Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2006/11/12
Test webcam alternative per Mac
Webcam per Mac: prova della Extreme Gold
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "_scream73_" e "kenparke".
Uno dei punti deboli del Mac è la sua carenza di supporto per gran parte delle webcam in circolazione. Certo, i nuovi Mac (a parte il Mini e il Pro) hanno una webcam integrata, ma chi vuole aggiungerla a un Mac che non ne è dotato si trova in serie difficoltà: la maggior parte delle webcam in circolazione non ha i driver per Mac e non viene riconosciuta, anche se ci sono degli accrocchi per farle funzionicchiare (per esempio IoxwebcamX e Macam). Oltretutto Apple sembra aver fatto sparire la propria webcam, la iSight, che risulta impossibile da acquistare e comunque era molto costosa rispetto alle webcam per il mondo Windows (a fronte, va detto, di prestazioni superiori alla media).
Una soluzione possibile è l'uso di una videocamera digitale dotata dell'ormai diffusa FireWire; funziona egregiamente, ma significa tenerla costantemente impegnata, accesa e collegata al computer.
C'è una soluzione più semplice: acquistare una delle poche webcam economiche dotate di supporto Mac. Io ho comprato la Extreme Gold (Essedi, 38 euro) su suggerimento di Mac-community.it: dopo un inizio non proprio brillante (il primo esemplare era guasto, ma mi è stato prontamente sostituito), questa webcam si è dimostrata ben integrata con le applicazioni Mac, compreso Skype 2.0 e iMovie.
La messa a fuoco è manuale, ma la webcam è dotata di emettitori per visione notturna, di tre comodi LED bianchi per illuminare la tastiera e di un pratico pulsante per scattare istantanee che vengono aperte direttamente in Anteprima e salvate come file JPG sulla Scrivania. La confezione include anche uno spartano auricolare con microfono (che richiede una presa Line In, non presente nei vecchi iBook come il mio) e ovviamente i driver per Windows e Mac; quelli Mac funzionano sia con processori Power PC, sia con processori Intel.
Sul CD dei driver c'è anche un'applicazione, iChatUSBCam, che non funziona (MAC OS X non riconosce il file DMG), ma sul sito del produttore c'è una versione scaricabile dagli utenti registrati, che si può raggiungere tramite il codice di registrazione fornito sul CD. In ogni caso, serve principalmente per chi usa iChat e non è indispensabile per gli altri usi della webcam.
Gli ostacoli di installazione, insomma, non sono trascurabili, specialmente per chi è abituato a pretendere dal proprio Mac la sua proverbiale semplicità d'uso, e la "traduzione" italiana del manualetto non mancherà di suscitare sana ilarità, ma quello che delude di più è la resa dei colori, che è veramente molto modesta: per esempio, il maglione che indosso nell'inquadratura di test mostrata all'inizio dell'articolo, in luce diurna, dovrebbe essere rosso vivo, e la tazza dovrebbe essere blu scuro, come vedete nell'immagine qui accanto, acquisita mediante videocamera DV. Nonostante vari tentativi di regolazione, quello è il meglio che sono riuscito a ottenere dalla webcam.
In sintesi: se volete risparmiare, vi serve una Webcam per Mac molto compatta e tutto quello che dovete fare è farvi vedere via Web durante una chattata, la Extreme Gold è sufficiente. Ma se avete esigenze superiori, vi conviene attrezzarvi con hardware ben più sofisticato.
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "_scream73_" e "kenparke".
Uno dei punti deboli del Mac è la sua carenza di supporto per gran parte delle webcam in circolazione. Certo, i nuovi Mac (a parte il Mini e il Pro) hanno una webcam integrata, ma chi vuole aggiungerla a un Mac che non ne è dotato si trova in serie difficoltà: la maggior parte delle webcam in circolazione non ha i driver per Mac e non viene riconosciuta, anche se ci sono degli accrocchi per farle funzionicchiare (per esempio IoxwebcamX e Macam). Oltretutto Apple sembra aver fatto sparire la propria webcam, la iSight, che risulta impossibile da acquistare e comunque era molto costosa rispetto alle webcam per il mondo Windows (a fronte, va detto, di prestazioni superiori alla media).
Una soluzione possibile è l'uso di una videocamera digitale dotata dell'ormai diffusa FireWire; funziona egregiamente, ma significa tenerla costantemente impegnata, accesa e collegata al computer.
C'è una soluzione più semplice: acquistare una delle poche webcam economiche dotate di supporto Mac. Io ho comprato la Extreme Gold (Essedi, 38 euro) su suggerimento di Mac-community.it: dopo un inizio non proprio brillante (il primo esemplare era guasto, ma mi è stato prontamente sostituito), questa webcam si è dimostrata ben integrata con le applicazioni Mac, compreso Skype 2.0 e iMovie.
La messa a fuoco è manuale, ma la webcam è dotata di emettitori per visione notturna, di tre comodi LED bianchi per illuminare la tastiera e di un pratico pulsante per scattare istantanee che vengono aperte direttamente in Anteprima e salvate come file JPG sulla Scrivania. La confezione include anche uno spartano auricolare con microfono (che richiede una presa Line In, non presente nei vecchi iBook come il mio) e ovviamente i driver per Windows e Mac; quelli Mac funzionano sia con processori Power PC, sia con processori Intel.
Sul CD dei driver c'è anche un'applicazione, iChatUSBCam, che non funziona (MAC OS X non riconosce il file DMG), ma sul sito del produttore c'è una versione scaricabile dagli utenti registrati, che si può raggiungere tramite il codice di registrazione fornito sul CD. In ogni caso, serve principalmente per chi usa iChat e non è indispensabile per gli altri usi della webcam.
Gli ostacoli di installazione, insomma, non sono trascurabili, specialmente per chi è abituato a pretendere dal proprio Mac la sua proverbiale semplicità d'uso, e la "traduzione" italiana del manualetto non mancherà di suscitare sana ilarità, ma quello che delude di più è la resa dei colori, che è veramente molto modesta: per esempio, il maglione che indosso nell'inquadratura di test mostrata all'inizio dell'articolo, in luce diurna, dovrebbe essere rosso vivo, e la tazza dovrebbe essere blu scuro, come vedete nell'immagine qui accanto, acquisita mediante videocamera DV. Nonostante vari tentativi di regolazione, quello è il meglio che sono riuscito a ottenere dalla webcam.
