram, soprattutto per gli utenti in Ucraina: “Telegram ha molte funzioni estremamente desiderabili, ma in termini di privacy e di raccolta dati non esiste scelta peggiore... Telegram conserva tutti i vostri contatti, gruppi, media e ogni messaggio che avete mai mandato, e li conserva in chiaro sui suoi server... Praticamente tutto quello che vedete nell’app è visibile anche a Telegram.”

La sua obiezione principale è che Telegram viene presentata spesso come un’app di messaggistica cifrata, quando in realtà è cifrata soltanto in minima parte. Anche se non vi trovate in zone di guerra, è importante conoscere questa differenza e agire di conseguenza.

Da parte sua, Pavel Durov ha scritto su Twitter pochi giorni fa che “nove anni fa ho difeso i dati privati degli ucraini dal governo russo e per questo ho perso la mia azienda e la mia casa. Lo rifarei senza esitazioni”.

Parole forti e vicende personali che ispirano fiducia. Ma uno dei princìpi basilari in informatica è che un sistema sicuro non deve basarsi sulla fiducia negli intermediari, ma sul fatto che gli intermediari non possano leggere i dati degli utenti, neanche volendo.

 

Fonti aggiuntive: Forbes, Mashable, The Guardian, BBC.

Come vedere Twitter, Facebook, BBC e altri siti dalla Russia: Tor

Twitter è ufficialmente bloccato in Russia dal 4 marzo scorso, secondo l’agenzia d’informazione russa Interfax, e lo stesso vale anche per Facebook. Questo rende difficile per chi si trova nel paese mantenere i contatti e ricevere informazioni attraverso queste piattaforme.

Ma Twitter ha attivato un accesso tramite Tor che permette di eludere questo blocco restando ragionevolmente anonimi. Questo accesso funziona anche per altri paesi che bloccano Twitter, come la Cina, l’Iran o la Corea del Nord. 

L’annuncio di quest’attivazione è stato fatto piuttosto in sordina, tramite un tweet di Alec Muffett, uno degli informatici che ha collaborato con Twitter per creare l’accesso protetto e anonimo. Twitter ha semplicemente aggiunto la rete Tor alla versione inglese dell’elenco dei browser supportati, con molta discrezione.

Per accedere a Twitter in questo modo è necessario procurarsi per prima cosa l’applicazione Tor Browser, che è un programma di navigazione Web ad alta sicurezza e privacy: quello che molti conoscono perché si usa per accedere al cosiddetto dark web. Tor Browser si trova presso Torproject.org ed è disponibile gratuitamente per Windows, macOS, Linux e Android in numerose lingue (per iOS c’è Onion Browser). Chi non ha accesso a Internet può ricevere Tor su qualunque supporto digitale. 

Esiste anche una versione completamente autonoma di Tor, denominata Tails, che si tiene su una chiavetta USB e non richiede di installare nulla. Se si avvia il computer con la chiavetta inserita, si attiva Tails, che contiene Tor; se si avvia il computer senza chiavetta, parte il sistema operativo normale, ossia Windows, macOS o Linux che sia. Questo consente di evitare di lasciare sul proprio computer tracce visibili della presenza di questi software, che potrebbero essere considerati sospetti. Tails si trova gratuitamente presso tails.boum.org.

Una volta installato Tor o avviato Tails (che a sua volta avvia Tor), per accedere a Twitter scavalcando filtri e blocchi si immette questo link, che come tutti i link di questo genere è chilometrico:

https://twitter3e4tixl4xyajtrzo62zg5vztmjuricljdp2c5kshju4avyoid.onion/

Usare Tor o Tails permette di accedere anche a Facebook a questo link:

https://www.facebookwkhpilnemxj7asaniu7vnjjbiltxjqhye3mhbshg7kx5tfyd.onion/

oppure questo per dispositivi mobili:

https://m.facebookwkhpilnemxj7asaniu7vnjjbiltxjqhye3mhbshg7kx5tfyd.onion/

come annunciato a maggio 2021 da Facebook.

Alec Muffett ha pubblicato inoltre su Github un vasto elenco di stazioni radio accessibili tramite Tor, come la BBC, Deutsche Welle, Radio Free Europe/Radio Liberty in numerose lingue. L’elenco include anche link Tor ai motori di ricerca, a Protonmail e al cosiddetto secure drop di Bloomberg, Al Jazeera, Financial Times e di molte altre testate internazionali. Il secure drop è un sito al quale è possibile inviare documenti, video o immagini in maniera sicura e protetta.

La BBC offre inoltre trasmissioni in onde corte su 15.735 kHz e 5875 kHz, ricevibili in Ucraina e in buona parte della Russia anche senza connessione a Internet dalle 22 a mezzanotte (ora dell’Ucraina).

