È morto giovedì scorso, a 93 anni, il professor Johannes Geiss, principale artefice dell’esperimento che nel 1969 dimostrò la presenza, all’epoca solo ipotizzata, del cosiddetto “vento solare”: un flusso costante di particelle emesse dal Sole in ogni direzione. Geiss propose di collocare sulla Luna un telo metallico per raccogliere queste eventuali particelle nel corso della prima missione umana lunare, Apollo 11. La NASA accolse la proposta: vedete quel telo nella foto qui sotto accanto all’astronauta Buzz Aldrin.
Geiss fu Principal Investigator dell’esperimento, denominato Solar Wind Collector, nell’ambito della collaborazione della NASA con i centri di ricerca scientifica di gran parte del mondo. Il professore era all’epoca presso l’Università di Berna. L’esperimento fu ripetuto in tutte le missioni lunari successive e fu l’unico non americano portato sulla Luna, secondo questo articolo dell’ESA. La notizia della sua morte è stata diffusa solo stamattina.
Johannes Geiss (a sinistra) con l’astronauta svizzero Claude Nicollier (a destra) a Losanna (2015). Credit: Rodri Van Click.
A ottobre 2001 a Lucerna ho scambiato due parole con il professor Geiss, inossidabile geek oltre che scienziato... (foto di Andrea Tedeschi).
...e mi sono offerto come appoggio improvvisato per un autografo chiesto da un fan a Geiss, che non si è tirato indietro nonostante la soluzione poco seria (foto di Andrea Tedeschi).
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René Auberjonois a Bologna nel 2010. Credit: Rodri Van Click.
Poche ore fa è stata diffusa la notizia della morte, a 79 anni, di René Auberjonois. Gli appassionati di Star Trek lo ricorderanno per sempre per la sua interpretazione di Odo, l‘alieno mutaforma di ST: Deep Space Nine profondamente solo, respinto da tutti ma dotato di un senso innato di giustizia; ma tanti lo ricordano come padre Mulcahy nel film M*A*S*H di Robert Altman (una delle sue tante collaborazioni con questo regista), come Endicott in Benson, come personaggio ricorrente in Boston Legal o come lo svitatissimo chef de La Sirenetta in lingua originale.
Nella sua lunghissima carriera cinematografica, televisiva e teatrale aveva ricoperto numerosissimi ruoli di ogni genere e lavorato con i più grandi attori e registi, ricevendo per esempio un premio Tony come miglior attore protagonista nel 1969 accanto a Katharine Hepburn in Coco.
Gli sopravvivono la moglie Judith e i figli Tessa e Remy. Sul suo account Twitter stanno arrivando i messaggi di cordoglio di tanti colleghi attori e fan.
I have just heard about the death of my friend and fellow actor @reneauberjonois. To sum up his life in a tweet is nearly impossible. To Judith, Tessa & Remy I send you my love & strength. I will keep you in my thoughts and remember a wonderful friendship with René.
I am shocked and deeply saddened by the death of Rene Auberjunois, whom I first met on the set of MRS COLUMBO. I was 23 years old and vividly recall his great kindness, his terrific sense of fun, and thinking oh, how wonderful it would be to have this man as a friend! (1/2) pic.twitter.com/kEDexD3Qw5
Io ebbi il piacere di conoscerlo fuori scena e di tradurre i suoi vulcanici interventi alle convention italiane di fantascienza: era una persona di raro garbo, umanità e profondità, doti che custodiva con discrezione e con una grande gioia di vivere che gli luccicava negli occhi.
Grazie, Odo, per tutto quanto.
Lo vorrei ricordare con qualche altra foto dell’incontro a Bologna, scattate da Rodri van Click, che ringrazio per averle ripescate dai suoi archivi.