In sintesi: se volete risparmiare, vi serve una Webcam per Mac molto compatta e tutto quello che dovete fare è farvi vedere via Web durante una chattata, la Extreme Gold è sufficiente. Ma se avete esigenze superiori, vi conviene attrezzarvi con hardware ben più sofisticato.
Zone Alarm, gaffe e suggerimenti subliminali
Zone Alarm ha problemi di vista e raccomanda il Mac
Mentre navigavo nel sito di Zone Labs, la società che produce il firewall Zone Alarm che mi ostacolava nell'installazione di IE7 (come descritto nell'articolo precedente di questo blog), ho notato un paio di chicche.
In questa pagina di pubblicità a Zone Alarm, infatti, non solo c'è scritto di proteggere il proprio "stile di vista digitale" (sì, con la S), ma la persona mostrata nella foto sta usando un Mac.
Considerato che Zone Alarm è un prodotto per Windows, non resta che fare i complimenti al reparto marketing per le diottrie (o è un'allusione voluta a Windows Vista?) e per il suggerimento subliminale di adottare un computer sul quale il prodotto reclamizzato non gira.
La cerniera centrale corrisponde; corrispondono le due macchioline sopra la tastiera, che sono le griglie degli altoparlanti; corrisponde la macchiolina bianca sopra la tastiera, in alto a destra (il pulsante di accensione); corrisponde anche la forma dei tasti Invio e freccia.
In particolare, la tastiera dell'iBook ha due pulsanti quadrati lungo la fila di tasti funzione, e a me sembra proprio che questi due pulsanti molto caratteristici ci siano anche nella foto mostrata da Zone Labs.
Qui accanto mostro, a titolo di confronto, una foto fatta di corsa al mio iBook 12" (un po' martoriato, lo so, ma sono due anni che va ininterrottamente) e sfocata digitalmente. Secondo me la somiglianza è notevole. Mi manca il bordo intorno alla tastiera, ma credo che sia perché quello di Zone Labs è un iBook (processore PowerPC) da 14", che ha appunto un bordo analogo. Ne trovate molte immagini in Google.
Mentre navigavo nel sito di Zone Labs, la società che produce il firewall Zone Alarm che mi ostacolava nell'installazione di IE7 (come descritto nell'articolo precedente di questo blog), ho notato un paio di chicche.
In questa pagina di pubblicità a Zone Alarm, infatti, non solo c'è scritto di proteggere il proprio "stile di vista digitale" (sì, con la S), ma la persona mostrata nella foto sta usando un Mac.
Considerato che Zone Alarm è un prodotto per Windows, non resta che fare i complimenti al reparto marketing per le diottrie (o è un'allusione voluta a Windows Vista?) e per il suggerimento subliminale di adottare un computer sul quale il prodotto reclamizzato non gira.
Aggiornamento (2006/11/13)
Ho preparato qui accanto un ingrandimento ruotato del laptop mostrato nella pubblicità per cercare di capire se è effettivamente un Mac, specificamente un iBook simile a quello sul quale sto scrivendo, visti i dubbi postati nei commenti.La cerniera centrale corrisponde; corrispondono le due macchioline sopra la tastiera, che sono le griglie degli altoparlanti; corrisponde la macchiolina bianca sopra la tastiera, in alto a destra (il pulsante di accensione); corrisponde anche la forma dei tasti Invio e freccia.
In particolare, la tastiera dell'iBook ha due pulsanti quadrati lungo la fila di tasti funzione, e a me sembra proprio che questi due pulsanti molto caratteristici ci siano anche nella foto mostrata da Zone Labs.
Qui accanto mostro, a titolo di confronto, una foto fatta di corsa al mio iBook 12" (un po' martoriato, lo so, ma sono due anni che va ininterrottamente) e sfocata digitalmente. Secondo me la somiglianza è notevole. Mi manca il bordo intorno alla tastiera, ma credo che sia perché quello di Zone Labs è un iBook (processore PowerPC) da 14", che ha appunto un bordo analogo. Ne trovate molte immagini in Google.
2006/11/11
Internet Explorer 7 e i CSS, piccolo test
Internet Explorer 7 rispetta gli standard? Proviamo
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "r.felici" e "pisto****".
Nonostante i miei ripetuti sforzi, Internet Explorer 7 non si installa sul mio PC Windows XP sacrificale (vedi aggiornamento qui sotto), per cui non riesco a fare un test che m'incuriosisce: IE7 ha realmente un supporto migliore per gli standard della Rete, in particolare per i CSS (Cascading Style Sheet) che permettono di gestire efficientemente lo stile delle pagine Web, come si dice in giro?
Se volete provarlo, usate IE7 per visitare questa pagina del sito www.attivissimo.net. Nei browser conformi agli standard, come Firefox, Opera, Mozilla, Camino e Safari, la pagina esibisce un bell'effetto "vetro traslucido" quando la fate scorrere, grazie a del codice CSS suggeritomi dal grande lavoro di Eric Meyer.
In Internet Explorer 6, invece, l'effetto è completamente rovinato: le immagini che compongono l'effetto si disallineano quando si fa scorrere la pagina. Siccome molta gente si ostina a usare IE, effetti grafici e funzionali come questo restano inutilizzabili, paradossalmente proprio perché sono conformi ai veri standard della Rete, che IE6 viola. E' anche così che si frena l'innovazione.
Si può discutere su chi sia il colpevole di questo problema (IE7 non abbastanza furbo da dire "hai un programma che mi impedisce di aggiornare il Registro", o Zone Alarm non abbastanza furbo da dire "IE7 vuole aggiornare il Registro, glielo permetto?"), ma resta il fatto che per riuscire a installare IE7 ho dovuto leggere e decifrare un file di log e cercare su Google la soluzione. Queste non sono cose alla portata dell'utente medio (e l'utente medio non dovrebbe essere tenuto a saperle fare).