La BBC ha inoltre attivato una pagina apposita di informazioni su come accedere alle sue trasmissioni via Internet e su come ricevere in modo sicuro Tor e Onion Browser se non è possibile raggiungere l’App Store di Apple o al Play Store di Google per scaricare queste applicazioni. Sempre la BBC segnala e mette a disposizione anche un’altra app, Psiphon, che consente di eludere filtri e blocchi. E molti utenti russi stanno installando software di tipo VPN nel tentativo di restare connessi al resto del mondo e sapere cosa sta accadendo realmente.

Nessuno di questi sistemi per aggirare le censure è perfettamente sicuro e infallibile, e quindi vanno tutti adoperati con molta prudenza, però intercettarli o bloccarli richiede un impegno di risorse tecniche e umane che potrebbe rivelarsi insostenibile, soprattutto se vengono usati da tantissime persone.

Una volta tanto, insomma, il dark web si dimostra utile per scopi positivi, ben diversi da quelli per i quali è conosciuto normalmente.

Fonti aggiuntive: Engadget, The Guardian, Il Post.


 

2022/03/07

Antibufala mini: il video della “mano fantasma” di Putin

Ultimo aggiornamento: 2022/03/07 17:00.

C’è chi teorizza, soprattutto online, che un video del dittatore russo Vladimir Putin sia frutto di effetti speciali e che l’inganno sia smascherato dal “fatto” che a un certo punto la mano destra di Putin sembra attraversare il microfono che gli sta davanti.

In realtà si tratta di un artefatto di compressione: i video digitali, quando vengono pubblicati e condivisi duplicandoli o trasferendoli da una piattaforma social a un’altra, subiscono un progressivo degrado di qualità che fa perdere dettagli.

Le versioni ad alta risoluzione dei video non mostrano questo fenomeno: le trovate in questo articolo di Open e in questo di Butac, oltre che qui e qui (incorporate qui sotto).

 

Consiglio di non perdere tempo con queste “notizie”.

2022/03/07 14:10, aggiornato 17:00

Ci sono teorie riguardanti presunte prove di manipolazione del video che sarebbero rivelate dai riflessi nella teiera di fronte a Putin, nei quali mancherebbero le persone che nel video si vedono di fronte a Putin:

Il problema di questa presunta prova è che non tiene conto del fatto che la curvatura della superficie riflettente la fa comportare come una lente grandangolare (come gli specchi antitaccheggio dei supermercati) e quindi qualunque oggetto riflesso assume dimensioni minime. In condizioni come queste, individuare la presenza o meno di persone nel riflesso di una teiera è un esercizio di pareidolia del tutto gratuito.

Sottolineo e ribadisco che dedicare tempo all’analisi di questi video è con tutta probabilità una grande perdita di tempo. Che sia falsificato o no questo video è irrilevante di fronte alla realtà della guerra. Non ho intenzione di dedicarvi altro tempo e consiglio anche a voi di fare altrettanto.

 

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2022/03/06

DragonChase 2022: il logo della missione “Minerva" di Samantha Cristoforetti

L’ESA ha pubblicato una serie di foto dell’equipaggio della missione Crew-4 insieme al logo o patch della missione specifica di Samantha Cristoforetti, denominata Minerva. L’agenzia spaziale ha anche fornito la spiegazione dei simboli nel logo.

La mia traduzione: 

Samantha Cristoforetti verrà lanciata nello spazio non prima del 15 aprile 2022 in una capsula nuova Crew Dragon di @SpaceX insieme ai suoi compagni di equipaggio, gli astronauti NASA @astro_farmerbob, @astro_kjell e @astro_watkins. Durante i voli di andata e ritorno alla @iss, Samantha sarà specialista di missione. Una volta a bordo della Stazione, sarà responsabile di tutte le attività all’interno del Segmento Orbitale USA per l’intera durata della sua missione.


Il nome della missione di Samantha è 'Minerva'. Ispirato alla dea romana della saggezza, dell’artigianato e delle arti, questo nome rende omaggio alla competenza e alle capacità sofisticate delle persone di tutto il mondo che rendono possibile il volo spaziale umano. La dea Minerva incarna anche la resistenza e la disciplina che ci vengono chieste e la saggezza che desideriamo dimostrare mentre consolidiamo ed espandiamo la presenza umana nello spazio.

Minerva viene spesso rappresentata con la sua civetta sacra, che è un elemento chiave del logo della missione di Samantha. L’occhio della civetta è una Luna gialla, che proietta un chiarore bianco su una Terra rotonda. Il suo becco richiama la forma della Stazione Spaziale Internazionale, con i suoi caratteristici pannelli solari. Le due linee rappresentano anche le due missioni spaziali di Samantha. Delle onde di blu più scuro formano il corpo della civetta e ci incoraggiano ad affrontare la sfida e ad andare più lontano nello spazio profondo. La civetta guarda a destra, verso il futuro dell’esplorazione spaziale.