Rutger Hauer, interprete del replicante Roy Batty in Blade Runner e autore del suo struggente monologo finale, è morto il 19 luglio nella sua casa in Olanda dopo una breve malattia. Aveva 75 anni. Ne ha dato notizia solo oggi Variety, ricordando la sua ricca carriera costellata di personaggi memorabili. Lo ricordo anche per Ladyhawke e per The Hitcher, ma il suo volto mi resterà impresso per sempre insieme a queste parole:
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”
Stamattina l’account Twitter ufficiale di Peter Mayhew ha dato la notizia della sua morte a 74 anni. Mayhew era l’interprete originale dell’alieno Chewbacca (o Ciubecca nella versione italiana del 1977) nella trilogia originale di Guerre Stellari, in La Vendetta dei Sith e ne Il Risveglio della Forza.
Ci vogliono talento e presenza scenica non comuni per animare un personaggio che non parla, non ha espressioni facciali e può solo spalancare la bocca. E Peter aveva entrambi, come abbiamo potuto vedere tutti quando l’abbiamo incontrato a Bologna nel 2008 e ho avuto il piacere di tradurre per lui.
Il “tappeto ambulante”, come lo chiamava la Principessa Leia, ci mancherà. Altri, oggi, interpretano lo stesso personaggio, ma l’originale non è rimpiazzabile.
Una chicca: alla fine anche a lui la Principessa ha dato la medaglia che gli era stata negata in Guerre Stellari.
StarTrek.com ha annunciato la scomparsa di Celeste Yarnall, l’attrice che interpretò l’attendente Martha Landon nell’episodio La Mela della Serie Classica, trasmessa negli Stati Uniti per la prima volta a ottobre del 1967.
Conosciuta all’epoca per la sua partecipazione a vari film con Elvis Presley e per le sue partecipazioni a molte serie televisive popolari del periodo (elenco su IMDB; pagina su Wikipedia), aveva continuato a recitare ed era diventata una beniamina di tanti raduni di fan di Star Trek.
Ho avuto il piacere di conoscerla, e di tradurre per lei, più volte alla StarCon nel 2003 e 2016: qui trovate il bel ricordo scritto dallo Star Trek Italian Club Alberto Lisiero. La sua cordialità, disponibilità e dolcezza, oltre alla sua radiosa bellezza e serenità, restano indimenticabili.
Le voci non confermate che circolavano da alcuni giorni si sono purtroppo rivelate corrette: è morto Alan Bean, uno dei dodici uomini che hanno camminato sulla Luna. Aveva 86 anni.
Dopo l’avventura lunare di Apollo 12, vissuta insieme a Pete Conrad nel 1969, pochi mesi dopo il primo storico allunaggio, Bean partecipò anche a una missione a bordo della stazione spaziale Skylab nel 1973, stabilendo un nuovo record di durata di una singola missione.
Pittore da sempre, dopo la sua carriera astronautica aveva messo al servizio dell’arte la sua esperienza eccezionale di aver visto con i propri occhi le luci e i colori di un mondo alieno. I suoi quadri sono esposti in numerosi centri spaziali e sono raccolti presso Alanbean.com.
Chi lo ha conosciuto e ha seguito le sue missioni lo ricorda come una persona sempre modesta, positiva e solare, che combinava una grande competenza con un senso dell’umorismo che rendeva leggere anche le situazioni più difficili. Io ho avuto l’onore di incontrarlo una volta, a una cena di gala in Florida: me lo sono trovato davanti, in fila come tutti gli altri al buffet, mentre chiacchierava e regalava sorrisi a tutti. Lo ricorderò per sempre così, con la sua voce inconfondibile, immortalata nelle registrazioni delle sue missioni, e con la sua arte spaziale altrettanto colma di gioia ed entusiasmo.
Dei dodici moonwalker ne restano oggi in vita solo quattro: Charlie Duke, Dave Scott, Harrison Schmitt e Buzz Aldrin. E non c’è nessuna indicazione seria che potranno passare il testimone a una nuova generazione di esploratori lunari.
La firma autografa di Alan Bean nella mia copia di Painting Apollo: First Artist on Another World, Smithsonian Books (2009).
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È arrivata stanotte la notizia della morte di Stephen Hawking, astrofisico di fama mondiale, una delle menti più brillanti dei nostri tempi e ispiratore di innumerevoli carriere scientifiche. Aveva 76 anni. Un uomo immobilizzato per decenni dalla malattia ha esplorato l’intero universo con la potenza della propria mente.