Non solo: il confronto con la concorrenza è piuttosto impietoso. Firefox 2.0 riesce a installarsi senza causare tutti questi problemi. Come mai IE7 non ce la fa? E soprattutto, è davvero una buona idea che IE7 sia configurabile da remoto tramite una pagina Web presente su Internet? Al primo avvio, infatti, IE7 va a una pagina apposita del sito Microsoft, nella quale dei menu permettono di configurare IE7. Può darsi che mi sfugga qualche dettaglio, ma permettere a una pagina remota di alterare le impostazioni del browser mi sembra un invito a nozze per i vandali della Rete. Inoltre la scomparsa della barra menu da IE7 non mancherà di confondere molti utenti (dove diavolo è finita la Cronologia? Ah, certo, sotto Tools-Toolbars-History, è ovvio). Mi tengo stretto il mio Firefox, grazie.
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "r.felici" e "pisto****".
Nonostante i miei ripetuti sforzi, Internet Explorer 7 non si installa sul mio PC Windows XP sacrificale (vedi aggiornamento qui sotto), per cui non riesco a fare un test che m'incuriosisce: IE7 ha realmente un supporto migliore per gli standard della Rete, in particolare per i CSS (Cascading Style Sheet) che permettono di gestire efficientemente lo stile delle pagine Web, come si dice in giro?
Se volete provarlo, usate IE7 per visitare questa pagina del sito www.attivissimo.net. Nei browser conformi agli standard, come Firefox, Opera, Mozilla, Camino e Safari, la pagina esibisce un bell'effetto "vetro traslucido" quando la fate scorrere, grazie a del codice CSS suggeritomi dal grande lavoro di Eric Meyer.
In Internet Explorer 6, invece, l'effetto è completamente rovinato: le immagini che compongono l'effetto si disallineano quando si fa scorrere la pagina. Siccome molta gente si ostina a usare IE, effetti grafici e funzionali come questo restano inutilizzabili, paradossalmente proprio perché sono conformi ai veri standard della Rete, che IE6 viola. E' anche così che si frena l'innovazione.
Aggiornamento (2006/11/12)
Dopo vari esperimenti e tentativi (li trovate nei commenti qui sotto), ho individuato la causa del problema: Zone Alarm, che per qualche strana ragione blocca l'aggiornamento del Registro (un firewall deve fare il firewall, senza ficcare il naso altrove, dannazione) nella versione 6.5 che avevo installato. Scaricando e installando la 6.5.737 italiana, l'installazione di IE7 è andata a buon fine e ho potuto verificare che la mia paginetta di test CSS viene effettivamente visualizzata in modo corretto.Si può discutere su chi sia il colpevole di questo problema (IE7 non abbastanza furbo da dire "hai un programma che mi impedisce di aggiornare il Registro", o Zone Alarm non abbastanza furbo da dire "IE7 vuole aggiornare il Registro, glielo permetto?"), ma resta il fatto che per riuscire a installare IE7 ho dovuto leggere e decifrare un file di log e cercare su Google la soluzione. Queste non sono cose alla portata dell'utente medio (e l'utente medio non dovrebbe essere tenuto a saperle fare).
Non solo: il confronto con la concorrenza è piuttosto impietoso. Firefox 2.0 riesce a installarsi senza causare tutti questi problemi. Come mai IE7 non ce la fa? E soprattutto, è davvero una buona idea che IE7 sia configurabile da remoto tramite una pagina Web presente su Internet? Al primo avvio, infatti, IE7 va a una pagina apposita del sito Microsoft, nella quale dei menu permettono di configurare IE7. Può darsi che mi sfugga qualche dettaglio, ma permettere a una pagina remota di alterare le impostazioni del browser mi sembra un invito a nozze per i vandali della Rete. Inoltre la scomparsa della barra menu da IE7 non mancherà di confondere molti utenti (dove diavolo è finita la Cronologia? Ah, certo, sotto Tools-Toolbars-History, è ovvio). Mi tengo stretto il mio Firefox, grazie.
2006/11/09
Rimborsi Windows da Dell in GB, CH e Italia
Dell rimborsa Windows inutilizzato? In Inghilterra e Svizzera sì, in Italia anche, ma con fatica
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "gennarobal" e "motti".
Se comperate un computer Dell con Windows preinstallato e quel Windows non vi serve (per esempio perché avete già una licenza migrabile di Windows o perché volete spianare Windows e sostituirlo con Linux), Dell rispetta le clausole della licenza e rimborsa.
Linuxworld riferisce di Dave Mitchell, un cliente Dell inglese, che ha da poco ricevuto un rimborso complessivo di 55 sterline (circa 80 euro) per il Windows XP Home SP2 inutilizzato che gli è stato imposto al momento dell'acquisto di un laptop Dell Inspiron 640m. "Imposto" può sembrare una parola forte, ma provateci voi a trovare un laptop venduto senza Windows.
Mitchell ha semplicemente rifiutato la licenza di Windows alla prima accensione del laptop, ha documentato il tutto fotograficamente, e ha scritto una lettera cartacea a Dell l'1/11. A seguito di una verifica telefonica, Dell gli ha inviato il rimborso, sotto forma di buono acquisto, dieci giorni dopo l'invio della lettera. Dell non gli ha neanche chiesto di rimuovere o restituire l'adesivo che fa da "certificato di autenticità" e surrogato di licenza di Windows. Il laptop è venduto senza CD di ripristino di Windows, per cui Dave non deve neppure restituire il software.
Linuxworld ha pubblicato anche un'intervista a una rappresentante di Dell su questo caso, che ha chiarito che non si tratta di una nuova politica generalizzata dell'azienda, ma di una "risposta unica a un cliente, fatta sulla base delle circostanze individuali dell'esperienza e della richiesta del cliente". Sta di fatto che l'episodio costituisce un precedente prezioso per chi vuole cimentarsi nel far rispettare un diritto previsto esplicitamente dalla licenza, come spiegato in dettaglio nella mia pagina sul rimborso di Windows.