Nel disegno del logo della Crew-4, dei raggi di luce solcano l’oscurità dello spazio e precedono l’alba di un nuovo capitolo del volo spaziale umano. La capsula Dragon forma il torace dell’elemento centrale del logo, ossia la libellula -- una creatura volante bellissima e agile. In rotta verso la Stazione Spaziale Internazionale, la capsula appare sospesa in orbita, con la Terra sotto di lei e la Luna sopra. Quattro stelle luminose rappresentano le famiglie dei quattro membri dell’equipaggio per la loro pazienza, il loro affetto e il loro sostegno. Le stelle restanti rappresentano gli innumerevoli membri dei team della NASA, di SpaceX e dei partner internazionali.

L'originale:

Samantha Cristoforetti will be launched to space no earlier than 15 April 2022 in a new @SpaceX Crew Dragon capsule alongside her Crew-4 crewmates, NASA astronauts @astro_farmerbob, @astro_kjell and @astro_watkins. During the flight to and from the @iss, Samantha will be a mission specialist. Once on Station, she will be responsible for all activities within the US Orbital Segment for the duration of her mission. The name of Samantha’s mission is 'Minerva'. Inspired by the Roman goddess of wisdom, the handicrafts and the arts, this name is a homage to the competence and sophisticated craftmanship of people all over the world who make human spaceflight possible. The goddess Minerva also embodies the toughness and discipline that is required of us, and the wisdom we wish to demonstrate, as we consolidate and expand human presence in space. Minerva is often depicted with her sacred owl, a key feature of Samantha’s mission patch. The eye of the owl is a yellow Moon, casting a white glow on a round Earth. Its beak hints at the shape of the International Space Station, with its characteristic solar panels. The two lines also symbolise Samantha’s two missions to space. Waves of ever darker blue make up the body of the owl and encourage us to rise to the challenge and move farther into deep space. The owl looks to the right, to the future of space exploration. In Crew-4's patch design, rays of light streak across the blackness of space, preceding the dawn of a new chapter in human spaceflight. The Dragon capsule forms the thorax of the central element of the patch, the dragonfly – a beautiful and agile flyer. On its way to the International Space Station, the capsule appears suspended in orbit with Earth below and Moon above. Four bright stars represent the four crew members’ families for their patience, love and support. The remaining stars represent the countless members of the NASA, SpaceX and international partner teams.

 

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2022/03/04

Ci vediamo stasera a Treviglio per parlare di fake news?

Stasera alle 20:45 sarò a Treviglio, al Teatro Nuovo (piazza Garibaldi) per una conferenza a ingresso libero (con registrazione a info@explorazione.it o al numero telefonico 0363 317 810), organizzata dal Museo Explorazione.

La versione del sottoscritto che vedete nella locandina è il mio clone più giovane, ma stasera ci sarò io, l’originale. Almeno credo. Vedremo :-)

Podcast RSI - Guerre digitali, furto di account con gaffe, 20 anni di Bonsaikitten

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

I podcast del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano i testi e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

2022/03/03

La guerra è sempre più informatica

Questo articolo è disponibile anche in versione podcast audio.

Può sembrare cinico parlare di guerra informatica mentre cadono bombe tutt’altro che virtuali sull’Ucraìna, ma l’informatica, nel bene e nel male, sta avendo un peso senza precedenti in questo conflitto. Russia e Ucraina sono paesi tecnologicamente evoluti, con reti di telefonia cellulare e accessi a Internet capillarmente diffusi fra la popolazione, con social network e con servizi che dipendono dalle telecomunicazioni e in particolare da Internet e dal software per funzionare. Se qualcosa li compromette o li sfrutta in maniera inattesa, le conseguenze sono pesantissime.

La Russia lo sa bene. Il 23 dicembre 2015 un suo attacco informatico, uno di una lunga serie ai danni dell’Ucraina, riuscì a interrompere l’erogazione di energia elettrica a circa 230.000 persone per varie ore. Per prima cosa, le reti informatiche delle aziende elettriche furono penetrate usando delle mail contenenti un malware denominato BlackEnergy. Da lì furono presi di mira i sistemi di controllo industriali del tipo SCADA, comandandoli in modo che spegnessero le sottostazioni elettriche e si danneggiassero in maniera permanente, e furono cancellati i file presenti sui server delle aziende elettriche usando il malware KillDisk. Poi i call center di queste aziende furono sommersi di telefonate fasulle in modo da rendere impossibile agli utenti avere informazioni sul blackout. Alla fine l’attacco fece rimanere al buio anche gli addetti nei centri operativi delle aziende elettriche colpite.