Non sto qui a riepilogare tutti i suoi meriti scientifici e le onorificenze che ha ricevuto. Vorrei sottolineare un aspetto di Stephen Hawking che in momenti come questo spesso viene tralasciato: il suo senso dell’umorismo, ricco, sferzante, acuto e geniale.
Il suo libro Breve storia del tempo ha venduto decine di milioni di copie, divulgando le teorie fisiche più complesse con parole ricche di quell’umorismo. Hawking faceva scommesse di fisica mettendo in palio abbonamenti a Penthouse. Organizzava feste per viaggiatori nel tempo (annunciandole pubblicamente dopo averle fatte, in modo da consentire solo ai crononauti di partecipare):
Partecipava volentieri alle serie TV, come Star Trek o Big Bang Theory, come emblema della scienza:
Guardate questa sua intervista concessa a John Oliver:
Se volete qualcosa di più serio, godetevi la sua chiacchierata con un altro grandissimo divulgatore, Neil DeGrasse Tyson. Se non sapete l’inglese, imparatelo: vi regalerete le chiavi per entrare nelle menti più ricche ed emozionanti del pianeta.
La sua opera letteraria è costellata di citazioni citabili (ma occhio a quelle apocrife). La sua immaginazione, la sua determinazione e il suo humour britannico mancheranno infinitamente a chiunque abbia amore per la scienza.
Possiamo solo tentare di onorare la sua vita cercando di fare qualcosa, ciascuno a modo proprio, per rendere meno stupida l’umanità. Per alcuni, questo richiede solo lo sforzo di stare zitti.
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Due dei principali giornali italiani hanno massacrato così la notizia della morte di Hawking: il Corriere della Sera non è stato nemmeno capace di scrivere giusto il suo nome. Sono sette lettere, per l’amor del cielo. S-T-E-P-H-E-N.
Dopo la mia segnalazione, il Corriere ha corretto senza una parola di scuse ai lettori (“Grazie mille per la segnalazione. Abbiamo corretto”).
Ma Repubblica è riuscita a fare anche di peggio, come mi segnalano Silvio M* e molti altri: il suo articolo sulla morte di Hawking (link intenzionalmente rotto; copia archiviata su Archive.is) ha interi paragrafi identici alla voce di Wikipedia, errori compresi (“cosmologi_c_a quantistica”).
Questa è Wikipedia:
E questa è Repubblica:
Il testo di Wikipedia è antecedente a quello di Repubblica:
Repubblica ha poi riscritto l’articolo da cima a fondo mantenendo lo stesso link, per cui ha fatto sparire ogni traccia del proprio sconcio. Non una parola di scuse per aver rifilato ai propri lettori un copiaincolla da Wikipedia. Ma Internet non perdona e non dimentica).
Non è finita: martinobri mi segnala questa didascalia della gallery di Repubblica dedicata a Hawking, nella quale la moglie dello scienziato viene chiamata da Repubblica“Bride Elaine Mason” (link intenzionalmente alterato; copia su Archive.is).
Ma Bride in inglese vuol dire “sposa”. Un errore del genere rivela che la didascalia è copiata da un testo inglese e che la capra di redazione che l’ha copiata non sa un’acca d’inglese. Lasciamo stare l’ortografia italiana (“al seconda moglie”) e la punteggiatura incoerente.
Ho segnalato questi disastri al direttore, Mario Calabresi. Ho ricevuto solo silenzio. Chi tace acconsente?
Chiedo pubblicamente a @mariocalabresi come giustifica il fatto che l'articolo di @repubblica sulla morte di Hawking ha paragrafi identici alla voce di Wikipedia. Errori compresi.
È "cosmologia quantistica", non "cosmologi_c_a quantistica".
No, dai, @repubblica, come si fa a non sapere che "Bride" significa "Sposa"? Questo è giornalismo?@mariocalabresi, ma a questo punto devo chiedere: assumete solo gente che non sa l'inglese? Per non parlare della punteggiatura italiana? pic.twitter.com/8r4wfHm9rO
Eppure qualcuno insiste ancora a chiamarlo giornalismo.