Non è l'unico precedente che riguarda Dell. Punto Informatico ha pubblicato di recente il caso di un utente svizzero che si è fatto rimborsare, sempre da Dell, 150 franchi (circa 94 euro) direttamente sul proprio conto corrente, per un Windows XP preinstallato non utilizzato. "Il tutto si è risolto con una gentilezza inverosimile e senza alcuna difficoltà", dice l'utente.
Per quanto riguarda Dell in Italia, ho la segnalazione di un utente Linux che è riuscito a farsi scontare 120 euro dal prezzo d'acquisto, oltretutto senza perdere la licenza di Windows, sia pure con difficoltà nettamente superiori a quelle descritte in Inghilterra e in Svizzera.
I precedenti, insomma, ci sono, e non soltanto all'estero. Anche se per ora è Dell che fornisce uno sconto pur di non perdere il cliente, senza chiedere a sua volta a Microsoft il rimborso per la licenza invenduta, è chiaro che il diritto al rimborso esiste e non è ammissibile che si continui a calpestarlo come fanno molte altre aziende produttrici di computer.
Paradossalmente, Dell potrebbe trarre un vantaggio da questi rimborsi, sotto forma di pubblicità favorevole fra i linuxiani e anche fra coloro che più semplicemente hanno già una licenza migrabile di Windows (o una site license) e desiderano utilizzarla e soprattutto non sprecare denaro comperando un prodotto per loro inutile e indesiderato. Però è ora di finirla con le procedure "uniche" e "individuali" e fornire un metodo semplice e diretto per far valere un diritto del consumatore.
2006/11/08
Formati aperti, il guru del Massachusetts a Milano
La migrazione ai formati aperti spiegata da chi la fa per un intero stato: il 9 novembre è a Milano il consulente del governo del Massachusetts
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "antonio.fan****" e "andre_guinness".
Se seguite la questione dei formati aperti e del loro ruolo antimonopolistico e di riduzione dei costi, saprete probabilmente che uno dei più coraggiosi e massicci sforzi per passare da formati "chiusi" (controllati da una specifica azienda) a quelli aperti è quello dello stato del Massachusetts, che da fine anno adotterà il formato ISO 26300, noto anche come OpenDocument, per la gestione dei propri documenti informatici.
Per intenderci, si tratta del formato aperto utilizzato per default da OpenOffice.org, NeoOffice, StarOffice e da un numero crescente di altre applicazioni (Koffice, Abiword, TextMaker, il prossimo Lotus Notes, Google Docs and Spreadsheets), ma non da Microsoft Office. Esperienze analoghe sono in corso anche in Australia, Belgio e Francia.
La migrazione non è banale, anche perché il proprietario del formato utilizzato finora (Microsoft) non è stato a guardare. Temendo comprensibilmente di perdere l'attuale posizione di sostanziale monopolio esercitato tramite i formati chiusi, ha ostacolato in vari modi l'iniziativa del Massachusetts. Ora sembra però disposto a una resa onorevole, dato che sta finanziando la produzione di un plug-in (programma ausiliario) per Microsoft Word che consentirà anche alla suite Microsoft di leggere i documenti in formato OpenDocument.
Domani mattina Leon Shiman, consulente per lo stato del Massachusetts, è a Milano nell'ambito del convegno Milano chiama Boston, organizzato in collaborazione con VAS, Verdi Ambiente e Società Onlus e orientato ad esplorare la possibilità di adottare anche per Milano e per tutta Italia le soluzioni adottate dal Massachusetts. Considerato che, come dichiarato da Microsoft a suo tempo, il Comune di Milano spende 300.000 euro l'anno in licenze Microsoft e cifre ancora più importanti per licenze di altri produttori di software, la questione non è banale. E' un'occasione rara per sentire "come si fa" da chi sta facendo, invece dei discorsi sui massimi sistemi che purtroppo caratterizzano spesso queste tematiche.
Mi dicono che ci saranno pezzi grossi di Microsoft; io purtroppo non ci potrò essere, per cui se ci andate, raccontatemi com'è andata, e fate le domande che sapete che farei io a tutti i partecipanti, senza peli sulla lingua. In fin dei conti, non è soltanto questione di soldi, ma di futuro della nostra cultura. Chi controlla i formati, controlla i documenti; e chi controlla i documenti controlla il futuro e può riscrivere il passato.
L'appuntamento è alle 9.30 nella Sala Assemblee Banca Intesa di Piazza Belgioioso 1. Maggiori info sul convegno sono su Openlabs.it.
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "antonio.fan****" e "andre_guinness".
Se seguite la questione dei formati aperti e del loro ruolo antimonopolistico e di riduzione dei costi, saprete probabilmente che uno dei più coraggiosi e massicci sforzi per passare da formati "chiusi" (controllati da una specifica azienda) a quelli aperti è quello dello stato del Massachusetts, che da fine anno adotterà il formato ISO 26300, noto anche come OpenDocument, per la gestione dei propri documenti informatici.
Per intenderci, si tratta del formato aperto utilizzato per default da OpenOffice.org, NeoOffice, StarOffice e da un numero crescente di altre applicazioni (Koffice, Abiword, TextMaker, il prossimo Lotus Notes, Google Docs and Spreadsheets), ma non da Microsoft Office. Esperienze analoghe sono in corso anche in Australia, Belgio e Francia.
La migrazione non è banale, anche perché il proprietario del formato utilizzato finora (Microsoft) non è stato a guardare. Temendo comprensibilmente di perdere l'attuale posizione di sostanziale monopolio esercitato tramite i formati chiusi, ha ostacolato in vari modi l'iniziativa del Massachusetts. Ora sembra però disposto a una resa onorevole, dato che sta finanziando la produzione di un plug-in (programma ausiliario) per Microsoft Word che consentirà anche alla suite Microsoft di leggere i documenti in formato OpenDocument.