Ma la guerra informatica si evolve. In questi giorni i computer ucraini che usano Microsoft Windows sono stati attaccati da un malware di tipo wiper, ossia il cui unico scopo è cancellare irreparabilmente tutti i dati che incontra, come era già successo nel 2017 con NotPetya, che aveva causato disastri a livello mondiale. Ma questo nuovo wiper, denominato FoxBlade, è stato identificato e bloccato molto rapidamente da Microsoft, che ha fornito un apposito aggiornamento del proprio antivirus, Defender, al governo ucraino già tre ore dopo aver scoperto l’attacco. 

Questo, però, vuol dire che Microsoft è intervenuta concretamente in un conflitto: da ottomila chilometri di distanza, e senza lanciare alcun missile intercontinentale, è arrivata in difesa di un paese aggredito, e lo ha fatto su una scala e con una rapidità che neppure un governo potrebbe eguagliare, perché nessun governo ha le risorse tecniche e infrastrutturali per far arrivare a milioni di computer un aggiornamento software che li metta al sicuro.

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Microsoft non è l’unica grande azienda entrata in guerra: Google ha bloccato le modifiche a Google Maps in Ucraina, Russia e Bielorussia, e sta cancellando tutte le informazioni, le foto e i video geolocalizzati, riferiti a questi paesi, che sono stati aggiunti dal 24 febbraio scorso. Google ha anche disattivato le informazioni in tempo reale sul traffico in Google Maps per l’Ucraina, lasciandole a disposizione esclusivamente dei conducenti che si trovano sul posto. La ragione di questi blocchi, decisamente poco intuitiva, è il forte sospetto che i militari russi stiano usando queste informazioni di Google Maps per coordinare gli attacchi aerei sull’Ucraina, osservando dove si trovano le maggiori concentrazioni di abitanti (per esempio nei pressi dei rifugi) o le colonne di persone e veicoli in fuga, tracciabili tramite i loro smartphone. Anche Apple ha disabilitato i dati sul traffico su richiesta esplicita del vice primo ministro ucraino Fedorov.

Ebbene sì, il tracciamento commerciale di massa della localizzazione delle persone ha un valore militare estremamente reale. Lo ha dimostrato benissimo il fatto che Google Maps segnalava grandi “ingorghi” al confine russo con l’Ucraina nelle ore precedenti l’invasione: i dati non arrivavano dagli smartphone dei soldati russi, ma da quelli dei civili bloccati dalle colonne militari russe. 

Per esempio, il 23 febbraio scorso Jeffrey Lewis, professore presso il Middlebury Institute of International Studies in California, insieme ai suoi studenti aveva notato che il traffico era particolarmente caotico al confine ucraino, alle tre e un quarto del mattino locali, appena prima dell’inizio dell’invasione, e lo aveva segnalato su Twitter con parole profetiche: “Qualcuno si sta muovendo”.

Questo è il potere dei metadati: quelli che disseminiamo continuamente tramite i nostri dispositivi digitali e che vengono raccolti massicciamente dalle grandi aziende informatiche, e sono in grado di rivelare i movimenti degli eserciti. Il professor Lewis è cauto e avvisa che il sistema non è infallibile, ma l’idea che Google Maps possa mettere sullo schermo di chiunque indicazioni degli spostamenti dei militari di un paese storicamente ossessionato dalla segretezza illustra chiaramente quanto è cambiata la guerra per via dell’informatica.

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E a proposito di segretezza, questo nuovo conflitto cambia anche le regole della censura e della propaganda. In passato era tecnicamente possibile tenere una popolazione all’oscuro di quello che le stava realmente avvenendo intorno, perché i canali d’informazione locali erano centralizzati e controllabili (come lo è per esempio Yandex, uno dei motori di ricerca più usati in Russia, nelle cui pagine non compaiono notizie negative sul conflitto). Ma oggi ci sono mille modi informatici per eludere qualunque censura, persino in Russia.

Cito giusto un paio dei più originali: le notizie sul reale andamento del conflitto annidate nelle recensioni su Google Maps dei ristoranti delle città russe e i messaggi di colorita critica a Putin e favorevoli all’Ucraina vengono lasciati da ignoti hacker, che li fanno comparire sullo schermo delle colonnine di ricarica per auto elettriche a Mosca, che evidentemente sono aggiornabili via Internet e non sono ben protette.

Forse l’evoluzione più inattesa di questa guerra è il fatto che oggi, a differenza del passato, è possibile fornire alla popolazione connessioni a Internet che scavalcano completamente i filtri e le barriere governative e permettono di restare in contatto con il mondo esterno anche se gli invasori controllano o distruggono l’infrastruttura di comunicazione.