Me la prendo per troppo poco? Forse. Ma come possiamo educare i nostri figli al rispetto, all’onestà, a non copiare il lavoro degli altri, se vedono esempi di queste furbizie patetiche tutti i giorni nel mondo degli adulti?
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La scomparsa improvvisa di Carrie Fisher, la Principessa Leia di Star Wars, ha avuto una risonanza particolare su Internet. La mitologia di Star Wars è parte integrante della cultura della Rete e per tantissimi internauti e internaute la figura della principessa che sa cavarsela da sola invece di essere la solita damigella da salvare è stata un modello di riferimento fondamentale.
Le commemorazioni di Carrie Fisher stanno avvenendo non solo in giro per il mondo, con veglie alla luce delle spade laser, ma anche online, non solo con la pubblicazione di tante magnifiche fotografie e GIF animate tratte dalla carriera dell’attrice e scrittrice ma anche con veri e propri tributi live nei videogiochi.
Nel gioco Star Wars: The Old Republic della BioWare, per esempio, i giocatori si stanno radunando nella zona denominata House Organa (il palazzo del casato della Principessa Leia) sul pianeta Alderaan e si stanno inchinando in tributo nell’edificio e anche dinanzi a un simulacro della Principessa creato da un gamer. Questi raduni improvvisati di giocatori e giocatrici provenienti da tutto il mondo sono documentati anche in video.
Intorno a Carrie Fisher sono già nate le prime bufale: per esempio, circola in Rete un’immagine di una pagina di copione de L’Impero colpisce ancora che reca, si dice, le correzioni e i miglioramenti apportati dalla Fisher, che era nota appunto per la sua bravura nella revisione di copioni. Ma in realtà le correzioni in quella pagina sono opera del regista, Irvin Kershner; nella trilogia originale di Star Wars Carrie Fisher contribuì solo ai dialoghi del terzo film, IlRitorno dello Jedi.
Un'altra bufala circolante in Rete riguarda i fiori lasciati accanto alla stella di Carrie Fisher sul celeberrimo marciapiedi della Hollywood Walk of Fame:
L’omaggio è reale e lo è anche la fotografia, ma la stella non appartiene a Carrie Fisher: è una stella generica adattata al volo dai fan, come si nota dalla scritta molto irregolare. L’attrice, infatti, non aveva una propria stella: farne dedicare una mentre si è in vita costa circa 30.000 dollari, e molte celebrità non tengono affatto a questo simbolo. E per tradizione una celebrità che muore senza avere una stella sulla Walk of Fame non potrà riceverne una per almeno cinque anni dopo la scomparsa.
Alcuni nuovi fan della saga, inoltre, stanno facendopolemica con chi scrive Leila invece di Leia negli articoli commemorativi, perché non sanno che nel doppiaggio italiano della trilogia originale i nomi di alcuni personaggi furono cambiati: da Leia a Leila, da Han Solo a Ian Solo, da Darth Vader a Dart Fener, da R2D2 a C1P8 e da C3PO in D3BO.
Una storia vera che riguarda Carrie Fisher, invece, è che ha chiesto di essere ricordata nei necrologi dicendo che è “annegata nel chiaro di luna, strozzata dal suo stesso reggiseno”, come hanno fatto in molti nell’annunciarne la morte. L’origine della strana richiesta è spiegata nel suo libro Wishful Drinking, a pagina 88:
George [Lucas] viene da me il primo giorno delle riprese [di Star Wars] e mi dice “Non puoi indossare un reggiseno sotto quel vestito [la celebre tunica bianca]... perché nello spazio non si usa la biancheria intima”. Giuro che è vero e che lo dice con così tanta convinzione! ... Ecco perché non puoi indossare un reggiseno secondo George. Vai nello spazio e diventi senza peso. Fin qui va bene, no? Ma poi il corpo ti si gonfia, e il reggiseno no – per cui finisci strozzata dal tuo stesso reggiseno. Credo che questo sarebbe un necrologio fantastico, per cui dico ai miei amici più giovani che non importa come muoio: voglio che venga scritto che sono annegata nel chiaro di luna, strozzata dal mio stesso reggiseno.”