Domani mattina Leon Shiman, consulente per lo stato del Massachusetts, è a Milano nell'ambito del convegno Milano chiama Boston, organizzato in collaborazione con VAS, Verdi Ambiente e Società Onlus e orientato ad esplorare la possibilità di adottare anche per Milano e per tutta Italia le soluzioni adottate dal Massachusetts. Considerato che, come dichiarato da Microsoft a suo tempo, il Comune di Milano spende 300.000 euro l'anno in licenze Microsoft e cifre ancora più importanti per licenze di altri produttori di software, la questione non è banale. E' un'occasione rara per sentire "come si fa" da chi sta facendo, invece dei discorsi sui massimi sistemi che purtroppo caratterizzano spesso queste tematiche.
Mi dicono che ci saranno pezzi grossi di Microsoft; io purtroppo non ci potrò essere, per cui se ci andate, raccontatemi com'è andata, e fate le domande che sapete che farei io a tutti i partecipanti, senza peli sulla lingua. In fin dei conti, non è soltanto questione di soldi, ma di futuro della nostra cultura. Chi controlla i formati, controlla i documenti; e chi controlla i documenti controlla il futuro e può riscrivere il passato.
L'appuntamento è alle 9.30 nella Sala Assemblee Banca Intesa di Piazza Belgioioso 1. Maggiori info sul convegno sono su Openlabs.it.
Aggiornamenti: donazioni per bambina ustionata, podcast
Bancari in ascolto, aiutatemi!
Due piccoli aggiornamenti riguardanti due storie recentemente presentate in questo blog:
Due piccoli aggiornamenti riguardanti due storie recentemente presentate in questo blog:
- Le coordinate bancarie esatte di Alexandra, la bambina polacca ustionata: ho ricevuto risposta dalla giornalista che ha scritto l'articolo, che mi ha risposto come segue:
"It is bank in Poland in a little town, which name is JASŁO. Name of bank is: Bank Spółdzielczy Biecz. Polish language is difficoult, so you must write these names exactly.First of all: name of Bank, next - name of town, next - number of bank account, and v. important piece of information: it is bank in POLAND."
In altre parole, la banca si chiama Bank Spółdzielczy Biecz, la località dove si trova la banca è JASŁO, in Polonia, e occorre specificare prima il nome della banca, poi il nome della località, e infine il numero di conto. Purtroppo la giornalista non mi ha saputo dire se il numero indicato nella pagina della TV polacca (31 86 27 10 11 20 01 00 00 44 28 00 01) sia, come credo il codice IBAN del conto, che dovrebbe essere sufficiente come indicazione nel bonifico. Bancari in ascolto, sapete confermare e/o controllare? - Il podcast del Disinformatico di ieri, scaricabile in formato MP3 direttamente da questo link. Chi si è perso le puntate precedenti può scaricarle legalmente dal sito dei podcast della RSI.
2006/11/07
Due ore di diretta radio per parlare di virus, bufale, accordi Microsoft per Linux e altro ancora
Il 7/11 sono in onda alla Radio Svizzera di lingua italiana non soltanto per il consueto appuntamento del Disinformatico ma anche per un'ora extra di chiacchiere informatiche: se vi interessa, sono su Rete Uno dalle 10 alle 11, per poi passare fulmineamente negli studi di Rete Tre per la consueta diretta del martedì mattina fino alle 12.
I temi del Disinformatico sono l'accordo Microsoft/Novell per fornire supporto a Linux (sì, Microsoft farà assistenza a Linux, ma non è tutto oro quel che luccica); una falla nel nuovo Internet Explorer, che i vandali già stanno usando; il ritorno della bufala dell'uovo che si cuoce con due telefonini; e il problema virus, con qualche chiarimento anche sul virus per Mac annunciato di recente.
Come sempre, i programmi della RSI sono ricevibili in streaming in formato Real, che richiede il programma Real Player o altro programma compatibile.
Nella prima ora di diretta abbiamo rievocato i tempi andati dell'informatica, quando muovevo i primi passi con un Sinclair Spectrum (nel link trovate anche gli emulatori per far girare i vecchi programmi per Spectrum sui moderni PC e Mac), lo stato della censura in Rete secondo Reporters Sans Frontières, con la mappa dei 13 paesi più liberticidi e le 24 ore di protesta online in corso da stamattina, e varie notizie provenienti dalla Rete, compresa la fregatura presa dagli acquirenti della musica protetta dai lucchetti anticopia di MSN Music: chi ha comprato musica da Microsoft e vuole leggerla sul nuovo lettore Zune di Microsoft non può farlo, perché, come spiega anche la BBC, i due sistemi sono intenzionalmente incompatibili (per dirla con Boing Boing, "chi ha comprato musica da MSN Music è un fesso; chi comprerà musica per Zune è un masochista").
Ecco i dettagli e i link delle notizie presentate nella puntata del Disinformatico:
Microsoft ha annunciato che offrirà promozione e supporto per Linux. Ma non per tutti i Linux: soltanto per la distribuzione SuSe di Novell. Ne parlano Punto Informatico, Tech News World, Groklaw (anche qui) e molti altri siti. La questione è molto controversa: da un lato, l'accordo significa che Microsoft prende sul serio Linux, diversamente dal passato; dall'altro, molti sono preoccupati che Microsoft possa fagocitare Linux tramite i brevetti sul software. In realtà, andando a scavare nelle pieghe dell'accordo, l'aspetto più importante è la protezione reciproca contro liti brevettuali: in pratica, Microsoft promette di non far causa agli utenti del "suo" Linux se salta fuori che quel Linux contiene parti di software o metodi tutelati da brevetti Microsoft (e viceversa). Questo significa, indirettamente, che chi usa le distribuzioni Linux non benedette da Microsoft rischia di essere oggetto di lite legale. Staremo a vedere.
Falla in Internet Explorer 7. E' appena uscito il nuovo Internet Explorer 7 e già i vandali della Rete stanno sfruttando una sua falla "estremamente critica" per fare danni. Lo segnala Secunia, specificando che colpisce praticamente tutte le versioni di Windows recenti, e Microsoft conferma, fornendo le istruzioni su come disattivare la funzione ActiveX che causa il problema (come del resto consiglio di fare da una vita nel mio piccolo Dodecalogo).