StarLink, il sistema di comunicazione satellitare che Elon Musk sta costruendo in orbita intorno alla Terra, è stato messo a disposizione urgentemente del governo ucraino, in seguito a una richiesta fatta a Musk dal già citato vice primo ministro ucraino Fedorov con un semplice tweet pubblico. Non si sa bene come, due giorni dopo è arrivato in Ucraina oltre un centinaio di parabole ultracompatte, grazie alle quali è possibile connettersi direttamente a Internet via satellite.

 

Non è una soluzione perfetta: la rete StarLink non è ancora completata (sono operativi solo circa cento satelliti e altri 300 circa si stanno ancora posizionando in orbita) e per ora richiede che ci sia una stazione a terra nel raggio di circa 400 chilometri (ce n’è una in Polonia che forse potrebbe servire l’Ucraina occidentale). Soprattutto c’è il rischio che i segnali emessi da queste paraboline possano essere captati dai sistemi di sorveglianza elettronica militare russi e usati per individuare e colpire chi li usa. In ogni caso, i primi test indicano una velocità di connessione più che accettabile di oltre 200 megabit al secondo.

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In questa raffica di novità tecnologiche della guerra informatica non poteva mancare l’intelligenza artificiale. Facebook e Twitter hanno segnalato e bloccato una campagna di disinformazione e di hacking ai danni dei giornalisti, del personale militare e dei funzionari pubblici locali in Ucraina. Questa campagna creava dei finti articolisti ucraini, che scrivevano notizie negative sul paese, e dava loro dei volti creati con l’intelligenza artificiale.

Le campagne di disinformazione provenienti dai canali russi, come RT, Sputnik e Ruptly hanno spinto Google a bloccare i loro canali YouTube in tutta Europa. Lo stesso stanno facendo Apple, Spotify, Facebook, TikTok e Microsoft in seguito all’annuncio della Commissione Europea di voler bandire dall’Unione Europea “la macchina mediatica del Cremlino”.

È un provvedimento che molti vedono come una forma di censura e contestano, dicendo che dovrebbero essere liberi di scegliere come informarsi, ma è un’obiezione che non tiene conto dell’altro protagonista informatico di questa guerra: gli algoritmi, specificamente quelli di YouTube e Facebook che fanno sì che se un utente comincia a guardare qualche video di RT o Sputnik gli verranno proposti altri video dello stesso tipo e della stessa fonte e alla fine si troverà sommerso dalla disinformazione senza che gli vengano suggeriti altri punti di vista.

Allo stesso tempo, però, questo blocco pone anche un problema giornalistico notevole: come fa un giornalista a documentare cosa viene effettivamente trasmesso su questi canali, se non li può vedere? In realtà sono perfettamente visibili, se ci si tiene: basta infatti usare un software di VPN che faccia sembrare che ci si trovi al di fuori dell’Europa. Ovviamente servono giornalisti in grado di usare una VPN e non solo capaci di cliccare sull’icona di YouTube, ma questa è un’altra storia.

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Le armi informatiche in questo conflitto includono anche delle tecniche classiche, come il denial of service, ossia l’intasamento dei siti più significativi dell’avversario in modo da impedirne l’uso. Sono stati messi offline in questo modo numerosi siti, compreso quello del Cremlino, quello dell’agenzia spaziale Roscosmos e quello dell’agenzia di notizie russa TASS. Quest’ultimo è stato colpito anche con un defacement, ossia il suo contenuto è stato proprio alterato, facendo comparire un messaggio contro la guerra, visibile a qualunque cittadino russo che visitasse il sito. 

C’è anche il, come dire, denial of product: si sta continuamente allungando l’elenco di aziende del settore tecnologico e informatico che rifiutano di esportare i propri prodotti verso la Russia: Apple ha interrotto tutte le vendite dei propri prodotti nel paese, AMD, Intel, Dell, HP e Lenovo stanno facendo altrettanto, e colossi nei servizi informatici per le aziende come Oracle e SAP hanno sospeso le proprie attività nella Federazione Russa.

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Basterà tutto questo a fermare la guerra, quella vera, fisica, dove la gente muore per davvero? È decisamente troppo presto per dirlo. Ma questa guerra sempre più digitale di certo ci mette di fronte a lezioni importanti, valide per qualunque paese informatizzato; lezioni che forse abbiamo cercato di non affrontare. Siamo tutti enormemente dipendenti dalla tecnologia e specificamente da un gruppo ristretto di aziende tecnologiche private, più potenti e ricche di interi stati, senza i cui fragili servizi si ferma tutto. Forse è il caso di riflettere sulla sensatezza di questa dipendenza dalla complicazione, partendo da uno spunto: la BBC ha deciso di potenziare i suoi servizi informativi via radio analogica in onde corte, in modo da poter far arrivare le notizie anche in Russia e in Ucraina a chiunque abbia una radio, come ai tempi della Cortina di Ferro. 