Torna la bufala dell'uovo che si cuoce con due telefonini. La questione è già stata descritta in dettaglio in una mia indagine antibufala, ma l'allarme (fasullo) ha ripreso a circolare in Rete. La storia nasce da un sito satirico inglese, e nelle batterie di due telefonini non c'è energia a sufficienza per cuocere un uovo, neppure se si ipotizza una conversione alla massima efficienza. Tutti i dettagli sono qui.
Il problema virus. Un ripasso della differenza fra virus (un programma che danneggia o altera il funzionamento del computer ma non è in grado di diffondersi autonomamente senza un'azione dell'utente), worm (come sopra, ma in grado di diffondersi da solo; praticamente un virus con le gambe) e trojan horse (un programma apparentemente innocuo e anzi vantaggioso, che però contiene annidato del codice dannoso), resosi necessario dalla notizia di OSX.Macarena, un virus per Mac (niente panico, è puramente dimostrativo e incapace di fare danni, con sole 50 infezioni in tutto il pianeta; qui le info di Symantec e di Heise) e di un attacco informatico che ricorreva a un link-trappola nella Wikipedia (come riferito da BBC e Heise) per attirare vittime su un sito apparentemente identico a quello della Wikipedia ma in realtà appartenente ai truffatori e contenente codice infettante. Wikipedia ha prontamente eliminato il link-trappola, ma si tratta di una nuova forma di attacco alla quale occorrerà prestare molta attenzione.
Il podcast della puntata è disponibile sul sito della RSI: ecco il link diretto.
I temi del Disinformatico sono l'accordo Microsoft/Novell per fornire supporto a Linux (sì, Microsoft farà assistenza a Linux, ma non è tutto oro quel che luccica); una falla nel nuovo Internet Explorer, che i vandali già stanno usando; il ritorno della bufala dell'uovo che si cuoce con due telefonini; e il problema virus, con qualche chiarimento anche sul virus per Mac annunciato di recente.
Come sempre, i programmi della RSI sono ricevibili in streaming in formato Real, che richiede il programma Real Player o altro programma compatibile.
Aggiornamento (2006/11/07 16:30)
Nella prima ora di diretta abbiamo rievocato i tempi andati dell'informatica, quando muovevo i primi passi con un Sinclair Spectrum (nel link trovate anche gli emulatori per far girare i vecchi programmi per Spectrum sui moderni PC e Mac), lo stato della censura in Rete secondo Reporters Sans Frontières, con la mappa dei 13 paesi più liberticidi e le 24 ore di protesta online in corso da stamattina, e varie notizie provenienti dalla Rete, compresa la fregatura presa dagli acquirenti della musica protetta dai lucchetti anticopia di MSN Music: chi ha comprato musica da Microsoft e vuole leggerla sul nuovo lettore Zune di Microsoft non può farlo, perché, come spiega anche la BBC, i due sistemi sono intenzionalmente incompatibili (per dirla con Boing Boing, "chi ha comprato musica da MSN Music è un fesso; chi comprerà musica per Zune è un masochista").
Ecco i dettagli e i link delle notizie presentate nella puntata del Disinformatico:
Microsoft ha annunciato che offrirà promozione e supporto per Linux. Ma non per tutti i Linux: soltanto per la distribuzione SuSe di Novell. Ne parlano Punto Informatico, Tech News World, Groklaw (anche qui) e molti altri siti. La questione è molto controversa: da un lato, l'accordo significa che Microsoft prende sul serio Linux, diversamente dal passato; dall'altro, molti sono preoccupati che Microsoft possa fagocitare Linux tramite i brevetti sul software. In realtà, andando a scavare nelle pieghe dell'accordo, l'aspetto più importante è la protezione reciproca contro liti brevettuali: in pratica, Microsoft promette di non far causa agli utenti del "suo" Linux se salta fuori che quel Linux contiene parti di software o metodi tutelati da brevetti Microsoft (e viceversa). Questo significa, indirettamente, che chi usa le distribuzioni Linux non benedette da Microsoft rischia di essere oggetto di lite legale. Staremo a vedere.
Falla in Internet Explorer 7. E' appena uscito il nuovo Internet Explorer 7 e già i vandali della Rete stanno sfruttando una sua falla "estremamente critica" per fare danni. Lo segnala Secunia, specificando che colpisce praticamente tutte le versioni di Windows recenti, e Microsoft conferma, fornendo le istruzioni su come disattivare la funzione ActiveX che causa il problema (come del resto consiglio di fare da una vita nel mio piccolo Dodecalogo).
Torna la bufala dell'uovo che si cuoce con due telefonini. La questione è già stata descritta in dettaglio in una mia indagine antibufala, ma l'allarme (fasullo) ha ripreso a circolare in Rete. La storia nasce da un sito satirico inglese, e nelle batterie di due telefonini non c'è energia a sufficienza per cuocere un uovo, neppure se si ipotizza una conversione alla massima efficienza. Tutti i dettagli sono qui.
Il problema virus. Un ripasso della differenza fra virus (un programma che danneggia o altera il funzionamento del computer ma non è in grado di diffondersi autonomamente senza un'azione dell'utente), worm (come sopra, ma in grado di diffondersi da solo; praticamente un virus con le gambe) e trojan horse (un programma apparentemente innocuo e anzi vantaggioso, che però contiene annidato del codice dannoso), resosi necessario dalla notizia di OSX.Macarena, un virus per Mac (niente panico, è puramente dimostrativo e incapace di fare danni, con sole 50 infezioni in tutto il pianeta; qui le info di Symantec e di Heise) e di un attacco informatico che ricorreva a un link-trappola nella Wikipedia (come riferito da BBC e Heise) per attirare vittime su un sito apparentemente identico a quello della Wikipedia ma in realtà appartenente ai truffatori e contenente codice infettante. Wikipedia ha prontamente eliminato il link-trappola, ma si tratta di una nuova forma di attacco alla quale occorrerà prestare molta attenzione.
Il podcast della puntata è disponibile sul sito della RSI: ecco il link diretto.
Alexandra, la bambina ustionata: aggiornamenti
Riprende a circolare l'appello per la bambina polacca ustionata: aggiornamenti importanti
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "pot" e "biemmic".
Come già accennato durante una precedente puntata del Disinformatico, ha ricominciato a circolare l'appello per aiutare la piccola Alexandra, bambina polacca colpita da ustioni terribili. L'appello è autentico, ma è falsa la parte che dice che inoltrandolo si mandano automaticamente dei soldi alla famiglia.
Questa è la versione attualmente in circolazione:
Alexandra ha 14 mesi ed é stata vittima di un grosso incendio. Ha dei dolori estremi e la sua faccia e parte del suo piccolo corpo sono ustionati.
Anche molte ossa del cervello [sic] sono state lesionate dal grande calore. Al momento si trova in Polonia ed é seguita da un specialista. La bimba deve subire molte altre operazioni e anche una lunga reabilitazione. Sfortunatamente la sua famiglia non é in grado di sostenere tutte le spese. Per questo abbiamo bisogno del vostro aiuto! Per ogni E-mail inviato la famiglia riceve 3 centesimi. Per favore aiutate questa famiglia e spedite piú e-mail possibile !!!!!
L'appello risale alla metà del 2005, e la TV polacca ha recentemente pubblicato una pagina di aggiornamento sul suo caso, che trovate tradotta (grazie a jaecarol) nella mia pagina d'indagine sul caso. La bimba ha ancora bisogno di aiuto, ed è importante segnalare che le coordinate bancarie per inviare una donazione sono cambiate. Trovate quelle aggiornate, appunto, nella pagina della TV polacca.
2006/11/03
4/11, sono a Genova
4/11, ore 17: sono alla FNAC a Genova per il Festival della Scienza per parlare di bufale, sbarchi lunari fasulli e complottismo in generale
Se siete dalle parti di Genova e volete fare due chiacchiere a proposito della psicologia delle bufale e del complottismo, dagli sbarchi lunari alla cottura dell'uovo sodo tramite cellulare alla mega-bufala delle foto delle crepe dello Shuttle Columbia (alla quale hanno abboccato moltissimi giornali), venite in via XX settembre 46/R, alla FNAC, intorno alle 17 di domani 4 novembre.
L'ingresso è libero, e si tratta di un incontro informale; andrò là dove mi portano le vostre domande e curiosità, non solo bufaline. Porterò con me il laptop con del materiale inedito che conto di mostrarvi.
Squallida autopromozione: mi dicono che la libreria ha in catalogo tutti i miei libri, per cui se vi interessa completare la collezione e/o farveli autografare (anche quelli che avete già) o venirmi a criticare per le cose che ho scritto, non fate complimenti.
Come promesso all'incontro, ho pubblicato la prima bozza del modello digitale fatto con Google Sketchup della "scena del delitto" al Pentagono, per chi segue le indagini sulle teorie di complotto sull'11 settembre: se volete scaricarlo per esplorarlo o migliorarlo, è qui. Qui sotto ne vedete un'immagine (i pali in giallo sono quelli abbattuti).
Per chi preferisce dedicarsi ai complotti lunari, chiedo aiuto nel decifrare la foto che vedete in cima all'articolo. C'è qualcosa che non mi quadra, ma non vorrei dirvi subito cosa per non influenzarvi. Che ne pensate?
Se siete dalle parti di Genova e volete fare due chiacchiere a proposito della psicologia delle bufale e del complottismo, dagli sbarchi lunari alla cottura dell'uovo sodo tramite cellulare alla mega-bufala delle foto delle crepe dello Shuttle Columbia (alla quale hanno abboccato moltissimi giornali), venite in via XX settembre 46/R, alla FNAC, intorno alle 17 di domani 4 novembre.
L'ingresso è libero, e si tratta di un incontro informale; andrò là dove mi portano le vostre domande e curiosità, non solo bufaline. Porterò con me il laptop con del materiale inedito che conto di mostrarvi.
Squallida autopromozione: mi dicono che la libreria ha in catalogo tutti i miei libri, per cui se vi interessa completare la collezione e/o farveli autografare (anche quelli che avete già) o venirmi a criticare per le cose che ho scritto, non fate complimenti.
Aggiornamento (2006/11/06)
Eccomi rientrato alla base: grazie a tutti coloro che sono venuti all'incontro, ai donatori di focaccia (gnam!), e naturalmente agli organizzatori per l'ospitalità e le affascinanti chiacchiere post-eventum. Ancor più che in altre occasioni, sentire la reazione viva e immediata del pubblico alle immagini e alle indagini è stata una boccata d'aria fresca. Un lettore, Fiz, ha pubblicato un po' di foto e qualche breve video dell'incontro. Col suo permesso, trovate le sue foto (e le mie) su Flickr.Come promesso all'incontro, ho pubblicato la prima bozza del modello digitale fatto con Google Sketchup della "scena del delitto" al Pentagono, per chi segue le indagini sulle teorie di complotto sull'11 settembre: se volete scaricarlo per esplorarlo o migliorarlo, è qui. Qui sotto ne vedete un'immagine (i pali in giallo sono quelli abbattuti).
Per chi preferisce dedicarsi ai complotti lunari, chiedo aiuto nel decifrare la foto che vedete in cima all'articolo. C'è qualcosa che non mi quadra, ma non vorrei dirvi subito cosa per non influenzarvi. Che ne pensate?
2006/11/02
Trusted Computing, spariti i chip dai Mac Intel?
Niente più chip Trusted Computing nei Mac?
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "maurizio.sghe****" e "miki26".
Amit Singh, rispettato autore ed esperto d'informatica, dice che i chip Trusted Computing non sono più presenti nei nuovi laptop Apple e che questi chip non sono un pericolo liberticida come ritengono molti (me compreso). Se avete un Mac nuovo, potete darmi una mano a confermare o smentire questa notizia decisamente intrigante.