Ma guardatevi intorno: ce l’avete ancora una radio che riceva non dico le onde corte, ma almeno le onde medie? I vostri figli, nati e cresciuti nell’era dello streaming via Internet e di Spotify, hanno idea di cosa siano le onde medie? Appunto.

Fonti aggiuntive: New York Times, BBC, The Verge, Snopes, ANSA, The Register, ANSA, Ars Technica, Electrek.

2022/03/02

DragonChase 2022: missione accorciata e cambio di ruolo per Samantha Cristoforetti

Credit: io, Mission-Patch e

Ultimo aggiornamento: 2022/03/02 12:55.

Samantha Cristoforetti non avrà occasione di comandare la Stazione Spaziale Internazionale, contrariamente a quanto previsto inizialmente, ma per tutta la durata della sua permanenza a bordo avrà il ruolo di “lead” del segmento statunitense della Stazione, che include i moduli e i componenti statunitensi, europei, giapponesi e canadesi dell’avamposto orbitale. È lo stesso ruolo ricoperto da Paolo Nespoli nel suo primo volo di lunga durata nel 2011.

ESA ha infatti annunciato poco fa, molto concisamente, un accorciamento della sua missione, la Crew-4. Questo accorciamento implica che la missione terminerà prima dell’inizio della fase denominata Expedition 68a a ottobre 2022, che avrebbe visto Samantha nel ruolo di comandante della Stazione intera.

ESA dice che il cambiamento fa parte della “normale pianificazione dei veicoli”, ma sembra logico presumere che ci sia un nesso con l’attuale crisi dei rapporti con la Russia.

La sua partenza dal Kennedy Space Center insieme ai colleghi statunitensi Kjell Lindgren, Robert Hines e Jessica Watkins, a bordo di una capsula Crew Dragon portata da un vettore Falcon 9, entrambi di SpaceX, rimane prevista per il 15 aprile. 

Da sinistra: Robert Hines, Samantha Cristoforetti, Jessica Watkins e Kjell Lindgren. Foto JSC2022e011014, datata 7 febbraio 2022 (NASA su Flickr).


Questo è il testo integrale dell’annuncio di ESA:

In brief

In May 2021 it was announced that ESA astronaut and Dragon Crew-4 mission specialist Samantha Cristoforetti would serve as Commander of International Space Station (ISS) Expedition 68a. As part of normal vehicle scheduling, the Space Station flight programme was recently updated adjusting the upcoming crew rotation for Crew-4 and Crew-5, resulting in a shorter mission for Crew-4. ISS Expedition 68a will now take place after Samantha’s departure from the Station.

In-depth 

Throughout her time on board, Samantha will have the role of lead of the United States Orbital Segment (USOS), which includes the US, European, Japanese and Canadian modules and components of the Space Station.

L’Agenzia Spaziale Italiana ha pubblicato un comunicato più ampio che spiega meglio la situazione e include una dichiarazione dell’astronauta:

[...] Le opportunità di volo e i ruoli a bordo della Stazione spaziale internazionale vengono assegnati ai membri dell’equipaggio dal Multilateral Crew Operations Panel (MCOP), costituito dai rappresentanti di ESA, NASA, Roscosmos, l'Agenzia giapponese per l'esplorazione aerospaziale (JAXA) e l'Agenzia spaziale canadese (CSA). L'ESA è rappresentata dal Capo del Centro Astronauti Europeo Frank De Winne.

Secondo Frank De Winne, non è raro che il piano di volo venga modificato dato che il traffico della Stazione spaziale Internazionale deve essere attentamente coordinato in base alle esigenze operative. «Questo significa che Samantha Cristoforetti non sarà più comandante della Stazione spaziale internazionale, ma il Panel la conferma la sua fiducia in lei come leader. Continuerà a essere completamente addestrata per la posizione di comandante ed è inteso che, nel caso in cui il piano di volo dovesse tornare a quello iniziale, Samantha assumerebbe questo ruolo».

Samantha Cristoforetti commenta così il cambiamento di piani: «Come membri dell'equipaggio, siamo pronti a dare il nostro contributo come necessario. È un onore per me essere a capo dello USOS, e questo ruolo comprende la maggior parte dei compiti che avrei assunto come comandante. Riconosco tuttavia che molte persone in Europa, in particolare molte donne, hanno tratto ispirazione dalla prospettiva di avere la prima donna europea comandante dell'ISS. Mi rammarico che questo non accadrà durante la mia missione, ma stiamo selezionando una nuova classe di astronauti e astronaute e sono certa che questa comprenderà donne molto preparate e determinate che saranno pronte, in un futuro non così lontano, ad assumere ruoli di leadership».