Riepilogo per chi si è perso le puntate precedenti: il Trusted Computing è un'iniziativa formalmente orientata a rendere più sicuri i computer dotandoli di speciali chip. E' un parente alla lontana di un vecchio e controverso progetto Microsoft, denominato Palladium. Il problema è che le sue funzioni di sicurezza possono essere usate anche per impedire all'utente di fare quello che vuole con il proprio computer: entra insomma in gioco la possibilità che qualcun altro decida, almeno in parte, cosa facciamo, vediamo, leggiamo e scriviamo. Un'idea che non piace, per esempio, a Richard Stallman e alla Electronic Frontier Foundation.
Lo scenario tipico è il film o brano musicale scaricato legalmente e protetto da un sistema anticopia o di gestione dei diritti digitali (Digital Rights Management o DRM): grazie al Trusted Computing, sarebbe molto più facile realizzare forme di protezione anticopia ben più resistenti di quelle patetiche attuali. Con queste forme di anticopia basate sull'hardware, Hollywood potrebbe decidere se e quando e quante volte possiamo vedere un film e quanto farci pagare ogni volta per rivederlo. O cambiarcelo irrevocabilmente sotto il naso.
Infatti controllare la possibilità di rivedere un film o risentire una canzone significa anche avere potere di censura. Chi era al Linux Day a Cinisello avrà visto i fotogrammi rimossi da Fantasia per nascondere il razzismo imperante di quell'epoca (ne vedete uno all'inizio di quest'articolo). Col Trusted Computing, si dice, sarebbe facile far sparire per sempre queste prove, realizzare documenti apribili soltanto su determinati computer o rendere inaccessibili i siti Web che contengono informazioni sgradite al potente di turno. Sarebbe facile far sparire le bugie pre-elettorali dei candidati, per esempio.
Come "beneficio" aggiuntivo, il Trusted Computing permetterebbe di decidere anche quali componenti hardware possiamo aggiornare e quali software possiamo usare e quindi far fuori la concorrenza e in particolare il software libero e open source. Ne parlai nel 2002, quando ancora il progetto si chiamava Palladium e mi premeva segnalare le nascenti perplessità degli esperti. Da allora molte cose sono cambiate: trovate informazioni in proposito in italiano presso No1984.org e nel blog di Alessandro Bottoni.
Ma nonostante i cambiamenti, il concetto di Trusted Computing resta comunque un brutto affare. E' per questo che l'introduzione dei chip TC nei computer di molte marche, e in particolare negli Apple dotati di processore Intel sin dal loro esordio, ha destato moltissime perplessità. Ne scrissi a marzo 2006, mostrando le foto di una motherboard di iMac Intel sulla quale spiccava un processore Infineon per Trusted Computing, ossia un chip TPM (dalle iniziali di Trusted Platform Module).
Apple introdusse questi chip nei suoi nuovi computer per impedire l'installazione della versione Intel del proprio sistema operativo su computer non-Apple (o meglio per tentare di impedirla, visto che l'ostacolo è già stato aggirato in vari modi, tutti scomodissimi). La preoccupazione comune è che Apple, visti i suoi crescenti interessi economici nel mondo della musica e del video, possa cedere alla tentazione di usare il chip Trusted Computing anche come sistema di protezione anticopia per conto dei discografici e degli studios cinematografici.
E' a questo punto che entra in scena l'articolo di Singh. Diversamente dagli scenari fin qui prospettati, Singh spiega i benefici di questi chip, come la possibilità di cifrare i dati dell'utente in modo che siano decifrabili soltanto sul suo computer, fornire maggiore affidabilità alle transazioni sicure via Internet e firmare i documenti informatici in modo da garantirne autenticità ed integrità. Tutte belle cose, a patto che il controllo del chip sia effettivamente in mano all'utente e non sia condiviso con altri.
Singh presenta un driver legale per la gestione del chip Trusted Computing sotto Mac OS X, che permette all'utente di prendere totalmente il controllo di questo chip e quindi (secondo lui) eliminare il pericolo di censura derivante dalla presenza del Trusted Computing. Non solo: dichiara inoltre, appunto, che nei nuovi Mac Intel portatili non c'è più il chip in questione:
At the time of this writing (October 2006), the newest Apple computer models, such as the MacPro and the revised MacBook Pro, do not contain an onboard TPM.
Traduco:
Al momento in cui scrivo (ottobre 2006), i più recenti modelli di computer Apple, come il MacPro e il MacBook Pro riveduto, non contengono un TPM a bordo.Singh fornisce anche un metodo per determinare la presenza o meno di questo chip: aprire una finestra di Terminale su un Mac Intel e dare il comando ioreg | grep TPM. Se il chip c'è, anche senza installare il driver di Singh si ottiene una risposta del tipo +-O TPM <class IOACPIPlatformDevice, registered, matched, active, busy 0, retain count 6>. Se non c'è, la risposta dovrebbe essere nulla.
Se avete un Mac Intel, provate a dare questo comando e scrivete nei commenti qui sotto il risultato, specificando il tipo di Mac e la data approssimativa di acquisto.
Se Singh ha ragione sull'assenza dei chip Trusted Computing nei computer Apple, cade una delle principali obiezioni che avevano spinto al boicottaggio personaggi di spicco del mondo Mac come Cory Doctorow.
Non solo: se ho ben capito, l'assenza del chip TPM vuol dire che Apple ha rinunciato all'idea di vincolare Mac OS X al proprio hardware (almeno a livello tecnico, la licenza è un altro discorso), e questo aprirebbe scenari di competizione con Windows Vista davvero interessanti. Se non si fosse costretti a comperare un computer Apple per usare OS X, migrare sarebbe molto più facile e allettante.
La questione è molto tecnica e complessa. Non ho la pretesa di averne colto tutte le sfumature, ed è per questo che scrivo quest'articolo: come spunto per attirare l'attenzione sul problema e sulle sue possibili conseguenze (piacevoli e spiacevoli). La speranza è che magari Apple Italia scenda dal proprio piedistallo, se facciamo abbastanza baccano, e decida di dare quelle risposte che mi promise mesi fa senza mai mantenere l'impegno.
Aggiornamento (2006/11/03)
Anche Punto Informatico parla oggi dell'argomento, citando però la stessa fonte (Singh).
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