Il Direttore dell'Esplorazione Umana e Robotica dell'ESA David Parker afferma che la nomina di Samantha Cristoforetti a capo dell'USOS è una conferma delle qualità che porta con sé sulla Stazione Spaziale.

«Come astronauta al secondo volo e leader competente, la conoscenza, l'atteggiamento sereno e la precedente esperienza di Samantha Cristoforetti in orbita sono una vera risorsa per l'equipaggio. È un'eccellente figura di riferimento per coloro che attualmente partecipano al processo di selezione degli astronauti dell'ESA, in particolare per le nostre candidate, che desiderano rappresentare l'Europa nello spazio».

Le conseguenze spaziali dell’invasione russa: il punto della situazione

Ultimo aggiornamento: 2022/03/14 13:15.

Di fronte alle morti, alle sofferenze e alla distruzione che stanno colpendo l’Ucraìna, parlare degli effetti dell’invasione russa sulle attività spaziali può sembrare insensibile o perlomeno secondario. Ma il dramma principale è ben documentato dal giornalismo generalista; l’aspetto spaziale molto meno, e qui forse posso dare un contributo.

Prima di tutto, non c’è alcun pericolo immediato di caduta della Stazione Spaziale Internazionale. È vero che Dmitri Rogozin, direttore dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, ha pubblicato una serie delirante di tweet nei quali in sostanza ha minacciato di lasciare che la Stazione precipiti, visto che la sua stabilità orbitale dipende dalla sezione russa del complesso spaziale, e ha detto che tanto la Stazione non sorvola mai il territorio russo (è falso, e vi transita l’1,9% del tempo contro il 2,3% degli Stati Uniti, secondo i calcoli aggiornati dell’esperto Jonathan McDowell).

Ma Rogozin è noto da tempo, fra gli addetti ai lavori, per le sue sparate incoerenti, che ultimamente si sono alzate di tono. La sua risposta ai calcoli di McDowell è stata 2.8% of mostly deserted territory? OK))) But all your territory and the territory of your NATO allies looks great. McDowell ha fatto notare che nel territorio “principalmente deserto” ci sono le città di Vladivostok e Volgograd. La questione è descritta in dettaglio in questo mio articolo.

Quello che conta è la realtà tecnica: la Stazione Spaziale Internazionale si trova a circa 400 km di quota, in orbita intorno alla Terra a circa 28.000 km/h, e a quella quota l’atmosfera terrestre è incredibilmente tenue ma esiste ancora, per cui la Stazione viene lentamente frenata dalla resistenza aerodinamica e di conseguenza perde lentamente quota. Periodicamente è necessario un reboost, ossia un’applicazione di un spinta per riaccelerarla e farle riprendere quota. Il grafico di queste variazioni di quota è disponibile per esempio presso Heavens Above.

Questa spinta viene solitamente applicata dai motori di manovra del modulo Zvezda, che fa parte della sezione russa della Stazione, oppure dai motori di una navetta Progress attraccata alla Stazione. In questo senso è corretto dire che il mantenimento della quota orbitale normalmente dipende dai russi. Tuttavia il reboost può essere effettuato anche da veicoli non russi. Lo ha fatto in passato il veicolo europeo ATV (ora non più operativo) e nel 2018 questa capacità è stata dimostrata sperimentalmente da un veicolo cargo Cygnus ed è poi diventata operativa di recente con un nuovo reboost.

Fra l’altro, la Cygnus viene messa in orbita da un vettore Antares, il cui primo stadio è costruito in Ucraina e ha motori russi, mentre il secondo stadio è statunitense e la Cygnus ha molti componenti strutturali europei (Scott Manley). Sventolii di bandiere a parte, le interdipendenze spaziali sono tante.

La situazione è leggermente più delicata per un altro tipo di manovra, ossia lo spostamento per evitare collisioni con detriti spaziali. Qui la dipendenza dai russi è più forte, ma se i rapporti di cooperazione dovessero davvero deteriorarsi fino a questo punto ci sarebbe la possibilità di utilizzare i motori di manovra delle capsule cargo Dragon o quelli delle capsule con equipaggio Crew Dragon. Ovviamente si tratterebbe di un’operazione nuova, da collaudare con estrema cautela, ma fattibile, e la NASA ha già dichiarato di aver esplorato concretamente questa ipotesi.

Per ora, comunque, in concreto non ci sono cambiamenti alla situazione di bordo. La Progress 79 russa ha effettuato regolarmente un reboost a fine febbraio. Sulla situazione personale a bordo bocche cucite: i due russi, Anton Shkaplerov e Pyotr Dubrov, i quattro statunitensi Mark Vande Hei, Kayla Barron, Raja Chari e Thomas Marshburn e l’europeo Matthias Maurer non commentano gli eventi. Kathy Lueders, associate administrator della NASA per le attività spaziali, ha detto che le operazioni della Stazione non sono cambiate: “Non stiamo ricevendo indicazioni, a livello operativo, che le nostre controparti non siano impegnate a continuare l’attività della Stazione... operiamo esattamente come operavamo tre settimane fa” (Spacenews).

Non ci sono indicazioni, al momento, di alcun cambiamento nel lancio dell’astronauta europea Samantha Cristoforetti insieme agli statunitensi Kjell Lindgren, Robert Hines e Jessica Watkins a bordo di una capsula Crew Dragon previsto per il 15 aprile (ma ESA ha annunciato poco fa un accorciamento della loro missione che implica che Samantha non diventerà comandante dell’intera Stazione ma solo lead del segmento non russo). Nessun cambiamento è annunciato anche per il lancio della Soyuz MS-21 russa da Baikonur con tre cosmonauti russi (Oleg Artemyev, Denis Matveev e Sergey Korsakov) verso la Stazione il 18 marzo e per il rientro di Shkaplerov e Dubrov il 28 marzo. Nessuna variazione è stata resa nota anche per il volo dell’equipaggio Axiom 1 (10 giorni sulla Stazione) previsto per il 28 marzo e per il rientro dell’equipaggio della Crew Dragon 3 il 21 aprile.

Forse la situazione più delicata è quella dello statunitense Mark Vande Hei, che in teoria dovrebbe rientrare sulla Terra insieme a Shkaplerov e Dubrov su un veicolo Soyuz russo (MS-19), atterrando in Kazakistan. Vande Hei e Dubrov avranno trascorso in tutto 355 giorni continuativi nello spazio.

Per contro, sembrano esserci problemi per quanto riguarda il braccio robotico europeo ERA che è installato a bordo del modulo russo Nauka della Stazione: le sanzioni internazionali potrebbero rendere impossibile la collaborazione russo-europea, rendendo problematica la manutenzione e l’evoluzione del modulo Nauka, che dipende in gran parte da questo braccio telecomandato.

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Le cose vanno meno bene allo spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana francese; i russi hanno deciso di richiamare il loro personale presente e di sospendere le attività del vettore Soyuz che avrebbe dovuto portare in orbita una coppia di satelliti di navigazione europei Galileo ad aprile.

Un altro atto concreto derivante dall’invasione russa dell’Ucraina è l’interruzione delle attività del telescopio a raggi X eRosita, che è tedesco, a bordo del satellite di ricerca scientifica russo Spektr-RG, situato a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra.

Anche un’altra collaborazione europea con la Russia è ora fortemente compromessa: un vettore russo Proton avrebbe dovuto lanciare la missione robotica ExoMars verso Marte a settembre dal cosmodromo di Baikonur, e la sonda avrebbe dovuto usare un modulo russo, Kazachok, per l’atterraggio su Marte, ma l’Agenzia Spaziale Europea ha dichiarato che questo lancio è ora “molto improbabile”. Le leggi inesorabili della meccanica orbitale implicano che la missione dovrà aspettare altri due anni prima della prossima finestra di lancio.

Sul piano commerciale, inoltre, Rogozin ha dichiarato inizialmente che se la Russia non riceverà entro il 4 marzo prossimo garanzie che i satelliti commerciali per telecomunicazioni OneWeb non verranno usati per scopi militari, il loro lancio a bordo di un vettore Soyuz, previsto per il 5 marzo da Baikonur, non avverrà. Poi RIA Novosti ha scritto che Roscosmos ha chiesto anche il ritiro del governo britannico dall’azionariato di OneWeb.

Il problema di fondo, qui, è che il programma spaziale russo non può permettersi di perdere queste commesse. Rogozin può strillare finché vuole e annunciare improbabili fughe in avanti autarchiche, ma la realtà dei fatti è che la Russia non ha soldi per le missioni spaziali e per mantenere le infrastrutture necessarie per effettuarle. Se la politica impone a Roscosmos di sbattere la porta in faccia a tutti, l’agenzia spaziale russa e tutto lo storico apparato che ha contribuito così tanto alla storia dell’esplorazione spaziale rischiano di chiudere definitivamente.

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2022/03/02 17.30. Roscosmos.ru è inaccessibile. Anonymous afferma di aver preso il controllo del centro di controllo dell’agenzia spaziale russa, ma non ci sono conferme. RIA Novosti parla di un attacco hacker al centro di controllo ma non conferma che abbia avuto successo.

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